Don’t Say Gay: i dipendenti Disney scioperano contro la legge

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Ci sono nuovi sviluppi che riguardano la legge Don’t Say Gay e la reazione della Disney. Benché il CEO della compagnia Bob Chapek abbia cercato, tramite una dichiarazione pubblica, di chiarire la posizione dell’azienda, non si fermano le proteste dei dipendenti. I lavoratori della Walt Disney Company avrebbero organizzato e indetto uno sciopero di una settimana, cominciato in data 15 marzo, che si concluderà con un “evento finale su vasta scala“. L’obiettivo è quindi solidarizzare quanto più possibile con la Comunità LGBTQIA+.

Ma cosa è accaduto? Che cos’è la legge Don’t Say Gay e che ruolo ha la Disney?

Per coloro che non lo sapessero, la legge Don’t Say Gay è un provvedimento varato dallo Stato della Florida, dopo aver ottenuto l’approvazione alla Camera e al Senato, rispettivamente il 24 febbraio e l’8 marzo. Stando alla legge, i docenti della scuola primaria non possono trattare tematiche quali sessualità, identità di genere e orientamento sessuale, in quanto il Partito Repubblicano non le ritiene “adeguate nella formazione dei bambini“.

Durante la discussione del provvedimento, la testata Orlando Sentinel ha pubblicato un report, dal quale emergeva come la Disney avesse finanziato gli sponsor della legge. Questa notizia ha sollevato numerose polemiche tra i dipendenti della multinazionale. Diversi lavoratori, in particolare Dana Terrace e Benjamin Siemon, hanno apertamente protestato sui loro canali social, chiedendo alla Disney di prendere una posizione chiara in merito. In seguito alle forti critiche, il CEO della compagnia Bob Chapek ha inviato ai dipendenti una email, in cui spiegava come la filosofia aziendale sia cercare di promuovere l’idea di un mondo inclusivo e rispettoso delle unicità.

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La dichiarazione dell’amministratore delegato non ha però soddisfatto i dipendenti Pixar, i quali hanno redatto a loro volta una lettera, il cui contenuto è stato diffuso dalla testata Variety. Nella mail, i lavoratori della compagnia accusavano Chapek di ipocrisia e di aver subito censure da parte dei vertici aziendali. La situazione è quindi assai tesa.

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Lo sciopero dei dipendenti

Stando alla testata Variety, i dipendenti Disney avrebbero organizzato e indetto uno sciopero come forma di protesta contro la legge Don’t Say Gay e per solidarietà nei confronti della Comunità LGBTQIA+. I lavoratori LGBTQIA+ della Disney, tramite il canale PRIDE, hanno però dichiarato di non aver organizzato loro la protesta. Lo sciopero, peraltro, non proviene dagli organi ufficiali e dalle risorse umane della compagnia, ma è stato organizzato in maniera indipendente.

La comunicazione dello sciopero arriva, infatti, dall’account Twitter Disney Walkout, sul quale è possibile leggere come l’intenzione sia quella di “sensibilizzare riguardo la gravità della legge“, nonché “preservare la Disney dal fanatismo omofobico“. Dall’account è possibile peraltro accedere, tramite link, al sito whereischapek.com, su cui sono disponibili tutte le informazioni dettagliate relative agli scioperi.

Disney Wakeout

La protesta durerà dal 15 al 22 marzo e si svolgerà in due modi. Il primo prevede una pausa di 15 minuti ogni giorno dalle ore 15, mentre il secondo riguarda uno “sciopero su larga scala“, che si terrà il 22 marzo. Non si sa ancora quanti dipendenti parteciperanno alla protesta, ma gli organizzatori hanno invitato i lavoratori a riflettere prima di scioperare, trattandosi di “un’azione non legalmente protetta“.

Scioperi di questo genere non sono novità negli Stati Uniti. Lo scorso anno, infatti, diversi dipendenti dell’azienda Netflix avevano già protestato in maniera simile. La causa era lo speciale di Dave Chapelle, The Closer, il quale conteneva battute considerate transfobiche.

Non sappiamo dire, chiaramente, quali conseguenze porterà lo sciopero di questi giorni. Auspichiamo, come sempre, che il clima torni sereno e disteso all’interno della compagnia.

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Michael Anthony Fabbri

Fonti: la Stampa, skytg24

Immagini: ©Disney e aventi diritto

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