I lettori di fumetti Disney se ne saranno resi conto: nel parlare tra loro, Paperi e Topi usano spesso un linguaggio molto formale. In particolare, prediligono l’uso del “Voi”, che potrebbe aver confuso più di un bambino nel corso dei decenni. Come mai questa scelta, in controtendenza rispetto all’evoluzione della lingua italiana e ai suoi usi?
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Breve storia del “Voi” in Italia
Prima di capire come e perché i personaggi Disney usino il “Voi”, dobbiamo fare molti passi indietro per ricostruire l’origine di questa usanza in italiano. L’italiano contemporaneo, infatti, prevede due sole modalità d’uso dei pronomi quando ci si rivolge a un interlocutore: il “Tu” e il “Lei”. La prima viene utilizzata nei rapporti informali, mentre la seconda è una forma di cortesia (adatta, dunque, per i rapporti formali). Il “Voi” non era altro che la forma più usata prima dell’avvento del “Lei”, con origini già nella tarda lingua latina. Così come si utilizzava la prima persona plurale per indicare la potenza di chi parlava, la seconda persona plurale poteva essere usata per prestare rispetto alla persona cui ci si rivolgeva.
Il “Lei”, invece, pare essersi diffuso già a partire dal Cinquecento nelle corti di vari Stati regionali sul suolo italiano. Si è pensato a un’influenza (ancora tutta da dimostrare) della lingua spagnola. In spagnolo, infatti, il pronome di cortesia è “Usted”, coniugato come la terza persona singolare. Facciamo un salto in avanti di qualche secolo, fino alla prima metà del Novecento: questa forma dalla presunta origine spagnola venne proibita durante il ventennio fascista.
La scelta di abolire il “Lei” si basava su due argomenti: in primo luogo le sue origini, ritenute “non italiane” (malgrado l’antico radicamento di tale forma sul suolo della penisola). Le influenze linguistiche “estere” venivano rigorosamente rifiutate a prescindere. In secondo luogo, il “Lei” era considerato come servile ed effemminato dal regime. Il “Voi”, invece, ricordava il periodo imperiale romano tanto idolatrato dal fascismo. Era quindi ritenuto più virile: rappresentava i valori che il fascismo voleva inculcare negli italiani.
Nel Dopoguerra, invece, probabilmente per allontanare il ricordo del tramontato regime, il “Voi” venne abolito. Questa forma di cortesia, comunque, rimase (e rimane ancora oggi) molto usata nel Sud Italia, dove la presenza dei dialetti rimase più forte.
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“You” in inglese
La forma di cortesia può essere un problema quando si deve tradurre una storia. Lingue diverse tra loro hanno molto spesso differenze strutturali nell’indicare la formalità, la pluralità e il genere degli interlocutori di una conversazione. Per esempio, l’inglese utilizza il pronome “You“ (che significa sia “tu” che “voi”). Fino al Seicento, anche l’inglese aveva due forme distinte per la seconda persona singolare (“Thou”) e plurale (“You”), ma a causa dell’influenza della lingua francese, la prima delle due si è andata a perdere. Tradurre “You” può essere un problema in molte lingue proprio per questa sua ambivalenza. In italiano, sta al traduttore capire quale sia la scelta migliore in base al contesto.
L’influenza del ventennio
Risulterà chiaro, da quanto abbiamo scritto finora, che l’affermazione del “Voi” in Italia ha coinciso a livello formale con il periodo del regime fascista. In particolare, l’abolizione del “Lei” si data al 1938. Proprio nel 1938 (come ampiamente documentato nel saggio Eccetto Topolino), il regime diede un “giro di vite” nell’ambito dell’editoria e dei fumetti. Mentre molti comics d’oltreoceano venivano messi al bando, Topolino si salvava. Nelle storie dedicate al personaggio, però, si impose prevedibilmente l’uso del “Voi”.
Come si usa il “Voi” nei fumetti Disney?
Entriamo più nel dettaglio. Come già scritto, le forme di cortesia si utilizzano per rapporti formali o comunque “asimmetrici”. Vediamo dunque cosa ciò significhi in una storia a fumetti Disney. Un esempio su tutti: Zio Paperone e le sette città di Cibola, scritta da Carl Barks nel 1954. Si tratta di una storia molto importante per vari motivi, tra cui il fatto che sia l’apripista delle proverbiali cacce al tesoro di Zio Paperone. In questa sede, però, ci interessa solo dal punto di vista delle forme di cortesia.
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Uno degli altri grandi meriti della storia, infatti, è quello di mostrare il primo incontro tra Paperone e Archimede. Questo incontro è molto utile per capire l’uso del “Voi” nei fumetti. Archimede non riconosce subito Paperone, ma quando capisce chi ha di fronte (ovvero uno dei paperi più importanti di Paperopoli), nella versione italiana gli si rivolge usando il “Voi” per mostrare il suo rispetto verso un interlocutore più anziano e importante. Paperone, invece, si rivolge ad Archimede usando il “Tu”, dato che si tratta di un personaggio più giovane.
Il “Voi” si usa ancora oggi?
Giunti a questo punto della nostra riflessione, si impone una valutazione ulteriore. Nei fumetti più recenti, come accennato in apertura, il “Voi” viene ancora usato nonostante nell’italiano corrente questa forma si sia persa. In particolare, lo si utilizza ancora oggi per indicare la “rilevanza” di determinati personaggi. Infatti, il maggiordomo Battista si rivolge ad esempio al suo superiore Paperone dandogli del “Voi”, mentre Paperone si permette di dargli del “Tu”.
Tra familiari, invece, la situazione è diversa: Paperino ha una relazione (per ovvi motivi) informale con lo zio e gli si rivolge molto spesso usando il “Tu”. Lo stesso vale per i nipotini Qui, Quo e Qua.
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Perché utilizzare ancora, nelle storie contemporanee, una forma così desueta? Una prima, possibile risposta è forse da cercare nel periodo di formazione della “Scuola Disney italiana”. Ancora nella prima metà del Novecento, e con particolare slancio dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, iniziò a formarsi una prima, embrionale redazione di Topolino. Il “libretto” (formato di Topolino ancora oggi in commercio) è edito dal 1949. In quegli anni Guido Martina era già un autore affermato, e le sue storie, accanto a traduzioni di lavori americani, affollavano le pagine della rivista.
Guido Martina e gli altri autori del periodo, però, erano già uomini adulti in quel momento storico. Ciò sta a significare che la loro carriera aveva avuto luogo anche sotto al regime fascista, e che avevano vissuto sulla propria pelle l’abolizione del “Lei” e l’affermazione del “Voi”. Gli usi linguistici non mutano da un giorno all’altro, ed è possibile che un’abitudine acquisita da anni (usare il “Voi”, per l’appunto) abbia continuato a influenzare le scelte degli autori in fatto di scrittura.
Me misero, me tapino! – Il linguaggio di Topolino
C’è poi almeno un’altra possibilità, in qualche maniera connessa alla prima qui evocata. Essendo destinati a un pubblico molto giovane, i fumetti Disney usano da sempre un linguaggio semplice e basilare. In questo “tessuto linguistico” di base vanno però a innestarsi espressioni e termini più ricercati. La linguista Daniela Pietrini spiega che colloquialismi e espressioni auliche, in una storia Disney, vengono mescolati insieme in una sorta di “tensione degli opposti”.
Questi termini arricchiscono i discorsi dei personaggi e hanno anche un’importanza didattica: i lettori e le lettrici, infatti, possono imparare e comprendere con facilità espressioni arcaiche. L’uso del “Voi”, quindi, potrebbe essere in linea con questa scelta: si userebbe, cioè, una forma linguistica arcaica (o comunque desueta) all’interno di discorsi, per il resto, perfettamente comprensibili per chiunque legga Topolino.
Il “Voi” si usa solo nei fumetti?
Potrebbe restare un’ultima domanda: fatta chiarezza su un preciso medium, il fumetto, cosa avviene invece negli altri? Ancora una volta è bene fare un esempio: nelle due serie di DuckTales (quella degli anni ’80 e il reboot del 2017) il “Voi” non è mai utilizzato. Al suo posto, si usa prevedibilmente la forma contemporanea, il “Lei”. Fumetti e animazione Disney, del resto, sono molto diversi. Diverse sono, nel dettaglio, le loro origini e le loro storie. Quando Paperi e Topi hanno raggiunto gli schermi degli italiani, riferirsi ad altre persone usando il “Voi” doveva già apparire una scelta non pienamente comprensibile.
Marianna Sartori
Fonti:
Sui pronomi di cortesia, Accademia della Crusca
La grande Dinastia dei paperi n. 8, 2008, Ed. Corriere della Sera
Peperus in fabula… Tesori di lessico ludico, su Treccani.it
Fascismo: ‘Topolino” salvato da censura per far piacere a Disney
Immagini © Disney – Panini Comics