Disney si oppone al “Don’t say gay”, ma i dipendenti Pixar denunciano censure

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Nuovi sviluppi riguardo la legge Don’t say gay: la Disney, accusata da alcuni dipendenti di averne finanziato gli sponsor, prende posizione opponendosi al provvedimento. Tuttavia, numerosi lavoratori LGBTQIA+ della Pixar hanno continuato la loro protesta contro i vertici dell’azienda, denunciando di aver subito censure. Stando ai dipendenti, infatti, la compagnia avrebbe tagliato o ridotto nettamente, all’interno dei cortometraggi e dei film, tutti le manifestazioni d’amore omosessuale.

I diversi membri degli staff creativi hanno ritenuto quindi ipocrita la presa di posizione di Chapek, sostenendo come molte volte ci sia una censura evidente delle loro proposte. Per denunciare questa situazione, i dipendenti Pixar LGBTQIA+ e “i loro alleati” hanno redatto una lunga lettera, inviandola a Variety e all’Hollywood Reporter.

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Che cos’è la legge Don’t say gay e cosa c’entrano la Disney e la Pixar?

Per coloro che non lo sapessero, la legge Don’t say gay è un provvedimento voluto dal Partito Repubblicano in Florida, che vieta ai docenti delle scuole primarie di parlare di argomenti quali sessualità, identità sessuale, orientamento sessuale e identità di genere. Sia la Camera Rappresentativa, sia il Senato della Florida hanno approvato la legge, rispettivamente il 24 febbraio e l’8 marzo.

Benché il discorso sia prettamente politico, anche la Walt Disney Company ha avuto un suo coinvolgimento nella vicenda. Stando a un report dell’Orlando Sentinel, la casa cinematografica avrebbe finanziato infatti gli sponsor della legge. Diversi dipendenti LGBTQIA+, tra cui Dana Terrace e Benjamin Siemon, hanno protestato sui loro profili social, accusando l’azienda di non rispettare la Comunità LGBTQIA+.

A schierarsi apertamente contro la legge è stato anche il content chef della Disney Company, Peter Rice, il quale ha definito il provvedimento “una nuova dolorosa tappa in una storia di discriminazioni di un gruppo già in partenza vulnerabile“, nonché “una violazione dei diritti umani fondamentali, un tentativo di marginalizzare individui sulla base della loro identità“.

La presa di posizione della Disney

In quell’occasione, l’amministratore delegato Bob Chapek aveva inviato a tutti i dipendenti una mail, in cui dichiarava che la filosofia della Disney è sempre stata indirizzata verso un mondo inclusivo e rispettoso dell’unicità di chiunque.

Tuttavia, i dipendenti hanno ritenuto il suo discorso ipocrita, in quanto Chapek non avrebbe smentito di aver finanziato gli sponsor della legge.

Mercoledì 9 marzo Chapek ha tenuto, in occasione dell’assemblea con gli azionisti, un discorso in cui si schierava apertamente contro la legge. Sempre durante la riunione, il CEO ha annunciato di voler donare 5 milioni di dollari alla Campagna per i diritti LGBTQIA+, dichiarando di continuare a promuovere l’inclusività grazie ai contenuti prodotti dall’azienda. Tuttavia, gli organizzatori della Campagna hanno deciso di rifiutare la donazione, in attesa che Chapek prenda una posizione più decisa riguardo la legge.

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Don’t say gay e Disney: la lettera dei dipendenti Pixar

Altre forti critiche al CEO Disney, Chapek, provengono dai dipendenti Pixar. Stando ai membri degli staff creativi, la compagnia avrebbe operato diversi tagli e censure in materia LGBTQIA+. Numerosi lavoratori affermano, infatti, che molte manifestazioni d’amore omosessuale sarebbero state cancellate o fortemente limitate. I dipendenti Pixar appartenenti alla Comunità LGBTQIA+ e i loro “alleati” avrebbero redatto una lettera destinata a Variety, in cui riportano queste critiche ai vertici della compagnia. Benché l’inclusività nei contenuti sia nettamente aumentata, i creativi denunciano tagli e censure che i loro lavori avrebbero subito.

Rimanendo in tema, nel lungometraggio Onward, uscito nel 2020 l’omosessualità dell’agente Spectre è presente solamente in un’unica frase. È necessario specificare che, a causa di quel riferimento, diversi stati quali Kuwait, Oman, Qatar e Arabia Saudita hanno bandito il film dalle loro sale. In Russia, invece, i doppiatori hanno deciso di modificare la frase incriminata, rendendola praticamente neutra.

Disney Pixar Onward Spectre

La lettera prosegue con una forte critica da parte dei dipendenti riguardo gli eventi a tema LGBTQIA+. I lavoratori Pixar sostengono infatti che la compagnia abbia solamente cercato di trarre profitto da manifestazioni quali il Pride, senza però mostrare di crederci realmente. Gli operatori ritengono che l’impegno sociale di una compagnia importante quale la Disney possa invece essere rilevante, se portato avanti adeguatamente. A testimonianza di quanto detto, nella lettera sono riportati alcuni esempi legati a dichiarazioni anti-discriminatorie dell’azienda, che avrebbero influenzato in parte l’andamento politico di uno Stato.

La lettera si conclude con la richiesta di ritiro dei finanziamenti, nonché con l’invito a lottare contro leggi simili alla Don’t say gay. La firma della mail recita “Signed with Pride, The LGBTQIA+ employees of Pixar, and their allies”, ossia, “firmato con orgoglio dai dipendenti LGBTQIA+ della Pixar e i loro alleati.

gay disney pixar

Che accadrà?

Insomma, pare proprio che la legge Don’t say gay abbia portato ad alcune divisioni presso Disney Company e Pixar. Non sappiamo con certezza cosa accadrà, speriamo solo che la situazione nella compagnia possa essere più chiara e che i diritti delle minoranze vengano adeguatamente tutelate.

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Michael Anthony Fabbri

Fonti: skytg24, ansa.it

Immagini:  ©Disney, Pixar e aventi diritto

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