La legge dei 65 episodi per le serie TV Disney esiste davvero?

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Se vi dicessimo “Legge dei 65 episodi” a cosa pensereste? A una nuova e astrusa norma introdotta da un recente decreto governativo, oppure a una regola non scritta nel mondo delle serie TV Disney? Non sapete rispondere? Nessun problema: con questo articolo dissiperemo ogni vostro dubbio!

Parlare di quello che ci piace è sempre uno spasso, meglio ancora se la persona che ci ascolta ha la nostra stessa passione. Questo tipo di discussione funziona particolarmente bene nel contesto delle serie TV, dove la trama in continuo sviluppo permette di intavolare dibattiti su colpi di scena, evoluzione dei personaggi o semplicemente quanto bello, o meno, fosse l’episodio della settimana precedente.

Se si intavolasse questo discorso con un appassionato di serie TV Disney (in live action o d’animazione è indifferente) spunterebbe, però, come una versione disneyana della “Legge di Godwin” (la legge non scritta secondo cui ogni discussione su Internet abbastanza lunga conduce inevitabilmente a parlare del nazismo, NdR), la cosiddetta “Legge dei 65 episodi”, spesso ricordata con rammarico come la causa della fine prematura della propria serie preferita.



Ma davvero la “Legge dei 65 episodi” ha portato alla chiusura di così tante serie TV a marchio Disney? E anche questa legge è davvero uguale per tutti? A questa e altre domande cercheremo di dare risposta in questo articolo.

Legge dei 65 episodi: non solo Disney

Iniziamo con lo sfatare un primo mito: nonostante sia quasi indissolubilmente associata alla Walt Disney Company (e in questo contesto ne parleremo), la cosiddetta “Legge dei 65 episodi” non nasce all’interno dell’azienda dello zio Walt; era, piuttosto, una pratica di mercato in voga tra molte case produttrici, spesso concorrenti tra loro, tra gli anni ’80 e i primi ’00.

Adventures of Sonic the Hedgehog

Solo per fare alcuni esempi, se è vero che sono state interrotte dopo 65 episodi serie Disney come I Gummi, Pepper Ann, Cip & Ciop agenti speciali, Buzz Lightyear da Comando Stellare e Ying Yang Yo, lo stesso si può dire per Biker Mice da Marte (UPN), Batman: The Brave and the Bold (Warner Bros), Sonic the Hedgehog (DiC Entertainment), Daria (MTV) e anche il nostro Gormiti – Il ritorno dei Signori della Natura (Marathon Media).

Trattandosi di una pratica di mercato, il termine “legge” sarebbe quindi sbagliato, non essendoci nessun tipo di accordo o contratto vincolante che ne abbia forzato l’applicazione, ma per comodità così continueremo a chiamarla nell’articolo. In questo modo possiamo evitare di disturbare i brillanti colleghi della nostra rubrica “Better call Scrooge“.



Fatta la Legge dei 65 episodi”…

Ma se davvero la situazione fosse così fluida, perché così tante serie TV si sono fermate proprio al 65esimo episodio, nonostante fossero ancora molto popolari? La risposta vede per forza di cose coinvolte due delle poche certezze della vita: la matematica e le spese da pagare.

disney afternoon legge dei 65 episodi
Cosa guardiamo stasera?

Il mondo del piccolo schermo è un’industria e, in quanto tale, è sempre alla ricerca di un’occasione per massimizzare i profitti. Questi, soprattutto nel mondo delle serie TV, spesso non arrivano durante la prima messa in onda (quando si stanno ancora producendo e pagando gli episodi), ma più avanti con repliche e contratti di merchandising. Ne consegue che non vale la pena produrre un numero troppo alto di episodi: se la serie non dovesse avere successo al di fuori della prima messa in onda, infatti, ci si ritroverebbe con un mucchio di pellicola inutile e il portafoglio vuoto. Come calcolare, quindi, il numero perfetto di episodi?



L’Eldorado non si trova solo nelle repliche, ma anche nel meccanismo delle “syndication”, ovvero quella pratica in uso negli Stati Uniti per cui una serie TV viene trasmessa in contemporanea su più emittenti (spesso locali) che ne abbiano acquistato i diritti, inframmezzata da tanti annunci pubblicitari.

E qui entra in gioco la matematica: 65 è infatti il numero esatto di episodi che possono essere messi in onda, al ritmo di 5 a settimana, nel corso di 13 settimane. Questo permette ad un’emittente televisiva di coprire un quarto di un anno senza mandare in onda repliche, rendendone conveniente l’acquisto.

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Insomma, 65 era il “numero magico” che metteva d’accordo (e soprattutto massimizzava le rendite di)  produttori televisivi e proprietari dei canali TV, divenendo quindi lo standard dell’industria del piccolo schermo.

Il legame della legge con la produzione televisiva Disney è quindi tenue, ma non inesistente; anzi: ne scopre una nuova sfaccettatura, legata non tanto al mondo dell’animazione, quanto, soprattutto, al mondo delle sit-com per ragazzi.

How do you do, fellow kids?

Anne Sweeney legge dei 65 episodi disney
Se è abbastanza grande per guidare da qui se ne deve andare” – Anne Sweeney, probabilmente

Qualunque appassionato di calcio sa (e in Italia anche chi non è appassionato) che alla soglia dei 30 anni un calciatore è considerato “vecchio”, ossia non più al picco della forma e da sostituire. Immaginate, ora, che lo stesso ragionamento venga fatto per una persona che di anni ne ha 17.

Può suonare medievale, ma così ragionava Anne Sweeney, presidentessa di Disney Channel e della ABC Cable Networks Group (oggi parte della dirigenza di LEGO e Netflix) che nel 2003 confidava alla rivista Fortune come tra le varie difficoltà da affrontare nella produzione di serie TV per ragazzi (ad esempio i grandi successi Phil dal Futuro, Lizzie McGuire o Raven) vi fosse l’età anagrafica delle star. Queste, scritturate intorno ai 13 anni (che era più o meno la stessa età del target di riferimento), diventavano presto “troppo vecchie” per essere davvero accattivanti nei confronti del giovanissimo pubblico, il quale, entrando nell’adolescenza, finiva per cercare altre avventure (che, almeno nel mondo della televisione dell’epoca, voleva dire MTV).

Shia labeouf
La star di “Indiana Jones” e “Transformers” ha mosso i suoi primi passi nella serie “Even Stevens”

La soluzione? Filmare non più di 65 episodi per serie e filmarli in fretta, prima di raggiungere la fatidica “data di scadenza” della star preadolescente.

La serie era poi pronta per essere mandata in onda più e più volte, incantando le nuove generazioni che si susseguivano dietro allo schermo, e soprattutto permettendo agli studi Disney di non pagare gli attori cifre esorbitanti. Produrre nuove stagioni avrebbe, infatti, significato dover rinnovare contratti e aumentare gli stipendi, a differenza delle royalties delle repliche che, col tempo, sarebbero diminuite.

…si trova l’inganno

kim possible legge 65 episodi disney
Call me, beep me, if ya wanna reach me

Era la ragazza che prometteva di realizzare l’impossibile, e così è stato: tra una battaglia col malvagio dottor Drakken (o più spesso la sua spalla Shego) e un campionato di cheerleading, Kim Possible ha trovato anche il tempo di infrangere, una volta per tutte, la “Legge dei 65 episodi”.

Era l’8 aprile del 2005 quando su Disney Channel andava in onda il film Kim Possible – La sfida finale, lungometraggio d’animazione che avrebbe dovuto coincidere, dopo i fatidici 65 episodi, con la chiusura della serie. Questa, infatti, era la decisione del network, e per questo si erano preparati i creatori della serie TV, Bob Schooley e Mark McCorkle, ma evidentemente così non doveva essere.

Bob Schooley e Mark McCorkle legge dei 65 episodi disney
Mark McCorkle e Bob Schooley

I 22 episodi (ordinati dalla Disney dopo la messa in onda del film) ci hanno preso di sorpresa” confidava Schooley al sito Toonzone all’alba della quarta stagione, nel 2007. “Quando il film era andato in onda, avevamo già praticamente finito con Kim”, ribadiva McCorkle nella stessa intervista.

Insomma, Kim Possible e la sua spalla (ora fidanzato) Ron Stoppable, insieme alla talpa senza pelo Rufus, dovevano tornare a salvare il mondo: così voleva la dirigenza Disney e così sarebbe stato, legge dei 65 episodi o meno.

Il tramonto della syndication (e della legge dei 65 episodi)

kim possible regola 65 episodi
Ironicamente, nel film gli autori di “Kim Possible” avevano espresso il loro dissenso per la legge dei 65 episodi

Ma cosa aveva portato a questa decisione di rottura? Sicuramente il successo non indifferente della serie TV: una marea di lettere e petizioni di fan che chiedevano più episodi della serie avevano, infatti, sommerso gli studi Disney, e il successo del film, unito all’interesse che si era visto in svariati mercati al di fuori di quello americano (come quello tedesco e quello giapponese) avevano spinto l’azienda a ordinare una nuova stagione. Sicuramente una decisione eterodossa, ma non una novità. Già il primo DuckTales, ad esempio, aveva abbondantemente superato quota 65, arrivando a contare ben 100 episodi!

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Ma era il 1987, mentre Kim Possible era un programma dei primi ‘00, e la verità è che a cambiare non era stata la politica della Walt Disney Company, ma il panorama televisivo intorno ad essa.

La nascita di canali tematici come Nickelodeon, Cartoon Network o lo stesso Disney Channel avevano contribuito ad erodere la capacità di remunerazione che proveniva dalla syndication per spostarla sulla fidelizzazione del cliente. Essendo questi canali disponibili “via cavo” (ossia in seguito al pagamento di un abbonamento), diventava poco intelligente tagliare corto al 65esimo episodio una serie TV che si stava dimostrando popolare, correndo il rischio che lo spettatore posasse i suoi occhi sul canale della concorrenza, decidendo di non rinnovare il contratto con l’emittente Disney.



Fu questo un cambio di approccio che non riguardò solo l’animazione. Per citare un esempio, la sit-com per adolescenti Zack e Cody al Grand Hotel iniziò la sua messa in onda lo stesso anno del film di Kim Possible, e andò avanti per 87 episodi, senza contare gli spin-off successivi.

L’avvento dello streaming ha reso, poi, del tutto obsoleta questa legge, favorendo anzi nuove dinamiche di mercato.

disney+
La casa di tutto quello che ami! Lo abbiamo comprato giusto ieri!

Non è un caso, ad esempio, che Disney+ centellini la messa in onda degli episodi delle sue nuove serie TV, proponendone solo uno a settimana: in questo modo uno spettatore che si iscrive alla prova gratuita di un mese è costretto a pagare l’abbonamento almeno una volta, se vuole vedere una stagione completa.

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Nuove leggi in arrivo?

Nata dall’unione proibita di matematica e massimizzazione dei profitti, cresciuta sulla pelle di celebrità poco più che adolescenti, e infine soffocata da una “basic average girl, here to save the world” come Kim Possible, la “Legge dei 65 episodi” è stata indubbiamente una parte spesso silenziosa ma importante della nostra infanzia e adolescenza. Carnefice di molte serie TV effettivamente fatte chiudere troppo presto, ma anche base di un ciclo di rinnovo costante (del resto chiusa una serie se ne produce un’altra), questa regola è ormai entrata nella leggenda per ogni appassionato di serie TV, e probabilmente lì rimarrà, ora che cinema e televisione si stanno adattando ai nuovi modelli ormai completamente personalizzati e personalizzabili.

disney plus vs netflix

Eppure, come abbiamo visto la sua nascita è stata frutto dell’utilità e, non appena i sopravvissuti alle streaming wars finiranno di leccarsi le ferite, troveranno sicuramente nuove regole e leggi per ottenere il massimo dalle loro produzioni: dal matrimonio di matematica e profitto, del resto, non smettono mai di nascere nuovi pargoli.

Filippo Mairani



Fonti: TVtropes | Il destino di Lizzie McGuire | Disney Wiki | La “Legge dei 65 episodi” nella Storia della TV

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