Bentornati a una nuova puntata della nostra rubrica Infanzia Rovinata! La storia in esame è La spada nella roccia, notissimo classico Disney uscito il giorno di Natale del 1963 e diretto da Wolfgang Reitherman. Diciottesimo grande classico, fu l’ultimo film Disney a giungere nelle sale prima della morte di Walt.
Il film è ispirato al romanzo omonimo di T.H. White del 1938, un libro ormai pressoché sconosciuto che immagina l’adolescenza di re Artù e di cui Disney acquistò i diritti cinematografici. Di fatto, è una sorta di prequel alla storia di Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda che tutti conosciamo.
E’ un film un po’ diverso dai precedenti: concepito come film per bambini, ma con importanti messaggi da trasmettere, essenzialmente è una sorta di serie di gag, con personaggi molto caricaturizzati.
Un miracolo inutile
Il film inizia con il classico libro che apre molti dei primi Classici Disney. Il narratore canta della morte del re d’Inghilterra Uther Pendragon, e della mancanza di un erede. Contemporaneamente, a Londra appare miracolosamente una spada conficcata in un’incudine, che reca una scritta:
Chiunque estrarrà questa spada da questa roccia e da questa incudine sarà di diritto re d’Inghilterra
Nessuno però riesce nell’impresa, e il Paese, senza una guida, sprofonda nel disordine, mentre la spada viene dimenticata da tutti.
Un mago che vede nel futuro
Un orfano dodicenne di nome Artù, soprannominato Semola, è a caccia con il fratello adottivo Caio. Per errore Artù fa sbagliare Caio: per sfuggire alla sua ira, cade nella casa di un buffo mago: Merlino. Questi sembra un incrocio tra Albus Silente e Archimede Pitagorico: lunga barba bianca, il pallino per le invenzioni e le cose moderne.
Merlino è in grado di prevedere il futuro, per cui attendeva l’arrivo del ragazzo. Il mago si proclama immediatamente precettore di Semola, in cui intravede grandi qualità, ma dovendo il ragazzo tornare a casa dal padre adottivo, Ser Ettore, decide di seguirlo, accompagnato di malavoglia da Anacleto, il suo gufo parlante, brontolone e permaloso, ma dal cuore d’oro.
Il mago e Anacleto, dopo aver convinto a fatica Ser Ettore della necessità dell’istruzione di Semola, vengono accomodati nella torre più alta e sgangherata del castello. Quella sera arriva un cavaliere, annunciando che a Londra si terrà un torneo, il cui vincitore sarà proclamato re d’Inghilterra. Ovviamente, Ser Ettore intende far partecipare lo sgraziato e borioso Caio al torneo, e promette a Semola che potrà fargli da scudiero se si comporterà bene.
Semola? No… Verruca!
Il soprannome di Artù, sia nel libro che nel film, è Wart, per assonanza con Art(hur). Wart è stato tradotto in italiano come Bitorzolo, ma la traduzione letterale è Verruca. Un soprannome poco lusinghiero, che nel doppiaggio italiano è stato modificato in Semola.
Nell’opera di White, il ragazzo ha 16 anni e non 12, ed è molto meno ingenuo e fanciullesco. Uther Pendragon, invece, è vivo e vegeto: muore solo alla fine, ed è in quel momento che – poiché è rimasto apparentemente senza eredi – apparirà la spada nella roccia.
Nel libro, Caio (Kay) e Ser Ettore (Sir Ector), rispettivamente il fratello sbruffone e stupido e il padre adottivo ignorante del film, sono personaggi positivi. Kay e Wart vanno d’accordo con qualche comprensibile rivalità, e Sir Ector è un buon padre.
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White scrive che Artù trova casualmente Merlino mentre cerca il falcone da caccia del fratello, scomparso. Merlino è descritto come “lungi dall’essere pulito… Sembrava che un uccello gli avesse fatto il nido nei capelli”. Ancor di più: il mago è coperto di escrementi di un uccello, ovvero del gufo parlante Anacleto, che nel libro si chiama Archimede. Questa differenza c’è solo nell’adattamento italiano: infatti, nella versione in lingua inglese del film il gufo si chiama Archimedes, proprio come nell’opera di White.
A differenza del film, nel libro Sir Ector sta proprio cercando un precettore per i due figli ed è quindi ben lieto di accogliere Merlino al castello. Wart è destinato a diventare scudiero: si sta allenando da anni per esserlo, ed è triste solo perché non potrà diventare cavaliere come Kay, non essendo nobile per nascita. Wart viene descritto come un ottimo arciere e un buon combattente.
Una serie di trasformazioni e gag memorabili
Nel film, Merlino inizia le sue lezioni trasformando se stesso e il suo pupillo in due pesci. I due nuotano allegramente nel fossato del castello, fino a quando Semola viene attaccato da un grosso luccio. La lezione che il mago vuole dare al ragazzo è di imparare a cavarsela da soli e avere fiducia in se stessi. Seguono alcune gag decisamente gustose, poi il pesce-ragazzo viene finalmente salvato da Anacleto.
Successivamente, Semola viene punito per essersi assentato dal castello senza permesso e costretto a lavare tonnellate di piatti, ma Merlino fa un incantesimo che li fa lavare da soli e porta il ragazzo nel bosco. Trasforma sé stesso e il giovane in scoiattoli allo scopo di spiegargli la legge di gravità. Dopo aver spezzato il cuore a una dolcissima scoiattolina, innamorata di Semola, i due tornano in forma umana.
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La terza lezione prevede la trasformazione in passero. Semola, per sfuggire a un falco, si infila nella canna fumaria di una capanna, che appartiene alla perfida Maga Magò. La strega sta per annientare il futuro re, quando arriva Merlino a salvarlo, sfidando Magò a una gara di magia. Il duello che ne deriva è epico e famosissimo, una scena indimenticabile dell’animazione disneyana.
Se guardiamo invece al libro, troviamo la prima trasformazione in pesce, ripresa dal lungometraggio in maniera abbastanza fedele, ma ve ne sono molte altre: in un’aquila, una formica, un tasso, un gufo. La vicenda si svolge in un arco temporale di ben sei anni, durante i quali il ragazzo vive molte avventure.
Ad esempio, Wart conosce Robin Hood con l’allegra compagnia e insieme vanno al castello della fata Morgana per liberare alcuni amici prigionieri. Morgana è descritta come grassa, sciatta, di mezza età e distesa su un letto di lardo! Non esiste invece il personaggio di Maga Magò.
Il compimento di una profezia
Torniamo al film. Arriva il giorno in cui Caio viene nominato cavaliere, e di conseguenza Semola scudiero. Merlino si arrabbia nel vedere la felicità del ragazzo, che si diverte a giocare alla guerra. Quando Semola spiega che, essendo orfano e non nobile, quella di scudiero è la massima posizione a cui può ambire, Merlino, furibondo, si trasforma in un razzo e fugge alle Hawaii. Pare che il giovane Semola non abbia capito nulla delle sue lezioni!
È il giorno del torneo. Semola ha dimenticato la spada di Caio alla locanda, quindi torna indietro a cercarla, ma purtroppo è chiusa. Dietro una chiesa, i due ragazzi vedono una spada conficcata in un’incudine e Semola, per dare una spada al fratello adottivo, la impugna e la estrae con grande facilità, realizzando la profezia.
Semola viene quindi incoronato re, ma si sente impreparato per tale ruolo e cerca invano di fuggire. Rimpiange Merlino e vorrebbe che tornasse da lui. E in effetti, Merlino torna dal XX secolo ed è felicissimo di trovare Semola (ora Artù) sul trono. Il film si chiude con Merlino che parla al re della tavola rotonda e dei suoi cavalieri.
Qui libro e film sono sostanzialmente simili, se non per il fatto che nel primo Wart, Kay e Sir Ector sono a Londra per un torneo organizzato appena dopo la morte di Uther Pendragon e all’apparizione improvvisa della famigerata spada.
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Merlino non è affatto contrario al fatto che Wart voglia diventare cavaliere, anzi lo incoraggia in ogni modo. Infine, Merlino rivela che Wart, adesso re Artù, è il figlio legittimo del re defunto: il mago stesso portò il neonato a casa di Sir Ector, ancora avvolto in fasce. Non fornisce però alcuna spiegazione di questo gesto!
Una figura controversa
Sulla storicità di re Artù c’è molta confusione per eccesso di informazioni: sul sovrano abbondano leggende, racconti, poemi. La stessa origine del suo nome è incerta: forse deriva dal romano Artorius o dal celtico Arto-rīg-ios, che significa “Figlio dell’Orso” o “Re Guerriero, o anche dall’irlandese antico Artrí.
Se il nome è un mistero, ancora di più lo è la sua esistenza: c’è chi sostiene che non sia mai esistito e la sua figura sia ispirata da vari personaggi, e chi lo colloca addirittura in Bretagna.
L’Artù che tutti conosciamo deriva da Historia Regum Britanniae (storia dei re della Gran Bretagna) del XII secolo scritta da Goffredo di Monmouth, in cui appare come un grande guerriero in un mondo al confine tra magia e realtà. Goffredo lo descrisse come colui che sconfisse i Sassoni e creò un regno in Gran Bretagna.
Figure ricorrenti nelle varie leggende sono il padre Uther Pendragon, la moglie Ginevra, il mago Merlino, la spada Excalibur, la morte in combattimento con Mordred e il suo riposo finale ad Avalon. Intorno a queste figure, si sono create centinaia di combinazioni e di storie, confermando il grande fascino che l’antico re esercitava ed esercita tutt’ora sulla fantasia umana.
In quanto alla spada nella roccia, non esiste in tutte le versioni del ciclo arturiano. La prima volta in cui viene citata è nel racconto in versi francese Merlino, di Robert de Boron (fine XII secolo – inizio XIII secolo).
La vera spada nella roccia… potrebbe essere italiana!
Qui le cose si fanno interessanti: nella seconda metà del XII secolo, in Toscana visse un personaggio attualmente poco noto, ma la cui storia merita di essere brevemente narrata.
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Galgano Guidotti era un nobile, un giovane un po’ ribelle, dedito alle donne e alla bella vita. Come tanti nobili della sua epoca, divenne un cavaliere. Una notte sognò l’angelo Michele: fu un sogno molto articolato e complesso, che lo indusse a rinunciare alla guerra e alla violenza. Conficcò la sua spada in una roccia, trasformando così uno strumento di morte in una croce, e visse il resto della sua breve vita in eremitaggio.
Dato che la vita di Galgano è precedente o contemporanea al periodo in cui nacquero le prime leggende sulla spada nella roccia di Re Artù, non è improbabile pensare che siano nate proprio da questo fatto, visto che il culto del santo si diffuse rapidamente in tutta Europa, specialmente in ambiente cavalleresco. Tra l’altro, pare una strana coincidenza l’assonanza tra il nome Galgano e Galvano, uno dei cavalieri della tavola rotonda.
Intitolata a San Galgano, venne eretta un’abbazia nelle vicinanze dell’eremo che oggi è in rovina e una meta turistica, vista la suggestività delle sue mura prive di tetto e pavimento.
Artù è un personaggio forse mai esistito o forse ispirato a diverse figure: quello che non cambia è ciò che questo re rappresenta e il grande fascino che continua a esercitare. Una figura quasi mitologica, che ben potrebbe essere stata, da bambino, un gracile e simpatico biondino, come Walt Disney l’ha immaginato.
Sabrina Ghini
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Fonti:
The Once and Future King: The Sword in The Stone – CliffNotes
Historia regum Britanniae, Spada nella roccia, Re Artù – Wikipedia
San Galgano e il mistero della spada nella roccia toscana – Corriere della Sera