Rubentus: uno dei soprannomi dispregiativi più diffusi tra le file dei molti che non amano e non sostengono la Juventus. Nessun antijuventino, a qualsiasi latitudine, può negare di aver appellato la Vecchia Signora (da sempre al centro di scandali sportivi e accusata di godere di favori e scorciatoie) almeno una volta con questo nomignolo. E a dirla tutta neanche i giornali talvolta si sono sottratti a questo facile sfottò: è il caso de “Il Roma” che nel gennaio 2018 se ne uscì così:
Rimediando ovviamente minacce di querela dalla società torinese e insulti variegati sui social.
Ma rimanendo sul versante cartaceo, anche dalle nostre parti pare esserci stato uno scandalo (vero o presunto) intorno a una vicenda simile. Davvero la parola Rubentus è stata usata su Topolino? In che frangente? Facciamo un po’ d’ordine.
Dal Palmeiras alla Rubentus
La nostra storia inizia in Brasile nel 1982. Sul numero di gennaio di Tio Patinhas esce Torcedor sofre!, vicenda molto breve (7 tavole) in cui Paperino e Paperoga assurgono a uno dei ruoli più blasonati delle loro avventure in terra Carioca: inviati sgangherati del Papersera. Per il giornale dello Zione i due si recano a una partita di calcio. Non una partita qualunque: nientemeno che il derby paulista Corinthias-Palmeiras. Le due squadre di Sao Paulo diventano Coringa e Parreiras, e i cugini si travestono da tifosi dell’una e dell’altra per mescolarsi tra la folla.
Nella tavola d’apertura vediamo Paperino abbigliato con il colore verde del Palmeiras, o meglio del Parreiras, e Paperoga in bianco-nero-rosso, colori sociali del Corinthias-Coringa (che però veste una maglia senza rosso, tinta presente solo sullo stemma).
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La storia in sé, scritta da Paulo de Paiva Lima e disegnata da Euclides Miyaura, non è niente di speciale: i due cronisti d’assalto ovviamente si perderanno nel marasma degli spalti e non vedranno un minuto di partita.
Ma quindi quando arriva la Rubentus? Ben nove anni dopo, nel 1991.
Sul leggendario Mega Almanacco (che diverrà di lì a poco Mega 2000, poi Mega 3000 e poi solo Mega) di gennaio (il n. 409) la storia viene per la prima volta tradotta nella nostra lingua, diventando Paperoga in: Soffri, tifoso, soffri!
E qui, il fattaccio. Paperino perde il verdino Parreiras e le strisce (seppur orizzontali) diventano bianconere. Paperoga invece da rosso vira verso un violaceo non lontanissimo dal granata.
Le due compagini mutano nome, prendendo in prestito quelli delle squadre torinesi: Corino e, appunto, Rubentus.
Dal Coringa al Corino il passo è breve, ma da qui alla Rubentus è evidente il dolo. C’è almeno un concorso di colpa da dividere tra adattatore e colorista, che sceglie tinte bianconere poco equivocabili.
In ogni caso la storia esce così, e pare che nessuno si faccia grandi problemi.
Passa così la bellezza di altri 21 anni.
Ma quindi la Rubentus non è apparsa su Topolino?
Arriviamo così a novembre 2012 e al numero 24 di Disney Comix, testata dalla vita piuttosto breve che in qualche modo raccoglie l’eredità del Mega: proporre mensilmente storie del mercato internazionale (soprattutto sudamericano e scandinavo). Ovviamente è all’illustre predecessore che si guarda in caso di ristampe. È qui che rientra in gioco la nostra Rubentus: la storia viene riproposta in tutto e per tutto identica alla sua prima versione italiana, con nomi, colori e battute che non cambiano.
Apriti cielo. La grande differenza tra 1991 e 2012 è lampante: i social.
In rete monta la polemica, nascono addirittura gruppi di boicottaggio del Topo e un hashtag vola in top trend: #iononcomprotopolino. Qualcuno minaccia di rivolgersi alla Juventus stessa.
Fosse tutto qui, in un’epoca di isterismi digitali come quella attuale, si potrebbe quasi capire. Il lato triste ed esagerato della vicenda sono però le minacce di morte che Valentina De Poli, all’epoca direttrice di Topolino e delle testate secondarie, riceve, come da lei stessa riportato nel suo libro.
Una sfumatura oscura della vicenda, segnale tra i tanti di come dietro una tastiera molti si sentano davvero in grado di dire qualsiasi cosa con una leggerezza che inquieta non poco.
Quindi insomma, la Rubentus su Topolino non c’è mai stata. Nessuno sceneggiatore nostrano si è mai messo a tavolino con l’intento palese di scrivere una storia per il settimanale in cui sbeffeggiare il club più scudettato dello Stivale. Si è trattato più che altro di un traduttore burlone (con colorista a seguito) e di una ristampa fuori tempo massimo. Nel 1991 un adattatore poteva forse pensare di passare inosservato con un gesto decisamente oltre quella che definiremmo sportività, ma non nel 2012. E un gesto apparentemente goliardico come questo ricorda un po’ le vicende dietro alcuni dei messaggi subliminali Disney: goliardate, appunto, fatte per sogghignare tra colleghi e che non potevano presupporre i videoregistratori frame-per-frame o peggio, i complottisti del web.
In generale probabilmente la cosa più saggia è stare alla larga dai guai, un po’ come sostiene Manzoni alla fine dei Promessi Sposi. Soprattutto per evitare figuracce con trent’anni di ritardo (al netto dell’assurdità di chi minaccia di morte per quella che è, ricordiamolo, una storia a fumetti di Paperi che vanno allo stadio).
Topolino e la Juve, un amore mai sbocciato
Topolino da quasi un secolo dipinge usi e costumi del Paese, e il calcio ovviamente non ne è mai stato esente. La Juventus non sembra però effettivamente aver mai aver intessuto un grandissimo idillio con il settimanale… milanese.
Un esempio? Per il ciclo di copertine che nel 1976 vennero dedicate alla Serie A, con abbinamenti tra squadre e personaggi, alla Juve toccò nientemeno che Rockerduck. Un antagonista poco simpatico, eternamente perdente e serenamente truffaldino. Non il massimo, se consideriamo che alle altre due storiche big (Milan e Inter) vennero accostati Topolino e Paperino.

Altre irruzioni del mondo Disney nell’universo pallonaro sono avvenute, in una direzione o nell’altra, e difficilmente il club degli Agnelli se l’è cavata bene. Celebre è la coreografia che la Curva Nord interista dedicò nell’autunno 2015 ai rivali bianconeri, poco dopo la sconfitta di Berlino della Vecchia Signora in finale di Champions League (la settima in nove tentativi per la Juve). I personaggi scomodati stavolta sono i Bassotti, non propriamente emblema di correttezza e lealtà.

Quindi insomma una Rubentus su Topolino non c’è mai stata.
Ma sicuramente non possiamo affermare che tra Topo e Zebra scorra buon sangue. Di una cosa siamo certi: parlare di calcio in Italia è sempre potenzialmente pericoloso. Come diceva Churchill, d’altronde “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio, e le partite di calcio come se fossero guerre”. Potremmo sostituire “perdere” con “prendere” e la sostanza non cambierebbe. In ogni caso, molto meglio lasciarle perdere le guerre. Anche se a colpi di traduzione, e soprattutto se di mezzo c’è il sacro pallone.
Stefano Buzzotta
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Immagini © Disney/Abril