Nulla riesce a fermarli! Qualsiasi cosa tentiamo, è inutile!
Zio Paperone, riferendosi al suicidio dei lemming
Spesso negli articoli del nostro sito vi abbiamo parlato delle straordinarie doti da narratore di Carl Barks, e della sua capacità di coniugare nelle sue storie realtà e fantasia. Barks è riuscito a inserire in moltissime delle sue storie molte nozioni e curiosità storico-geografiche che hanno appassionato generazioni di lettori. Quello di cui vi parliamo oggi però ha davvero del clamoroso. L’avventura che vi stiamo per raccontare è una delle prime testimonianze di una falsa credenza che è entrata a far parte della cultura popolare, ben prima dell’avvento dei social media e delle ormai ricorrenti fake news. I protagonisti? Dei simpatici roditori artici.
La storia: Zio Paperone e il ratto del ratto (The Lemming with the Locket)
Non perdiamoci in chiacchiere e vediamo subito cosa ha di speciale questa storia. Zio Paperone e il ratto del ratto si apre con una premessa assurda per chiunque, tranne che per il papero più ricco del mondo . Paperone ha speso la metà del suo intero patrimonio (!) per costruire un deposito sicurissimo, costituito da Impervium, il materiale infrangibile che solo il solvente universaleTM può sciogliere . Il motivo di questo esborso è presto detto: un deposito così non può essere scassinato, incendiato o scalfito in alcun modo.
Per accedervi c’è solo una via: bisogna conoscere la combinazione di ben sette serrature! Ovviamente l’unico a conoscerla è lo Zione, che decide di conservarla in un medaglione appeso a una mini statua raffigurante se stesso, in un inusuale sfoggio autocelebrativo. Sembra il piano perfetto: finalmente Zio Paperone può godersi il meritato relax derivante dal sapere le sue fortune assolutamente al sicuro. Cosa potrebbe mai andare storto?
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Ci spostiamo al molo, dove Paperino e i nipotini sono impegnati in una proficua sessione di pesca. Il tempo passa e vuoi che non ti spunti un leggero languorino? I nostri paperi, improvvisatisi cultori del cibo gourmet, decidono di mangiare un formaggio di importazione che tanto adorano e che si sono portati da casa. I paperi rimangono però a bocca asciutta: uno strano roditore li ha anticipati, pappandosi tutto. Perché non chiedere a Zio Paperone, forte delle sue mille avventure e della sua esperienza, di che specie si tratta? Il ragionamento fila e Paperino accompagnato dai nipotini porta il sacchetto direttamente nel deposito e lo svuota di punto in bianco sulla scrivania del suo facoltoso zio. E qui cominciano i guai…
Il ratto, che scopriremo poi essere un lemming, sfortunatamente si infila il medaglione con la combinazione al collo e comincia a scappare, I paperi lo inseguono fino al porto, dove il roditore raggiunge una nave in procinto di salpare, direzione Merluzzjavick, Norvegia. Paperone e nipoti non hanno scelta: devono salire sulla nave e seguire il lemming per recuperare la preziosa sequenza numerica che apre il deposito.
Naturalmente, ritrovare il medaglione si rivelerà un’impresa tutt’altro che semplice: il recupero coinvolgerà ancora una volta sia il formaggio di importazione (il Gjetost, in caso foste curiosi e voleste assaggiarlo), a quanto pare particolarmente amato in casa Paperino, che fiumi di lemming.
Barks mostra la marea vivente di questi animali intenti in una migrazione di massa, diretti verso la scogliera e pronti apparentemente a saltare in acqua verso morte certa. Una serie di vignette davvero impattante, con i paperi ad osservare impotenti la scena, senza alcuna possibilità di recuperare il medaglione e con esso la fortuna di Zio Paperone.
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Non vi sveliamo il finale nel caso non aveste letto la storia, che potete recuperare in La grande dinastia dei paperi 9 e Uack! 4, tra gli altri. Una cosa però proveremo a capirla: perché Barks mette in scena questo apparente suicidio di massa dei lemming? Si tratta davvero di un fenomeno reale o è una bizzarra trovata dell’Uomo dei Paperi? La risposta, come spesso accade, è meno semplice di quello che si pensi…
Andiamo tutti insieme nell’Artico Selvaggio
Barks non è l’unico in casa Disney ad avere a che fare con l’apparente suicidio dei lemming: c’è qualcun altro che lo ha fatto, spingendosi leggermente oltre la rappresentazione grafica. Parliamo di Artico Selvaggio (White Wilderness), un documentario Disney diretto da James Algar vincitore del premio Oscar al miglior documentario e dell’Orso d’oro al festival di Berlino sempre nella medesima categoria. Questo documentario naturalistico è parte di una serie di grandissimo successo, quasi pioneristica per il settore documentaristico: La natura e le sue meraviglie (True-Life Adventures), che conta sette lungometraggi e numerosi corti realizzati tra il 1948 e il 1960.
Ebbene, anche durante la visione di Artico Selvaggio ritroviamo i nostri lemming intenti in quella che sembra una marcia della morte simile a quella rappresentata da Barks, apparentemente “vittime di un’ossessione” che li attira verso il mare, come ben descritto dalla voce narrante del documentario, Winston Hibbler. Hibbler parla di una migrazione di massa dei lemming, un suicidio involontario nel tentativo di superare un corso d’acqua. E se si parla di oceano è naturale che si traduca in morte certa.
In natura ci sono crudeltà ben peggiori: non ci sarebbe niente di così assurdo… non fosse altro che il suicidio di massa dei lemming è stato completamente messo in scena da chi ha realizzato il documentario!
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Non si sa bene se la storia di Barks che precede di tre anni questo documentario del 1958 sia stata d’ispirazione per questa sezione del documentario, fatto sta che in questo documentario viene messa letteralmente in scena la strage di questi innocenti roditori. Innanzitutto, le riprese del documentario non vennero realizzate nell’habitat naturale dei lemming, ma nella provincia canadese dell’Alberta, senza sbocchi sul mare: l’oceano in questione di cui parla il narratore era quindi un semplice fiume. Ma non è questa la cosa più incredibile. Secondo uno dei cameraman, chi ha realizzato il film avrebbe pagato 25 centesimi a dei bambini a Manitoba per catturare dei lemming e portarli nel luogo delle riprese.
Durante il documentario, come potete vedere nel video, sembra ci sia una quantità davvero imponente di lemming: in realtà è tutto un lavoro di montaggio e di ingegneria. I membri della crew avevano infatti costruito un sistema meccanico di piattaforme rotanti coperte di neve per spingere i lemming e farli cadere, per poi lanciarli dalla scogliera. Il tutto è poi stato editato ad arte per far sembrare un suicidio naturale quella che è stata una vera e propria strage per mano umana. Trovate il video di seguito: le scene mostrate sono particolarmente crudeli conoscendo la verità dietro le riprese. Invitiamo quindi i lettori particolarmente sensibili a fare le proprie valutazioni prima di premere play.
Bosley Crowther, critico per il New York Times, nell’incensare il documentario diceva che “i ragazzi Disney sono giocosi con le immagini della natura come lo sono con i cartoni animati” (“the Disney boys are as playful with nature pictures as they are with cartoons.”). Probabilmente se solo avesse saputo di questo retroscena, forse avrebbe usato parole un pochino differenti. Diciamo se solo avesse saputo, perché tutto questo retroscena è venuto fuori solo molti anni dopo l’uscita del documentario, nel 1982, grazie a un programma di CBC Television, The Fifth Estate, che ha svelato come appunto la scena dei lemming non fosse stata filmata nel loro habitat naturale ma preparata a puntino e messa in scena, con gli autori del documentario che hanno fisicamente forzato i poveri lemming a gettarsi verso la loro prematura fine.
A questo punto una domanda sorge spontanea, da dove viene fuori questo mito – perché di mito si tratta -del suicidio di massa dei lemming? Perché Barks prima e gli autori di Artico Selvaggio poi hanno scelto di inscenare la morte proprio di questi poveri animaletti? Proviamo a fare chiarezza.
Le origini del mito
Apparentemente, l’uomo ha avuto idee “strane”e sui lemming fin da moltissimi anni. Nel 1530, il geografo Zeigler di Strasburgo propose una teoria, cioè che le creaturine cadessero dal cielo durante le tempeste e morissero improvvisamente al crescere dell’erba in primavera. Teoria contraddetta da uno storico della natura, tale Ole Worm, che condivise l’idea che i lemming cadessero dal cielo, ma per lui erano trascinati dal vento e non creati spontaneamente nelle nuvole. Non male la scienza di quel tempo, no?
Aldilà delle evidenti castronerie, pare che il mito del suicidio di massa sia legato alla fluttuazione nella popolazione e al fenomeno reale delle migrazioni. La popolazione dei lemming varia molto nel corso del tempo, a causa di differenti fattori quali i predatori, il clima e il cibo a loro disposizione. Periodicamente, questi roditori si spostano, passano attraverso corsi d’acqua e fiumi alla ricerca di un territorio con più cibo in cui vivere ed effettivamente nel processo è comune che un certo numero passi a miglior vita, magari affogando per aver sottovalutato le profondità dell’acqua da attraversare. Da qui a tacciare però i poveri lemming di suicidio di massa ce ne vuole! Un mito insomma, nato come tanti osservando la natura per dare una spiegazione a fenomeni incomprensibili.
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Questo mito ha ispirato anche una famosissima serie videoludica, nata nel 1991 su Atari e chiamata proprio Lemmings, in cui il giocatore doveva provare a salvare il maggior numero possibile di questi animaletti, che avevano anche in questo caso una spiccata tendenza all’autolesionismo. Non solo videogiochi: nel film I Pinguini di Madagascar c’è invece un’intera scena che parodizza la vicenda di Artico Selvaggio.
Tornando invece alla storia di Barks, tra le altre cose vi segnaliamo che è una delle storie che contengono alcune delle informazioni sul passato di zio Paperone raccolte poi da Don Rosa nella Saga: è infatti proprio in questa storia che lo Zione data l’acquisto del suo cilindro, pagato due dollari nel 1910. Inoltre, Zio Paperone e il ratto del ratto ha ispirato anche un episodio della vecchia serie di Ducktales, dal titolo Il cucciolo di Paperone, nella prima stagione.
Se dopo aver letto questo articolo foste curiosi di vedere Artico Selvaggio, sappiate che non lo troverete più sul catalogo di Disney+, da dove è stato prontamente rimosso onde evitare qualsiasi tipo di polemica o ripercussione, per quanto è giusto precisare come non ci siano prove che ai piani alti della casa di Burbank fossero a conoscenza di quanto pianificato dalla troupe ai danni dei lemming. Un caso che fa riflettere su come a volte per le grandi major i confini tra documentario e fiction siano labili, e che per creare un prodotto appetibile anche la verità possa essere sacrificata.
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Luca Rago
Immagini: © Disney
Fonti: Duck Comics Revue | Attivissimo | adfg.gov | Hyperallergic