Tra i tanti elementi che sono facilmente associabili a Paperino, va annoverata indubbiamente la sua celebre macchina, la 313, compagna di tante avventure.
Nella cultura pop spesso le auto svolgono infatti il ruolo di autentiche partner per i protagonisti delle storie a strisce o in celluloide. Basti pensare a Batman, che non sarebbe lo stesso senza la sua Batmobile oppure alla celebre Mistery Machine che apre gli episodi di Scooby-Doo. Lo stesso discorso vale anche per Paperino e la sua 313: un’utilitaria datata spesso vittima di guasti improvvisi. Insomma, il mezzo ideale per lo sventurato papero! Inoltre, similmente al suo proprietario, l’auto ha la sua identità segreta: di giorno è un’automobile come tutte le altre, ma di notte si trasforma all’occorrenza nella 313-X di Paperinik, dotata di ogni tipo di gadget.
A questo punto ci viene spontaneo chiederci: chiunque abbia creato la 313, a quale modello di auto si è ispirato? In altre parole, la 313 esiste davvero? Facciamo… qualche passo indietro.
Un catorcio per Paperino
Non vorremo mica farlo andare a piedi…
È in queste parole che troviamo racchiuso il proposito di Walt Disney di “patentare” Paperino. L’inaspettata popolarità che il papero era riuscito ad accattivarsi tra i fan grazie alla sua simpatia e al suo carattere burbero spinse Walt Disney a investire buona parte delle sue energie nello sviluppo del personaggio. L’idea della 313, infatti, faceva parte di un vasto progetto che intendeva trasformare Paperino nella perfetta incarnazione dell’uomo medio con tutte le sue imperfezioni. Insomma, l’utilitaria doveva servire per rendere Paperino quanto più umano possibile (si fa per dire) agli occhi del pubblico.
La 313, dall’animazione al fumetto
La 313 appare per la prima volta nel 1937, nel corto animato Don Donald. Paperino ottiene l’auto in cambio del suo asino, di cui ha deciso di disfarsi perché ha disarcionato Donna Duck, la prima papera a cui Paperino abbia mai fatto la corte e fonte di ispirazione per Paperina.
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Già alla sua prima apparizione, l’automobile aveva un aspetto molto simile a quello attuale, sebbene fosse ancora sprovvista della classica targa. Il corto mostra un’utilitaria a due posti, scoperta, dalle forme stondate e dai parafanghi sporgenti. La colorazione è monocromatica rossa, con una leggera differenza di tonalità nei parafanghi, più scuri.
L’esordio cinematografico della 313 viene riprese in una storia a fumetti italiana, Paperino e il segreto della 313 del 1995, scritta da Fabio Michelini e disegnata da Massimo De Vita. L’opera presenta diversi riferimenti al corto originario, le cui vicende vengono giustificate come parte di una rappresentazione cinematografica in cui Paperino e Paperina (che fa le veci di Donna Duck) interpretano i protagonisti. Anche nella storia a strisce è presente l’asinello, che però non viene abbandonato a cuor leggero: a differenza del corto originale, figlio di un’epoca con diverse sensibilità, in cui Paperino fa sfiatare senza scrupoli la marmitta sulla povera bestiola in segno di sfregio, nella storia a fumetti di fine secolo il papero vende legalmente l’animale, assicurandosi anche che il suo acquirente lo tratti con premura.
In aggiunta, viene approfondita anche la “personalità” della 313: se in Don Donald in alcuni punti il veicolo sembra essere “senza fiato”, nella storia di Michelini un sensitivo conferisce una sorta di anima alla 313 per rinvigorirla, e sarà proprio l’auto a salvare spontaneamente Paperino da una valanga. Inoltre, viene espressamente detto che la 313 è di fattura messicana.
Il tratto comune tra la versione cinematografica e quella fumettistica è però fondamentale: il veicolo è un catorcio che mette sempre in difficoltà Paperino a causa della sua inaffidabilità sulla strada.
Il 1° luglio 1938, la macchina di Paperino compare per la prima volta nei fumetti, nella striscia Get A Horse di Bob Karp e Al Taliaferro. Il design non si discosta molto dalla versione animata e tale rimarrà, salvo variazioni di colore a seconda delle pubblicazioni. La celebre targa farà invece il suo esordio il 22 marzo 1940, nella striscia ideata dalla coppia di autori già citata.
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L’American Bantam: la vera 313
Si pensa che Walt Disney nel realizzare la 313 si sia basato su una American Bantam modello 60 Roadster.
Ciò che rende interessante l’American Bantam è anche la sua storia, che sembra quasi rispecchiare la leggendaria sfortuna di Paperino.
Tutto comincia nel 1929, quando la American Austin, una piccola azienda automobilistica, crolla sotto i colpi della crisi economica del ’29. Le conseguenze della recessione inducono le società automobilistiche a rivedere la propria politica. Essa deve rispondere alle esigenze quotidiane del cittadino medio e alle restrizioni imposte dal risparmio energetico del New Deal. Inoltre, si assiste all’introduzione dei principi dell’aerodinamica che modifica l’assetto ingegneristico dell’automobile e delle prime stazioni di benzina, nonché dei negozi di pezzi di ricambio. È in questo contesto che nasce l’utilitaria e che ha inizio la sfortunata storia di Roy S. Evans, “l’inventore” della 313.

Ex-dipendente della American Austin, Roy Evans rilevò la sua vecchia azienda riconvertendola col nome di American Bantam, deciso a lanciarla nella produzione delle utilitarie che rispondessero alle nuove esigenze sorte nel periodo. Per realizzare i suoi progetti chiamò a raccolta l’ingegnere Harry Miller e il designer Alexis de Sakhnoffsky. Il risultato fu proprio la American Bantam che venne lanciata già nel 1938. The 1938 American Automobile Buyers’ Guide presentò la nuova utilitaria come “America’s only Economy Car“, con un prezzo che si aggirava tra i 439 e 499 dollari (circa 4600 dollari attuali) e un consumo bassissimo di benzina.

Sfortunatamente l’azienda di Roy Evans non riuscì a spiccare nel momento in cui l’economia americana stava conoscendo i suoi segnali di ripresa. Infatti le vendite furono esigue a causa della concorrenza, delle scarse prestazioni meccaniche dell’utilitaria e dei costi di produzione troppo elevati, tanto da costringere l’azienda ad abbandonare il progetto Bantam già nel 1941.
L’azienda conobbe un breve periodo di respiro durante la Seconda Guerra Mondiale, lanciando un piccolo veicolo per la ricognizione delle truppe adatto a tutti i tipi di terreni. L’idea di un “General Purpose Vehicle” ebbe successo anche al di fuori dell’ambito militare. Questo mezzo, di cui la Bantam è considerata un prototipo, forse vi risulterà più familiare sapendo il suo nome abbreviato: GP, che le truppe americane pronunciavano “jeep“.
La jeep fu poi rilevata dalle compagnie Ford e Willys, mentre l’azienda che (forse) ispirò la 313 dopo la fine della guerra si convertì alla produzione di mezzi agricoli fino a quando non venne acquistata, nel 1956, dalla Armco Steel Company.
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Quante 313 esistono?
In base alle fonti, l’azienda American Bantam ha iniziato la sua produzione in piena autonomia dal 1938, terminandola nel 1941. In quegli anni Roy Evans lanciò la sua produzione utilizzando un misero capitale di 7000 dollari, insufficente anche per una piccola realtà produttiva come la sua. Alcune recenti stime stabiliscono che in quei tre anni vennero prodotte solo 6.513 unità (altri dicono 7.000) di Bantam suddivise in undici modelli. Il 1938 è considerato “l’anno più proficuo” con una produzione di circa 2.000 mezzi, di cui ben 512 appartengono al modello Roadster.
La 313: un’auto assemblata
Dalla Volcano Valley di Carl Barks…
Sebbene Barks abbia realizzato vari dipinti e disegni in cui l’utilitaria di Paperino appare come un unico modello, realizzò una storia in cui si scopre che l’auto è assemblata da vari pezzi. In Paperino in Vulcanovia, il protagonista si reca in un piccolo paesino latino americano per vendere un aeroplano che ha ricevuto erroneamente a causa di un disguido postale. Sfortunatamente il paese si trova in una landa inospitale ricca di vulcani rendendo difficile il ritorno a casa di Paperino.
A un certo punto della storia, la 313 subisce un guasto che la rende inutilizzabile: un vigile accorso in quel frangente esegue con occhio attento un elenco dei vari componenti dell’utilitaria. I nomi citati sono delle parodie di veri modelli d’auto che sono esistiti realmente tra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. Nell’ordine sono:
- un motore estrapolato da una Mixwell del 1920 (parodia della reale Maxwell)
- una carrozzeria rimossa da una Dudge del 1922 (riferimento all’azienda Dodge)
- delle assi provenienti da una Paclac del 1923 (il nome è una crasi tra Cadillac e Packard)
…alla Recalled Wreck di Don Rosa
Decenni più tardi Don Rosa realizza Paperino e l’auto a pezzi, una storia che, nella più classica delle tradizioni donrosiane, si presenta come seguito spirituale di Paperino in Vulcanovia. Come degna caricatura dell’uomo medio, anche Paperino ogni anno smembra la sua auto per revisionare ogni singolo pezzo e verificarne il funzionamento. Purtroppo il lavoro prende una brutta piega quando scopre che durante la sua assenza il vicino Jones ha venduto i pezzi dell’auto in un mercatino delle pulci. Ha così inizio una difficile “caccia al tesoro” durante la quale il protagonista riesce a recuperare le varie parti con gran fatica e spendendo molti soldi.
Nella sua quarta storia di esordio come autore a tutto tondo, Don Rosa rende esplicitamente omaggio a una delle tante avventure sviluppate da Carl Barks. Infatti Paperino afferma di fronte ai nipoti di essere stato lui stesso ad aver assemblato l’auto anni addietro utilizzando diversi pezzi, elencando proprio i medesimi modelli presentati nella storia ambientata a Vulcanovia. In questo modo Don Rosa sembra discostarsi dalla versione animata in cui Paperino ottiene l’utilitaria in Messico, preferendo adottare la versione dell’assemblamento.
In tendenza con la meticolosità dell’autore del Kentucky, un altro disegnatore, Claude Lacroix, realizzò nel 1998 per il Journal de Mickey 2415 un disegno che ritrae le strutture interne della 313.
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La 313 nella vita reale
Nel 2011, un ignoto carrozziere inglese ha voluto omaggiare la figura di Paperino ideando e costruendo una riproduzione abbastanza fedele del “macinino” dello sfortunato papero.
Per realizzare la suddetta utilitaria, il meccanico ha utilizzato parti di diverse di auto, montando un motore di una vecchia Morris per farlo funzionare, mentre per le ruote sono stati usati dei copertoni di un camion.
Non è l’unica riproduzione che si può trovare bazzicando su internet: negli ultimi anni ha spopolato una foto di un’altra 313, questa volta in un parcheggio di un supermercato in Finlandia. L’auto, oltre all’effettiva somiglianza con il veicolo di Paperino, riporta una targa con su scritto il classico numero a tre cifre, affiancato dalla parola Aku, ovvero il nome di Paperino in finlandese (Aku Ankka).
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La 313 risulta quindi il frutto di diverse fonti di ispirazione, ma come spesso accade per tutto ciò che entra a far parte dell’immaginario collettivo, è diventata a sua volta un modello che alcuni tentano di imitare. La realtà ispira la fantasia e la fantasia modifica la realtà. Nel caso della 313, fortunatamente, la riproduzione si limita al solo lato estetico, lasciando i crucci relativi alla sua sghangheratezza al nostro amato papero, che con la sua amata macchina riesce sempre a fronteggiare qualsiasi disavventura.
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Antonio Ferraiuolo
Si ringrazia Agnese Amato
Immagini © Disney – Panini Comics
Fonti: I.N.D.U.C.K.S, Quotidiano.net, Pinterest.it, Lettera43.it, ciclootto.it