7 imperdibili storie di Zio Paperone

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Zio Paperone è l’avaro più celebre del mondo che da tempo ha imboccato la strada dell’immortalità.

Luca Boschi, fumettista, giornalista e critico

Come non essere d’accordo con questa affermazione? Paperon de’ Paperoni, per tutti zio Paperone, è il ricchissimo e avarissimo zio di Paperino, protagonista dal 1947 di moltissime storie ad opera di autori di tutto il mondo. Ma sarebbe riduttivo pensarlo solo in questi termini. Paperone è molto, molto di più: è, per dirla con le parole dello scrittore Dino Buzzati, “una delle più grandi invenzioni narrative dei tempi moderni”. Oggi vogliamo ricordare 7 storie fondamentali per chi vuole conoscerlo in maniera più approfondita e capirne la complessità e la bellezza.

Paperone altre lingue
Cosa si cela dietro a tutte quelle monete?

Sette storie di Paperon de’ Paperoni: la selezione

Parlando di zio Paperone non si può non partire da Carl Barks, il fumettista che nel 1947 diede vita al personaggio, pensando peraltro di non utilizzarlo più nelle sue storie. L’Uomo dei Paperi ha poi sviluppato Paperone, rendendolo un personaggio dalla psicologia sfaccettata e approfondita. Per vent’anni Barks ha scritto e disegnato indimenticabili storie del vecchio Cilindro, tanto che avremmo potuto stilare la nostra selezione di imperdibili attingendo esclusivamente dalla sua produzione.

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Abbiamo però deciso di esplorare i diversi modi in cui il miliardario è stato rappresentato dagli altri autori, in particolare da quelli italiani, in modo da avere un’ampia panoramica delle storie di zio Paperone. La scelta è stata chiaramente influenzata dal gusto di chi scrive, ma è stata operata cercando di spaziare quanto più possibile tra artisti e anni diversi. Le storie candidate erano molte: nel processo di selezione abbiamo preferito quelle che mostrassero un tratto particolare del carattere di Paperone, o che rappresentassero al meglio l’idea che l’autore ha del personaggio.

Ciononostante, siamo andati incontro inevitabilmente ad alcune esclusioni eccellenti, a cui abbiamo cercato di rimediare menzionandole nel testo, data la loro importanza. Come nell’articolo sulle 7 storie imperdibili di Paperino, abbiamo analizzato le candidate in maniera abbastanza articolata, discutendo talvolta del finale o dei colpi di scena: attenti a non rovinarvi la sorpresa, se trovate storie che non avete ancora letto!

Ecco a voi le 7 storie imperdibili di zio Paperone, presentate in ordine cronologico: buona lettura!

1) Zio Paperone e la disfida dei dollari (Carl Barks, 1952)

Zio Paperone e la disfida dei dollari (Only a Poor Old Man) è una delle storie di Carl Barks più note e celebrate. E non a caso: si tratta di un vero e proprio spartiacque per l’evoluzione di zio Paperone, che da questa storia in poi diventerà quel personaggio straordinario che conosciamo. Non poteva dunque mancare in questa rassegna di storie imperdibili.

Copertina di Four Color 386, su cui apparve per la prima volta la storia

In questa storia, il denaro di Paperone è minacciato dalla banda Bassotti. Per sventare i loro tentativi di furto, il ricco papero decide di spostare il suo denaro e di nasconderlo sul fondo di un lago. Sembrerebbe un nascondiglio introvabile, ma Paperone senza la sua nuotata nel denaro non sa stare: decide quindi di tirare su un po’ di monete dal fondale per fare un “bagno”, ma viene sfortunatamente avvistato dai Bassotti. I ladri scoprono così il nascondiglio del denaro e mettono in atto svariati tentativi per impossessarsene, fino a che… riescono effettivamente a mettervi le mani e a sconfiggere Paperone.

Solo un povero vecchio

Zio Paperone e la disfida dei dollari è la prima storia in cui l’attempato e ricco zio di Paperino è protagonista indiscusso. Se in altre storie il vecchio Cilindro aveva già avuto occasione di presentarsi e piacere ai lettori come importante comprimario delle avventure di Paperino e Qui, Quo e Qua, Only a Poor Old Man lo eleva finalmente al rango di protagonista. Non a caso, è la storia che inaugura il celebre albo a fumetti Uncle $crooge (de facto, perché la testata iniziò formalmente a partire dal n. 4), che ospiterà fino al 1967 le grandi storie di Carl Barks con protagonista zio Paperone.

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Basterebbe questo per inserirla di diritto in questa selezione… ma Zio Paperone e la disfida dei dollari è molto, molto di più! Le sue 32 tavole forniscono infatti una vera e propria summa della psicologia e della filosofia di vita di Paperone. Barks lo caratterizza in maniera approfondita, umana: a riprova di questo, il titolo originale non è Only a Poor Old Duck, bensì Man. Paperone è un concentrato di sentimenti, passioni, debolezze e ricordi, proprio come gli uomini e ben più di un normale funny animal dei fumetti.

Tirchio? No, infantile!

In particolare, Zio Paperone e la disfida dei dollari si focalizza su due aspetti fondamentali del vecchio Cilindro: l’amore per il proprio denaro e la sua vita avventurosa. Per quanto riguarda il primo, Barks aveva già mostrato ai lettori l’affetto fisico che lega Paperone ai suoi dollari in due storie precedenti (Paperino esattore Paperino e la pioggia d’oro), ma è questa storia a consacrare definitivamente i suoi celebri bagni nelle monete. Per ben quattro volte, infatti, in Zio Paperone e la disfida dei dollari vediamo Paperone nuotare nel proprio denaro.

Non è però una semplice nuotata. Barks la rende quasi un rito, con dei gesti ripetuti sempre nella stessa maniera: Paperone si tuffa nel denaro come un pesce baleno, scava gallerie come una talpa e lo getta in aria e se lo fa ricadere in testa. Questo “attaccamento” al denaro, che spesso è stato ridotto a mera taccagneria, rivela da una parte un grande legame fisico del ricco papero con le sue monete, dall’altra un atteggiamento per certi versi infantile. Zio Paperone usa il suo denaro come un gioco, alla stregua di un bimbo nella buca della sabbia al parco giochi.

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Il simbolo di una vita

Ma perché il vecchio Cilindro ama così tanto il suo denaro? Entra qui in campo il secondo tema, quello del passato avventuroso di Paperone. Il denaro del deposito non proviene da eredità milionarie, da sensazionali colpi di fortuna, da speculazioni disoneste o da frodi fiscali: ogni moneta è frutto solo di duro lavoro, fatica e sudore della fronte.

Di ciascuna Paperone conosce la storia di come l’ha guadagnata, e spesso è una storia piena di avventura. Il vecchio Cilindro evoca un passato misterioso e affascinante ambientato in luoghi impervi e inospitali, teatro di lotte contro banditi e briganti che Paperone ha vinto grazie alla sua intelligenza. È nel narrare questi duelli che Paperone dà forse la migliore descrizione del segreto della sua ricchezza: è riuscito ad accumulare così tanto denaro perché si è dimostrato il più duro dei duri e il più furbo dei furbi.

Disfida dei dollari

Zio Paperone e la disfida dei dollari ci presenta un Paperone irresistibile. Da un lato teneramente attaccato al suo costosissimo “gioco”, tanto da venire quasi compatito dagli altri personaggi – il povero vecchio del titolo è l’epiteto che Paperino gli riserva alla fine dell’avventura – dall’altro combattivo, intelligente e audace. Barks crea il mix perfetto, modello per qualsiasi autore che voglia cimentarsi con il personaggio.

La storia è indimenticabile anche per l’aspetto grafico. Barks sfodera una vastissima gamma di espressioni per Paperone – che vanno dalla gioia più sfrenata alla disperazione più nera – degne di un vero e proprio attore tragico, che trasmettono la giostra di emozioni che il vecchio Cilindro prova in questa vicenda. Si aggiungano il sapiente uso della silhouette nelle scene notturne, le dettagliatissime distese di monete e la celeberrima vignetta quadrupla della rottura della diga, per poter dire di essere di fronte a una storia davvero imperdibile. Forse la più imperdibile.

2) Zio Paperone e la Stella del Polo (Carl Barks, 1953)

La seconda imperdibile che abbiamo selezionato porta sempre la firma di Carl Barks ed è la storia dell’Uomo dei Paperi che più di tutte esplora il “mitologico” passato di Paperone che abbiamo imparato a conoscere in Zio Paperone e la disfida dei dollari. Stiamo parlando di Zio Paperone e la Stella del Polo (Back to the Klondike), la seconda storia lunga di Paperone realizzata dal Maestro dell’Oregon. Sul noto archivio online INDUCKS Zio Paperone e la Stella del Polo è stata votata dagli utenti come la migliore storia a fumetti Disney di tutti i tempi. Per quanto possa valere questa classifica, ci troviamo davanti sicuramente a una pietra miliare non solo per quanto riguarda zio Paperone, ma il fumetto in generale.

Zio Paperone e la stella del polo uscì originariamente su Four Color 456

Back to the Klondike si apre con zio Paperone afflitto da frequenti vuoti di memoria: per risolvere questo problema si rivolge a un medico, che gli prescrive delle pillole per stimolare la memoria. La somministrazione di tali medicinali ha un effetto portentoso: di colpo alcuni importanti avvenimenti accaduti all’epoca della corsa all’oro in Klondike, cui Paperone ha partecipato cinquant’anni prima, gli ritornano in mente. In particolare, ricorda di aver nascosto delle pepite nella sua concessione che poi non ha più recuperato.

Ma non solo: ricorda che un’avvenente papera, Doretta Doremì, aveva tentato di truffarlo portandogli via dell’oro, e che gli deve ben un miliardo di dollari! Paperone si precipita quindi in Klondike per recuperare le pepite e riscuotere i soldi del debito, trovando l’ormai anziana Doretta nascosta proprio nella vecchia concessione del vecchio Cilindro. Eppure qualcosa trattiene Paperone dal mostrarsi uno spietato creditore, nonostante la papera l’avesse truffato.

Un cuore d’oro

Zio Paperone e la Stella del Polo mostra uno degli aspetti meno conosciuti del personaggio: il cuore tenero. Infatti, soprattutto nella storie della prima produzione italiana, Paperone viene spesso presentato come un avaro tutto d’un pezzo, scaltro e con pochi scrupoli, per nulla incline ai sentimentalismi. Al contrario, per il suo creatore Barks la sensibilità di Paperone è parte integrante della psicologia del personaggio. Sia chiaro, non si tratta certo di sdolcinatezza: è un lato che il vecchio Cilindro vuole nascondere a tutti i costi perché teme di apparire debole e sentimentale, ma che lo rende invece più profondo e umano.

In questa storia dunque Barks si cimenta con quest’altro aspetto del carattere di Paperone, dopo quelli toccati in Only a Poor Old Man, e lo fa introducendo il personaggio di Doretta Doremì. Fin da quando il vecchio Cilindro racconta ai nipoti di Doretta e del suo debito, è evidente come non stia parlando solo di una debitrice e truffatrice: le espressioni del volto e le parole che pronuncia sono segni inequivocabili di grande nostalgia e (forse) di affetto per questa papera.

Ma Paperone non vuole rinunciare alla sua maschera di duro affarista: per questo motivo, cerca sempre di giustificare il suo interesse per Doretta con l’enorme debito che intende riscuotere. Barks ben rappresenta questo tentativo di Paperone di nascondere il proprio lato tenero: quando racconta di Doretta, le sue espressioni e i suoi gesti sono minimali, ma autentici. Al contrario, quando parla del debito, reagisce in maniera esagerata, energica, ma per questo artificiosa e falsa. I lettori, così come Paperino e i nipotini, capiscono subito che c’è qualcosa dietro l’armatura di Paperone.

storie Paperone
I due diversi approcci

Il climax di questo “affetto latente” si ha nel commovente finale. Paperone sfida Doretta a estrarre più oro di lui: se la papera vincerà, non dovrà più pagare il suo debito e potrà anche tenere l’oro. Il vecchio Cilindro finge allora di dimenticare dove sono nascoste le pepite e le fa trovare a Doretta, facendola vincere. Paperone perde così in un colpo solo il suo oro e non ottiene alcun risarcimento per il suo debito.

Non ammette però di aver agito di proposito, e si dispera platealmente per aver voluto risparmiare i dieci centesimi della medicina prescrittagli dal dottore. Questa volta Paperino – a cui qualche pagina prima Paperone aveva rivelato l’esatta ubicazione delle pepite – non abbocca alla recita dello zio, e decide di contare le pillole rimaste nella scatola. Scopre così che non ha affatto risparmiato sulla medicina, ma che ha finto di dimenticare per far vincere Doretta, lasciarle il terreno e l’oro e permetterle una vita più agiata.

Il più duro dei duri

Back to the Klondike è celebre anche per la sequenza in cui Barks mostra la truffa di Doretta ai danni del giovane cercatore Paperone. Quello che l’Uomo dei Paperi mette in scena è un personaggio vulcanico, duro e battagliero proprio come il Paperone anziano, ma che ha dalla sua una straordinaria forza fisica e una determinazione di ferro. Per dirla con le parole di Don Rosa, “un duro da saloon che sembrava uscito da un western di John Ford”.

Queste quattro tavole – per lungo tempo rimaste inedite a causa della censura che all’epoca colpì la storia – mostrano bene cosa intendesse Barks con l’espressione “Il più duro dei duri”. Non a caso, è proprio ispirandosi a queste tavole che lo statunitense Don Rosa raffigurerà il giovane Paperone nelle sue storie, in cui la forza e tenacia del personaggio diverranno quasi un mito: il mito del “re del Klondike”.

La grande vignetta quadrupla della battaglia del saloon è forse la descrizione migliore di quest’energia quasi sovrumana che anima il giovane cercatore. Barks mostra Paperone come una “sega circolare” mentre abbatte gli avventori della Bolla d’Oro. Ma non è una semplice rappresentazione di una rissa: Barks inserisce piccoli e divertenti dettagli, come alcuni uomini messi KO da una “sediata” di Paperone in uno strano effetto domino, che rendono ancora più frizzante l’atmosfera del saloon.

storie Paperone

Merita una menzione anche l’uso della silhouette che già avevamo sottolineato nella storia precedente: in questo caso Barks vi ricorre maggiormente, non solo per caratterizzare le scene notturne. L’Uomo dei Paperi utilizza questo espediente quando deve mostrare la misteriosa abitante dell’ex-concessione di Paperone prima che si scopra la sua identità, o anche per mettere in evidenza il personaggio che parla rispetto agli altri.

Ma forse il migliore impiego della silhouette si ha nella vignetta in cui Doretta, per pagare il suo debito, si allontana per andare all’ospizio dei poveri. Il dialogo è assente: la vecchia papera è l’unico personaggio ad essere interamente disegnato, con il suo dignitoso dolore, mentre i paperi sono rappresentati solo come sagome, che celano forse amarezza e vergogna per quello che hanno fatto. Una vignetta essenziale ma estremamente potente, che scatenerà lo straordinario finale.

3) Paperino e il conte di Montecristo (Guido Martina e Luciano Bottaro, 1957)

Dopo la smisurata ricchezza, la parsimonia – per non dire tirchieria – è la caratteristica più nota di Paperone. Il fatto che il vecchio Cilindro insceni un melodramma ogni volta che ci sia da separarsi da una delle sue monetine e che tenti in ogni modo di risparmiare il suo denaro è uno degli aspetti che più fa divertire i lettori. La comicità ricorda quella scatenata dalla maschera dell’avaro sbeffeggiato fin dai tempi del teatro greco-romano: non potevamo quindi non inserire una Grande Parodia per onorare al meglio la taccagneria di zio Paperone.

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Paperino e il conte di Montecristo è la quarta parodia scritta da Guido Martina, che aveva inaugurato questo genere con la celebre L’inferno di Topolino nel 1949. Martina – soprannominato il “Professore” per il suo passato di insegnante di Storia e Filosofia – ha la grande idea di utilizzare i personaggi Disney per reinterpretare i grandi classici della letteratura, ovviamente in maniera comica. Una fortunata intuizione che ha inaugurato un ricco filone narrativo che dura fino ad oggi.

storie Paperone
Copertina Le Grandi Parodie Disney (1992) dedicata alla storia

Una parodia moderna

Possiamo individuare due tipologie di parodie. Ci sono quelle in cui i personaggi Disney sono calati in una situazione diversa da quella abituale: sono degli alter ego, che mantengono inalterato carattere e aspetto. Si tratta, per capirsi, di una vera e propria recita in costume. A questo genere appartengono, ad esempio, Il dottor Paperus o I promessi paperi.

L’altra tipologia invece riprende la vicenda dell’opera di riferimento ma la adatta all’usuale contesto disneyano, ad esempio ambientandola a Topolinia o Paperopoli. In questo caso il collegamento al testo originale può essere meno evidente, ma è un approccio per certi versi più interessante, perché i personaggi rimangono più autentici. Paperino e il conte di Montecristo fa parte di questo secondo gruppo: prende le mosse dal romanzo ottocentesco Il conte di Montecristo del francese Alexandre Dumas, ma si sviluppa nella Paperopoli degli anni ’50.

In questa storia, Zio Paperone vuole costruire una ferrovia per miliardari: purtroppo per lui, un errore postale fa sì che l’autorizzazione per il progetto finisca nelle mani di Gastone. Il vecchio cilindro deve a malincuore mettersi in affari con il nipote fannullone, ma si trova di fronte un altro ostacolo: la ferrovia dovrebbe passare sopra la casa di Paperino. I due neo-soci provano a comprarla, ottenendo un secco rifiuto da Paperino.

Più secco di così si muore!

Decidono allora di tendergli una trappola: nascondono in casa sua il bottino di un rapinatore e chiamano poi la polizia. Gli agenti arrestano Paperino e un giudice lo condanna al carcere, mentre Paperone e Gastone demoliscono la casa e costruiscono la ferrovia.

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Zio Paperone e Gastone ordiscono il “piccolo” scherzo ai danni di Paperino

La vicenda si concentra poi principalmente su Paperino, che riesce ad evadere e dopo mille peripezie trova parte del tesoro di Montecristo. Decide allora di utilizzarlo per punire Paperone e Gastone e smascherare il loro inganno. Proprio come il personaggio di Dumas, Paperino riesce a vendicarsi del torto subito, ovviamente in maniera meno cruenta rispetto al romanzo: costringe i due a smontare pezzo per pezzo la ferrovia e a ricostruire la sua casa.

Una maschera teatrale

Paperone interpreta il ruolo di Jean Danglars, conoscente del conte di Montecristo (al secolo Edmond Dantès) che ordisce un complotto proprio ai danni di Dantès poiché ne invidia la promozione a capitano. La situazione della storia è diversa, ma il movente è lo stesso: l’invidia di Danglars-Paperone nei confronti di Montecristo-Paperino. Nonostante disponga di tutto il denaro del mondo, il vecchio Cilindro non si dà pace finché non riesce a mettere le mani sulla casa del nipote. Ciò che salta subito agli occhi è la sua ossessione per questo affare, che va ben oltre la determinazione di barksiana memoria.

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Leggendo Paperino e il conte di Montecristo sembra infatti che, più che allo Scrooge McDuck di Barks, Martina si sia rifatto alla maschera dell’avaro del teatro goldoniano (e prima ancora greco-romano). Paperone è duro, freddo, calcolatore e senza scrupoli. Non si cura di mandare Paperino in prigione pur di poter raggiungere i propri scopi, né si preoccupa del destino dei nipotini, gettati sulla strada dopo lo sfratto e costretti a lavorare per un oste manesco. Lo stesso “ravvedimento” finale di Paperone non è frutto di un pentimento, ma di una condanna del tribunale.

storie Paperone
I due vengono giudicati dal tribunale della repubblica dei ragazzi… che è fatto dai bambini!

Uno dei pilastri fondamentali del Paperone di Barks è l’onestà: nonostante talvolta si sia servito di stratagemmi più o meno moralmente corretti, non è mai venuto meno a questo principio. Di questo però non c’è traccia in Paperino e il conte di Montecristo, né in molte altre storie scritte da Martina. Paperone non si fa problemi a infrangere la legge per il proprio tornaconto. In questo caso specifico, per ottenere la casa di Paperino; altre volte, invece, per non pagare le tasse o truffare i propri clienti.

L’eccesso che fa divertire

L’influenza che la tradizione del teatro ha su questo Paperone si vede anche nei (difficili) rapporti che intreccia con i membri della sua famiglia. Paperino, Paperone, Gastone… ciascuno incarna una maschera: l’irascibile, l’avido, il pigro, l’arrogante. Non c’è spazio per uno sviluppo psicologico dei personaggi: sono ingabbiati nei ruoli che vengono loro assegnati. Se da un lato questo rischia di portare a un appiattimento delle dinamiche delle storie, dall’altro dà vita a conflitti divertentissimi. Pensiamo solo ai celebri inseguimenti tra Paperone e Paperino, che chiudono molte delle storie di Martina.

In Paperino e il conte di Montecristo, tocca a Gastone fare la parte dell’inseguito!

Ciò che rende il Paperone di Martina simpatico nonostante tutto quello che di lui abbiamo scritto finora è la sua caratterizzazione volutamente esagerata. Il vecchio Cilindro è eccessivo in tutto: nelle manifestazioni di tristezza, in quelle di gioia, nelle arrabbiature e negli improperi rivolti spesso e volentieri a Paperino. La sua è la recitazione di un teatrante, in linea con l’idea che ha di lui il suo sceneggiatore. Vediamo ad esempio qui sotto la pacata reazione dello zione alla notizia della mancata autorizzazione al progetto della ferrovia.

Paperino e il conte di Montecristo è un’ottimo esempio di come Martina sia abile a sfruttare questi suoi eccessi per costruire una miriade di situazioni comiche. Il lettore non può non sorridere di fronte a questo avaro, anche se è di fatto l’antagonista della storia. Ad un attore del genere, si può anche perdonare di essere un vecchio taccagno senza cuore!

I disegni di Paperino e il conte di Montecristo sono di Luciano Bottaro (1931 – 2006), uno dei primi disegnatori della scuola Disney italiana, attivo sulle pagine di Topolino fin dal 1952. All’epoca della storia il fumettista di Rapallo ha solo 5 anni di carriera disneyana alle spalle. Il suo disegno non è ancora quello definitivo, ma ancora molto influenzato da Taliaferro, Barks e Gottfredson, come emerge dalle vignette che riportiamo qui sotto. Tuttavia si tratta di una promettente prova dell’allora giovane Bottaro, che già mostra il tentativo di sviluppare uno stile personale nel solco della tradizione dei Maestri.

Da sinistra: Paperino disegnato da Carl Barks in Paperino re del circo (1950) e da Bottaro in Paperino e il conte di Montecristo
A sinistra, il giudice disegnato da Bottaro nella storia; a destra, quello creato da Gottfredson in Topolino e il processo di Eta Beta (1948)

Un affarista senza scrupoli, avido e truffatore, ma incredibilmente comico: zio Paperone made in Italy è anche questo!

4) Paperino e le lenticchie di Babilonia (Romano Scarpa, 1960)

Guai ai vinti!

Tito Livio, attribuita a Brenno

Paperon de’ Paperoni è sinonimo di successo, di vittoria, di trionfo. Per questo le (rare) volte in cui viene sconfitto fanno rumore: ma quando addirittura perde tutta la sua fortuna, la storia di come ciò sia potuto succedere è decisamente imperdibile! Stiamo parlando di Paperino e le lenticchie di Babilonia, scritta e disegnata dal Maestro veneziano Romano Scarpa (1927 – 2004). Nonostante il titolo indichi Paperino come protagonista – per una precisa scelta editoriale, dal momento che Paperino era un personaggio più famoso del vecchio Cilindro – è di fatto un’indimenticabile (dis)avventura di Paperone.

La copertina di Topolino 250, su cui uscì la prima puntata di Paperino e le lenticchie di Babilonia

La vicenda che getta il ricco papero sul lastrico inizia dalla sua insaziabile passione per le lenticchie. Paperone assaggia le “lenticchie di Babilonia” – un nuovo prodotto importato dall’Oriente – e ne rimane entusiasta, tanto da voler comprare la ditta che le produce. L’entusiasmo si trasforma in sorpresa allorché scopre che sono distribuite nientemeno che dai Bassotti!

La Banda non vuole però vendere la ditta a Paperone, nonostante le importanti offerte del miliardario. I Bassotti valutano la loro società l’enorme cifra di sei spaventilioni, due sesquiliardi e settantotto dollari, ovvero l’intera fortuna di Paperone. Il vecchio Cilindro incredibilmente accetta, convinto che i profitti delle lenticchie lo ripagheranno delle spese.

storie Paperone
Il folle accordo tra la Banda e il vecchio Cilindro

Ovviamente, c’è un inghippo: non esistono coltivazioni di “lenticchie di Babilonia”, ma solo un grande mucchio di lenticchie trovato dalla Banda in un’antica tomba nella regione della Babilliria. I Bassotti hanno messo in piedi una lunga catena di esportazione dalla Babilliria fino a Paperopoli attraverso numerosi stati per sfruttare i cambi monetari favorevoli e arricchirsi. Una volta arrivate a Paperopoli, recuperano le lenticchie e ricomincia il circolo. Per evitare che qualcuno le mangi, riempiono le confezioni di immangiabile olio di lino, disgustoso per tutti tranne che per il vecchio Cilindro.

storie Paperone
E pensare che gli erano piaciute così tanto…

Paperone è sconfitto: non esistono altre lenticchie per mettere in piedi un impero, e quelle esistenti non germogliano. I Bassotti sono così sicuri della sterilità delle “lenticchie di Babilonia” che stipulano un patto con l’ormai ex-miliardario: se una sola delle lenticchie germoglierà, zio Paperone riavrà la sua fortuna.

Dalla fine all’inizio

C’è chi scialacqua i propri averi alle corse dei cani, o alla tombola, o al gioco della morra, ma… rovinarsi per un piatto di lenticchie rasenta proprio l’inverosimile!

Incipit della storia

Paperino e le lenticchie di Babilonia inizia in maniera inusuale, ovvero… dalla fine. La storia infatti si apre con un Paperone irriconoscibile che, vestito di stracci, chiede l’elemosina in un ristorante suonando un banjo e cantando. Il narratore, per spiegare come si sia arrivati a questa situazione, comincia un lungo flashback in cui prima mostra il ritrovamento da parte dei Bassotti del mucchio delle famigerate lenticchie e poi la vicenda che ha portato alla rovina Paperone.

Una delle prime vignette della storia

Il lettore dunque sa fin da subito come va a finire la storia: il colpo di scena non è dunque che Paperone abbia perso il suo denaro, ma come questo sia potuto accadere. Come in altre storie di Scarpa (ad esempio Topolino e il prigioniero di Altacraz o Paperino e l’uomo di Ula-Ula) la trama non è lineare ma è sapientemente orchestrata dall’autore, che incastra gli avvenimenti in maniera perfetta.

Ironicamente per una storia che inizia dalla conclusione, uno degli aspetti più notevoli della storia è proprio il finale. Le lenticchie seminate, come previsto dai Bassotti, non germogliano, nonostante il miliardario abbia provato a piantarle su ogni terreno. L’ormai mendicante Paperone viene quindi ospitato dai Bassotti all’ultimo piano del suo ex-palazzo, e si corica sfinito dalle fatiche della giornata. Mentre il papero dorme, il narratore mostra che sul davanzale della finestra una lenticchia trasportata dal vento ha iniziato a germogliare: le lenticchie a Babilonia crescevano su giardini sopraelevati, proprio come il vaso all’ultimo piano del palazzo.

storie Paperone

La storia si chiude con un primo piano dell’impegno preso dai Bassotti, senza mostrare se Paperone si sia accorto della neonata piantina e sia riuscito a riprendersi la sua fortuna. È un finale aperto, che lascia al lettore immaginare la probabile conclusione positiva della vicenda senza però delinearla chiaramente. Una rarità nelle storie Disney, che rende Paperino e le lenticchie di Babilonia ancora più indimenticabile.

L’eredità barksiana

Rispetto al Paperone martiniano, quello di Scarpa è molto più aderente al personaggio proposto da Barks. È onesto, vitale, entusiasta e intraprendente, non esita a mettersi in gioco di fronte alla possibilità di un grande affare. Il suo massiccio – e spropositato – impegno per le lenticchie ricorda la macchinazione messa in atto dal vecchio Cilindro per acquistare tutti i quarti di dollari in Zio Paperone pesca lo Skirillione di Barks. Anche nella sconfitta, Paperone rimane fedele ai suoi ideali e deciso a salvare la situazione nonostante tutto sembri perduto: un atteggiamento degno del “più duro dei duri”.

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Indomabile!

In questa storia il vecchio Cilindro sembra essere meno attaccato fisicamente alla propria ricchezza, tanto da venderla interamente per comprare le lenticchie. Il vecchio Cilindro di Barks, così legato ai suoi ricordi come abbiamo visto nella prima storia di questa rassegna, forse avrebbe avuto qualche remora in più nel dare via il suo patrimonio. Ci sono ovviamente differenze tra i due autori, ma è indubbio che Scarpa abbia appreso la lezione barksiana al meglio.

Infatti, a differenza dei suoi colleghi contemporanei, il maestro veneziano coglie in pieno le varie sfaccettature della personalità del miliardario, senza ridurlo alla macchietta dell’avaro. In particolare, sviluppa anche il lato sensibile di Paperone che l’Uomo dei Paperi aveva delineato proprio ne Zio Paperone e la Stella del Polo. Questo è evidente soprattutto in altre due grandi storie di Scarpa che abbiamo a malincuore dovuto lasciare fuori da questa selezione ma che meritano senz’altro l’appellativo di imperdibili: Paperino e la leggenda dello “scozzese volante” e Paperino e la “Fondazione de’ Paperoni”.

Segnali di stile

Scarpa infonde nella storia la sua bonaria ironia – che caratterizza molta della sua produzione – nella descrizione della massiccia campagna pubblicitaria che Paperone mette in campo per promuovere le lenticchie e nell’effetto che queste fanno sulla gente. Nonostante infatti le pubblicità subiscano il sistematico boicottaggio da parte dei Bassotti e quindi sviliscano il prodotto anziché esaltarlo, le richieste fioccano più che in seguito alla pubblicità “classica”. È un tema su cui l’ironia di Scarpa tornerà già l’anno successivo con Topolino e il gigante della pubblicità.

Sacrosanta verità!

Il fatto invece di aver scelto proprio le lenticchie come causa della disfatta di Paperone potrebbe essere una citazione all’episodio biblico raccontato nella Genesi della disputa per la primogenitura tra i fratelli Giacobbe ed Esaù. Quest’ultimo, primogenito per nascita, cede il suo diritto alla primogenitura al fratello in cambio di un piatto di lenticchie, perdendo quindi tutti i privilegi che esso comporta.

Ultimo, ma non meno importante, è l’aspetto grafico della storia. Anche Scarpa utilizza sapientemente la silhouette, come ad esempio vediamo nella sequenza dello spot pubblicitario di Paperino. Ma è l’espressività del suo disegno che colpisce maggiormente. Il lettore empatizza con tutti gli stati d’animo di Paperone: la sua frenesia, il suo entusiasmo, la sua gioia, la desolante disperazione e l’emergente rassegnazione.

A titolo d’esempio, diamo un’occhiata alla prima vignetta in cui appare Paperone. Il papero è chino, quasi schiacciato dalla sua miseria e povertà, evidenziate dall’abbigliamento di stracci. Sullo sfondo, invece, si stagliano un palazzo e un aereo, simboli di una modernità che non ha posto per un vecchio derelitto: una sintesi perfetta della poetica parabola discendente che verrà narrata di lì a poco. Presumibilmente, c’è molto rumore nell’ambiente diegetico della storia: tuttavia, Scarpa decide di comporre una vignetta muta, per sottolineare l’ondata di stupore che Paperone deve aver provocato entrando al ristorante abbigliato in quel modo.

storie Paperone

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5) Zio Paperone e l’elmo del comando (Rodolfo Cimino e Romano Scarpa, 1973)

Paperon de’ Paperoni non sarebbe lo stesso senza le sue cacce al tesoro e i suoi viaggi in giro per il mondo. Sono infatti moltissime le storie – a cominciare da alcuni capolavori di Barks (Zio Paperone e le sette città di Cibola, Zio Paperone e il vello d’oro, Zio Paperone e la favolosa pietra filosofale) – in cui il ricco papero, spesso con nipoti a seguito, si lancia (o viene catapultato) in terre lontane alla ricerca di un tesoro o un oggetto di inestimabile valore.

Mentre Barks prediligeva ambientazioni in luoghi reali (che riproduceva nelle sue vignette basandosi sulla sua collezione di National Geographic) o quantomeno verosimili, altri autori non ponevano limiti alla propria fantasia. È il caso dello sceneggiatore Rodolfo Cimino (1927 – 2012), che nella sua vasta produzione amava spedire zio Paperone in località remote dai nomi improponibili, spesso abitate da strane popolazioni. Zio Paperone e l’elmo del comando appartiene proprio a questo filone, ed è a detta dello stesso Cimino una delle sue prove più riuscite.

storie Paperone
Topolino 940 ospitò la prima puntata di Zio Paperone e l’elmo del comando

La vicenda si apre in maniera inusuale: zio Paperone non riesce a dormire a causa di un enorme senso di oppressione dovuto allo stress della sua attività finanziaria. Uno psicologo gli diagnostica una cumulite unilaterale intranseunte: l’unica cura è che lo zione diventi capo di stato! Infatti, esercitando un ruolo di tale responsabilità, riuscirà ad alleviare la pressione finanziaria che lo affligge. Paperone, deciso a guarire, individua un lontano pianeta in cui c’è bisogno di un capo: si fionda rapidamente sul posto, portando con sé i nipoti.

Paperone trova un luogo idilliaco. Il pianeta è ricolmo d’oro, ed è abitato da un popolo semplice e rurale che non vede l’ora di averlo come guida. Sembra tutto perfetto per il nuovo governante, se non fosse per uno strano elmo che deve indossare e che non può togliere: un copricapo che serve ad “incoraggiare” chi lo indossa a non essere solo un capo, ma un buon capo. Riuscirà il vecchio Cilindro a destreggiarsi in questa nuova veste?

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Luigi… ehm, Paperone XIV!

Un popolo per ogni messaggio

La storia presenta uno dei cliché preferiti da Cimino: le bizzarre popolazioni che abitano gli altrettanto strani luoghi visitati dai protagonisti. In questo caso, Paperone e nipoti incontrano gli abitanti del pianeta “senza governante”. Scarpa, che si occupa dei disegni della storia, li rappresenta con fattezze umane, vestiti con semplici tuniche. La loro caratteristica più particolare è la loro parlata: non pronunciano la vocale finale delle parole. Questo strano dialetto è graficamente rappresentato dal corsivo, per sottolineare la differenza rispetto alla lingua dei paperi.

Gli abitanti del pianeta e il loro strano dialetto

Cimino utilizza spesso le popolazioni autoctone per lanciare dei messaggi etici e morali. In Zio Paperone e l’elmo del comando la lezione che gli abitanti impartiscono a Paperone e nipoti è addirittura politica: governare vuol dire mettere da parte i propri interessi personali a servizio della comunità. Da qui nasce la felice intuizione di un elmo che un capo non può togliere durante il mandato e che lo schiaffeggia se non opera per il bene comune. Uno strumento che salvaguarda il popolo, un po’ meno chi lo indossa.

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I nipotini scoprono perché il posto di capo era vacante

Non solo buon governo: gli abitanti del pianeta si mostrano saggi anche nel loro rapporto con la tecnologia. Appena la famiglia dei paperi sbarca, si trova di fronte una popolazione apparentemente semplice e rurale. In realtà, i nipotini ben presto scopriranno che si tratta di una civiltà avanzatissima che tuttavia non intende mettere in pratica le proprie scoperte perché “la tecnica non fa la felicità”. Parole che ricordano addirittura il pensiero del filosofo Heidegger sul potere della tecnica, e che dimostrano la saggezza di questo strano popolo.

Notiamo che il fatto che i paperi siano su un altro pianeta è puramente funzionale allo svolgimento della trama. Non c’è infatti particolare attenzione all’aspetto tecnologico del viaggio nello spazio: la stessa situazione – come peraltro accade in altre storie di Cimino – si sarebbe potuta svolgere in qualche sperduta regione della Terra. L’importante è che sia un luogo abbastanza lontano da non essere in contatto con il mondo di avidità e interesse in cui vivono Paperone e nipoti.

I punti deboli di zio Paperone

Zio Paperone e l’elmo del comando ci presenta un Paperone essenzialmente fragile. Innanzitutto, è una fragilità fisica: il vecchio Cilindro non riesce a sopportare il peso della pressione finanziaria. Ma soprattutto, il ricco papero mostra i suoi limiti e difetti. Non è infatti in grado di superare il proprio egoismo e di agire senza pensare al proprio tornaconto, tanto che per salvarsi dagli schiaffi dell’elmo deve affidarsi al troppo spesso sottovalutato Paperino.

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Questo suo essere impotente non impoverisce il personaggio, anzi: lo rende più simpatico e più umano. Cimino stesso in un’ intervista dichiara:

Paperon De’ Paperoni era, già negli anni Cinquanta, un personaggio fortissimo, dotato di grandi possibilità. Se fosse stato un divo televisivo, avremmo potuto dire che bucava lo schermo. Non era solo un avaro, o un accumulatore di soldi arido o cattivo come alcuni lo hanno interpretato. Nel corso delle storie, invece, era bene metterlo a nudo, mostrare le debolezze che pur doveva avere.

Il miliardario tratteggiato da Cimino non vive i conflitti familiari tipici della produzione martiniana e di parte della scuola italiana. Al contrario, è molto legato ai propri nipoti, benché raramente lo mostri in maniera esplicita, e senza il loro aiuto difficilmente riesce a cavarsela. Per questo motivo li porta quasi sempre con sé nelle sue avventure. Certo, anche perché può permettersi di pagarli 30 centesimi all’ora, ma sopratutto perché ha bisogno di loro, come testimonia Zio Paperone e l’elmo del comando.

Ha bisogno anche di una buona dose di medicine per il mal di testa

Alle matite troviamo ancora Romano Scarpa. Rispetto alla precedente Paperino e le lenticchie di Babilonia, il suo stile è maturato: il disegno è più rotondo e morbido, e le proporzioni hanno raggiunto un perfetto equilibrio, laddove in precedenza i Paperi apparivano come leggermente “schiacciati”. In questo periodo Scarpa è forse al meglio della sua produzione: una fortuna enorme per Cimino, poter contare su un tale artista per mettere in scena le sue idee.

6) Saga di Paperon de’ Paperoni (Don Rosa, 1992 – 1994)

Parte del grande fascino del personaggio di Paperon de’ Paperoni sta nel suo leggendario vissuto. Gli indizi che il suo creatore ha lasciato sparsi nei vent’anni di storie realizzate con il vecchio papero hanno stimolato alcuni autori a cimentarsi con il racconto del suo passato. Nel farlo, alcuni si sono decisamente smarcati dal racconto dell’Uomo dei Paperi (su tutti, Guido Martina), mentre altri sono restati più fedeli all’universo barksiano. Fino all’arrivo nel mondo del fumetto di Keno Don Hugo Rosa, meglio noto come Don Rosa.

Don Rosa (1951), da grandissimo fan di Barks, nella sua ventennale carriera ha cercato quanto più possibile di rimanere aderente al mondo creato dall’Uomo dei Paperi, sia per quanto riguarda la psicologia dei personaggi che per il contesto paperopolese. La sintesi perfetta di questo suo “credo fumettistico” è un lavoro senza precedenti nella storia del fumetto, per corposità, complessità e contenuti: la Saga di Paperon de’ Paperoni (The Life and Times of Scrooge McDuck).

storie Paperone

La Saga narra la vita di Paperone, partendo dalla nascita del miliardario – che Don Rosa individua nel 1867 – fino al 1947, anno in cui Barks crea il personaggio. In realtà, non si tratta di una singola storia, ma di ben dodici capitoli – ciascuno dei quali racconta un periodo dei primi ottant’anni di vita del ricco papero – per un totale di ben 212 pagine. Questi capitoli sono quindi strettamente legati tra di loro: per questo motivo non li consideriamo separatamente, ma come un’unica storia.

Oltre ai dodici capitoli “canonici”, Don Rosa ha realizzato anche altri sei capitoli aggiuntivi che approfondiscono altri episodi della vita di Paperone. Ci sono poi altre quattro storie che, seppur non facciano parte della Saga, sono ad essa legate. Ci limiteremo a considerare la versione senza episodi aggiuntivi, che tuttavia consigliamo di recuperare per completare la vostra esperienza di lettura.

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Come abbiamo detto, Don Rosa nello scrivere la sua opera guarda costantemente al Maestro dell’Oregon. Ogni capitolo è frutto di un approfondito lavoro di ricerca per includere quanti più possibili riferimenti barksiani al passato di Paperone – da quelli più noti a quelli più piccoli – e integrarli in maniera coerente nella storia. Ma l’autore non si limita alla storia di Paperone: guarda anche alla Storia, quella vera. Una delle particolarità della Saga è infatti l’intreccio della vita del vecchio Cilindro con fatti storici e persone realmente esistite. Lo zar Nicola II, Theodore Roosevelt, Wyatt Earp: sono solo alcuni dei personaggi che Paperone incontra, come una sorta di Forrest Gump a fumetti.

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Un romanzo di formazione

L’opera di Don Rosa narra della vita del vecchio Cilindro fin dalla sua infanzia. Ultimo discendente maschio del decaduto clan scozzese dei de’ Paperoni, all’età di 10 anni il giovane Paperone decide di voler tentare di arricchirsi e fare fortuna, fallendo però per i vent’anni successivi. Ottenuto finalmente il successo in Klondike, Paperone si trasferisce a Paperopoli, dove pone le basi per il suo impero che lo porta a diventare il papero più ricco del mondo. Ma il denaro non può comprare tutto…

Data la sua considerevole lunghezza, la Saga ha la possibilità di approfondire al meglio il personaggio di Paperone, delineando le tappe graduali del percorso che lo portano da povero lustrascarpe di Glasgow a papero più ricco del mondo. Capitolo dopo capitolo, la personalità di Paperone viene forgiata dalle sue esperienze: non è quindi azzardato definire la Saga un bildungsroman, un romanzo di formazione.

Paperone Saga Don Rosa
Il piccolo Paperone guadagna la sua prima moneta

Tuttavia, si tratta di una formazione “negativa”: la durezza della sua vita, i pericoli corsi e i malviventi incontrati da un lato fortificano il suo carattere, dall’altro lo rendono sempre più cinico e avido, fino addirittura a spingerlo alla disonestà. Nonostante il successo, Paperone si ritrova solo e isolato. Servirà l’intervento della famiglia, che aveva incautamente sacrificato sull’altare della ricchezza, per riconquistare l’entusiasmo del paperotto lustrascarpe e riscattare il senso della sua vita, fino a quel momento ben descritta da Paperino:

Tutto ciò che ha da mostrare della sua vita è un immenso stanzone, pieno zeppo di freddo, insignificante metallo!

Paperino, da Il papero più ricco del mondo (cap. 12)

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La Saga è un unicum nel fumetto Disney anche per la serietà delle tematiche trattate: oltre alla solitudine e l’isolamento di cui abbiamo parlato in precedenza, fa capolino anche la morte. Il tutto è trattato da Don Rosa con estrema delicatezza e sensibilità, che edulcorano la gravità dei temi. Un esempio su tutti, il poetico momento della morte del papà di Paperone, Fergus.

La scena della morte di Fergus

Il valore dei ricordi

Il Paperone tratteggiato da Don Rosa è naturalmente ispirato a quello barksiano. Il papero, sin dalla tenera età, è battagliero, energico e instancabile. Accanto a questa incredibile forza, è un personaggio che fa del duro lavoro e dell’onestà il suo credo: non a caso, l’unica sua azione disonesta lo perseguiterà per moltissimi anni. Non manca nemmeno il lato “tenero” di Paperone, nel rapporto con Doretta e con la sua famiglia, prima che l’avidità prendesse il sopravvento.

L’apice della forza di Paperone è l’esperienza da cercatore in Klondike: diventa una sorta di “leggenda vivente” del Nord America, alla stregua di Paul Bunyan.

Possiamo invece notare delle differenze con il personaggio barksiano nel rapporto che il vecchio Cilindro ha con il denaro. Il Paperone di Barks adora giocare con il suo denaro, toccarlo e annusarlo: è un amore principalmente fisico.

Don Rosa invece, prendendo a modello il discorso che il miliardario fa ai nipotini in Zio Paperone e la disfida dei dollari, trasforma il rapporto tra il personaggio e la sua fortuna. Ciascuna moneta del deposito è il ricordo di come è stata guadagnata: zio Paperone ama il suo denaro per ciò che simboleggia, per essere la testimonianza degli sforzi della sua vita. Anche il Paperone di Don Rosa gioca e si tuffa nel denaro, ma in maniera più consapevole, meno ingenua e bambinesca.

Proprio questa attenzione al passato e alla memoria infondono nella Saga un’atmosfera nostalgica e a tratti malinconica. Alcune pagine, come quelle in cui Paperone discute con papà Fergus sul proprio futuro (capitolo 5), ha una crisi di coscienza dopo l’addio delle sorelle (capitolo 11) e si ricongiunge con ciò che resta della sua famiglia (capitolo 12), hanno un sapore agrodolce, o addirittura amaro. Siamo di fronte a una storia “adulta”, che è capace di scavare a fondo nella psiche del personaggio (e del lettore).

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L’autore ha sempre definito il suo disegno ricco di “inutili e irritanti dettagli”. Questa descrizione sintetizza bene il suo stile molto particolareggiato, che può essere più o meno apprezzato a seconda del gusto. Al di là delle preferenze personali, la Saga mostra alcune notevoli vignette quadruple ricche di piccoli dettagli, che si rifanno a quella della rissa di Zio Paperone e la Stella del Polo. Oltre a queste, sono sicuramente da menzionare gli accurati paesaggi e le grandi vignette che chiudono ogni capitolo. Fino alla splendida tavola conclusiva: un degno finale per una storia monumentale.

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La maestosa tavola finale

7) Zio Paperone e l’ultima avventura (Francesco Artibani e Alessandro Perina, 2013).

Per chiudere questa rassegna abbiamo scelto una storia abbastanza recente: Zio Paperone e l’ultima avventura, scritta nel 2013 da Francesco Artibani e disegnata da Alessandro Perina. Nella nostra lista mancava uno scontro con gli altri grandi nemici di Paperone: Amelia, Rockerduck e Cuordipietra Famedoro. Questa storia colma la lacuna in grande stile, riunendoli tutti in un’unica, grande avventura.

Cuordipietra Famedoro convoca Rockerduck, i Bassotti e Amelia per esporgli un progetto: fino ad ora hanno tutti fallito i loro obiettivi perché hanno agito separatamente, ma se invece si coalizzassero?

Il piano che propone loro è perfetto. I Bassotti ruberanno la Numero Uno e Amelia tutto il denaro di Paperone, approfittando del fatto che la Banda non teme l’aglio e i dispositivi antistrega e che la fattucchiera può sbarazzarsi agevolmente delle difese contro i ladri. Mentre poi Paperone sarà impegnato a recuperare il maltolto, Rockerduck e Cuordipietra compreranno tutte le proprietà del vecchio Cilindro, approfittando della crisi dei mercati scatenata dal furto.

I Bassotti rubano facilmente la Numero Uno

Tutta la loro macchinazione fila liscia, esattamente come Cuordipietra e Rockerduck avevano previsto. Paperone, derubato e ridotto sul lastrico, perde addirittura il deposito. Una disfatta su tutta la linea, che sembra segnare la fine dell’impero PdP e che soprattutto lascia il vecchio Cilindro in uno stato di apatica rassegnazione.

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Ma non dura molto: le sconsiderate azioni di Rockerduck e Cuordipietra, che minacciano addirittura di abbattere la collina Ammazzamotori, risvegliano il suo spirito combattivo. Servirà però il miglior Paperone – e l’aiuto di familiari e amici – per riconquistare tutto da capo.

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Tenetevi forte, perché il Re del Klondike sta per tornare!

Un Paperone moderno

La notevole lunghezza di Zio Paperone e l’ultima avventura (126 pagine) permette di sviluppare al meglio l’accattivante idea di un “tutti contro uno”, che ricorda la storia di Don Rosa Zio Paperone in “Qualcosa di veramente speciale”. Il ritmo è incalzante e gli avvenimenti sono tanti, ma la narrazione non è frettolosa. È una storia che tiene il lettore in sospeso fino all’ultimo, ricca di colpi di scena e di trovate fuori dal comune.

Uno di questi colpi di scena: Amelia si trasforma in fata

Uno degli aspetti più sorprendenti è la profonda apatia in cui Zio Paperone cade dopo aver perso tutto, denaro e Numero Uno. Quella sfiducia che Scarpa aveva solo fatto intravedere al termine della vicenda delle lenticchie, qui si trasforma in autentica depressione. Paperone è più umano che mai nella sconfitta, quando si ritira a lavorare alla fattoria di Nonna Papera, stanco di combattere. È una scena di grande effetto, che preparerà il terreno per il riscatto di Paperone.

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Zio Paperone e l’ultima avventura è notevole anche per la caratterizzazione dei nemici di Paperone. Anche se si uniscono per sconfiggere il vecchio Cilindro, non condividono gli stessi obiettivi. Bassotti e Amelia vogliono solo ottenere gli oggetti dei loro desideri, mentre Rockerduck vuole smettere di essere l’eterno secondo. È la stessa ambizione di Cuordipietra, che tuttavia non ha alcun tipo di rimorso, tanto da essere il villain più pericoloso di tutta la storia.

Superato lo sgomento iniziale, Paperone è in grado di cogliere i punti deboli della loro alleanza e sfruttarli per riconquistare il suo impero. Gli anni di scontri gli hanno insegnato a capire i desideri e gli stati d’animo dei suoi nemici, a volte addirittura a provare empatia per loro. Paradossalmente, Amelia, i Bassotti e Rockerduck ricevono un trattamento migliore dal loro nemico che dal loro rivale Cuordipietra.

Un omaggio all’italiana

Il Paperone che Artibani tratteggia è un sapiente “mix” delle caratterizzazioni di Paperone che abbiamo incontrato precedentemente. Il riferimento principale rimane sempre Barks, come dimostrano i numerosi riferimenti ad alcune sue storie: ad esempio, appaiono i terrini e i fermini (da Zio Paperone e i terremotari) e il maragià del Verdestan.

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L’Uomo dei Paperi non è però l’unico modello per Paperone: la rassegnazione dopo la sconfitta ricorda lo scoraggiamento visto in Paperino e le lenticchie di Babilonia. Nell’attaccamento alla famiglia e il sentito ringraziamento finale, invece, si può scorgere l’influenza di Cimino e di Don Rosa. C’è spazio anche per la spregiudicatezza martiniana, nel tranello che il vecchio Cilindro tende a Rockerduck e a Cuordipietra.

C’è anche un occhio di riguardo per la tradizione italiana. Amelia è una strega a tutti gli effetti (e non la scienziata ipnotizzatrice barksiana), Paperino ha un identità segreta – Paperinik – e abita in una casa di proprietà dello zio, in perenne arretrato con l’affitto. Trovano un ruolo anche gli “italiani” Battista, Filo Sganga e Brigitta, per una storia che fonde abilmente l’anima “tricolore” del fumetto con la dimensione internazionale.

È da sottolineare il grande lavoro grafico di Alessandro Perina, in particolare per l’espressività dei personaggi: le linee morbide e vivaci esaltano i diversi stati d’animo dei protagonisti della storia. Il disegno guarda a quello barksiano, senza esserne un clone ma mostrando al contrario personalità e maturità artistica.

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I tondeggianti paperi di Perina

Zio Paperone e l’ultima avventura è un grande omaggio agli autori che hanno forgiato Paperone dal 1947 fino ai giorni nostri. Ma è anche un esempio lampante di come il vecchio Cilindro, anche dopo tanti anni di avventure, sia ancora capace di coinvolgere ed emozionare il lettore.

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Una caricatura di Barks compare nell’ultima vignetta: alla sua destra, Rodolfo Cimino

È ora di andare

Siamo arrivati in fondo alla nostra rassegna. Sicuramente qualcuno di voi avrebbe preferito altre storie, ma – come vi avevamo preannunciato – la scelta è stata ardua. Vi lasciamo altri quattro titoli, oltre a quelli che abbiamo già ricordato nell’articolo: Zio Paperone e la cassa di rafano di Carl Barks, Il matrimonio di Zio Paperone di Massimo De Vita; Zio Paperone e la triplicità progressiva di Rodolfo Cimino e Giovan Battista Carpi; Sua Maestà de’ Paperoni di Don Rosa. Staremmo volentieri ancora qui ore a parlare con voi di queste altre storie, ma abbiamo abusato già molto del vostro tempo. E il tempo è denaro!

Francesco Menegale

Immagini © Panini Comics, Disney

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Fonti:

I classici del fumetto 14 – Zio Paperone

La grande dinastia dei paperi 4 (Zio Paperone e la disfida dei dollari)

La grande dinastia dei paperi 6 (Zio Paperone e la Stella del Polo)

Gli altri Paperoni: a scuola dal Prof. Guido Martina – Lo Spazio Bianco

I Classici della letteratura 16 (Paperino e il conte di Montecristo)

Gli altri Paperoni: Romano Scarpa – Lo Spazio Bianco

Le grandi storie Disney – L’opera omnia di Romano Scarpa 5 (Paperino e le lenticchie di Babilonia)

Le grandi storie Disney – L’opera omnia di Romano Scarpa 29 (Zio Paperone e l’elmo del comando)

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