Erano soliti lottare per le briciole nel mio cestino dei rifiuti, quando lavoravo da solo fino a tarda notte. Li presi e li tenni in gabbiette sulla mia scrivania. Mi affezionai particolarmente a un topo domestico marrone. Era un piccoletto timido. Toccandolo sul naso con la matita, lo addestrai a correre all’interno di un cerchio nero che avevo tracciato sul mio tavolo. Quando me ne andai da Kansas City per tentare la fortuna a Hollywood, mi dispiacque lasciarlo. Così lo portai in un cortile, facendo attenzione che fosse un bel quartiere, e il piccoletto domato corse verso la libertà.
Nacque così, anche grazie a quegli ignari roditori, nello studio e nella mente di Walt Disney, il topo più celebre del mondo, mascotte dell’azienda che porta il nome del suo creatore e uno degli eroi dell’infanzia di ogni bambino che abbia vissuto sulla Terra dal 1928 in poi: Topolino. Un personaggio di cui Walt aveva bisogno nel momento in cui aveva perso i diritti della sua prima creazione: Oswald il coniglio fortunato. Lo realizzò anche grazie al fondamentale aiuto dell’unico collaboratore rimastogli al fianco, Ub Iwerks, in gran segreto, in un garage, probabilmente consci di star navigando a vista catapultandosi in un progetto ex novo.
Come ogni prodotto d’intrattenimento che ha visto crescere con sé diverse generazioni, anche il personaggio di Topolino ha subito dei cambiamenti. Non solo estetici (nei primi anni dalla sua creazione e nei decenni successivi), ma anche nella sua caratterizzazione. Tutto ciò per adattare la sua personalità e l’ambientazione delle sue storie ai continui mutamenti della società, ma anche per renderlo accattivante a a un pubblico che, almeno parzialmente, ha delle tendenze e delle preferenze diverse rispetto a chi l’ha preceduto. In questo contesto, si inserisce la tormentata produzione del corto Topolino e il cervello in fuga (Runaway Brain) del 1995, del quale, secondo alcuni, la Disney non fu mai pienamente soddisfatta.
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Topolino prima de Il cervello in fuga
Sin dal suo esordio in Steamboat Willie Topolino si impresse tra le preferenze del grande pubblico. Fino alla morte di Walt, era stato plasmato in base alle esigenze e ai gusti in continua evoluzione degli spettatori: ad esempio, seguendo la moda dell’esotismo sono stati prodotti Topolino nella Giungla (1929) o Topolino in Arabia (1932); per accontentare gli amanti del brivido Topolino e gli spettri (1929) o Topolino e lo scienziato pazzo (1933). Per cavalcare la febbre del jazz, Topolino pianista (1929). Walt Disney sembrava avere la soluzione per ogni esigenza del pubblico e riusciva a soddisfarlo magistralmente. Tuttavia, dopo una serie di corti tutt’altro che esaltanti a partire dagli anni ’40, per molti anni l’immagine di Topolino non riuscì sempre a conservare la brillantezza che le era appartenuta.
Topolino e il cervello in fuga nacque, dunque, anch’esso da un’esigenza, quella di superare l’immagine stantia del Topo che non riusciva più a spiccare e di sostituirla con una più innovativa. Un tentativo che ha vissuto diverse fasi di approvazione alternate ai più severi dissensi. Ma di cosa parla Runaway Brain?
La trama di Topolino e il cervello in fuga
Runaway Brain inizia rappresentando la casa di Topolino nel mezzo di una tempesta, una cornice che può vagamente richiamare la prima scena di Topolino e lo scienziato pazzo.

Il protagonista è ipnotizzato davanti alla console, con gli occhi scavati e intento a giocare a un videogame in cui Cucciolo deve sconfiggere la strega Grimilde e che sembra essere un riferimento ai classici picchiaduro.

Su un muro della stanza è anche appeso un poster raffigurante un pezzo di formaggio adagiato su una trappola per topi, accompagnato dallo slogan “Just say no“, lo stesso utilizzato dal governo americano tra gli anni ’80 e ’90 nell’ambito della campagna contro le droghe “War on drugs“.

L’atmosfera e i toni cupi della scena vengono illuminati dall’arrivo di Minni, che rinfaccia al fidanzato di essersi dimenticato del loro anniversario. Nella concitazione, Topolino fa involontariamente credere alla sua compagna di volerle regalare una vacanza alle Hawaii, dal costo di 999$.
Grazie a Pluto, il Topo nota sul giornale un annuncio di lavoro, che offre convenientemente l’esatto importo della vacanza per un impiego di un giorno presso lo studio di un certo Dr. Franknollie: il nome dello scienziato è un evidente riferimento al Dr. Frankenstein di Mary Shelley, ma la parte finale – “stein”, simile a “stan” – è stata sostituita da “ollie”, richiamando probabilmente Stan & Ollie, il celebre duo comico conosciuto in Italia come Stanlio & Ollio. La dimora dello scienziato è situata a Lobotomy Lane 1313, letteralmente “vicolo della lobotomia“, dicitura che, assieme al numero civico che in molte culture occidentali è presagio di sventura, anticipa quali possano essere gli esperimenti del fantomatico dottore. Nell’annuncio in inglese si legge “for a mindless day’s work” giocando sul significato di “mindless” che letteralmente vuol dire “senza cervello”, ma che in realtà si usa per dire “senza impegno”.
Nella tana del mostro
Arrivato sul posto, davanti a quella che si presenta come la celeberrima abitazione della locandina de L’esorcista, Topolino sprofonda nello zerbino (che in realtà è una botola) precipitando su una sedia nel mezzo di un immenso laboratorio dove sicuramente non si analizzano le farfalle. Immediatamente si palesa il Dr. Franknollie in tutta la sua follia. Si presenta come una scimmia, animale spesso impiegato negli esperimenti, così come il topo. Una delle classiche cavie diventa quindi sperimentatore e questa inversione di ruoli anticiperà quella dei cervelli che sarà al centro della storia. Lo scienziato, infatti, scambia, per mezzo di elettrodi, il cervello di Topolino con quello di un mostro gigante non troppo sveglio il cui aspetto è un misto tra la figura della creatura di Frankenstein e Gambadilegno, ma che si chiama Julius, nome che richiama proprio un altro felino, Julius the Cat, personaggio inventato negli anni ’20 da Disney e Iwerks. Fulmini, saette e scariche elettriche… il gioco è fatto: il cervello (e quindi la coscienza) di Topolino è intrappolato nel mostro e viceversa.
Topolino, che ha ora il corpo di Julius, chiede al dottore di invertire il processo e di restituirgli il suo corpo, ma quegli si frantuma tra le sue mani, incenerito da una scarica elettrica. Tenta allora di interloquire col mostro che ora ha le sue sembianze, chiedendogli, di fatto, di restituirgli la sua identità: lo invita in tal senso a controllare il portafoglio nella sua tasca, dove tiene il suo documento e diverse fotografie, tra cui quella della sua prima apparizione (ufficiale) in Steamboat Willie e una fototessera raffigurante Minni. Il mostro è affascinato dalla fidanzata di Topolino e fugge a cercarla.
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La situazione precipita
“Topolino” irrompe nel negozio e inizia il suo raccapricciante corteggiamento. “Parli del diavolo…” aggiunge Minni, che fino a poco prima stava mormorando tra sé e sé riguardo all’imminente viaggio con il fidanzato, ma non sa che quello che ha davanti è veramente un “demonio”.
Per fortuna, arriva Topolino a sfatare l’equivoco e salva Minni da quello che avrebbe potuto essere un pericoloso malinteso. Nella lotta contro il mostro “i due Topolino” finiscono su dei fili dell’elettricità ripristinando le loro originali caratteristiche. Questo sarebbe potuto essere un bene se non fosse che sia Topolino che Minni si trovano entrambi nelle mani del mostro, ma stavolta dalle proporzioni gigantesche e che bazzica per la città come un novello Godzilla.
Alla fine, però, il Topo non sfugge neanche in questo corto all’archetipo dell’eroe e riesce a salvare la bella amata dalle grinfie del mostro come in una scena di King Kong. Entrambi festeggiano l’anniversario alle Hawaii, ma non senza la collaborazione del mostro che traina il loro gommone a nuoto attirato dalla foto di Minni, un po’ come il somaro con la carota. Il tutto si conclude ovviamente con i titoli di coda, accompagnati però da una melodia che è un’evidente rielaborazione in chiave moderna dell’iconico fischiettio di Topolino sullo Steamboat Willie.
I tentativi di modernizzare Topolino
Come anticipato, Topolino e il cervello in fuga è il prodotto della volontà di rinvigorire l’immagine di Topolino, anche a seguito di un disastro sfiorato da quella che allora era la Walt Disney Feature Animation. Infatti, il Classico Disney Taron e la pentola magica del 1984 costituì un clamoroso insuccesso di pubblico e critica.
Tuttavia, pochi mesi prima del rilascio del lungometraggio l’unità venne affidata a un nuovo team composto da Michael Eisner, Frank Wells (che avrebbe poi ricoperto il ruolo di presidente della compagnia) e Jeffrey Katzenberg. Quest’ultimo volle rendere una priorità il ritorno della Walt Disney Feature Animation ai livelli di creatività e di qualità che caratterizzavano gli anni antecedenti la morte di Walt Disney nel 1966. Fu proprio questa nuova squadra che pose le basi per la nascita del cosiddetto Rinascimento Disney, che vide tra i suoi fiori all’occhiello La Sirenetta, Aladdin, La bella e la Bestia e Il Re Leone.
Tuttavia il rinnovamento dell’immagine di Topolino non fu immediato: ancora nel 1990, quando venne presentato al pubblico Il principe e il povero, diretto da George Scribner, il ritorno del Topo come protagonista assoluto non riscosse un adeguato riconoscimento, complice la tiepida reazione del pubblico a Bianca e Bernie nella terra dei canguri, con cui il mediometraggio fu distribuito. Ad ogni modo, lo scambio di consegne tra il Principe e il popolano (interpretati entrambi da Topolino), all’interno del film, fu quasi una rappresentazione della staffetta tra il “vecchio” e il “nuovo” Mickey.
La “frangia lunatica”
A partire dagli anni ’90, una parte della sezione dell’animazione iniziò a lavorare a dei progetti collaterali o secondari e coloro che ne presero parte vennere definiti da Ralph Guggenheim (animatore e produttore della Pixar) “the lunatic Fringe”, ovvero “la frangia lunatica”, capeggiata da Kathleen Gavin (che aveva lavorato a Nightmare Before Christmas), probabilmente riferendosi all’estrosità dei progetti (che non erano mai completati) e dei relativi autori. Anche il regista di Runaway Brain, Chris Bailey, era convinto che le sue idee non avrebbero mai conosciuto una vera conclusione. Inizialmente, infatti, ideò un corto titolato Tourist Trap, in cui Paperino avrebbe dovuto uccidere Topolino durante una vacanza, ma gli venne negato il consenso da Katzenberg. Così Bailey si dedicò ad altro, e in particolare si concentrò proprio su Topolino e il cervello in fuga, ricevendo l’approvazione anche da Roy Edward Disney, nipote di Walt e figlio di Roy Oliver.
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Topolino e il cervello in fuga: un corto tormentato, ma con ottime premesse
La determinazione di Eisner nel voler rinfrescare l’immagine di Topolino influenzò anche lo stesso Bailey, che riuscì a ottenere la collaborazione di importanti animatori della compagnia, tra cui Andreas Deja, l’animatore di Scar de Il Re Leone, che si sarebbe dedicato al “mostruoso” Topolino, seguendo gli schizzi di Bailey.
Ma, prevedibilmente, fu proprio il “mostro” al centro del maggior numero di discussioni durante lo sviluppo del progetto. Molti erano certi che la caratterizzazione di Topolino dovesse essere arricchita con delle novità, ma bisognava evitare di distrarsi da quello che era il vero obiettivo: riuscire a intrattenere adeguatamente un pubblico composto in maggioranza da bambini. Dunque, fu ridimensionata l’idea di un topo che sbavasse continuamente verso Minni, ma non solo. Un altro elemento ricevette l’assoluto dissenso: originariamente Topolino avrebbe dovuto giocare a un videogame su Bambi e la scena di apertura sarebbe stata inaugurata dal rumore di uno sparo che si sarebbe sentito al di fuori dell’abitazione del Topo per poi far scoprire agli spettatori che era stato Topolino a far partire un colpo nel gioco (probabilmente rivolto alla mamma di Bambi o allo stesso cerbiatto). Inoltre, la scene dello “scambio” dei cervelli tra il mostro e Topolino avrebbe dovuto vedere la testa di quest’ultimo ribollire, letteralmente. Anche questo dettaglio venne edulcorato.
Topolino e L’esorcista
Il Topolino che emerge dalla creatività di questi autori non lascia spazio a dubbi in quanto ai cambiamenti drastici subiti. Già nelle prime scene del corto l’elemento macabro fa la sua comparsa senza troppe cerimonie. Più nel dettaglio, quando Topolino è al cospetto dell’abitazione dello scienziato viene calato in una fotografia cinematografica già ben nota al pubblico adulto.
Come accennato, il fotogramma in questione è l’esatta riproduzione disneyana di una scena de L’esorcista (film del 1973) in cui il prete Damien Karras si appresta a entrare nella casa dell’indemoniata Regan MacNeil, immagine che poi sarebbe stata utilizzata come locandina dello stesso film.
Nel corto, quando il mostro prende possesso del corpo di Topolino quest’ultimo assuma sembianze inquietanti, molto simili alla bambina Regan: occhi gialli, sguardo disumano, pelo ispido, denti in mostra e bava alla bocca. Da questo punto di vista, l’aspetto di Topolino può essere anche interpretato come un riferimento agli zombie, altri indiscussi protagonisti della cinematografia horror e, anche loro, in un modo o nell’altro, “senza cervello”. Insomma, Topolino e il cervello in fuga è un punto di incontro tra il mondo rassicurante della Disney e quello inquietante del cinema dell’orrore, già approfondito dalla stessa casa due anni prima con Hocus Pocus.
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Una serie di sfortunati eventi
Non resta ora che capire le ragioni per cui la Disney ha fatto di tutto per sotterrare questo prodotto in cui sono state convogliate energie e creatività. Una serie di eventi hanno portato il corto a non emergere come previsto, ma, alla fine, ciò che più è stato incisivo è la mancata aderenza della trama alla politica family-friendly disneyana, nonostante le idee che si spingevano troppo in là fossero state stroncate sul nascere.
Il “boicottaggio” del corto iniziò quando il suo maggior sostenitore, Katzenberg, lasciò la Disney (per poi contribuire alla nascita della Dreamworks) a seguito delle acredini venutesi a creare nella compagnia dopo la tragica morte in un incidente in elicottero di Frank Wells. Inizialmente il gesto di Katzenberg non sembrò essere un grosso problema: il team aveva addirittura inserito un riferimento al suo allontanamento nella pellicola. Quando Topolino sta precipitando nel laboratorio di Franknollie si può intravedere un volantino rosa con sovraimpresse le lettere “J” e “K”, ossia proprio le iniziali di Jeffrey Katzenberg.

Nel meeting che precedette la prima, però, i produttori esecutivi iniziarono a chiedere dei tagli e, nonostante Bailey fosse contrario, senza Katzenberg a sostenerlo, dovette adeguarsi. In particolare, furono ridimensionate le scene in cui Topolino sbava verso Minni e nella scena in cui il Topo avrebbe dovuto tenere in mano un’inquietante bambola raffigurante la sua fidanzata, quest’ultima fu sostituita da una sobria fototessera della coppia.
Alla fine del lavoro e dei tagli, quando il corto stava per essere completato, i produttori non erano ancora del tutto convinti, ma, nonostante questo, Runaway Brain fu distribuito e venne candidato al Premio Oscar come miglior corto di animazione agli Academy Awards del 1996 (senza però vincerlo).
Il destino di Topolino e il cervello in fuga
Alla fine, a Topolino e il cervello in fuga non fu dato abbastanza credito: non dal pubblico o dalla critica, ma dalla stessa compagnia. Non è mai stato trasmesso su Disney Channel come molti dei corti Disney dell’epoca, e nonostante nel 1996 fosse prevista una sua proiezione in concomitanza con la versione in live-action de La carica dei 101, all’ultimo minuto la Disney chiese ai cinema americani di rimuoverlo dalla programmazione e sostituirlo con i trailer dei lungometraggi che sarebbe stati distribuiti nei mesi successivi.
L’indicazione, comunque, poiché troppo tardiva, non fu recepita tempestivamente da alcune sale, che quindi procedettero alla proiezione. L’unica attenzione che la Disney ha destinato allo sfortunato corto è stato un singolo release in videocassetta, con il titolo generico di Mickey Mouse in living color, Volume Two. Dopo questo flop, Bailey decise di lasciare la Disney, ma non poteva prevedere che il corto avrebbe eluso la dura censura dell’azienda. Il film fu infatti proiettato nei cinema in altre occasioni, come insieme a Il gobbo di Notre Dame.
Per vari motivi, Topolino e il cervello in fuga è quindi in grado di rimanere impresso nella memoria degli spettatori, grazie a un Topolino calato in un ambiente all’epoca insolito e imprevedibile. Probabilmente, anche gli insistenti tentativi di nasconderlo hanno fomentato la curiosità generale nei confronti di questo travagliato prodotto rendendolo, senza volerlo, non solo più famoso di quanto desiderato, ma anche un vero e proprio mito.
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Martina Cerilli
Immagini © Disney, Chris Bailey, Warner Bros., Hoya Production
Fonti:
Polygon
Walt Disney: Conversations, Kathy Merlock Jackson, University Press of Mississippi
Badtaste.com