La Walt Disney Company si trova al centro di nuove polemiche per (pare) aver finanziato gli sponsor del “Don’t say gay” Bill, come riportato da un report dell’Orlando Sentinel. Tale provvedimento, proposto dal Partito Repubblicano in Florida, prevede il divieto di parlare di sessualità e di argomenti a sfondo LGBT a scuola. In seguito a questa notizia, numerosi dipendenti hanno protestato sui loro profili social, in particolare Dana Terrace. L’animatrice è famosa per aver ideato la serie animata The Owl House e per aver inserito al suo interno diversi personaggi LGBTQIA+, tra cui uno non-binary, notevole progresso dal punto di vista dell’inclusività.
Parrebbe quindi contraddittorio che la Disney appoggi una legge simile, dopo essersi dichiarata, in molteplici occasioni (anche in questa, mediante mail ai dipendenti), a sostegno della Comunità LGBTQIA+. Si trattava quindi di una strategia di marketing o della reale filosofia aziendale?
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Che cos’è la legge Don’t say gay?
A proporre e appoggiare il provvedimento Don’t say gay è uno dei rappresentanti del Partito Repubblicano in Florida, Joe Harding. Il politico ha dichiarato di ritenere inappropriato, e non adatto agli “standard statali”, la trattazione di tematiche relative alla Comunità LGBTQIA+ . La legge vieterebbe infatti ai docenti di asili nidi e scuole elementari di affrontare argomenti quali l’identità sessuale, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Secondo la legge, peraltro, la scuola è tenuta a monitorare lo “stato mentale e psichico” degli studenti, per accertarsi che non vi siano “cambiamenti” da notificare alle famiglie. Tutto questo avrebbe lo scopo di “creare un sereno ambiente d’apprendimento“.
Tale provvedimento è stato fonte di numerose discussioni all’interno della Camera dello Stato della Florida. Diversi esponenti del Partito Democratico (come Carlos Guillermo Smith) hanno descritto la proposta di legge come retrograda e liberticida. I deputati hanno accusato infatti i Repubblicani di voler privare i docenti, e le persone LGBTQIA+, della possibilità di esprimersi, riducendoli al silenzio. Anche numerosi cittadini della Florida hanno reagito negativamente alla proposta di legge, manifestando il loro dissenso con proteste davanti alla Camera e al Senato.
Tuttavia, la legge è passata sia alla Camera dei Rappresentanti, il 24 febbraio, sia, in data 8 marzo, al Senato della Florida.
La reazione della Disney
Per contenere le critiche, l’amministratore delegato della Walt Disney Company Bob Chapek ha inviato una mail a tutti i dipendenti. A diffonderne il contenuto è la testata Variety. Nel messaggio Chapek ha dichiarato che “la compagnia continuerà a finanziare tutte le organizzazioni che sostengono la diversità“.
L’amministratore delegato ha aggiunto che nel 2021 la Disney ha donato circa 3 milioni di dollari alle associazioni LGBTQIA+ e ha ricordato la lunga tradizione di sostegno a eventi quali il Pride. Chapek ha affermato infine di aver sempre desiderato un mondo inclusivo, tollerante e rispettoso, ma, come affermato nell’ultima parte del messaggio, “ci sono differenti strategie per conseguire l’obiettivo“.
Nella mail della Walt Disney Company non si fa riferimento, però, né alla legge Don’t say gay, né al suo finanziamento da parte della compagnia.
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I dipendenti Disney e Don’t say gay: Dana Terrace
La notizia del finanziamento operato dalla compagnia ha provocato rabbia, sconcerto e delusione tra i dipendenti Disney. Particolarmente accesa è la protesta di Dana Terrace, animatrice famosa per aver ideato la serie animata The Owl House, la quale annovera tra i personaggi diversi membri della Comunità LGBTQIA+. Terrace ha pubblicato un video su Twitter in cui esprime la sua delusione nell’aver scoperto il finanziamento agli sponsor della legge da parte della Disney. L’animatrice ironizza, peraltro, sul contenuto della mail di Bob Chapek, facendo intendere di ritenerlo alquanto ipocrita, non essendoci alcuna presa di posizione contro la legge.
Il video prosegue con uno sfogo di Dana Terrace, in cui l’animatrice racconta come sia complicato, da membro della Comunità LGBTQIA+, lavorare per una compagnia quale la Disney, per via delle controversie morali che spesso si trova costretta ad affrontare.
Terrace conclude il video pubblicizzando una live stream su Twitch, che si terrà il 13 marzo. In quell’occasione, lei e altri creator della Disney raccoglieranno fondi a favore delle organizzazioni LGBTQIA+. Il video ha totalizzato numerose visualizzazioni e diversi utenti di Twitter hanno espresso subito il loro sostegno a Dana Terrace.
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La protesta si allarga
Dana Terrace non è però l’unica dipendente ad aver protestato contro la situazione creatasi. Una reazione accalorata arriva anche da Benjamin Siemon, animatore e writer presso la Walt Disney Company, membro attivo della Comunità LGBTQIA+. L’artista ha rilasciato un video su Twitter in cui chiede alla compagnia di prendere una posizione contro la legge Don’t say gay. Siemon ritiene infatti che l’includere personaggi LGBTQIA+ nei film e nelle serie sia inutile, se si finanziano sostenitori di un simile provvedimento legislativo. L’animatore aggiunge, inoltre, che la mancata presa di posizione nei confronti della legge significa implicitamente accettarla, ed esprime il suo dissenso, nonché la sua frustrazione a riguardo. Siemon ha lanciato infine il tag #DisneySayGay, allo scopo di sollecitare la compagnia a protestare contro il provvedimento.
A supporto di Siemon è intervenuto subito Cameron Black, character technical director presso la Disney. Black appoggia la posizione del collega e spiega come il silenzio della compagnia sia inaccettabile. La Disney dovrebbe, secondo l’artista, supportare il lavoro di chi si adopera per mostrare ai propri utenti un mondo inclusivo e rispettoso.
Anche il regista del film Pixar Luca, Enrico Casarosa, ha espresso forte disappunto:
Una piccola riflessione
Chiaramente questo non è lo spazio per parlare di una questione così delicata. Vorremmo però condividere una piccola riflessione in merito all’accaduto. Ricordiamo quindi che si tratta dell’opinione dell’autore dell’articolo.
La Scuola dovrebbe, come istituzione, garantire e promuovere una didattica sempre più inclusiva e rispettosa dell’unicità di ciascun individuo. Una legge come il provvedimento Don’t say gay rischia quindi di compromettere il principio della libertà d’insegnamento.
Fa riflettere, peraltro, il comportamento della Disney. Una multinazionale così importante, che propone contenuti di diversa natura, anche divulgativa, dovrebbe prendere una posizione chiara nei confronti di un provvedimento di tale portata, in una direzione o nell’altra. In caso contrario, si rischia di risultare contraddittori e di far sembrare le passate decisioni di natura inclusiva una mera strategia di marketing.
Si auspica quindi che la Walt Disney Company si esprima chiaramente nei confronti di quanto accaduto, prendendo una posizione che rispecchi i suoi veri valori, nel rispetto dei suoi collaboratori e dei fruitori del servizio.
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Michael Anthony Fabbri
Fonte: variety.com, polygon.com, The Washington Post
Immagini: ©Disney e aventi diritto