Top&Flop di Walt: Biancaneve e i sette nani

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Vi diamo il benvenuto al primo articolo della nuova rubrica Top e Flop di Walt! Con Walt, lo avrete già capito, si intende colui da cui tutto è cominciato, il signor Disney, che iniziò il suo viaggio nel 1928 con la fondazione della Walt Disney Productions e, di cortometraggio in cortometraggio, costruì nel corso degli anni un impero mediatico che rivoluzionò la storia dell’animazione mondiale.

Ciononostante, proprio a causa del suo clamoroso successo, la Walt Disney Company è sopravvissuta di molti anni al suo fondatore. Da allora varie persone si sono avvicendate alle redini degli studios, ognuna con le sue idee, ma ci piace pensare che lo spirito dello zio Walt sopravviva ancora oggi nelle opere della Walt Disney Company.

È proprio per questo motivo che, con il Walt che appare nel titolo della nostra rubrica, intendiamo rappresentare non solo l’uomo in persona ma gli studios nella loro interezza, che hanno continuato la loro tortuosa strada anche senza il loro padre spirituale.

Questa rubrica, che racconterà le storie celate dietro ai più grandi successi (e insuccessi) della Casa del Topo, partirà tuttavia dalla prima e forse più difficile sfida mai affrontata da Walt Disney stesso. Ecco a voi la storia di Biancaneve e i sette nani.

Biancaneve

La follia di Disney

Quando nel 1934 Walt Disney rese pubblica al New York Times la volontà di realizzare il suo progetto più ambito, ovvero un lungometraggio animato, fu proprio questo l’appellativo che gli addetti ai lavori di Hollywood e i suoi collaboratori stessi diedero al film: Disney’s Folly, ovvero “la follia di Disney”.

Secondo Walt, un lungometraggio avrebbe portato immensi profitti economici, e avrebbe accresciuto il prestigio e la competitività degli studios, ma il germe dello scetticismo dilagava in casa Disney: il fratello Roy, cofondatore della Walt Disney Productions e manager delle finanze dello studio, tentò di dissuadere Walt dall’imbarcarsi in un viaggio che secondo ogni previsione si sarebbe concluso con il fallimento. Perfino la moglie, Lillian, cercò di farlo desistere da questo progetto impossibile. Ma Walt fu irremovibile.

Roy non conosceva questo mestiere, non sapeva in cosa ci eravamo imbarcati. Ma aveva fiducia in me. E penso che Roy abbia fatto molte cose che il suo giudizio gli aveva consigliato di non fare, perché sentiva che io lo desideravo.

Walt Disney
Biancaneve

Occorre considerare che nel 1934 il concetto stesso di lungometraggio animato era considerato una mera utopia. Certo, la storia aveva fornito due precedenti, El Apóstol (1917, dir. Quirino Cristiani) e Le avventure del principe Achmed (1926, dir. Lotte Reiniger), ma nessuno dei due aveva mai raggiunto l’America. E in ogni caso, nessuno dei due era animato con i rodovetri, o cel animation.

Il vero problema è che nessuno credeva che l’animazione avrebbe potuto sostenere una storia complessa come quelle dei lungometraggi. La Walt Disney Productions fino ad allora si era occupata solo delle Silly Symphonies e dei corti della serie Mickey Mouse, entrambi di stampo prettamente umoristico.

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La sceneggiatura di Biancaneve

Alla ricerca del soggetto ideale che potesse amalgamare in maniera convincente sequenze solenni e parentesi comiche, la scelta di Walt Disney ricadde sulla fiaba dei Fratelli Grimm Biancaneve e i sette nani, essendo rimasto stregato alla tenera età di 15 anni dall’adattamento del 1916 diretto da J. Searle Dawley.

Una lunga Silly Symphony

Iniziò dunque quella che potremmo chiamare la “prima stagione” della stesura di Biancaneve. In questo brodo primordiale di idee, Disney e il suo staff di sceneggiatori, primo fra tutti Richard Creedon, si concentrarono prevalentemente sull’ideazione di gag per i sette nani, considerati allora il fulcro della vicenda. Le trovate comiche si producevano a chili, dal momento che Walt istituì la regola dei Five Dollars a Gag: ognuna di esse veniva ricompensata con cinque dollari.

Biancaneve

Questo prototipo di Biancaneve e i sette nani aveva un’impronta ancora molto umoristica: la regina Grimilde era una donna obesa e boriosa, e il principe un burlone, la cui serenata a Biancaneve nella scena del balcone si sarebbe risolta in un trionfo di comicità. Rimanevano inoltre intatti alcuni elementi della fiaba originale, primo fra tutti il tentativo di uccidere Biancaneve con un pettine avvelenato, il cui fallimento avrebbe spinto Grimilde a ricorrere allo stratagemma della mela.

Particolarmente vulcaniche erano le sessioni di brainstorming per decidere i nomi e le personalità dei sette nani. Si giunse ad avere una lista di circa 50 candidati, che fu in seguito scremata fino a raggiungere quota sette. Alcuni dei nomi scartati: Deafy, Stuffy, Lazy, Puffy, Burpy e perfino Snoopy.

I sette nani, ce ne eravamo resi conto, avevano un talento naturale per il nostro medium. In loro potevamo instillare un umorismo senza freni, non solo nell’aspetto fisico, ma in modi di fare, personalità, voce e azioni.

Walt Disney

Il nome originale di Cucciolo, Dopey, fu selezionato da Walt Disney stesso, in barba alle obiezioni del suo staff: lo si credeva, infatti, un nome troppo moderno, tra l’altro con un’accezione negativa riferita alla cocaina. Walt mise tutti a tacere sostenendo che William Shakespeare in persona avesse usato il termine a teatro; tuttavia, gli studiosi sono ancora alla ricerca della parola “dopey” in un’opera di Shakespeare.

Biancaneve
I sette nani in versione provvisoria

La svolta drammatica

A un punto fatale della pre-produzione, Walt Disney si illuminò: realizzò, di colpo, che l’impostazione di Biancaneve stava andando nella direzione sbagliata. Se voleva che il suo film fosse immortale, e all’altezza degli standard dei lungometraggi in carne e ossa, avrebbe dovuto rinunciare agli schemi narrativi da Silly Symphony e puntare su qualcosa di mai visto prima.

Disney si prese una lunga pausa dal progetto, in un guizzo di sfiducia verso se stesso e gli studios. Ne approfittò per compiere un viaggio in Europa durante l’estate del 1935, un viaggio che avrebbe cambiato definitivamente la sua prospettiva. Al suo ritorno in America, infatti, riportò agli studios una regina completamente diversa dalla megera vista finora: la nuova Grimilde sarebbe stata di una bellezza algida e aristocratica, ispirata alla statua di Uta di Ballenstedt, posta all’interno della cattedrale di Naumburg.

Biancaneve

La sceneggiatura cambiò radicalmente rotta, acquisendo un tono più drammatico e concentrandosi sulla relazione fra Biancaneve e la regina. Questa brusca virata causò non pochi problemi al reparto animazione, che aveva già ultimato alcune sequenze con protagonisti i sette nani, e dovette scartarle.

Finirono così al macero un litigio tra Dotto e Brontolo, una riunione dei sette nani per decidere il regalo da fare a Biancaneve, una scena nel bosco in cui i nani tagliano dei tronchi e intagliano un letto a misura della principessa, e infine la scena della zuppa.

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L’arte di Biancaneve

La genesi di Biancaneve e i sette nani sui tavoli da disegno fu, se possibile, ancora più gravosa della stesura del soggetto. Tradurre le necessità narrative e i propositi visionari del film su carta richiedeva infatti lo sviluppo di tecniche innovative, mai usate prima. Gli animatori della Walt Disney Productions semplicemente non avevano i rudimenti necessari per concretizzare la visione di Walt.

Il problema della figura umana

I personaggi protagonisti delle Silly Symphonies erano animali od oggetti con caratteristiche antropomorfe; solo in rarissimi casi era stato affrontato un umano, men che meno con intento drammatico e non parodistico. Il primo ostacolo sarebbe quindi stato disegnare degli esseri umani verosimili che potessero risvegliare emozioni ed empatia nel pubblico.

Già dal 1932 l’animatore Art Babbitt aveva organizzato delle lezioni di anatomia a casa sua, invitando tutti i colleghi che era in grado di ospitare. Walt venne a sapere dell’iniziativa e propose di alloggiare le lezioni negli studios, offrendosi anche di reclutare un insegnante che desse un input alle menti (e matite) al lavoro. Fu così che al gruppo si unì il docente Don Graham, che impartì nozioni di anatomia umana, recitazione e movimento.

Biancaneve
Gli artisti della Disney alle prese con una modella

Furono analizzati cortometraggi già ultimati, di cui venivano messi in risalto errori da evitare in futuro, e pregi da enfatizzare. Lo staff della Walt Disney Productions si nutrì famelicamente di queste giornate, dal momento che pochissimi animatori avevano avuto una formazione artistica adeguata; la maggior parte veniva da una carriera di fumettista e contava solo sul suo smisurato talento.

I cortometraggi test

Dal 1934, anno dell’inizio della produzione di Biancaneve, la Walt Disney Productions ridusse ai minimi termini la lavorazione di ogni cortometraggio, per risparmiare denaro e dedicare tutte le risorse umane al grande progetto. Ma in alcuni corti specifici della serie Silly Symphonies si evitò in ogni modo di lesinare, perché svolgevano una funzione di estrema importanza: essi erano banco di prova per l’animazione e gli effetti speciali di Biancaneve e i sette nani.

Il primo di questi cortometraggi sandbox fu La dea della primavera del 1934. Uno dei pochi animatori in grado di destreggiarsi con la figura umana, nello specifico quella femminile, era Grim Natwick, ideatore di Betty Boop: a lui fu affidata l’animazione di Persefone, protagonista del corto. Ma Walt non ritenne il risultato soddisfacente, criticandone le movenze gommose e poco realistiche. Altri dello studio tentarono l’impresa, invano.

biancaneve persefone
Persefone in La dea della primavera

Grim Natwick ebbe la sua rivalsa in Carnevalesca del 1935, in cui si occupò per l’ennesima volta di una giovane fanciulla, Miss Bonbon. Questa volta, Walt fu entusiasta: con molta lentezza e altrettanto impegno, la qualità delle animazioni dello studio stava facendo passi da gigante.

Oltre a limare l’animazione, Walt aveva altri programmi: per immergere totalmente gli spettatori nell’atmosfera della fiaba, occorreva un espediente che desse profondità alla scena; una sorta di nuova prospettiva aerea. Il suo vecchio collaboratore Ub Iwerks aveva inventato nel 1933 un apparecchio che sembrava fare al caso di Walt: la multiplane camera.

multiplane camea

Grazie ad essa, i fondali e le celle d’animazione venivano posizionati su livelli differenti di profondità, che potevano, nell’apparato della macchina, muoversi indipendentemente l’uno dall’altro. Disney convocò l’ingegnere William Garity e gli chiese di creare una versione aggiornata della multiplane; occorreva però sperimentarla. Venne così alla luce il cortometraggio Il vecchio mulino del 1937. Era muto, e la trama estremamente semplice, ma la sua innovazione fu indescrivibile.

Oltre alla multiplane camera, Il vecchio mulino pose anche nuovi standard per quanto riguarda l’animazione realistica degli animali, i riflessi nell’acqua, luci, ombre ed effetti atmosferici. Questo “banale” film su un mulino abbandonato vinse inconsapevolmente l’Oscar al miglior cortometraggio d’animazione 1938.

il vecchio mulino
Il vecchio mulino

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I personaggi

Nonostante i notevoli passi avanti compiuti nell’animazione umana, si preferì ricorrere a una tecnica già ben rodata: il rotoscopio, un procedimento che prevede il ricalco da parte dell’animatore di una pellicola filmata in precedenza. Nei piani iniziali, si intendeva utilizzare queste riprese solo come guida, per studiare il movimento realistico dei personaggi. Ma, per talune scene, fu necessario un ricalco completo.

È questo il caso delle sequenze con protagonista Biancaneve, di cui si occuparono Hamilton Luske e Les Clark: le loro istruzioni alla modella in live-action, Marge Champion (scomparsa di recente alla veneranda età di 101 anni), contemplavano gesti aggraziati e puri, che mettessero in risalto l’innocenza della principessa. Fu prestata massima cura all’animazione di occhi e bocca, e venne messo in pratica un piccolo trucco: aumentando lievemente le dimensioni della testa, si otteneva un effetto complessivo di dolcezza e, paradossalmente, realismo.

Biancaneve

I sette nani furono sviluppati sotto la supervisione di Fred Moore e Bill Tytla. Le richieste di Walt Disney prevedevano che di ogni nano si potesse, anche al primo sguardo, individuare il nome e la personalità, e così fu. Di ogni nanetto vennero studiate con cura movenze e peculiarità, e in molti convengono sul fatto che il risultato migliore di questo lavoro certosino sia Brontolo: le scene in cui la sua espressione burbera muta in qualcosa di prima dolce, e infine addolorato, sono animate da Frank Thomas con rara maestria, soprattutto considerando che per i nani non fu usato rotoscopio.

Biancaneve

Un altro personaggio per cui questa tecnica non venne utilizzata fu, inaspettatamente, la regina Grimilde, animata da Art Babbitt, l’uomo delle lezioni di anatomia. Secondo la sua opinione, la regina era molto più interessante di Biancaneve, in quanto più simile, sia fisicamente che in personalità, a una donna vera. Con sommo disprezzo verso il rotoscopio, Babbitt diede vita a una Grimilde austera, crudele, carica di livore ed erotismo. Della versione stregonesca, invece, si occupò Norman Ferguson.

Biancaneve

Le ispirazioni

Come già accennato, Walt Disney aveva subito un’influenza magnetica dal suo viaggio in Europa. Era sua intenzione ricreare le atmosfere cupe e fiabesche del vecchio continente, e per farlo si affidò ai concept artist Albert Hurter, Ferdinand Hovarth e Gustaf Tenggren. Quest’ultimo, in particolare, si ispirava alle opere di John Bauer e Arthur Rackham, entrambi portavoce del look a cui Disney ambiva.

Biancaneve
Haunted Woods di Arthur Rackham e Biancaneve che fugge nel bosco

Come avrebbero fatto molti altri registi dopo di lui, Walt Disney suggerì ai suoi artisti la visione di determinati film, le cui immagini più si avvicinavano alla sua prospettiva. Degli esempi sono Giulietta e Romeo (1936, dir. George Cukor) per la scena in cui Biancaneve viene posta nella bara di cristallo, e Il dottor Jekyll (1931, dir. Rouben Mamoulian) per la trasformazione della regina in strega.

Ma furono determinanti i capolavori del cinema espressionista tedesco, Nosferatu il vampiro (1922, dir. F.W. Murnau) e Il gabinetto del dottor Caligari (1920, dir. Robert Wiene), le cui atmosfere opprimenti e claustrofobiche influenzarono svariate scene, prima fra tutte la discesa di Grimilde nelle segrete del castello.

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La colonna sonora

Uno degli assi nella manica da sempre usati dai cineasti per assicurare il successo ai loro film è abbinarvi una colonna sonora orecchiabile e accattivante, che resti con lo spettatore anche dopo essere uscito dalla sala. Disney era naturalmente al corrente di questo, anzi, ne era stato addirittura un pioniere: il primo corto sonoro di Topolino, Steamboat Willie, e la prima Silly Symphony, La danza degli scheletri, sfruttavano la musica come forza coesiva per dare un ritmo alle animazioni e renderle più godibili.

biancaneve morey churchill
Frank Churchill e Larry Morey

La colonna sonora di Biancaneve e i sette nani avrebbe dovuto essere, naturalmente, la crème de la crème. Walt Disney incaricò il compositore Frank Churchill e il paroliere Larry Morey. Ma un’inaspettata sfida si presentava ai due musicisti: delle canzoni inserite ex abrupto all’interno di una scena avrebbero potuto intaccare il ritmo del film, andando a minare quella sospensione dell’incredulità su cui l’intero lungometraggio poggiava.

Per ovviare a questo problema, furono escogitati diversi espedienti. Innanzitutto, le canzoni avrebbero avuto una sorta di prologo, cioè svariati versi parlati con funzione introduttiva al pezzo vero e proprio, per addolcire la transizione. Inoltre, i brani del film sarebbero stati diegetici, ovvero interni alla narrazione: i personaggi sarebbero stati coscienti della loro esibizione.

I costi

Agli albori della lavorazione, il costo totale di Biancaneve e i sette nani era stato stimato di $250,000, pari a dieci volte quello di una Silly Symphony. A produzione ultimata, esso era lievitato fino a raggiungere $1,700,000, una cifra assolutamente impensabile per l’epoca. Le previsioni del fratello Roy e della moglie Lillian si erano purtroppo avverate.

Per riuscire a racimolare il denaro necessario, Walt e il fratello dovettero ipotecare la casa e vendere tutte le loro automobili: ma ciò non fu sufficiente. A un certo punto, viste le costanti richieste di liquidità da loro presentate alla Bank of America, in cui domandavano più di quanto pattuito, Roy si rese conto che era necessario mostrare alla banca una copia di Biancaneve.

Biancaneve
Walt Disney e il fratello Roy

Walt era reticente: non solo non possedevano ancora una copia completa, ma a suo parere il funzionario che la banca avrebbe inviato a visionare il film difficilmente avrebbe avuto il senso artistico per giudicare un prodotto non finito. Ma non avevano altra scelta, dovevano prendere o lasciare, e lasciare avrebbe significato chiudere le porte dello studio per sempre.

Era la resa dei conti: Disney raccolse il materiale fino ad allora prodotto, con storyboard al posto delle scene non animate, e sedette con un certo Mr. Rosenberg in una grande sala di proiezione. La pellicola scorreva, e Rosenberg la guardava senza dire una parola, per nulla incoraggiante.

Mio padre continuava a pensare: “Accidenti, ci è andata male”. Alla fine della proiezione Mr. Rosenberg si mise in macchina, e disse: “Arrivederci. Questa roba le farà guadagnare una barca di soldi.”

Diane Disney Miller, in un’intervista al Saturday Evening Post

Il confronto con la Bank of America era superato, ma l’orologio continuava a ticchettare: era intenzione di Walt Disney fare uscire il suo film durante le feste di Natale, periodo particolarmente propizio al box office. Il lavoro divenne frenetico, tutti diedero il loro massimo e fecero gli straordinari notturni, riuscendo a finire il film appena quattro giorni prima del grande debutto.

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L’accoglienza

32 animatori, 102 assistenti, 167 intercalatori, 20 layout artists, 25 acquerellisti, 65 animatori di effetti e 158 inchiostratori, per un totale di più di 2,000,000 disegni. Un magnum opus da cui dipendevano le sorti di un uomo e un sogno.

Era il 21 dicembre del 1937. Nella platea del Carthay Circle Theatre di Los Angeles sedevano tutti i detrattori e gli scettici che avevano bollato Walt Disney come visionario senza speranza, come pure numerose personalità del cinema, tra cui Charlie Chaplin, Judy Garland, Ginger Rogers, Clark Gable, John Barrymore e Marlene Dietrich. Le luci si spensero, calò il silenzio, la proiezione incominciò.

Biancaneve

All’apparizione di questa immagine, l’intero teatro si profuse in uno scroscio infinito di applausi, alzandosi in piedi. Una standing ovation, un successo straordinario. Walt Disney, il ragazzo che consegnava i quotidiani laggiù nel Missouri, a cui una volta dissero che avrebbe spazzato i pavimenti per tutta la vita, veniva applaudito dai più grandi di Hollywood. Aveva vinto su tutta la linea.

Biancaneve e i sette nani rimase per cinque settimane al Radio City Music Hall di New York, un record assoluto per l’epoca. Sarebbe rimasto anche di più, ma bisognò distribuirlo anche nei cinema di periferia, per evitare la troppa affluenza. Le recensioni entusiaste piovvero sulla Walt Disney Productions, chiamando Biancaneve film dell’anno e capolavoro immortale. Disney stesso apparve sulla copertina del Time.

Charlie Chaplin ammise di essere un novellino in confronto alle doti comiche di Cucciolo, e Sergej Ėjzenštejn definì Biancaneve il più grande film mai realizzato.

Biancaneve
Alla premiazione degli Oscar

Oltre al Grande trofeo d’arte della Biennale di Venezia, Disney ricevette anche uno speciale Oscar onorario consegnatogli da Shirley Temple, che ritraeva una statua normale seguita da sette piccoli oscarini.

Gli introiti che tolsero tante notti di sonno a Walt e la sua famiglia? Nella sua prima distribuzione, Biancaneve e i sette nani incassò $8,500,000, che al netto dell’inflazione valgono oggi circa $153 milioni di dollari. Se si contano anche gli incassi delle redistribuzioni e del futuro mercato domestico, Biancaneve ha guadagnato in tutto $782,620,000.

L’impronta nella storia e il futuro degli studios

Biancaneve e i sette nani ha posto molte pietre miliari nella storia del cinema. È stato il primo lungometraggio animato prodotto dagli Stati Uniti d’America, e viene tuttora considerato il migliore dall’American Film Institute. La sua colonna sonora è stata la prima nella storia del cinema a essere rilasciata. È stato tra i primi 25 film preservati nel National Film Registry della Libreria del Congresso, e il primo in assoluto ad essere digitalizzato.

Biancaneve
La colonna sonora di Biancaneve in 78 giri

Il successo di Biancaneve e i sette nani ha ispirato la MGM a produrre un film di fantasia pensato anche per il pubblico adulto, Il mago di Oz (1939, dir. Victor Fleming), e ha spinto i Fratelli Fleischer a cercare di replicare la fortuna con il lungometraggio animato I viaggi di Gulliver (1939, dir. Max e Dave Fleischer).

Ma il vorticoso trionfo non ha avuto conseguenze solo per il mondo del cinema. Anche la Walt Disney Productions aveva davanti a sé un futuro radioso, e molti cambiamenti da affrontare. I lungometraggi animati erano possibili, anzi, dall’uscita di Biancaneve erano addirittura richiesti. La Disney non era più una piccola casa di produzione di corti, ma un grande nome, una vera e propria fabbrica di sogni il cui funzionamento doveva essere inappuntabile.

Walt Disney utilizzò $4,5 milioni di dollari degli incassi per spostare gli studios da Hyperion Avenue, Los Angeles, negli edifici appositamente costruiti a Burbank. I Walt Disney Studios sorgono lì ancora oggi.

Biancaneve

Le basi per una narrazione solida e affidabile erano ormai state poste. Ora era tempo di consolidarle oppure sperimentare. Walt Disney avrebbe percorso entrambe le strade.

Alla cerimonia di premiazione degli Oscar, imbracciando le sue otto statuine, Walt Disney si era già scrollato l’esperienza di Biancaneve di dosso. Senza remore, iniziò a parlare al pubblico di un certo progetto che coltivava ormai da diverso tempo, ispirato a Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi. La platea ascoltava mesmerizzata. Lo stettero a sentire per 25 minuti, e stavolta nessuno lo chiamò folle.

Come scrisse il New York Times nel 1938, e come avrebbe ripetuto Bert in Mary Poppins trent’anni più tardi: «Grazie mille, signor Disney. Non stia via troppo a lungo.»

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Biancaneve

Letizia Somma

Un ringraziamento speciale ad Alessia Loddo e al suo bellissimo articolo sull’animazione 2D

© Disney

Fonti: The Illusion of Life di Frank Thomas e Ollie Johnston, The Disney Compendium, Wikipedia, IMDb, Norman Rockwell Museum, Concept Art World, Animation World Network, Saturday Evening Post, Animated Views, Walt Disney Family Museum

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