Tra i personaggi più amati di casa Disney e casa Pixar (ma non solo) ci sono loro: gli animali. Protagonisti o antagonisti, spalle comiche e fidati alleati del loro compagno umano, antropomorfi o il più possibile realistici: ogni film Disney ne ha almeno uno! E non esiste uno spettatore che non abbia mai desiderato di avere come animale domestico Lilli, Romeo o Anacleto, se non addirittura una tigre come Rajah. Be’, qualcuno è riuscito a coronare questo sogno. Ma per gli animali è stato davvero un bene?
Partiamo con due premesse: Disney e Pixar, spesso, nei film con animali come protagonisti veicolano messaggi molto positivi. In queste pellicole viene promossa l’adozione, c’è sensibilizzazione sulla crudeltà che sta dietro alla produzione di pellicce. O, per fare ancora un esempio, viene ribadita con forza l’importanza di lasciare liberi gli animali nel loro habitat. Purtroppo, però, spesso allo spettatore rimane impresso solo il “fattore tenerezza/simpatia” del personaggio. Così, credendo di omaggiare il suo film preferito, ne fraintende completamente lo spirito.
L’altra considerazione da fare è che né Disney né Pixar, lavorando con prodotti di fantasia, tengono conto del processo di addomesticazione, ma rappresentano specie selvatiche come se fossero animali domestici. Questa cosa, per chi guarda, rischia di essere fuorviante.
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Domestici, addomesticati e selvatici: qualche definizione
Occorre fare prima di tutto una distinzione, perché gli animali, a seconda della loro storia evolutiva e della loro relazione con l’uomo, si suddividono in tre grandi categorie: domestico, selvatico e addomesticato. Se abbiamo un’idea piuttosto chiara di cosa significhino i primi due termini, sul terzo già possono nascere dei dubbi. Facciamo un breve ripasso.
Domestico
Per animale domestico si intende qualsiasi specie il cui processo evolutivo si è intrecciato con quello dell’uomo, portando l’intera specie a subire modificazioni genetiche nel corso di tempi molto lunghi (per il cane, ad esempio, si stima che questo processo sia durato tra 15 e 35mila anni). Le specie domestiche, come il gatto o il cane, ma anche le pecore e i cavalli, fino anche all’alpaca e al ratto domestico, nascono con un’indole predisposta a interagire con l’essere umano. Sebbene non esista un vero e proprio elenco delle specie domestiche, un buon modo per riconoscerle è controllare se il nome scientifico metta in evidenza che si tratta di sottospecie della controparte selvatica. Riprendendo l’esempio del cane, il suo antenato selvatico (ossia il lupo) risponde al nome scientifico di Canis lupus. Al nostro amico a quattro zampe, invece, si aggiunge l’aggettivo familiaris.
Selvatico
Quando parliamo di specie selvatiche, ci riferiamo ad animali che invece non hanno mai allacciato un rapporto talmente forte con l’essere umano da aver compiuto mutazioni genetiche per adattarsi a esso. Un selvatico manifesta tutti i comportamenti che fanno parte del suo etogramma (la gamma dei suoi atteggiamenti standard).
Addomesticato
Un animale addomesticato è un individuo appartenente a una specie non domestica che però è stato reso docile, riducendo così la sua naturale tendenza a evitare gli esseri umani. Il singolo non presenterà quindi differenze genetiche che lo differenzino da un soggetto nato e cresciuto in natura.
Non sempre norme ed etologia vanno di pari passo: molte specie che secondo la legge è possibile tenere in casa, da un punto di vista scientifico sono selvatiche. L’elenco è sorprendente, soprattutto perché siamo così abituati a vedere alcune di queste specie in giro sui social, nei negozi di animali o a casa dei nostri vicini, da non pensare minimamente che in realtà hanno un DNA 100% selvatico, e di conseguenza hanno anche le stesse necessità dei loro parenti liberi. Alcuni esempi? I suricati, i famosi ricci africani, gli scoiattoli volanti, i gufi e i falchetti, ma anche la maggior parte dei pesci d’acquario, le iguane, i pappagalli e le testuggini.

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Disney everywhere
Con i suoi film, Walt Disney Company ha influenzato intere generazioni di bambini e genitori in quasi tutti i campi della vita. Non sorprende affatto, quindi, che anche per quanto riguarda i nomi dei nostri amici a quattro zampe spesso traiamo ispirazione proprio dai personaggi e dai film che hanno segnato la nostra infanzia e/o quella dei nostri figli. Pensate quanti dei vostri conoscenti hanno un cane/gatto che si chiama Nala, Pluto, Figaro, Minnie, Olaf, Stitch o Minou.
Oltre ad avere invaso l’anagrafe canina e felina, i Classici Disney hanno anche spinto molte famiglie a scegliere amici pelosi (e non) diversi dal comune cane o gatto. Sembra esserci corrispondenza tra l’aumento della richiesta di certi tipi di animali domestici e la comparsa di un personaggio di quella stessa specie o razza in un film per famiglie, spesso prodotto dalla Casa del Topo. Da una parte questo fenomeno può produrre un interesse per le creature discriminate. Spesso, però, questi film si sono rivelati dannosi per il benessere degli stessi animali e per aver incentivato un aumento del bracconaggio. Addirittura si sono riscontrate delle detenzioni illegali in casa di privati. Alcuni spettatori (pochi, per fortuna!) sembrano incapaci di distinguere le creature divertenti e coccolose, volutamente antropomorfe, presenti nei film d’animazione dagli animali in carne e ossa. Vediamo insieme alcuni esempi significativi.

La carica dei 101
Forse uno dei Classici Disney più amati di sempre, grazie a una storia semplice, ma resa indimenticabile da un’estetica e una caratterizzazione dei personaggi uniche. Al centro delle vicende c’è una famiglia di dalmata, con a capo due eleganti, ingegnosi e coraggiosi genitori, Pongo e Peggy. Il dalmata è diventato grazie a La carica dei 101 uno dei cani più popolari. La crescita dell’interesse nei suoi confronti, purtroppo, ha causato anche una maggior diffusione di allevamenti intensivi portati avanti da allevatori senza scrupoli, che pur di far cassa hanno ignorato completamente i problemi genetici e il benessere degli stessi cani, abbassando la qualità complessiva della razza.

La rappresentazione dei cani nel lungometraggio ha dato vita all’idea di una razza tranquilla, equilibrata, quasi autosufficiente e allo stesso tempo molto affettuosa e legata alla famiglia. Nella realtà, questo è vero solo in parte. I dalmata sono sì cani coccoloni e dolci, che amano essere coinvolti all’interno del nucleo familiare, ma sono anche molto reattivi, energici, esplosivi. Richiedono stimoli continui e non basta loro assolutamente andare a passeggiare al parco. Hanno bisogno di un addestramento specifico ed è meglio che il padrone sia già un cinofilo esperto, soprattutto per non assecondare comportamenti sbagliati, come ad esempio una certa possessività nei confronti di cibo, oggetti e persone. Caro Rudy, faresti meglio a essere cauto a canticchiare “che importa se son più di cento“.
Molti dalmata sono stati abbandonati nei canili a causa delle aspettative dei nuovi proprietari, che credevano di aver acquistato delle copie di Pongo e Peggy, ma si sono scoperti impreparati all’esuberanza e alle esigenze di questa razza. Molte persone hanno inoltre riscontrato nei cani problemi di salute derivati da allevamenti irresponsabili (molto comune, per esempio, la sordità). Subito dopo l’uscita del film si è passati da una richiesta di 6 mila a 42 mila esemplari, con una nuova impennata nel 1996, in seguito all’uscita del live-action La carica dei 101- questa volta la magia è vera. Sono abbastanza noti gli sviluppi successivi all’uscita nelle sale di quest’ultima pellicola nel 1996. Pochi mesi dopo, nel settembre del 1997, la giornalista del New York Times Mileya Navarro riportava per esempio un incremento degli abbandoni del 35% nella Florida del Sud.
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Alla ricerca di Nemo
Vi ricordate di Nemo? Il piccolo pesce pagliaccio che viene portato via dal padre Marlin e dal suo habitat per essere messo in un acquario in uno studio dentistico? Vi ricordate anche cosa dice lo stesso dottore alla segretaria quando le mostra la nuova aggiunta al suo piccolo (e finto) ecosistema? Vi aiutiamo a rinfrescare la memoria.
Il dentista è convinto di aver “salvato” Nemo, quando in realtà lo ha strappato via dal suo mondo. Questo modo di pensare è tipico dell’uomo e fortemente antropocentrico: credere che un animale di qualsiasi tipo stia meglio o sia più felice con noi è sbagliato, perché in realtà lo stiamo obbligando a compromettere e ad andare contro la sua stessa natura, causandogli spesso stress non indifferenti. Per quanto ciò possa sembrare brutto, gli animali non domestici non hanno bisogno del nostro amore e del nostro affetto. Per tutto il film Nemo, Branchia, Marlin e gli altri animali tentano disperatamente di tornare all’oceano e riconquistare la propria libertà. Eppure, dopo l’uscita del lungometraggio, il successo dei pesci pagliaccio è esploso.
Come anticipato prima, sebbene si tratti di una specie selvatica, avere un pesce pagliaccio a casa è – ahinoi – legale. Tuttavia, allevare un esemplare richiederà ben altro che una boccia d’acqua e un po’ di sabbia. Innanzitutto, il pesce pagliaccio è un pesce d’acqua salata, e per questo serve un acquario dalla capacità minima di 75-100 litri, con una filtrazione e un’illuminazione adeguata e altre attrezzature necessarie per consentire ai pesci di vivere una vita certo non felice, ma almeno decente. Ovviamente questo tipo di attrezzature e i mangimi specifici per questa specie hanno un costo non indifferente.
Ascoltate Branchia: “I pesci non sono fatti per vivere rinchiusi”. Bisogna sempre ricordare che non stiamo parlando di soprammobili, ma di esseri viventi che tra lo stare nel salotto di casa vostra e il poter vivere liberi in mare aperto, seguendo la loro natura e i loro istinti, sceglieranno sempre la seconda opzione.
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Ratatouille, Bolt e G-force
Nel 2007, nel 2008 e nel 2009 escono tre film di produzione Pixar e Disney che portano alla ribalta i piccoli roditori: è il caso di Remi, il ratto domestico di Ratatouille, ma anche di Rhino, il criceto di Bolt- un eroe a quattro zampe, e dei porcellini d’india Darwin, Blaster e Juarez di G-Force.
Trattandosi di tre specie perfettamente domestiche, questi film non hanno causato particolari danni. Anzi, dopo l’uscita di Ratatouille la reputazione dei topi è notevolmente migliorata: è stata ridimensionata la cattiva reputazione che affliggeva questi animali (in realtà molto puliti e affettuosi), e che li portava a interpretare sempre i cattivi della storia o comunque sudici parassiti.

Tuttavia, occorre al solito fare una distinzione tra i personaggi dei film e gli animali in carne e ossa: non stiamo guardando un documentario, ma pur sempre un prodotto di fantasia. I porcellini d’india e i criceti sono creature pacifiche e tranquille, che non corrono di qua e di là destreggiandosi tra un’avventura e un’altra, ma che solitamente passano la maggior parte delle loro giornate mangiando e dormendo. Nei mesi successivi all’uscita di G-Force un rifugio per animali dell’East Sussex ha registrato un aumento del 30% nel numero di gerbilli e cavie domestiche riconsegnati da famiglie deluse del loro acquisto.
Dinosauri (e Jurassic Park)
Forse ancora più degli esempi precedenti, questo è un caso emblematico di come l’uomo creda di poter avere ogni cosa. Probabilmente se i dinosauri fossero stati ancora in circolazione dopo il 1993 e il 2000, date di uscita dei film di Spielberg e di Leighton – Zondag (rispettivamente Jurassic Park e Dinosauri), avremmo visto in giro gente portare a spasso velociraptor e triceratopi. Non potendo acquistare direttamente quei giganti ammirati sul grande schermo, le persone hanno pensato bene di “omaggiare” questi film con l’acquisto di sauri come iguane, camaleonti, lucertole e gechi vari.
Tutti i rettili – sì, anche le testuggini e le tartarughe d’acqua – cadono sotto la denominazione di specie selvatiche. Nonostante sia permesso per legge averle in casa, spesso dietro al loro commercio si nascondono azioni di caccia illegale o veri e propri furti di uova. La gran parte delle iguane che si trovano in vendita nei negozi, ad esempio, proviene dalle cosiddette farm. Le farm sono dei grandi capannoni dove vengono portate uova trovate nelle foreste, che una volta schiuse vengono spedite nei vari paesi europei. Altre iguane, poi, vengono catturate già da adulte nel luogo d’origine per essere spedite. Si tratta, inoltre, di specie spesso a rischio d’estinzione.

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Ma io lo voglio! Qualche valida alternativa
Il desiderio di allacciare una relazione con creature distanti dal quotidiano è perfettamente normale. A quante specie animali i miti, leggende, racconti e iconografie hanno donato un’aura magica e mistica? L’idea di avere accanto a noi un animale capace di trasferirci per via indiretta un po’ di quella magia, un po’ del selvatico mistero che è in lui ci affascina e ci tenta. Siamo attratti da quel mondo selvaggio che ormai sentiamo distante da noi. Possedere una volpe, un pappagallo o un serpente ci dà l’illusione di poterci riavvicinare a quello stato ancestrale che abbiamo perduto e che l’animale rappresenta.

In realtà, così come quando recidiamo un fiore in un prato esso appassisce dopo poco, un animale addomesticato perde ciò che lo rende speciale in cattività. Per far sì che se ne stia buono accanto a noi lo snaturiamo, attraverso imprinting che prevedono separazioni precoci dalle madri o il ricatto del cibo. L’unico luogo in cui possiamo davvero godere della potenza animale è la natura. Quindi, quali sono le alternative? Documentari, bird watching, safari etici (fate attenzione quando li scegliete), e lo studio dei comportamenti della vostra specie preferita: informatevi e li amerete e rispetterete ancora di più. Ammirare dei pappagalli che volano liberi nella giungla non è uguale ad averne uno nel vostro salotto, che canticchia la canzone della famiglia Addams.
E per quanto riguarda i domestici?
Per quanto riguarda cani, gatti e via dicendo, vi sono altri problemi: i traffici di cuccioli che provengono dall’est Europa, gli allevamenti dove le fattrici sono usate come oggetti per poi essere brutalmente abbandonate (o, peggio, ammazzate) quando non sono più in grado di fare cucciolate, e, ancora, gli abbandoni dovuti a gravidanze indesiderate. Sull’adozione ci sono molti pregiudizi: “non conosco le caratteristiche della razza”, “io preferirei un cucciolo”, “si tratta di cani/gatti con vissuti difficili e quindi più imprevedibili”.
Meglio un cane di razza: so cosa aspettarmi
Partiamo dal fatto che ogni cane fa storia a sé, e quindi non è detto che un cucciolo di razza rientri nel canone descritto dall’ENCI o da altre associazioni canine. Inoltre, non sono solo i meticci a popolare canili e strutture analoghe. Esistono, al contrario, molti centri di recupero specifici per razze canine. Si tratta di strutture fondamentali, perché spesso le adozioni avvengono per moda (mode lanciate anche da Disney), e sono seguite da ripensamenti. O, ancora, perché in alcune nazioni sono ancora diffuse pratiche illegali come le gare di corsa canina o i combattimenti tra animali. Vi stupirebbe scoprire quanti centri di recupero per Dalmata, Weimaraner, Greyhound esistono in Italia.
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Conviene prendere un cucciolo
Di cuccioli i canili sono pieni e, ovviamente, sono tutti bellissimi. Tuttavia, torniamo al punto di prima: il carattere dei cuccioli non si è ancora formato e inoltre, se si tratta di un meticcio, si possono fare solo delle stime sulla reale stazza che raggiungerà in età adulta. Un cane già adulto, invece, avrà già un’attitudine ben definita, e sarà così più facile capire se è compatibile con la nostra famiglia e la nostra vita. Sì, forse perderete la fase più tenera, ma non riceverete meno amore e affetto – inoltre, vi risparmierete quei disastri tipici dei cuccioli.
I cani dei canili non sono affettuosi perché traumatizzati
L’ultimo pregiudizio è forse quello più radicato nella società. Certo, i cani presi dai canili hanno un vissuto difficile, richiedono un’assistenza e un lavoro specifico. In realtà, però, qualsiasi introduzione in casa di un nuovo animale è delicata e richiede impegno e costanza, meglio ancora se con i consigli di un esperto cinofilo. Quanti cani di razza vanno portati a scuole di addestramento, quanti esempi abbiamo di cani dal pedigree impeccabile (chi ha visto o letto Io&Marley lo ricorderà) che hanno avuto bisogno di un sostegno a causa di atteggiamenti non positivi?
Sull’affettuosità, torniamo a riflettere su quell’idea di essere i “prescelti” di un animale. Le cose non vanno necessariamente così: forse il vostro rapporto nascerà piano, sarà composto da piccoli passi avanti (non è detto: ogni cane è unico e magari il vostro nuovo compagno si abbandonerà a voi sin da subito). Non per questo, però, sarà meno incredibile. L’adozione è una scelta di entrambi. Forse siamo stati noi ad averlo/a portato/a a casa, ma è lui o lei che deve decidere di affidarsi a noi: è quando questo succede che avviene la magia e quel legame nato migliaia di anni fa rinasce e si rafforza attraverso di noi. Una magia senza tempo, pari a quella che scaturisce dalla visione dei nostri film Disney e Pixar preferiti.
Margherita La Peruta
Immagini © Disney
Fonti:
Chiara Grasso – etologa e presidente di Eticoscienza
Mileya Navarro, After Movies, Unwanted Dalmatians, New York Times, 14 settembre 1997
Animal shelters overrun with guinea pigs after G-Force film, Telegraph, 14 maggio 2010