Top&Flop di Walt: Pinocchio

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Bentrovati alla seconda puntata della nostra rubrica Top&Flop di Walt, dedicata ai film che più hanno influenzato e plasmato il futuro della Walt Disney Company, ponendo le pietre angolari per il colosso mediatico che oggi conosciamo.

Il lungometraggio di cui parleremo oggi ha avuto l’arduo compito di essere il primo film a succedere a Biancaneve e i sette nani, pietra miliare del cinema animato. Le alte aspettative del pubblico, unite al rischio di scontentare gli amanti del libro, hanno fatto sì che questo film stentasse a decollare.

In tempi recenti, però, ha attraversato una vera e propria rivalutazione. La storia di come la Disney abbia raggiunto la sua maturità tecnica merita di essere raccontata, e questo film merita senza dubbio una seconda chance. Questa è la storia di Pinocchio.

Pinocchio

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La genesi di Pinocchio

Abbiamo lasciato Walt Disney nel 1939, giusto alla fine della cerimonia degli Oscar, reduce dal travolgente e rivoluzionario successo di Biancaneve e i sette nani. Invece di bearsi delle attenzioni della folla adorante, Walt Disney imbocca un argomento che nessuno si sarebbe mai aspettato: un nuovo lungometraggio. Certo, visti i risultati di Biancaneve, il pubblico non vedeva l’ora di una nuova dose di magia targata Disney, ma… così presto?

Occorre fare un passo indietro. Tanto per cominciare, il nuovo arrivato della scuderia, al momento dell’annuncio, era già in lavorazione da due anni: si trattava di un adattamento de Le avventure di Pinocchio, il romanzo a puntate scritto dal fiorentino Carlo Collodi a partire dal 1881. E, a differenza di Biancaneve e i sette nani, non era affatto un pet project.

Il secondo di quelli che si sarebbero in futuro chiamati Classici Disney derivava infatti da una sequela di suggerimenti giunti da varie fonti a Walt Disney.

studios disney

Il primo tarlo nell’orecchio risaliva alla lettera di un’amica di famiglia, datata aprile 1935, che auspicava un adattamento del libro di Collodi da parte degli studios. In secondo luogo, fu lo storico del cinema Joseph-Marie Lo Duca, tre mesi più tardi, a suggerire a Disney di cimentarsi con Le avventure di Pinocchio.

Ma lo stimolo decisivo venne dall’animatore Norman Ferguson, uno degli uomini di punta degli studios, occupatosi fra i tanti di Pluto e della strega di Biancaneve. In uno dei meeting durante la produzione di quest’ultimo film egli consegnò a Walt una copia del libro di Collodi, raccomandandone la lettura in quanto si trattava a suo dire di ottimo materiale.

walt disney
Walt Disney durante un viaggio in Europa con la moglie.

Il libro piacque parecchio a Disney; ciononostante lo inserì, nella sua lista delle priorità, subito dopo Bambi, vero progetto dei sogni che cullava ormai da qualche anno. Quest’ultimo lungometraggio stava creando però non pochi problemi a livello di soggetto e animazione realistica, e bisognò posticiparlo. La storia del burattino era la logica alternativa.

I pressanti solleciti, la voglia di tornare in pista e la necessità di mostrare che si può sempre fare di meglio (anche meglio di Biancaneve) convinsero Walt Disney: il prossimo lungometraggio della Walt Disney Productions sarebbe stato Pinocchio.

walt disney pinocchio

Dal romanzo al film

Normalmente, il primo passo nella produzione di un film consiste nella stesura della sceneggiatura; da lì si procede poi allo spoglio, al casting e così via. Ma il modus operandi della Walt Disney Productions non era questo: negli studios le idee non avevano una fonte fissa, arrivavano da ogni direzione.

Chiunque, dagli storyboard artist agli animatori, poteva fornire il suo punto di vista, che si sarebbe aggiunto alla brainstorm generale e avrebbe, eventualmente, formato un corpo unico nella concretizzazione della sceneggiatura e dei personaggi. La pre-produzione di Pinocchio non fu certamente un’opera omogenea. Ma, per semplicità del lettore, affronteremo ogni aspetto separatamente.

disney volpe

Due storie diverse

Il problema principale che si era presentato agli sceneggiatori durante la stesura di Biancaneve era la stringatezza del materiale disponibile. Da una fiaba, di cui esistevano decine di varianti e a stento si conoscevano i personaggi, dovettero generare di proprio pugno una trama adatta al mezzo dell’animazione e a un lungometraggio.

Con Pinocchio si presentò un problema per un verso analogo, per l’altro completamente opposto: il romanzo originale di Collodi era infinitamente più vasto della fiaba che avevano a disposizione per il primo film. In esso si susseguivano episodi l’uno dopo l’altro, frutto della sua natura di storia a puntate. Fu quindi necessario limare e scartare parecchio materiale.

Pinocchio

Ma non fu solo questo il dilemma degli sceneggiatori della Disney. Esisteva infatti una differenza ideologica, sociologica e storica tra l’Italia e gli Stati Uniti che non si poteva ignorare: la morale di un romanzo educativo scritto sessant’anni prima da un fiorentino non avrebbe preso piede facilmente tra il pubblico americano.

Un burattino antieroe, testardo e irascibile, circondato da personaggi che potevano o portarlo sulla cattiva strada o fallire miseramente nel tentare di redarguirlo; momenti violenti come l’impiccagione e l’affogamento di Pinocchio; la critica sociale che Collodi rivolgeva di sottecchi alla popolazione e alle istituzioni; tutto ciò non era quello che lo staff di sceneggiatori cercava.

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Nuovi protagonisti

Proprio perché troppo vicine al libro, Disney scartò le prime bozze. Dalle loro ceneri, tuttavia, nacque un nuovo Pinocchio: un burattino innocente, incapace di fare del male, vittima delle circostanze e dei cattivi consigli, tuttavia pieno di vitalità e che non si dà mai per vinto. In breve, un Pinocchio più americano.

Un personaggio del genere, però, per quanto ispirasse simpatia e dolcezza in chi lo guardava, era vuoto e abbandonato a se stesso. Lasciarlo solo significava incappare in un punto di stallo dopo l’altro, vista la sua scarsa malleabilità agli stimoli che il mondo gli offriva.

Fu così che si decise di affiancargli un cast di figure variegate e spumeggianti, al cui carisma per il burattino sarebbe stato impossibile resistere. Ancora oggi, gli addetti ai lavori concordano sul fatto che lo schieramento di personaggi di Pinocchio è forse il migliore che la Disney abbia mai ideato.

Pinocchio

Oltre alla genialità degli sceneggiatori, una spiegazione per queste personalità scoppiettanti esiste. Per la prima volta, l’aspetto fisico e i modi di fare dei personaggi furono basati su persone reali. Vero, non si trattava di una novità assoluta: in molte Silly Symphonies si possono vedere caricature di celebrità in voga all’epoca; ma è stato sempre con intento parodistico, la cui massima aspirazione è strappare una breve risata al pubblico in sala.

In Pinocchio, invece, le movenze, i tic fisici e verbali, l’espressività trasferiti dalla persona al personaggio imbevono quest’ultimo di credibilità, lo aiutano a divincolarsi dalla pellicola e uscire dallo schermo. Ogni personaggio di Pinocchio meriterebbe il suo paragrafo.

jones pinocchio
Dickie Jones, doppiatore originale di Pinocchio, in una sessione di doppiaggio.

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Pinocchio

Al burattino protagonista andarono tutte le attenzioni degli artisti. Dall’empatia che il pubblico avrebbe provato per lui sarebbe dipeso, come per Biancaneve, tutto il successo del film.

Durante il primo periodo di produzione era però ancora radicata negli sceneggiatori l’idea di dover rimanere il più possibile vicini al romanzo. Proprio per questo, i primi schizzi di Pinocchio assomigliavano molto al burattino magro e affusolato presente nelle illustrazioni di Carlo Chiostri.

Una sorta di prova generale per questa versione arlecchinesca di Pinocchio si può ammirare in La falena e la fiamma, Silly Symphony del 1938. Lo spirito di fuoco, burlone e incapace di star fermo, riporta effettivamente la mente alle maschere della commedia dell’arte.

la falena e la fiamma
Ade, sei tu?

La successiva evoluzione di Pinocchio si ebbe nei test a matita di Frank Thomas e Ollie Johnston, che ridimensionarono la marionetta ad altezza ginocchio e ne limitarono il potenziale malevolo e distruttivo. Walt Disney, però, non fu entusiasta del risultato, lamentandosi del fatto che i due animatori erano ancora troppo attaccati all’idea di burattino di legno. Di conseguenza, i movimenti di Pinocchio erano rigidi, affaticati, simili a quelli che una vera marionetta compirebbe.

Pinocchio
Da notare il berretto uguale a quello dei sette nani.

Era proprio così: in Biancaneve gli animatori avrebbero venduto l’anima al diavolo pur di riuscire a raggiungere il realismo assoluto; con Pinocchio, ora, questo realismo stava per rompere le uova nel paniere. Disney rimase con le mani nei capelli finché un giovane animatore, Milt Kahl, non propose di ignorare il fatto che Pinocchio fosse un burattino, disegnandolo come un bambino vero. Kahl gli diede occhi azzurri e guance paffute, coprì le mani di legno con due guanti à la Mickey Mouse, e spolverò il tutto con un’unione di elementi europei (il lederhosen con gilet) e iconografia americana (il cappello con piuma).

L’impasse era stata superata. Pinocchio era venuto alla luce, e sarebbe stato affidato proprio a Milt Kahl, che lo animò in tutte le scene salvo una, la canzone Mai mi legherai, in cui tornò nelle mani di Ollie Johnston per una sequenza definita da tutti un capolavoro. Dopo la soluzione del problema di Pinocchio, la sceneggiatura e l’animazione poterono ripartire con nuovo vigore. Piccolo particolare, occorse cestinare 700 metri di pellicola per un budget complessivo di $500.000.

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Il Grillo Parlante e i personaggi positivi

Al dolce e candido burattino bisognava accostare, come già accennato, una voce amica, qualcuno che lo consigliasse e al tempo stesso valorizzasse il suo buon carattere. Questo personaggio di supporto fu identificato nel Grillo del libro di Collodi, che fu nobilitato per l’occasione a co-protagonista (risparmiandogli quindi la fine violenta dell’originale). Anche su di lui gravava un’importante responsabilità: avrebbe dovuto essere il filo conduttore tra i vari episodi del film e dare il buon esempio senza risultare pedante.

Come Pinocchio, ebbe anche lui una versione embrionale: i primi bozzetti lo facevano assomigliare a un vero insetto, con lunghe appendici, antenne e così via. Avrebbe perciò cozzato con l’opera di ingentilimento che si stava compiendo su tutto film. Walt Disney si ricordò però di un animatore molto talentuoso, Ward Kimball, ancora infuriato dopo lo scarto della sua sequenza da Biancaneve e i sette nani. A Kimball fu offerto di creare e animare un nuovo Grillo, e lui, senza rancore, accettò.

Pinocchio grillo
Il Grillo Parlante a metamorfosi quasi completa.

Il Grillo fu quindi progressivamente arrotondato e addolcito, acquisendo la natura di grillo solo perché così ci viene spiegato a inizio film. Indossa un frac che ricorda vagamente delle elitre, e possiede un volto somigliante al suo doppiatore originale, Cliff Edwards.

A livello caratteriale, venne sviluppato un incrocio tra Charlie Chaplin (il bonario vagabondo che si fa rispettare quando necessario) e W. C. Fields (l’uomo medio cinico e sprezzante). A questo si aggiunge il suo “potere di narratore”, che gli permette di muoversi con disinvoltura e compiere azioni impossibili agli altri personaggi (ad esempio zittire gli orologi o interpellare il pubblico). Inoltre, parla con espressioni colloquiali allora diffuse negli USA e realizza citazioni alla cultura dell’epoca.

Un altro alleato di Pinocchio nel suo viaggio per diventare un bambino vero è la Fata Azzurra, che sostituì la Fata dai capelli turchini di Collodi. Questa fu animata, con l’aiuto del rotoscopio, da Jack Campbell, dandole le fattezze di Marge Champion, già modella per Biancaneve. Il suo aspetto è quello di una donna bionda ed eterea, i cui capelli sistemati e abito moderno fanno però pensare a una diva del cinema. A differenza della sua controparte italiana, non punisce Pinocchio per le sue malefatte né si prende cura di lui, limitandosi a essere una presenza distante, motore della storia e risolutrice delle situazioni più ostiche.

Pinocchio fata turchina
L’aplombe è decisamente diverso da quello di Biancaneve.

Ultimi nella galleria dei personaggi positivi, Geppetto il falegname e i suoi due amici animali, il micetto Figaro (personaggio preferito in assoluto di Walt Disney) e la pesciolina Cleo. Diversamente dal Geppetto collodiano, questo non è povero in canna, né solo. È quasi per gioco che fabbrica il burattino, e non per necessità, esprimendo solo in seguito il desiderio che diventi reale. Ciò tuttavia non gli impedisce di provare un affetto sincero e incommensurabile per il suo inaspettato figlio, andando alla sua ricerca proprio come il Geppetto del libro. Altro punto di contatto è la loro smemoratezza, e l’apparenza di vivere in un mondo tutto loro.

Geppetto venne animato da Art Babbitt, già occupatosi della regina Grimilde in Biancaneve. Figaro e Cleo, invece, furono opera di Eric Larson: numerose le lodi da lui ricevute per la perfetta pantomima espressa dai due animali.

Pinocchio figaro

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Gli antagonisti di Pinocchio

Un vero e proprio capitolo a parte è da dedicare ai villains di Pinocchio, talvolta definiti i veri protagonisti del film. È innegabile il carisma e la personalità che trasudano da tutti i pori: li si potrebbe stare a guardare per ore. Ma perché così tanti? Come in un vero e proprio racconto di formazione, Pinocchio incontra ostacoli man mano più difficili, e cattivi di volta in volta più pericolosi.

I primi loschi figuri in cui Pinocchio si imbatte sono il Gatto e la Volpe. Truffatori analfabeti, non rappresentano una vera e propria minaccia, separati dai loro compagni di merende. Sono però i maestri di cerimonie di tutto ciò che di corrotto e malvagio il mondo ha da offrire.

Animati da John Lounsbery, sono due personaggi sopra le righe eredi del vaudeville. La furba Volpe ha modi sornioni e sguaiatamente raffinati, ed è affiancata dal muto Gatto, per la prima volta spalla comica del duo (un ruolo che da ora in poi ricoprirà in tutti gli adattamenti). Piccola curiosità, la voce del Gatto è di Mel Blanc, l’uomo dalle mille voci famoso per aver doppiato gran parte dei personaggi Looney Tunes. Al montaggio però, per ragioni di ritmo, tagliarono le sue battute, e tutto ciò che rimane è il suo singhiozzo.

Pinocchio gatto volpe

Il Gatto e la Volpe, per proprio guadagno, presentano Pinocchio a Mangiafuoco, mastro burattinaio che gira il mondo sul suo carrozzone. Si tratta ancora una volta di un personaggio grezzo e ignorante, che abbandona però la stupidità di Volpe e Gatto e diventa scaltro e competente. È il primo degli antagonisti che Pinocchio non può affrontare, ma solo evitare.

Sulle influenze etniche di Mangiafuoco le parole si sono sprecate. Parla con spiccato accento italiano e impreca nella stessa lingua, ma la Volpe lo definisce uno zingaro. La sua avarizia e il naso prominente fanno pensare a una caricatura ebraica, ma l’attore che gli presta la voce e le fattezze, Charles Judels, era olandese. Non esiste, quindi, una risposta definitiva.

Ciò che è certo è l’ottimo lavoro svolto dal suo animatore, Bill Tytla, che ha creato un personaggio anch’esso esagerato, falso, pieno di movimento e dalla fisicità imponente e ballonzolante.

Pinocchio mangiafuoco
Nel libro di Collodi, Mangiafuoco è un personaggio burbero e minaccioso, ma positivo.

Fuggito da Mangiafuoco, Pinocchio incontra nuovamente i messaggeri del crimine, Gatto e Volpe, che stavolta però lo introducono a un personaggio ben più pericoloso del burattinaio, capace di far tremare persino loro: il Postiglione. Questo abbandona tutti gli orpelli e la falsa giovialità del burattinaio, mantenendone però la crudeltà e portandola anzi al limite.

La cattiveria del Postiglione non è artefatta, ma qualcosa di puro e incomparabile. Viene suggerito addirittura, grazie all’opera del suo animatore Charles Nichols, che non si tratti neppure di un essere umano, ma di un demonio. In una scena eliminata, veniva rivelato che il Postiglione indossava una finta faccia (le sue fattezze sono ispirate a quelle dell’attore Charles Laughton), e quello che c’era sotto era qualcosa di ancora più terribile.

Pinocchio postiglione
Già.

Anche il Postiglione è un nemico con cui Pinocchio non può competere, e l’unica speranza possibile è la fuga. Ma a differenza di Mangiafuoco che, una volta accortosi che la sua gallina dalle uova d’oro non c’è più, rimarrà con un palmo di naso e sconterà la sua colpa, il Postiglione non paga. Ha vinto, e continua il suo commercio di bambini trasformati in ciuchini.

L’ultimo villain che Pinocchio incontra è Monstro, la balena. Con essa, il cerchio si è concluso: come Moby Dick, si tratta del male assoluto, una forza della natura inarrestabile, con cui non si può ragionare, e le cui azioni sono dettate soltanto dall’istinto. Diversamente dal Pescecane di Collodi, Monstro è aggressivo e vendicativo, non tollerando che le sue prede riescano a fuggire. Tuttavia, a differenza del Postiglione, pagherà per la sua ingordigia e si schianterà contro la scogliera.

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Le influenze grafiche e la musica

Il look di Pinocchio fu dettato principalmente da due persone: Gustaf Tenggren e Albert Hurter. Avevano già lavorato a Biancaneve e i sette nani, ed erano entrambi di origine europea. Proprio lo stile del vecchio continente era in quegli anni molto gradito a Walt Disney, e quindi la concept art dei due artisti fu tenuta in gran conto.

Pinocchio paese

Gustaf Tenggren, svedese, aveva trascorso l’infanzia dal nonno, intagliatore di legno, e quindi a lui e al suo passato si ispirò creando il villaggio in cui il film è ambientato e il laboratorio di Geppetto. Il racconto originale, ambientato in Toscana, fu infatti trasferito in un non meglio identificato paesino mitteleuropeo, dal retrogusto altoatesino.

Albert Hurter era invece svizzero, e progettò uno per uno tutti gli orologi e i ninnoli di Geppetto. Condì inoltre tutto il film con il suo stile gotico e lievemente cupo, arricchendolo di un numero non indifferente di dettagli.

Pinocchio gabbia
Pinocchio ha numerose scene dal tono inquietante e addirittura orrorifico.

Fu invece premura di Disney in persona americanizzare alcuni ambienti della storia, primo fra tutti il Paese dei Balocchi, pieno di caroselli, giostre, nativi che vendono sigari e incontri di boxe.

Per la colonna sonora, l’incarico andò a Leigh Harline, Ned Washington e Paul J. Smith. A loro si deve un’orchestrazione accattivante, piena di temi riconoscibili e canzoni diventate patrimonio culturale (When You Wish Upon a Star, ormai tema ufficiale della Walt Disney Company), e non priva di virtuosismi, ad esempio le variazioni “culturali” del brano Mai mi legherai, che richiamano il paese da cui le marionette provengono.

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I costi e la distribuzione

La storia è testimone di quanto Disney rischiò per dare alla luce Biancaneve e i sette nani. Con l’acqua alla gola e gli studios a rischio di chiusura, Walt giocò il tutto per tutto, spendendo per il suo film $1.700.000.

Con Pinocchio, il visionario magnate riuscì a superarsi: tra sequenze scartate, edifici ampliati, manodopera e tecniche innovative, il costo di Pinocchio era lievitato fino a $2.500.000. Qualche altro dettaglio: $85.000 di questa cifra furono spesi per appena due minuti di film che utilizzavano la multiplane camera, e dei 2.000.000 disegni eseguiti per il film, ne furono utilizzati appena 300.000. Un considerevole consumo di tempo e denaro.

Pinocchio pubblicità
Illustrazione apparsa sul New York Times per l’annuncio della prima.

Alla fine, nell’attesa generale, Pinocchio uscì nelle sale il 23 febbraio 1940. E per la fine dell’anno, aveva incassato appena $1.400.000. Questo flop portò Walt Disney sulla via della depressione.

A cosa era da imputare questo fallimento? In primis, alla storia. Era proprio in quegli anni, infatti, che un certo Adolf Hitler aveva deciso di invadere la Polonia, scatenando la reazione di Francia e Inghilterra e gettando in breve l’intera Europa nel caos più totale. I mercati esteri, quindi, erano fuori discussione, e la loro influenza era stata più che decisiva nei guadagni di Biancaneve. Questo ostacolo, però, non era dipeso in alcun modo da Walt Disney.

pinocchio germania
Dal corto Education for Death del 1943.

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L’accoglienza

Ciò che invece Disney sentiva nel profondo era quello che la gente avrebbe detto appena uscita dal cinema, dopo aver visto Pinocchio. Sperava che il suo film non tradisse le aspettative del pubblico, che gli aveva dato fiducia con Biancaneve.

Non vi fu una risposta collettiva al film come accadde per Biancaneve. La critica e il pubblico si espressero infatti con due opinioni ben diverse. Peculiarmente, i critici adorarono Pinocchio, definendolo di gran lunga migliore di Biancaneve.

La delicatezza del colore e del disegno, l’articolazione dei suoi personaggi, i suoi effetti speciali, tutto questo supera gli standard molto alti posti da Biancaneve. La cura e l’affetto posti nei suoi personaggi lo mettono in una classe tutta sua.

La recensione pubblicata sul Time

Parte del pubblico, invece, non fu soddisfatta da questo nuovo film. Entrarono nel cinema convinti di trovare un nuovo Biancaneve, e dovettero fare i conti con le ambizioni e aspirazioni di Walt Disney. Pinocchio li disorientò.

Pinocchio bambino

In una classe a loro stante andarono gli ammiratori del libro di Collodi, che si sentirono traditi da questo nuovo Pinocchio. A loro dire, si trattava di una barbarizzazione del materiale originale, che si appropriava culturalmente di ciò che non era suo e lo gettava in pasto al grande pubblico.

Ciononostante, il film venne premiato nel 1941 con l’Oscar alla Migliore colonna sonora e alla Miglior canzone (When You Wish Upon a Star), doppietta che in casa Disney non si sarebbe ripetuta fino a Mary Poppins, del 1964.

Il doppiaggio italiano

L’adattamento nella nostra lingua merita senza ombra di dubbio una nota a parte. Datato 1947, è il più vecchio doppiaggio mai pervenutoci di un film Disney, e ha indubbiamente contribuito al suo fascino d’altri tempi.

Si tentò, nell’adattamento, di ripristinare ove possibile i nomi generici del libro di Collodi, che erano stati per il film cambiati in nomi propri. Jiminy Cricket (un termine colloquiale per manifestare sorpresa) ritorna quindi come il Grillo Parlante; Honest John e Gideon (nomi scelti per la loro finta altisonanza) ritornano la Volpe e il Gatto; Stromboli ritorna Mangiafuoco e Monstro torna a essere un’anonima balena.

Pinocchio è doppiato da un giovanissimo Corrado Pani, che avrebbe, curiosa coincidenza, visto il suo ultimo ruolo interpretando un giudice nel Pinocchio di Roberto Benigni.

carlo romano
Carlo Romano, attore e doppiatore, nonno di Luca e Monica Ward.

Il Grillo Parlante è interpretato dal magistrale Carlo Romano, voce storica italiana nel mondo Disney e non. La canzone dei titoli di testa è cantata però da Riccardo Billi, che, altra coincidenza, interpreterà il Postiglione/Omino di burro nell’adattamento Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini.

La Fata Azzurra ha invece la voce ammaliante di Lydia Simoneschi, doppiatrice di molte stelle del cinema, tra cui Ingrid Bergman, Marlene Dietrich e Barbara Stanwyck, ma anche di numerosi e a volte insospettabili personaggi Disney, come Flora, Maga Magò e Lady Cocca.

E poi Mario Corte, Nando Gazzolo e Mario Besesti, rispettivamente nei ruoli di Geppetto, Lucignolo e Mangiafuoco.

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I meriti e le innovazioni di Pinocchio

Come Biancaneve e i sette nani, Pinocchio pose a sua volta molte pietre miliari nella storia dell’animazione. Queste furono però meno avvertite dai non addetti ai lavori, e passarono per lungo tempo in sordina.

Per cominciare, Pinocchio fu il primo film per cui si usarono le maquettes, ovvero le piccole sculture dei personaggi che vengono consegnate agli animatori affinché possano, studiandole, disegnare il personaggio correttamente da ogni angolazione. Le repliche delle maquettes di Pinocchio hanno ancora un buon commercio, mentre le originali sono misteriosamente sparite, forse sottratte da qualche collezionista senza scrupoli.

Pinocchio maquettes

Pinocchio fu anche il film in cui si abbandonò la regola, ormai obsoleta, che a ogni animatore spettasse un unico e solo personaggio. Così facendo, nelle scene a coppia o in gruppo, ognuno sarebbe andato per conto suo, minando l’omogeneità e la credibilità del film. In Pinocchio, invece, vi furono animatori che si addossarono il compito di dare vita a intere sequenze.

Un’altra innovazione giunta fino ad oggi è l’abitudine di condensare tutti i numeri musicali nella prima parte del film, per non sottrarre pathos ai momenti più drammatici. Anche il prediligere voci famose e il casting di celebrità sono arrivati ai giorni nostri.

Pinocchio premi

Ma è impossibile non menzionare i fantasmagorici effetti visivi del film, a cominciare dai colori: per la prima volta si prediligono inchiostri opachi agli acquerelli, con un look che la Disney conserverà fino a La principessa e il ranocchio (2007), ultimo film in 2D. E poi luci, ombre, fuoco, e la magistrale animazione del mare dell’ultima parte del film: Pinocchio è considerato il film Disney che più si avvicina alla perfezione tecnica.

Pinocchio, in fin dei conti, non fu affatto un fallimento. Per iniziare, vinse i due Oscar già menzionati, primo film d’animazione a ottenere dei premi in categorie competitive. Recuperò poi, nelle varie riedizioni attraverso gli anni, tutto il denaro speso per produrlo, fruttando alla fine la bella somma di $84.000.000. E venne anche riscoperto dal pubblico, guadagnandosi molti titoli, quale secondo miglior film animato di tutti i tempi per l’American Film Institute (dopo Biancaneve e i sette nani) e uno dei pochi su Rotten Tomatoes ad avere una valutazione del 100%.

Pinocchio romano scarpa
Un felice incontro immaginato dal maestro Romano Scarpa.

A coloro che hanno letto il libro Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi, può sembrare difficile apprezzare una versione diversa e semplificata della storia. Ma il risultato finale concepito da Walt Disney e i suoi artisti è così diverso dall’originale dello scrittore che ha preso ormai vita propria, e sorge superfluo qualunque paragone. Si tratta di due universi differenti, che possono essere apprezzati senza escludersi a vicenda.

L’impegno posto per dare una interpretazione personale da Walt Disney è sicuramente degno di stima, e il film finito è davvero mirabile. Il pubblico italiano, quando poté finalmente vedere il film nel 1947, dopo la guerra, lo amò all’istante. Scalda il cuore, appena usciti da un tunnel senza fondo, sapere che ci sarà sempre una stella con cui confidarsi, e che forse, un bel giorno, esaudirà le nostre preghiere.

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Pinocchio

Letizia Somma

Un ringraziamento speciale ai miei genitori

© Disney, Carlo Chiostri, Attilio Mussino, Romano Scarpa

Fonti: The Illusion of Life di Frank Thomas e Ollie Johnston, Pinocchio – Un naso lungo… Il giro del mondo di Piero Zanotto, The Making of Pinocchio: No Strings Attached, The Disney Compendium, Wikipedia, IMDb, Character Design References, Antonio Genna Blog, RareNewspapers.com, MichaelBarrier.com

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