Top&Flop di Walt: Mucche alla riscossa

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Il Classico Disney Mucche alla riscossa conta come top o come flop di Walt?
No, nessuno se l’è chiesto e sì, il suddetto film d’animazione a tema bovino è realmente il quarantacinquesimo Classico Disney. Non è una pecora nera (casomai una mucca) della DreamWorks Animation con troppe gag sui rutti, non è il filmetto low cost della domenica pomeriggio, non è Barnyard – Il cortile e non è un’allucinazione dovuta alle merendine Fiesta che avete ingollato nell’infanzia prima di capire che c’era il rum dentro.

mucche alla riscossa in the sky with diamonds
Ah, la nostra infanzia

Mucche alla riscossa esiste sul serio e, che piaccia o meno (alla critica, per esempio, è piaciuto meno), con la sua uscita nel 2004 rappresenta l’ultimo film dove l’animazione 2D è ancora la tecnica tradizionale dei classici Disney. Ma quindi questo insolito western disneyano è stato un tale flop da mandare “in vacca” i disegni a favore dei modelli 3D? Se riuscite a tollerare questo livello di battute, iniziamo subito ad esaminare il più demenziale, allucinogeno e ro-manzesco dei Classici Disney.

mucche alla riscossa molta sadness
AHAHAH

Ra-mmmentate la trama?

Mucche alla riscossa è una storia di cowboys dal gusto rétro, dove tuttavia scarseggiano i boys e le avventure di una tipica cow si spostano al centro della narrazione. Tranne questo banale dettaglio, la trama segue religiosamente cliché e citazioni del cinema western classico e dello spaghetti western: c’è il fuorilegge Alameda Slim, un ladro di bestiame con aspirazioni da latifondista, c’è un onesto ranch da salvare dalle sue grinfie, c’è un’eroica brigata al galoppo (ma sui propri zoccoli), c’è il saloon con le danzatrici tentatrici, i vecchietti rauchi, la miniera, la ferrovia, le vendette, le botte da orbi e… lo yodel?? Vabbè, proviamo a spiegare un po’ meglio.

mucche alla riscossa scena western quasi normale
Fino a qui ci siamo

Il titolo originale di Mucche alla riscossa è un meno letterale Home On The Range, che rimanda a una canzone popolare statunitense amata dai mandriani (esiste una versione di Frank Sinatra e una nientemeno che di Bobby Solo). Un’accogliente “casa nella prateria” è proprio il sogno di Maggie, la premiata mucca eroina del film. Ma in una “terra di disperati dove non servono gli avvocati” (cit.), l’unico angolo paradiso è appunto la fattoria “Angolo di Paradiso” dell’anziana Pearl, dimora di benvoluti e giammai macellati animali fra cui la giovenca new age Grace e la rispettabile vacca (scusate, il vocabolario ha i suoi limiti) Mrs. Caloway. Maggie, Grace e Mrs. Caloway saranno le “magnifiche tre” che si opporranno alla rovina della fattoria e al bieco Alameda Slim, incrociando i destini con lo stallone/sbruffone Buck, la scafata lepre Lucky Jack, tori, porci, pulcini ecc. Ah, in tutto questo c’è anche lo yodel.

mucche alla riscossa treno brigata
Ora ha senso

Il latte versato prima di Mucche alla riscossa

Si avverte una vaga somiglianza con Le follie dell’imperatore (2000), non solo per la stramberia generale, ma anche per l’odissea di stravolgimenti, modifiche, tagli e sostituzioni che fu la produzione di questo film. La domanda che vi porrete è: in nome del Cielo, come arrivarono fino alle mucche combattenti? L’elemento del canto ipnotico (pardon, yodel) fa pensare a una versione bovina de Il pifferaio di Hamelin, fiaba già reinterpretata dalla Disney nel 1933 con un cortometraggio della serie Silly Symphonies, ma anche supponendo questa liberissima ispirazione, il West e l’eroismo avventuroso da dove sono sbucati?

pifferaio di hamelin disney
Uguale, ma con i bambini al posto delle mucche e il piffero al posto di… no, basta paragoni

Per saperlo, dobbiamo risalire fino ai primi anni ’90: il regista Mike Gabriel, dopo l’avventura nell’outback australiano di Bianca e Bernie nella terra dei canguri, cercò lo spunto per la sua prossima impresa disneyana nelle atmosfere western, vagliando i miti statunitensi fino ad arrivare alla nota eroina (o vittima del colonialismo?) che nel 1995 gli ispirò Pocahontas. Ma la sua sete di fucili e gallette non finì qui e da essa nacque il progetto per un successivo film che avrebbe diretto insieme a Michael Giaimo, dal titolo… Sweating Bullets.

sweating bullets titoli
Sweating cheee? Ma di che film stiamo parlando?

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“Muuh” o “Buuh”? Una storia di bovini e fantasmi

L’idea per Sweating Bullets fu ispirata non dai fratelli Grimm e dal loro pifferaio, ma da Rudyard Kipling con il suo Capitani coraggiosi, romanzo del 1897 incentrato su un fanciullo viziatello che viene scodellato in mare e finisce a bordo di un peschereccio dove conosce una nuova vita: allo stesso modo, il protagonista del film Disney doveva schiantarsi fuori da un treno diretto nel vecchio West e finire fra i mandriani. Lo stile dell’epico racconto di formazione venne mantenuto, ma la trama subì poi l’influenza della macabra canzone country (Ghost) Riders in the Sky: A Cowboy Legend (1948) e il giovinetto sprovveduto diventò un altrettanto sprovveduto cowboy alle prese con una città fantasma. No, non nel senso di “città deserta”.

sweating bullets ghosts
In questo senso

Prima che possiate emozionarvi, sappiate che la storia cambiò di nuovo finendo nei familiarissimi binari disneyani della tenera avventura di un cucciolo eroico, il vitello Bullets (volevamo forse sprecare la parola “bullets” nel titolo? E poi “bull” vuol dire toro! Geniale!). Anche l’antagonista e ladro di bestiame Slim, ideato come un non-morto che guidava le mandrie verso un destino per nulla roseo, prese il più rassicurante aspetto di un pasciuto buffone con il piano di scatenare le bestie cornute su Washington, D.C. per diventare presidente (un’idea ripresa poi da Trump – perdonate la battuta).

sweating bullets vitello e slim
Da qui il detto “piangere come un vitello”

Il colpo di coda: da Sweating Bullets a Mucche alla riscossa

Nel 1999 ormai non si capiva più niente di Sweating Bullets. Così l’autore Michael La Bash, insieme ai colleghi Shirley Pierce, Mark Kennedy, Robert Lence e Sam Levine, raccolse pezzi di sfondi e personaggi e mise insieme un altro film: Mucche alla riscossa. In questo film, tre mucche salvavano capra e cavoli (letteralmente) del loro ranch.

mucche alla riscossa titolo
Oohh, eccoci finalmente

Fra un cambiamento e l’altro, anche i registi Gabriel e Giaimo vennero sostituiti nel 2000 da uno degli animatori supervisori, Will Finn, che si trascinò dietro come nuovo co-regista John Sanford. Dell’epico e commovente progetto originario di Gabriel, del resto, era rimasto ben poco: la produzione ormai era decisa a puntare sulla commedia per la prima infanzia, complice anche il fallimento della sofisticata fantascienza di Atlantis – L’impero perduto nel 2001.

atlantis floppato
“C’è la polizia anti-serietà, Milo: sono venuti a prenderti!”

Il lungo ruminare prima di arrivare a Maggie

Scartati il ragazzo e il torello, la protagonista di Mucche alla riscossa a questo punto era la mucca Maggie, ma l’odissea non era ancora finita: il suo design si presentava inizialmente più squadrato e con un grugno ben definito, inoltre il personaggio era già parte della cricca di Grace e Mrs. Caloway ad Angolo di Paradiso, anziché essere “quella nuova”.

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Un po’ troppo piatta
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Un po’ troppo naso
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Perfection

La decisione di far debuttare Maggie nella fattoria come una protagonista di Mean Girls qualunque (paragone non ufficiale, N.d.A.) movimentò senz’altro le dinamiche fra le mucche, ma toccò rimettere mano alle scene, con un anno di tempo per far uscire il film e con la prima parte già praticamente in fase di colorazione. L’introduzione di Angolo di Paradiso venne modificata per tagliare via Maggie e sostituirla con un porcello.

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Notare lo spazio a forma di Maggie fra una mucca e un porcello

Mancava ancora qualcosa per vivacizzare Maggie, l’eroina “buona” della storia: renderla un po’ meno buona. E se in un certo senso i registi Sanford e Finn esagerarono affidandone l’interpretazione alla comica Roseanne Barr (nel senso che la cattiveria di Barr raggiunse vette preoccupanti nella sua successiva carriera, fra battute discriminatorie e teorie cospirazioniste), senza dubbio la personalità di Maggie venne efficacemente definita dalla sua voce sguaiata e il suo umorismo brutale.

mucche alla riscossa barr maggie
E quelle sue raccapriccianti emissioni corporee (cit.)

Le stelle delle stalle

Tuttavia non basta sistemare una sola mucca: per Joe Moshier, responsabile del design dei personaggi (e già character artist per Le follie dell’imperatore) insieme agli artisti Sandro Cleuzo e Chris Ure, la vera sfida era disegnare tre bovine diverse e carismatiche, partendo da un animale che nella vita principalmente mangia erba e si fa mungere. Moshier ce la fece ispirandosi all’arte di Milt Kahl, storico animatore dei Nine Old Men della Disney (bestialmente famoso, fra l’altro, per Le avventure di Bianca e Bernie), e ai libri per bambini degli illustratori Alice e Martin Provensen e Aurelius Battaglia, con le loro linee pulite e i gioiosi contrasti delle campiture di colore.

provensen e battaglia
Un milione di modi per disegnare le mucche nel West (Provensen a sinistra, Battaglia a destra)

Ciascuna mucca fu quindi caratterizzata da Chris Ure in base a una forma precisa: rotonda per la prorompente Maggie, quadrata per la severa Mrs. Caloway e triangolare per la giovane, allampanata e svampita Grace. A un corrispondente terzetto di animatori spettò l’ingrato compito di fissare centinaia di mucche in una vera fattoria e scervellarsi su come farle muovere nel film, malgrado le code fossero le uniche parti che si muovevano (toccò forzare un po’ la mano sull’agilità, ma tanto lo stile del progetto era più stravagante che naturalistico): Chris Buck, noto come co-regista di Tarzan, supervisionò la vitalità di Maggie; Duncan Majoribanks, già animatore di un animale da palcoscenico (Sebastian de La Sirenetta), si occupò di Mrs. Caloway, mentre Mark Henn pensò a Grace dopo un curriculum di eroine del calibro di Ariel, Belle, Jasmine e Mulan.

mucche alla riscossa tre magic number
Three is the magic numbeeer!

Un cast ferratissimo

Il doppiaggio originale sfoggiò, oltre a Roseanne Barr, una serie stellare di personalità (sì, sul serio, per Mucche alla riscossa), le cui interpretazioni, secondo la produttrice del film Alice Dewey Goldstone (veterana nella produzione di altri classici Disney, fra cui Hercules), furono determinanti per far emergere i personaggi, semplificando e sgrossando la lavorazione degli storyboard. A far parlare la flemmatica mucca Mrs. Caloway fu la voce britannica e agée della celeberrima interprete shakespeariana Dame Judi Dench, forse nel suo ruolo più a effetto straniante prima di Cats del 2019. La stonatissima (non solo in senso canoro) Grace ebbe la caratteristica voce stridula e gutturale dell’attrice Jennifer Tilly.

mucche alla riscossa doppiaggio protagoniste
Meglio una mucca oggi che i jellicle cats domani

Il premio Oscar Cuba Gooding Jr. diede un’impronta irritantemente energica e ottimista alle frustrazioni di Buck, l’ambizioso giovane cavallo con problemi di mascolinità tossica (benché non certo alla pari delle future vicende giudiziarie del suo interprete), mentre il ruolo di Alameda Slim venne interpretato e cantato (esclusa la parte dello yodel) da Randy Quaid, noto l’anno successivo come l’altrettanto losco e meno simpatico cowboy Aguirre ne I segreti di Brokeback Mountain. Altre interpretazioni degne di nota: il caratterista Steve Buscemi nel ruolo di una caricatura di se stesso (l’infido Wesley, complice del cattivo) e Sam Levine, uno degli storyboard artist e soggettisti del film, nel duplice, anzi triplice ruolo di tutti e tre i tonti Fratelli Willie.

mucche alla riscossa sam levine willie brothers
“AAAGH! Tu chi sei? Che ne hai fatto dello storyboard artist della Disney?”
mucche alla riscossa steve buscemi
Perché inserire un altro antagonista quando puoi disegnare un cameo a caso di Steve Buscemi

Andiamo a pascolare nelle ambientazioni

Naturalmente i personaggi western di Mucche alla riscossa dovevano muoversi in ambienti adeguati, per cui la background supervisor Cristy Maltese, che aveva già lavorato agli sfondi di classici come Pocahontas e La Bella e la Bestia, partecipò a una spedizione nel Wyoming (lo stato meno popolato degli USA, a meno di non contare le mucche) con un team disneyano, per osservare i paesaggi dove si svolgeva il ritorno a valle del bestiame. Studiando anche i vecchi cortometraggi animati Disney sulle leggende del West, come Pecos Bill (1948) e Paul Bunyan (1958), e ispirandosi al contrapporsi di texture accese, angolose e porose dei collage infantili, gli artisti si distaccarono dai tipici scenari polverosi e cupi per colorare fantasiosamente la natura osservata con le sue tinte più brillanti.

mucche alla riscossa sfondi e ispirazioni
Sopra: Pecos Bill, Paul Dunyan. Sotto: Mucche alla riscossa. Assenza di umani: non ha prezzo

Questo stile molto grafico e un tantino allucinato rispecchia, oltre che lo spirito del film nel suo complesso, l’eredità cromatica di Mary Blair, grande disegnatrice e storica art director della Disney (fra i tanti lavori, ricordiamo Alice nel paese delle meraviglie nel 1951). Un valido esempio di questa linea coloristica è la psichedelica scena del furto di bestiame a opera di Alameda Slim, meno inquietante della parata degli elefanti rosa in Dumbo, ma comunque sconsigliata alle menti razionali.

mucche alla riscossa mary blair e alameda slim
Qualunque cosa abbia fumato il Brucaliffo di Mary Blair, l’hanno fumata anche le mucche

Le muuu-siche del film

Fin qui c’era materiale per un ottimo Classico Disney, cosa è andato storto? Per dirne una, il regista Sanford trovò un po’ invadente per i suoi gusti la colonna sonora di Mucche alla riscossa che, pur distaccandosi in parte dallo stile musical tipico del Rinascimento Disney (malgrado i balletti degli animali ad Angolo di Paradiso, l’unico brano non di sottofondo è Yodel-Adle-Eedle-Idle-Oo, intonato e coreografato dal malvagio Alameda Slim), punta su varie canzoni. Queste interpretano coerentemente le atmosfere statunitensi con melodie blues e country (di nuovo, a parte lo yodel).

alameda slim
*melodia country*

Sono opera del compositore Alan Menken (allora reduce da Hercules come la produttrice Goldstone e pluripremiato per le musiche di innumerevoli altri Classici Disney) e del paroliere Glenn Slater, nel suo primo ma fortunatamente non ultimo incarico disneyano (seguirono le lyrics per la versione teatrale de La Sirenetta nel 2008 e una nuova collaborazione con Menken per Rapunzel nel 2010). Una delle canzoni tormentone della loro colonna sonora è l’orecchiabile Little Patch of Heaven, interpretata dalla cantautrice nonché icona lesbica canadese k.d. lang.

mucche alla riscossa canzone paradiso
*pacioso acuto*

Di tono decisamente diverso è Will The Sun Ever Shine Again?, commissionata a Menken come una canzone che interpretasse il momento di maggiore smarrimento nella missione delle tre eroine, e da lui sviluppata proprio nel periodo in cui negli USA e nel mondo divampava la tragedia dell’11 settembre 2001. Menken volle incorporare il lutto collettivo e il comune bisogno di speranza nelle malinconiche note di pianoforte della canzone, poi arricchita dalle parole di Slater e dalla voce della chitarrista blues Bonnie Ratt.

mucche alla riscossa will the sun ever shine again
*malinconico pianoforte*

E torniamo a Yodel-Adle-Eedle-Idle-Oo, un bizzarro omaggio all’arzigogolato canto alpino e alle canzoni-scioglilingua Disney (Supercalifragiglistichespiralidoso per Mary PoppinsBibbidi bobbidi bu in Cenerentola). Quaid la cantò con due veri yodeller americani, Randy Erwin e Kerry Christensen.

mucche alla riscossa yodel
*yodel*

Mungere un film: il parco a tema di Mucche alla riscossa

Magari esistesse Angolo di Paradiso, direte voi. Ma in effetti, l’idilliaca fattoria di Mucche alla Riscossa divenne fisicamente reale nello stesso giorno dell’uscita del film nelle sale statunitensi: il 2 Aprile 2004, nella Disneyland californiana, la vecchia fattoria didattica Big Thunder Ranch (chiusa nel ’96 malgrado dieci anni di attività e una famosa mucca di nome Mickey Moo – sul serio), venne riesumata, rinominata “Angolo di Paradiso” e allestita secondo il tema delle avventure di Maggie e compagne.

mucche alla riscossa angolo di paradiso
I genii del marketing (“Little Patch of Heaven” è scritto minuscolo sopra “Big Thunder Ranch”)

Angolo di Paradiso comprendeva il “Cottage di Pearl”, una casetta dove colorare con i pastelli le stampe della locandina del film, e naturalmente i recinti dove accarezzare cavalli e mucche vivi e vegeti (benché non parlanti, non esperti di arti marziali e senza cappellini in testa). Questo restyling del ranch doveva essere più che un semplice evento promozionale, ma l’idea o il film non funzionarono e nel giro di un annetto l’Angolo di Paradiso delle vacche era già una fattoria natalizia popolata di tacchini (sempre vivi e vegeti, malgrado le circostanze). Dopo la chiusura definitiva del Big Thunder Ranch nel 2016, può dirsi svanita ogni traccia di Mucche alla riscossa nei parchi a tema Disney, e ciò contribuisce senza dubbio all’aura di fallimento e di damnatio memoriae che si porta dietro il film.

Le mucche hanno macellato l’animazione 2D?

Altra negatività deriva dall’accusa che il pubblico rivolge frequentemente a Mucche alla riscossa: che l’insuccesso del film e dei suoi bovini bidimensionali abbia convinto la Disney ad arrendersi al trionfo dell’animazione CGI, orientandosi da quel punto in poi su successi digitali come, per esempio, Ralph Spaccatutto (2012) o Frozen (2013). E quindi, addio all’ultimo baluardo della matita e dei pennelli, in un cinema per l’infanzia influenzato dall’ascesa della tecnologica Pixar (partita da Toy Story nel 1995) e travolto dall’ondata di dissacrazione anti-fiabesca (e tridimensionale) portata dalla DreamWorks con Shrek nel 2001.

toy story shrek
3D, 3D everywhere

In realtà è difficile incolpare un singolo film dell’uccisione di una tecnica non poi così trapassata: anche dopo il 2004, l’animazione 2D continuò a farsi valere con prodotti seriali Disney e non, come Phineas e Ferb (serie di Disney Channel dal 2007 al 2015) e Adventure Time (prodotta da Cartoon Network Studios dal 2010 al 2018), o con i film di Cartoon Saloon (vedi il pluripremiato The Secret of Kells del 2009 fino a Il drago di mio padre nel 2022). Per non parlare degli anime, i cui personaggi bidimensionali continuano tuttora ad avere fan anche fuori dal loro Giappone.

phineas e ferb secret of kells
“Mammaaa, Phineas e Ferb si sono photoshoppati insieme a The Secret of Kells!”

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Chi ha messo le corna alla Disney?

La crisi dei lungometraggi Disney in 2D ebbe inizio anni prima dell’uscita di Mucche alla Riscossa. Un inizio che può essere fatto coincidere con il maledetto 2000 (cioè con la fine di un decennio di fastosissimi classici, seguiti da successi più tiepidi o da soldoni persi come nel caso de Il pianeta del tesoro nel 2002) o, più alla radice, con le dimissioni del dirigente Jeffrey Katzenberg nel 1994.

il pianeta del tesoro
Di risposte non ne ho (cit.)

Malgrado il suo infelice nome, Katzenberg divenne un temibile avversario del suo ex collega Michael Eisner (allora CEO della Walt Disney Productions), emergendo come co-fondatore della già citata DreamWorks Pictures e gestendone il dipartimento di animazione, il cui cavallo vincente fu… no, non Spirit – Cavallo selvaggio nel 2002, ma appunto il poco “disneyanamente corretto” Shrek. Una frecciatina alla rivalità fra i due studi può essere individuata in Mucche alla riscossa, dove lo sciocco equino Buck viene insultato con un delicato appellativo (“Stallion of the Ci-MORON“) ispirato proprio al titolo originale di Spirit.

buck spirit
Ma no, nessun rancore

La stessa misericordia livello Shakira caratterizzò la concorrenza della Pixar Animation Studios, pioniera dei lungometraggi in CGI, tenuta d’occhio dalla Disney tramite un accordo di collaborazione ormai in scadenza (prima dell’acquisizione nel 2006) e ben più favorita dal nuovo millennio, vedi i successi di Monsters & Co. (2001) e Alla ricerca di Nemo (2003).

monsters & co atlantis
A destra, Disney

In tale contesto David Stainton, presidente della Walt Disney Feature Animation, annunciò la chiusura dello studio di animazione di Orlando (Florida) già nel gennaio 2004, tre mesi prima dell’uscita di Mucche alla riscossa. Il mercato dei Classici Disney, ormai sorretto da prodotti derivativi come le serie animate tratte dai film e i sequel direct-to-video, sembrava già voltare pagina, a prescindere dalle opinioni dei circa duecentocinquanta animatori 2D licenziati.

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Curriculum dello studio di Orlando

Ma questo film fa proprio venire il latte alle ginocchia?

Il box office parla chiaro: Mucche alla riscossa, costato alla Disney più di cento milioni di dollari, debuttò al cinema in maniera deludente, lasciandosi sorpassare da Hellboy di Guillermo del Toro (vabbè, ci sta), da A testa alta (vabbè, il protagonista è The Rock) e da Scooby-Doo 2 – Mostri scatenati (okay, grave). La Disney rivide circa settantasei di quei milioni e, nonostante una dignitosa uscita in DVD e VHS (che fa di Mucche alla riscossa l’ultimo film ampiamente distribuito nelle mitiche “videocassette originali Walt Disney Home Video”, prima del predominio del supporto digitale), non ottenne neppure entusiastiche recensioni da parte dei media e del pubblico.

mucche alla riscossa dvd3
Bel DVD, però

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Ancora oggi il film non è un cult rivalutato in modo unanime dalla critica o dalla cultura popolare. Persino il suo primato (o piuttosto, ultimato) nella storia disneyana del 2D viene spesso erroneamente attribuito a La principessa e il ranocchio (2009), che costituisce invece un’occasionale (e nostalgica) ripresa della tecnica dopo Chicken Little – Amici per le penne (2005), I Robinson – Una famiglia spaziale (2007) e Bolt – Un eroe a quattro zampe (2008), tutti classici in CGI. Al netto di fan che assaporano Mucche alla riscossa come un gustoso hamburger di umorismo senza tante pretese, l’opinione più frequente è che si tenda a dimenticarlo, e che non sia un capolavoro.

la principessa e il ranocchio winnie
Ma poi a rigore l’ultimissimo classico in 2D è Winnie The Pooh – Nuove avventure nel Bosco dei 100 Acri, eh

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I latticini (piccoli lati) negativi di Mucche alla riscossa

La sovrabbondanza di pura slapstick comedy e le spolverate di umorismo a grana grossa risultano leggermente sconcertanti per il pubblico dei Classici Disney, divario testimoniato anche dall’inedita classificazione PG del film (che è un gradino più dirty della consueta classificazione “per tutte le età”). Il pubblico adulto potrebbe notare poca profondità nella storia e magari non riderà delle mutande di Alameda Slim, mentre quello infantile è un curioso target per le battute sulle mammelle grosse e i riferimenti ai vecchi western (incluse le famose danzatrici tentatrici). Malgrado la trama del film si possa scrivere su un coriandolo, non si percepisce una direzione precisa, solo un gran macello (con tutto il rispetto per il bestiame protagonista).

mucche e soubrettes
Altro posto che fa rima con “macello”

Così come i personaggi sono solo debolmente esplorati, anche l’ambientazione risulta ristretta rispetto alle ampie praterie che vorrebbe rappresentare, soffocata dalla prevedibile successione dei “set” western e dalle monotone inquadrature degli ingombranti, poco antropomorfizzati quadrupedi. Rispetto a Le follie dell’imperatore (che lo stesso è una catena di inseguimenti degna dello Yakety Sax e mostra solo qualche luogo anacronistico di tutto il vasto impero inca), l’inventiva delle gag è un po’ altalenante e qualsivoglia messaggio edificante non arriva. La trama finisce per reggersi sulla dinamica esplosiva fra Maggie e Mrs. Caloway: qualunque altro nodo della storia è praticamente già sciolto, nel contesto di un “selvaggio West” che è quasi sempre colorato, buffo e amichevole (essendo esclusi omicidi, lerciume e genocidio dei nativi americani – anzi, esclusi addirittura i nativi americani!).

mucche alla riscossa il signore cinese
Però ci sono gli immigrati cinesi (uno: eccolo)

La difesa: Mucche alla riscossa è marchiato ingiustamente?

Ogni top o flop in fondo è anche una questione di tempismo: malgrado la popolarità delle tre buone fate de La bella addormentata nel bosco, forse era troppo presto per un film Disney che inalberasse apertamente tre protagoniste femminili comiche, né bambine né principesse, e neppure eleganti bestiole da salotto o minute topoline, ma pesanti, attempate e franche (a volte anche giovanne – cit.) mucche da latte, forti proprio della loro parlantina tagliente e delle loro grandi forme, capaci di salvarsi a vicenda e libere di esprimere una corporeità “inappropriata” (alle signore).

Mucche alla riscossa non sono una signora
Non sono una signoooraaa!

Non è mica semplice animare le mucche come divertenti e avvincenti eroine d’azione, con la loro lenta andatura quadrupede, la loro espressività proverbiale e soprattutto la loro maggiore familiarità con la griglia che con gli abbracci del pubblico statunitense: andrebbero perlomeno premiati il coraggio, l’originalità e il fatto che comunque la caratterizzazione funziona. Maggie, Grace e Mrs. Caloway non saranno così approfondite, ma hanno personalità riconoscibili, differenti risorse e frizzanti interazioni. La costruzione della potente amicizia fra le mucche, nonché la loro solidarietà con la dolce e indipendente Pearl, è proprio al centro del film (a proposito! Test di Bechdel superato) e, anziché ammantarsi di melodramma o di grandi lezioni di vita, è spassosa, sopra le righe e piacevole da guardare.

mucche alla riscossa non conventional
Vattene, serietà!

La mancanza di una solida morale che giustifichi la gioiosa scempiaggine può essere, a seconda delle opinioni, il problema o il punto di forza di Mucche alla riscossa. Forse in fondo quell’arido Far West, ossessionato solo dalla legge del più forte e incapace di apprezzare le semplici bellezze della vita, non è il grazioso mondo del film: è il nostro. E se è così, non possiamo passare almeno settantasei minuti a rallegrarci e spegnere il cervello guardando bovini che ballano?

Il caseario è chiuso!

Come film “di passaggio” nella storia dell’animazione Disney, Mucche alla riscossa è comunque piuttosto unico nel suo genere: non è un’opera citazionistica che si appoggia fortemente a una tradizione passata, né è un vivido presagio bidimensionale di quelli che oggi sono i classici in CGI. Magari non brilla nel firmamento dei film Disney, ma perlomeno cerca di fare qualcosa di diverso. A voi fa ridere? Oppure pensate sia una bufala?

Verina Romagna

Immagini © Disney

Fonti:

Wikipedia

Disney Wiki

Yesterland

Sean Dudley

Animation World Network

Los Angeles Times

La Tana del Sollazzo

Fülle Circle Magazine

Look Back Machine Podcast

FilmBuffOnline

Medium

Pajiba

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