Le migliori 10 storie da 10 pagine di Carl Barks

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Carl Barks è quello che si suol dire una leggenda del Fumetto. Rivoluzionò questo mezzo espressivo, contribuendo in prima persona a dettarne gli stilemi. Creò personaggi cardine, come Paperon de’ Paperoni, Amelia, Archimede Pitagorico.

Definì i confini di Paperopoli e dintorni, caratterizzando i suoi abitanti come mai nessuno aveva fatto prima. Paperino, apparso per la prima volta nella Sinfonia Allegra La gallinella saggia, deve gran parte della sua profondità psicologica proprio a Barks, meritatamente soprannominato l’Uomo dei Paperi.

Carl Barks raccontò circa 700 storie. Un centinaio sono vicende lunghe (di solito 28 tavole), corpose, di respiro ampio e avventuroso, sovente di ambientazione esotica. L’autore spinge i Paperi ai quattro angoli del globo alla ricerca di un tesoro nascosto, civiltà perdute, personaggi curiosi. Si tratta di avventure trascinanti e suggestive, con cui Barks ha contribuito a forgiare l’epopea del comic book americano.

rai 4 barks

Non un Barks minore

Il suo incontenibile estro non si esprimeva al meglio solo nelle storie lunghe; una parte – la maggior parte, se consideriamo la quantità – è composta da brevi avventure di ambientazione perlopiù urbana, brillanti commedie al fulmicotone in cui i Paperi affrontano le traversie dell’esistere quotidiano.

Tra i palazzi e le villette a schiera paperopolesi, tra la salace ironia e l’esplosiva comicità slapstick degli eventi, il clan piumato si racconta in puntate di dieci tavole alla volta, le cosiddette ten-pagers. Leggendole, di dieci pagine in dieci pagine, scorgiamo un pezzettino nuovo di questi personaggi immortali e, di conseguenza, un pezzettino nuovo di noi stessi.

Non ci troviamo di fronte a “figli di un Barks minore”, solo di un Barks alternativo: la carica narrativa dell’Uomo dei Paperi si adatta alla brevità del racconto, uscendone ricalibrata piuttosto che ridimensionata. Laddove si rinuncia all’elemento esotico o a trame più articolate, le ten-pagers si concentrano maggiormente sull’approfondimento dei pensieri e delle paturnie dei personaggi, sull’inscenare gag irresistibili, sulla satira di usi e costumi dell’uomo contemporaneo.

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Dieci ten-pagers di Carl Barks

Alla luce di queste considerazioni, era quasi necessario dedicare un articolo alle migliori dieci storie di dieci pagine di Carl Barks. Doverosa premessa: quella che segue non è una selezione guidata da criteri oggettivi. Tante e variegate sono le meravigliose ten-pagers che l’Uomo dei Paperi ci ha regalato. Qui troverete un elenco – in ordine cronologico di uscita – delle più esemplari della categoria, ma solo alcune hanno meriti fattuali: altre sono semplicemente bellissime. Per chi scrive, ovvio.

Paperino e i buoni propositi (Donald Tames His Temper, 1946)

barks buoni propositi

Io non mi arrabbierò mai più!

Paperino

Paperino e i buoni propositi è una delle ten-pagers più lineari di Carl Barks. La trama è molto semplice: Paperina – qui al suo primo ruolo effettivamente attivo nelle storie di Barks – convince Paperino, a suon di borsettate, a impegnarsi a stabilire un buon proposito per il nuovo anno. Lui ne pensa uno complicatissimo: non perdere mai più la pazienza.

I nipotini fanno in fretta a sfruttare la faccenda a loro vantaggio comportandosi da autentici discoli, sicuri di rimanere impuniti. Paperino, esasperato, chiede consiglio a Paperina, la quale gli fa notare come possa comunque castigare Qui, Quo e Qua, ma mantenendo il sorriso sulle labbra. “D’ora in poi saremo buoni!” promettono in contropiede i 3Q, ma Paperino non ci sta. In una memorabile vignetta finale, dà sfogo a tutta la sua rabbia repressa con una sfuriata che oggi farebbe fondere il centralino del Telefono Azzurro.

La forza di questo intreccio, efficace proprio perché lineare, verte sulla potenza comica delle gag e dei loro tempi comici, oltre che sulla straordinaria recitazione dei personaggi. Paperino, Paperina e Qui, Quo, Qua acquisiscono una gamma di sfumature caratteriali come mai era successo all’interno delle storie brevi. Carl Barks li tratta come umani, creature vive, con atteggiamenti complessi e reazioni imprevedibili.

barks buoni propositi

Personaggi vivi

Paperina si configura come compagna gentile ma ipocrita, saggia ma impulsiva. Cerca di fare qualche critica costruttiva al partner ma si infiamma quando lui la offende, cadendo in quella stessa irascibilità che poc’anzi aveva rimproverato a Paperino. È poi lei a dare il giusto consiglio al fidanzato nel momento del bisogno.

Qui, Quo e Qua sono dipinti come i monelli della prima fase della loro carriera, in guerra perenne con lo zio e sempre pronti a marinare la scuola e trovare il modo più distruttivo per divertirsi. All’inizio non capiscono cosa sia successo a Paperino, ma poi sfruttano la situazione a proprio vantaggio e dimostrano una certa astuzia quando tentano di salvarsi dalla punizione esprimendo a loro volta un buon proposito per il nuovo anno. Purtroppo per loro, la pazienza di Paperino ha superato i livelli di guardia…

Proprio Paperino è il personaggio più interessante e sfaccettato, in continuità ed evoluzione rispetto a quello dispettoso e spiantato delle strisce quotidiane di Al Taliaferro. Le sue reazioni sono esilaranti al punto da reggere da sole la storia: impossibile non prenderlo in simpatia con i suoi sorrisi forzati, intervallati da tentativi esasperati di mantenere la calma (opportunamente di nascosto). Degne di nota anche le vignette in cui l’Uomo dei Paperi ce lo mostra piangere per il nervoso e sfogare la sua furia, consapevole di aver ormai mancato il proposito.

barks buoni propositi

I buoni propositi di Carl Barks

Una storia che segna un importante passo in avanti per la definizione del carattere di Paperino, che da lì in avanti sarebbe stato protagonista di un numero crescente di storie volte a esaltarne le qualità recitative e le sfaccettature psicologiche.

Si segnalano, in chiusura, altri due momenti di Paperino e i buoni propositi: il ritrovamento da parte dei nipotini delle imbarazzanti lettere d’amore di Paperina per Paperino (tale “posta del cuore” sarà il leitmotiv di un’altra deliziosa ten-pager, Paperino e lettere galanti) e la vignetta finale, con la papera abitazione sradicata dall’ira funesta di Paperino e un agente che commenta sardonico, celato da una silhouette: “Tutto bene in via della Quercia! La battaglia infuria da Paperino… come sempre”!

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Paperino e la pioggia d’oro (A Financial Fable, 1951)

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Tecnicamente ben fatta. Ha un ritmo quasi musicale.

Carl Barks su “Paperino e la pioggia d’oro”, lettera del 1969 in risposta a un ammiratore

Tra le preferite dal suo autore, Paperino e la pioggia d’oro è da intendersi quasi come un’opera a sé. Una sorta di fiaba, come il suo titolo originale vorrebbe indicare. La trama, infatti, si concede attimi iperbolici che servono a illustrare il meccanismo dell’inflazione e il relativo aggiustamento dei prezzi nell’economia capitalista.

Tutto, dall’ambientazione alle caratterizzazioni dei personaggi, è piuttosto peculiare: nella fattoria di Zio Paperone sono al lavoro il Vecchio Cilindro, Paperino e Qui, Quo e Qua. Questi ultimi lavorano alacremente, prendendosi cura degli animali; il secondo invece sbuffa e mugugna, desideroso di vedersi cadere dritto fra le braccia un milioncino di dollari tondo tondo.

Inspiegabilmente, ciò accade. No, in realtà non così inspiegabilmente: una tromba d’aria ha risucchiato tutto il denaro di Paperone, stipato in un anonimo silos antesignano del Deposito (che solo di lì a poco avrebbe fatto la sua comparsa sulle pagine dei comics americani), facendolo piovere su tutti gli Stati Uniti.

Ogni americano dispone adesso di un milione di dollari, con la possibilità di spenderlo come meglio crede. Paperino e Gastone, ad esempio, vogliono fare il giro del mondo: il desiderio è condiviso dalla quasi totalità dei connazionali. I nipotini, invece, preferiscono rimanere a lavorare alla fattoria.

barks pioggia d'oro

L’etica barksiana e lo spirito del capitalismo

Paperone è assurdamente serafico: non si scompone né si dispera invocando la somministrazione di cicuta. Sa che continuando ad allevare e coltivare tonerà in possesso di tutta la sua fortuna. Poco prima, aveva persino confessato – a se stesso e ai lettori – di essere perfettamente consapevole che il denaro non valga nulla. È solo un mucchio di carta e metallo. Ma lui l’ama! Ama tuffarcisi dentro come un pesce baleno, scavarci gallerie come una talpa, farselo tintinnare in testa come una doccia. Eccetera eccetera.

Le cose girano proprio come aveva previsto Paperone. Tutti vogliono fare il giro del mondo e nessuno lavora più. Così, in breve, termina la produzione di qualsiasi cosa e le poche merci ancora disponibili (quelle della fattoria de’ Paperoni, novella repubblica di Weimar) vengono vendute a prezzi vertiginosi. Il papero più ricco del mondo torna tale, beandosi di tutti quei quattrini in cui può letteralmente immergersi. “Disgustoso” chiosa Paperino, in una memorabile vignetta finale.

barks pioggia d'oro

Persino in questa fiaba troviamo una chiave di lettura del Paperone di Carl Barks, a cui il denaro piace in maniera morbosa, carnale, ludica. Ci gioca. C’è passione, pulsione materica. Solo in un secondo momento emerge l’elemento affettuoso e nostalgico, tanto caro invece a Don Rosa.

C’è poi la caratteristica per cui la storia è famosa: la puntualità con cui riesce a illustrare le dinamiche del capitalismo, diventando quasi una parabola del sistema economico. Barks non lo esalta né lo critica: parrebbe più puntare il dito verso l’arrivismo e i fantasmi di facile ricchezza (oggi si potrebbe facilmente ironizzare sui contenuti di molti video di trading online).

Paperone, sostanzialmente inerte, incarna appieno lo spirito capitalista e arriva a farsi quasi concetto personificato. Un capolavoro che ancora oggi non ha perso una briciola della sua efficacia.

Paperino e l’amuleto del cugino Gastone (Gladstone’s Terrible Secret, 1952)

Secondo me, possiede un portafortuna, insomma, un “qualche cosa” mille volte più potente di un ferro di cavallo!

Qui su Gastone

Paperino e l’amuleto del cugino Gastone, in originale Gladstone’s Terrible Secret, è senza dubbio la ten-pager di Carl Barks in cui la figura di Gastone risulta più sfaccettata e approfondita. Il fortunatissimo cugino di Paperino era stato introdotto proprio dall’Uomo dei Paperi nella ten-pager del 1948 Paperino lingualunga.

Al suo esordio, però, non v’è traccia della sua buona sorte. È un damerino sbruffone e vanesio, che intende prendere possesso della casa del cugino in nome di una scellerata scommessa stretta mesi prima.

Fortunato, Gastone lo diventa circa un anno dopo, nella ten-pager Paperino e l’isola misteriosa. Senza motivo, senza spiegazione. Barks lo concepisce esattamente in questi termini. Un insopportabile cocco della Dea Bendata, che esiste proprio poiché tutti gli altri mortali siano costretti a fare i conti con le proprie disgrazie. Trovare una spiegazione alla fortuna di Gastone sarebbe assurdo. Ma è proprio quello che tentano di fare i Paperi in questa eccezionale avventura.

Il terribile segreto di Gastone

Abbiamo già parlato approfonditamente di questa storia in un lungo articolo, per cui in questa sede saremo più agili per esigenze di spazio. Ci perdonerete.

La trama è questa. Il clan dei Paperi al (quasi) completo – Paperino, Qui Quo Qua, Paperone – vuole ardentemente chiarire il mistero dietro la fortuna di Gastone. Barks ci mostra la famigliola spiare il cugino nel corso di una sua giornata tipo, ottenendo null’altro che bruciori di stomaco. La sua buona sorta è così sfacciata che nessuno potrebbe rimanervi indifferente: figuriamoci uno che si sente perennemente vessato dalla iella come Paperino!

I Paperi arrivano a introdursi nell’abitazione di Gastone mentre questi è assente, per cercare il portantoso portafortuna di cui sospettano l’esistenza. Rinvengono una cassaforte. La aprono.
Dentro, c’è solo una monetina da 10 centesimi. Un decino, come la Numero Uno: la moneta che aveva ispirato Paperone a lavorare più duramente di chiunque altro pur di raggiungere la gloria.

Gastone rientra prima del previsto e li sorprende. Si getta a terra, in lacrime, con le mani a coprire il volto. Se ne vergogna come un ladro. Quello, confessa, è l’unico denaro che abbia mai guadagnato lavorando. L’onta è troppo grande.

Il terribile segreto di Gastone è proprio questo: non esiste alcun segreto. Gastone è fortunato e basta. Senza spiegazioni, critiche o assoluzioni. A questo punto un po’ di nausea sarebbe venuta a tutti, è normale. Cosa dire, di fronte a questa sconcertante rivelazione?

Un dignitoso riserbo

Nulla. Assolutamente nulla. Che è proprio quello che è rimasto da dire ai Paperi. In una memorabile vignetta finale, percepiamo il disgusto provenire da quelle studiate silhouette. Non vediamo le facce dei Paperi, ma sappiamo esattamente che espressione abbiano.

In originale, Paperino chiede a Paperone: “qualche commento?”. Risponde l’altro: “nulla che possa essere pubblicato“. Triplice fischio e tutti sotto la doccia.

Tra le altre cose, Paperino e l’amuleto del cugino Gastone è una storia importantissima perché sancisce l’esordio di Archimede Pitagorico, che rivedremo nei mesi successivi ritagliarsi un posto da comprimario fisso all’interno del cast di Paperopoli.

Graficamente è certamente il periodo di massimo splendore per il Maestro dell’Oregon: gran parte della trascinante comicità della storia è merito della straordinaria espressività dei personaggi, messa a dura prova da uno smacco così esagerato da risultare incredibile. Purtroppo per loro, per noi, per tutti i comuni mortali, le cose stanno così e basta. Meglio seppellirle sotto un dignitoso riserbo.

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Paperino allevatore di polli (Omelet, 1952)

Per l’ambientazione, Barks si ispira ancora una volta alla zona nel sud della California dove risiede quando realizza questa storia, tra Hemet (da cui Omelet) e San Jacinto.

Alberto Becattini

È assai singolare, Paperino allevatore di polli. Per tutta una serie di fattori: proviamo a elencarli.

In primis, la struttura narrativa. La prima vignetta ci mostra Paperino, Qui Quo Qua e Paperina mentre attraversano la città di Frittata. La ragazza non può fare a meno di notare che gli altri Paperi si stanno mascherando con barbe finte e altri orpelli.

La domanda sorge spontanea: qual è il motivo di tanta prudenza? Da qui si sviluppa il racconto vero e proprio, un lungo flashback che illustra le varie disavventure di un Paperino maldestramente improvvisatosi allevatore di polli. L’analessi non è una tecnica particolarmente usuale nel fumetto Disney. Vale tanto per Carl Barks quanto per altri autori. Qui è adoperata con sapienza e – soprattutto – per una motivata ragione.

Poi, la straripante comicità. Sembra banale, ma una buona storia di Paperi dovrebbe indubbiamente saper regalare qualche risata a chi la legge. Paperino allevatore di polli vi riesce egregiamente, lavorando su due registri: quello più immediato – come i Paperi camuffati in modo buffo – e quello più iperbolico – come le autentiche disgrazie che l’incompetente famigliola impone alla cittadina, destinata a venire sommersa da tuorlo e albume.

Scrivi di ciò che conosci

Una delle regole impartite dalla maggior parte dei docenti di scrittura creativa – spesso travisata, ma non è questa la sede adatta per parlarne – è proprio quella di “scrivere di ciò che si conosce”. Carl Barks fu egli stesso allevatore di polli a Hemet per un periodo della sua vita, con scarsa (per non dire nulla) fortuna.

Ovviamente Barks non ha mai impiumato un’intera città, né l’ha mai invasa con una carica di pollame, e nemmeno l’ha inondata con dei tuorli. Ma è affascinante pensare quanto la reale esperienza di un artista possa condizionare la sua opera, per travalicare il muro tra quello che è esistito e quello che viene creato.

Paperino è qui un Paperino all’ennesima potenza: avventato, propositivo, industrioso, ma impaziente e distratto, si fabbrica da sé la propria “sfortuna” (le virgolette sono obbligatorie). È un personaggio interessante, con cui riesce facile empatizzare. È semplice pure fare dell’ironia su tutta la vicenda: ci pensa lo stesso Paperino nella vignetta finale che, nella più classica delle tradizioni barksiane, si chiude con i Paperi in silhouette e una battuta sarcastica posta a pietra tombale dell’intera faccenda.

L’Uomo dei Paperi racconta questa storia con divertito trasporto, probabilmente ripensando alle sue disavventure da pollicoltore. Ciò traspare anche dall’assoluta libertà con cui sceglie di narrare tutto. Razionalmente è infatti improbabile che Paperina ignorasse la parentesi da allevatore di Paperino, ma tutto funziona meravigliosamente lo stesso. È la magia di questi personaggi di straordinari. È la magia dei fumetti di Carl Barks.

Paperino e le scatole pensanti (The Think Box Bollix, 1952)

Ragazzi! E io che pensavo che il carretto a reazione fosse la più scema delle invenzioni!

Paperino sulle scatole pensanti

Nota anche come Paperino e la macchina soffiapensieri, Paperino e le scatole pensanti è una ten-pager sui generis. Innanzitutto, il contesto: ci troviamo in una Paperopoli in pieno fermento, in cui il parterre di comprimari si sta ancora assestando. Archimede Pitagorico, qui alla seconda apparizione e graficamente appesantito rispetto all’esordio del mese precedente, non ha ancora la fama d’infallibile inventatutto che avrebbe consolidato nelle storie a venire.

È considerato un “povero picchiatello”, incapace di realizzare qualche marchingegno utile e/o funzionante. Paperino si accoda al sentire comune nei confronti di Archimede, Qui Quo Qua no: gli fanno addirittura da assistenti, e sono convinti che prima o poi si distinguerà per trovate del calibro di Edison o Marconi. L’ultima novità sono le scatole pensanti, in grado di donare doti di ragionamento umane agli animali investiti dai loro raggi.

Paperino tenta una soluzione estrema: si procura un costume da lupo e intende comportarsi da predatore parlante per terrorizzare i nipotini. È una trovata estrema, volta a dimostrare come le invenzioni di Archimede siano più dannose che benefiche.

Per ironia della sorte, il lupo-Paperino si imbatte in un vero lupo reso intelligente dalle scatole pensanti, che non tarda a catturarlo per cuocerlo alla brace. Saranno proprio Qui Quo Qua e Archimede a salvarlo invertendo la polarità del marchingegno, in un finale che conferma le reali abilità dell’inventore.

Evoluzione in casa Disney

Da sempre una delle questioni focali in ambito Disney riguarda l’evoluzione della specie. Pluto, ad esempio, è un cane “cane”, che abbaia e dorme nella cuccia, mentre Pippo è un cane “uomo” che possiede una propria casa e usa le posate.

Barks ci ha sempre suggerito come lui considerasse i suoi personaggi degli uomini in carne e ossa, con virtù, difetti e problemi degli esseri umani, solo disegnati sotto forma di anatre antropomorfe. Ne è testimonianza il titolo originale di uno dei suoi capolavori, Paperino e la disfida dei dollari, Only a Poor Old Man.

Qui ce ne dà la riprova: il lupo e il coniglio che colpiti dai raggi diventano animali super-intelligenti, ma non al livello dei Paperi. Il primo continua ad avere istinti predatori e il secondo mangia carote, conservando il proprio statuto di bestialità.

È una storia interessante anche per altri motivi. In primo luogo, l’atmosfera: in un contesto fiabesco, si respira un’inquietudine diffusa che sfocia in momenti di autentico horror. Carl Barks non è nuovo a inserire elementi spaventosi e gotici nelle sue avventure, ma qui la tensione è acuita da un’attenta regia e una sapiente scelta delle inquadrature.

Possiamo anche cogliere un bel messaggio di fondo riguardo la valutazione delle apparenze: mai dubitare di chi ci sembra un incapace, perché potrebbe farci ricredere. È così che, a onor del vero, è avvenuto per Archimede.

Da questa storia in avanti l’inventatutto avrebbe acquisito maggior fiducia nei propri mezzi e Carl Barks con lui, arrivando a includerlo molto più spesso nelle papere vicende. Non solo: Archie sarà anche assoluto protagonista di una lunga e deliziosa serie di brevissime storie (4-8 tavole), in cui si relaziona solo con le sue creazioni e l’aiutante-lampadina Edi.

Paperino semina vento e raccoglie tempesta (The Master Rainmaker, 1953)

Questo episodio è importante per comprendere la psicologia di Paperino nelle storie di Barks […] dove il personaggio, ben lungi dall’essere il pigro fannullone di tante storie soprattutto italiane, rivela una straordinaria abilità professionale.

Alberto Becattini

Paperino semina vento e raccoglie tempesta è una storia capitale per il personaggio di Paperino e, più in generale, nella mitologia Disney a fumetti. Con The Master Rainmaker Carl Barks imposta un filone di storie floridissimo, in grado di gettare nuova luce sul rapporto tra Paperino e l’attività lavorativa. In questa ten-pager viene codificato un canovaccio destinato a diventare prassi:

  • Donald diventa abilissimo in un dato campo dello scibile umano, talvolta addirittura inventato da lui stesso – come in questo caso;
  • a causa di suoi difetti, della sfortuna o di interferenze esterne, il Nostro commette un danno irreparabile, oppure si scopre lo spiacevole effetto collaterale delle sue attività;
  • l’intera vicenda si conclude in catastrofe, obbligando sovente Paperino alla fuga.

In questa occasione la papera abilità sfocia nell’arte di far piovere a comando. Il Maestro Pluviale dispone, pensate, persino di un listino prezzi differenziato a seconda di superficie, volume e intensità delle precipitazioni!

Tutto va a rotoli a causa della gelosia del Rainmaker nei confronti di Paperina, che ha accettato l’invito a uscire di Gastone. Paperino imbraccia gli strumenti del mestiere e si prepara a scatenare la più selvaggia delle tempeste, con l’obiettivo di guastare i loro piani. Tutto è apparecchiato per la tragedia finale.

Carl Barks semina vento e raccoglie storie

Tragedia che, inevitabilmente, si consuma. Paperino esagera e trasforma le nubi in una coltre di ghiaccio pronta a precipitare sui Gagà Fannulloni al gran completo. Poco da aggiungere a quanto già intuibile: Paperino è costretto a fuggire a Timbuctù.

La ten-pager sancisce non solo uno schema destinato a diventare classico, ma propone anche una visione di Paperino assai complessa e strutturata. Egli non è un pigro lavativo nell’epopea a fumetti barksiana. È anzi dotato di raro spirito d’iniziativa e voglia d’applicarsi; dimostra un multiforme ingegno e uno strabiliante ventaglio di talenti, oltre che una solida fiducia nei propri mezzi.

Resta però Paperino, o non ci piacerebbe così tanto. Un individuo che si trova ogni volta a fronteggiare il suo peggior nemico, se stesso.

In questo caso, è galeotto il demoniaco “mostro della gelosia” che Barks raffigura con tanto di ghigno sardonico e coda puntuta, riproposto poi in qualche occasione. L’Uomo dei Paperi coglie la palla al balzo per puntare l’occhio di bue su Donald, i suoi pensieri e i suoi limiti, raccontando la tragica parabola dell’uomo medio vittima di se stesso.

Paperino e la filosofia flippista (Flip Decision, 1953)

barks flippista flippismo

s. m. (spreg.) Il decidere affidandosi al caso, lanciando in aria una monetina.

Definizione di “flippismo” sull’enciclopedia Treccani

Paperino e la filosofia flippista è una delle ten-pagers più celebri e apprezzate di Carl Barks. Il termine flippismo ha addirittura trovato diritto di cittadinanza sulle pagine dell’enciclopedia Treccani, oltre a essere usato nel dibattito pubblico per indicare qualcuno che proceda in modo casuale, come se stesse facendo continuamente testa o croce.

Il termine compare per la prima volta proprio nella storia di Barks: qui Paperino si lascia tentare dalle bizzarre teorie di un imbonitore, il professor Picchiatelli, che sostiene come il flippismo possa annientare la paura col lancio della monetina a ogni bivio della vita.

Paperino, inizialmente scettico, si lascia sedurre da questo nuovo stile di vita. Recitando stucchevoli frasi in rima, trascina i nipotini in una folle gita senza meta che li porterà a finire in un pantano, a imboccare un senso unico dal verso opposto e poi dritti di fronte a un giudice. Il finale brilla di rara genialità: esasperato e furioso, Paperino si mette sulle tracce dell’imbonitore sfruttando proprio il metodo flippista.

La monetina lo guida in un palazzo, davanti a due porte: esce croce, e il Nostro dovrebbe aprire la seconda, ma per colpa del buio non riesce a interpretare il lancio e bussa alla prima. Qui trova Paperina che lo redarguisce per essersi dimenticato del loro appuntamento: Paperino è dunque costretto a portare al cinema lei e le sue tre nipotine Emy, Ely ed Evy (qui al loro esordio).

Intanto, nell’appartamento n° 2, un terrorizzato professor Picchiatelli sbircia dalla finestra ripromettendosi di partire lontanissimo il più presto possibile.

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Carl Barks, Harvey Dent e il flippismo

Sempre ironico e sferzante, Carl Barks si fa beffe della superstizione delle persone, che troppo spesso abbandonano la strada della razionalità per affidarsi a ciarlatani e sedicenti guru che vorrebbero spiegare la realtà con metodi astrusi. Astrologi, cartomanti, falsi profeti, maghi di dubbia estrazione: è un serraglio piuttosto ampio quello contro cui Barks si scaglia inscenando la temporanea ossessione di Paperino per il flippismo.

L’Uomo dei Paperi sembra parlare per mezzo del Giudice Gufo quando multa il papero “per aver permesso che una monetina si sostituisse al suo cervello”. Oltre alla satira, però, c’è un livello più profondo che si srotola con spiazzante crudeltà proprio in quel finale così azzeccato.

barks flippista flippismo

La faccenda non è di facile interpretazione. Sì, perché Paperino riesce realmente a rintracciare Picchiatelli servendosi del flippismo, ma poi il caso (ancora lui!) ci mette lo zampino per mezzo del buio del pianerottolo. Su cosa focalizzarci, dunque? Sul fatto che la monetina abbia correttamente guidato Paperino dall’odiato imbonitore, con una casualità quasi deterministica? O forse sull’oscurità del pianerottolo, rilevante elemento di rottura che causa conseguenze liete per alcuni e nefaste per altri? Forse si tratta di un messaggio ancora più nichilista: l’esistenza è totalmente anarchica, e nella sua casualità a volte ci guida in percorsi solo apparentemente sensati.

Il lancio della monetina è un mezzo che ci evita di interpretarla, lasciando il volante nelle mani di un destino dalle pieghe del tutto randomiche. Lo sa bene anche un altro grande personaggio dei fumetti, Harvey Dent/Due Facce, che proprio alla monetina ha consacrato tutta la sua tragica parabola di villain.

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Paperino e il cammello natalizio (The Hammy Camel, 1954)

barks cammello natalizio

Che cosa ho mai fatto per meritare un regalo di questo genere?

Paperino circa il cammello che gli hanno regalato i nipotini

Paperino e il cammello natalizio non è tra le ten-pagers più celebri di Carl Barks, ma spicca per l’irresistibile umorismo che permea la quasi totalità della storia e per la notevole resa psicologica di tutti i personaggi in campo, Paperino in testa.

La trama è bizzarra quanto lineare: per Natale Qui, Quo e Qua regalano allo zio un dromedario (reso cammello dai traduttori italiani) acquistato per soli cinquanta cents alla svendita di un circo in declino. Paperino è disperato: come sfamarlo? Per cosa mai lo potrà adoperare? I nipotini gli suggeriscono che Abdul (questo il nome dell’animale) potrebbe rivelarsi utile per scovare filoni di uranio nel deserto. Ne sono sicuri al punto che si impegnano con lo zio a lavare i piatti un anno intero nel caso il cammello fallisca l’impresa.

Abdul si dimostra ben presto imprevedibile e indisciplinato, abituato a dissetarsi unicamente di gassosa e a esibirsi in cambio di dolciumi. Colto da un raptus d’ira, Paperino lo abbandona nel deserto. Il dubbio che possa essergli successo qualcosa di terribile si insinua nella mente del Nostro, ma Abdul, tinto di vernice fosforescente, fa ritorno nottetempo luccicando come un fantasma.

Questa singolare caratteristica gli permetterà di essere ingaggiato in uno spettacolo televisivo, per la gioia dei paperi (e del loro portafoglio). Il finale si fa in questo senso anche testimonianza diretta del progressivo declino dei circhi a favore di forme d’intrattenimento più coinvolgenti, come la neonata televisione.

barks cammello natalizio

Carl Barks, l’Uomo dei… cammelli?

I momenti interessanti della storia sono parecchi. La reazione di Paperino al regalo dei nipotini è precisamente quella di noi tutti quando sotto l’albero troviamo qualcosa che non ci soddisfa.

L’Uomo dei Paperi ci mostra dapprima lo stupore di Donald, poi la sua finta preoccupazione per il costo del cammello (QQQ lo tranquillizzano, affermando che se avessero avuto due dollari avrebbero potuto comprargli un elefante: la gag è merito di Garé, la terza moglie di Carl Barks), il tentativo di nascondere la delusione poi obnubilato dalla frustrazione e dalla rabbia.

È memorabile la sequenza immediatamente successiva, in cui Paperino è disegnato in poltrona immobile, congelato nella medesima posa, furente a guardare dritto davanti a sè, mentre i nipotini si affaccendano per dimostrare l’utilità di cotanta nave del deserto. Scatterà solo quando i 3Q si impegneranno a lavare i piatti un anno intero, modificando il muso lungo in un ghigno sardonico.

Il Maestro dell’Oregon fa un gran lavoro mettendo su carta i sensi di colpa di Paperino e il suo cambio di atteggiamento nei confronti del cammello. Dopo aver riversato sull’animale tutto il suo nervosismo e avergli dedicato improperi di un certo livello, il papero viene contagiato dalle preoccupazioni dei nipoti circa le condizioni di Abdul al punto che sono poi i ragazzini a dover consolare uno zio annegato nelle proprie lacrime.

Non c’è solo la profondità di un personaggio che è così umano da essere vittima di scatti d’ira poi rimpianti, ma anche di tre nipoti che si comportano da bambini in grado di farsi avviluppare in avventure irrazionali, senza essere tremende pesti ma neanche Giovani Marmotte prime della classe.

Paperino e la lotta dei rumori (Donald’s Raucous Role, 1955)

barks lotta dei rumori

Per ottant’anni sono stato un uomo di pace, ma è giunto il momento di andare in guerra!

L’assaggiatore di formaggi

Tra le ten-pagers di Carl Barks, Paperino e la lotta dei rumori è la preferita di Massimo De Vita, che in altre occasioni si focalizzerà sulla quotidianità di Donald – e talvolta proprio sul tema del riposo, come in Paperino e la settimana calma. La lotta dei rumori si apre con un Paperino stravolto e insonne, che fatica a concedersi una rigenerante notte di sonno a causa dei rumori molesti del traffico e della fauna.

In cerca di un po’ di pace si trasferisce con i nipotini nel quartiere più tranquillo di Paperopoli, in una villetta che condivide con un assaggiatore di formaggi in pensione e con uno scrittore che utilizza solo penne d’oca.

Immerso in un silenzio irreale, Paperino si sforza per carpire un qualsiasi rumore proveniente dall’appartamento dei vicini. Il lieve scricchiolio delle pantofole dello scrittore gli sembra intollerabile, al punto che per fermarlo attacca a far baccano in modo decisamente più consistente.

Da questo primigenio atto di guerra si genera una serie di equivoci, attacchi e contrattacchi all’ultimo decibel che sfocerà nella esilarante (per noi) discesa in campo dell’assaggiatore di formaggi e del suo corno alpino in grado di “essere sentito anche a trenta miglia di distanza in un giorno di temporale”. Paperino, ancora una volta vittima di se stesso, ne rimedierà una sordità quasi totale.

barks lotta dei rumori

Carl Barks tra psicologia e sociologia

Ancora una volta, Barks approfitta di un canovaccio lineare da una parte per approfondire la complessa psicologia di Paperino (e, di conseguenza, dell’uomo medio), dall’altra per tratteggiare con la penna della satira tematiche sociali condivise e riconosciute.

barks lotta dei rumori

Paperino, si è detto, si applica per captare ogni più piccolo scricchiolio, in modo da avere una scusa per attaccare briga e cominciare la sanguinaria lotta dei rumori.

Il suo è solo un pretesto per bisticciare o per lui quel fruscio diventa realmente un’ossessione, un po’ come potrebbe capitare con il ticchettio di un orologio che si tramuta in un frastuono insopportabile? Stabilire quale sia la risposta non è importante e non è il punto: il punto è che il cambiamento, per chi non cambia prima se stesso, è intrinsecamente impossibile.

Paperino non può trovare pace, se prima non predispone se stesso alla pace: nemmeno se viene trapiantato nel contesto più pacifico possibile. L’evoluzione è qualcosa che deve partire innanzitutto da dentro, che non può derivare solo dal contesto.

Barks coadiuva questa illuminazione con un autentico scorcio di vita americana nei sobborghi, fatta di sfere private inviolabili e crudeli dispetti tra vicini, sullo sfondo di un tessuto urbano che si srotola in tutta la sua spietatezza anche di notte, senza troppi riguardi per i ritmi e la salute mentale dei suoi abitanti. Una storia intelligente, ben supportata da esilaranti gag slapstick, che scava nella nostra quotidianità per ri-raccontarcela in modo catartico. Non è forse anche a questo che serve l’arte?

Paperino boxeur da titolo mondiale (Bubbleweight Champ, 1964)

barks boxeur da titolo mondiale

Portatemelo qui! Ridurrò quell’abitante di Ocopoli in un cumulo informe! Uff! Puff!

Paperino su Baldo Muscolo

Chiude questa personale selezione di ten-pagers barksiane Paperino boxeur da titolo mondiale, divertentissima avventura scelta in rappresentanza della produzione più tarda dell’Uomo dei Paperi. Carl Barks avrebbe terminato la sua collaborazione con l’editore Western solo due anni più tardi, nel 1966.

Nell’ultima fase della sua carriera aveva approfondito le vicende del corpo scoutistico delle Giovani Marmotte, da lui stesso introdotto nel 1951 in Paperino e l’E.S.S.B. e probabilmente ispirato dal cortometraggio del 1938 Good Scouts, che lo aveva visto collaborare alla sceneggiatura.

Non solo: Barks aveva anche iniziato a rappresentare i paperi in modo decisamente estroso, con i personaggi secondari sovente dotati di inquietanti orecchie umane e Paperina e Gastone particolarmente appariscenti nella scelta di abbigliamento, tagli e parrucche.

Paperino boxeur da titolo mondiale è una delle storie brevi più ispirate del periodo. La trama verte sulla competizione sportiva tra gli scout di Paperopoli e quelli della cittadina rivale di Ocopoli, destinati a una perenne parità.

L’unico modo per determinare lo spareggio è una sfida a pugilato tra i due allenatori delle compagini: Baldo Muscolo (in originale Baldan True, da bold and true, prode e sincero) e Paolino Paperino, qui in una forma fisica particolarmente drammatica. Mentre Baldo – che sfoggia le succitate orecchie umane – è un atleta eccezionale, al punto da non saltare la corda ma la catena di un’ancora, Paperino non è in grado nemmeno di spezzare la tela di un ragno tanto è inflaccidito dalla Frizzafrizza, bevanda gassata che costituisce il suo unico nutrimento liquido (quello solido sono i canditi).

barks boxeur da titolo mondiale

Carl Barks e un Paperino vitellone

L’intero apparato comico della vicenda si fonda sull’impietoso contrasto tra Baldo Muscolo e Paperino e sulle sferzate ironiche che Barks vi innesta.

Quasi mai Paperino era stato rappresentato così allo sbando in una storia barksiana, perfetto ritratto dello spiantato senza prospettive né ambizioni. La sua unica preoccupazione è dissetarsi con la Frizzafrizza, che per certi versi ripropone gli effetti di un qualsiasi alcolico: un’ossessione, quella di Paperino, che però si rivela salvifica.

Ne pretende un bicchiere sul ring, poco prima dell’incontro, in condizioni critiche e in preda a una rilevante crisi di astinenza. Lo stesso fa l’avversario con la sua bevanda d’elezione, il latte di yak tibetano, ma caso vuole che i due bicchieri vengano scambiati.

Lo spartano regime alimentare di Baldo non tollera gli zuccheri e le bollicine della Frizzafrizza, che lo mandano in corto circuito, mentre Paperino trae temporaneo giovamento dal latte di yak, al punto da riuscire a sollevare un braccio e colpire l’ocopolese con un timido montante. Tanto basta per mandare al tappeto un Baldo Muscolo reso inerte dalla Frizzafrizza. Vince Paperino, ma non è certo una medaglia che le GM esporranno nella vetrina centrale dell’ingresso d’onore.

barks boxeur da titolo mondiale

La guerra dei mondi

Le iperboli comiche di Carl Barks qui colpiscono più irriverenti e sardoniche che mai, dipingendo Paperino come un catorcio umano espressione più autentica della contemporanea civiltà dei consumi e Baldo come fulgido alfiere di una dieta esageratamente salutista e incontaminata.

Due mondi, quello di Paperino e Baldo, che non sono conciliabili: il primo, quando viene a contatto col secondo, lo corrompe inevitabilmente.

È una storia efficacissima nella semplicità delle sue gag e del suo svolgimento, con trovate davvero indovinate (per esempio la meta-ironia di Baldo, che critica l’abitudine di Paperino a leggere fumetti fino alle dieci di sera) e la capacità di farsi cartina tornasole di quel periodo della storia americana, immerso tra i più sfrenati afflati consumistici, cibo spazzatura, culto della bellezza e prime filosofie new age.

Solo qualche mese più tardi, la miscela di salutismo e stili di vita alternativi avrebbe dato vita a una importante aggiunta alla famiglia dei Paperi: lo strambo cugino Paperoga.

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Un mondo di ten-pagers

Tante e tante altre sarebbero state le storie di 10 pagine meritevoli di essere citate in questo articolo. Paperino e le api scolastiche, Paperino lingualunga, Paperino e i fuochi fatui, Paperino demolitore… eppure, la sfida personale era anche quella di fare una ragionata “selezione all’ingresso”.

È tutto solo un gioco, intrapreso per amore di questi personaggi straordinari e dell’autore che più di ogni altro li ha resi immortali, Carl Barks. Sì, ormai l’abbiamo capito: anche grazie alle sue brevi, comiche, leggere storie da 10 pagine.

Mattia Del Core

Fonti

La Grande Dinastia dei Paperi (volumi vari, RCS)
Disney Comic Guide
Inducks

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