Però! Al Levin… il grande Al Levin… il grande e irreprensibile Al Levin! Mamma mia… non sapevo disegnasse anche fumetti!
Semicit.
Qualunque appassionato di fumetto Disney è a conoscenza dei nomi dei Maestri, con la M maiuscola. Artisti in grado di lasciare un segno indelebile nella storia. Punto di riferimento e faro per chiunque voglia anche solo provare a intraprendere una carriera nel fumetto.
Leggendo queste righe, a molti di voi sarà probabilmente venuto in mente un nome in particolare: quello di Carl Barks, “l’uomo dei paperi” cui dobbiamo la creazione praticamente dell’intera Paperopoli. Barks non è l’unica colonna del fumetto Disney: sono tanti gli autori stranieri e italiani che meriterebbero di essere annoverati tra i Maestri, ma non li elencheremo per non fare torto a eventuali dimenticati.
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In questo articolo vogliamo invece concentrarci su un nome in particolare. Una figura che ha disegnato Topolino per ben 14 anni e a cui, tra le altre cose, è stata attribuita la creazione di Eta Beta insieme a Bill Walsh. Floyd Gottfredson dite? No, non è lui. È il protagonista di una storia davvero curiosa, in cui per certi versi c’è perfino lo zampino del Detective dell’impossibile, Martin Mystére.
Come nasce una leggenda
Per svelare l’arcano, occorre andare un po’ indietro nel tempo. Se vi è capitato di leggere vecchi numeri di Topolino, forse avrete notato la mancanza dei crediti agli autori delle storie. Una situazione che con gli occhi di oggi appare assurda ma che all’epoca era la normalità.
È solo dal 1988 che si è posto rimedio, iniziando a inserire nome e cognome di chi prestava penna e matita all’universo disneyano. I lettori dell’epoca non avevano modo di poter conoscere i nomi di Romano Scarpa, Guido Martina, Giovan Battista Carpi o Giorgio Cavazzano ma riuscivano spesso a distinguere i vari disegnatori grazie al tratto unico che li caratterizzava.
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Anche negli anni ’60 c’era però una “community” di super appassionati di fumetto. Tra questi c’era anche un certo Alfredo Castelli, il celebre ideatore di Martin Mystère, tuttora uno dei personaggi di maggior successo di casa Bonelli.
Nel 1965, un ancora diciottenne Castelli fu il cofondatore di Comics Club 104, la prima fanzine sui fumetti in Italia. Il numero 3 venne dedicato proprio all’universo Disney, concentrandosi in particolar modo sugli autori. Il lavoro non fu semplice: come immaginerete, non bastavano un paio di click per fare una ricerca e trovare il nome giusto da attribuire alle storie! Alla fine Castelli riuscì comunque a identificare molti degli autori americani le cui storie venivano pubblicate in Italia: Carl Barks, Paul Murry, Tony Strobl e altri ancora.
Non però Floyd Gottfredson. Le lettere spedite alla Disney per avere informazioni non avevano ricevuto risposta, così Castelli prese una decisione. Non conoscendo il nome del disegnatore delle strisce di Topolino in un lungo periodo (dal 1940 al 1954) fece un gesto… azzardato. Per coprire il buco che avrebbe lasciato nella cronologia la “mancanza” di Gottfredson, inventò un nome di sana pianta, sperando che qualcuno oltreoceano, leggendo quell’errore, corresse in suo aiuto. State iniziando a collegare i puntini?
Una correzione tardiva
Il nome in questione era proprio Al Lewin, preso (pare) da un romanzo giallo che il futuro padre di Martin Mystère stava leggendo in quel momento e modificato in Levin. Castelli era in contatto con chi si occupava di fanzine americane dell’epoca, tra cui Mike Barrier e Malcolm Willits di Funnyworld, che dopo diverso tempo corressero gli errori presenti, fornendo i dati esatti e il nome giusto. Ma ormai la frittata era fatta, e il rimedio era arrivato troppo tardi.
La correzione arrivò infatti su un articolo della rivista Eureka nel 1968, decisamente fuori tempo massimo anche per un mondo in cui le notizie viaggiavano a velocità inferiori a quelle attuali. Il numero 3 di Comics Club 104 andò quindi in stampa, sancendo la nascita di un nuovo autore. Un disegnatore fantasma che da allora aleggia sul mondo del fumetto Disney, e ogni tanto riappare.
Uno spettro che a volte ritorna
Quando una bufala si diffonde, si sa, è assai difficile frenarla. E così è successo anche in questo caso. Sono tante le pubblicazioni in cui venne celebrato l’apporto di Levin al fumetto Disney. Addirittura il fu direttore di Topolino, Mario Gentilini, nominò Levin tra gli autori delle avventure classiche di Topolino nell’introduzione al volume Trilogia di Topolino e, ricadendo nell’errore una seconda volta, citò il contributo dell’autore inesistente al successo del personaggio di Eta Beta in un volume dedicato al personaggio.
Il mitico Al Levin torna anche in un’intervista fatta a Romano Scarpa nel 1974, e riportata da romanoscarpa.net. Ecco il pezzo incriminato:
Già, perché il venezianissimo Scarpa è uno degli autori più qualificati e più apprezzati di fumetti disneyani, il migliore degli italiani — lo hanno scritto molti — e uno da affiancare ad Al Levin, a Floyd Gottfredson, a Carl Barks, ad Al Tagliaferro (sic).
da If Anno II n° 6 dell’aprile/maggio 1974.
Avete letto bene! Al Levin compare accanto a quelli che probabilmente costituiscono il gotha del fumetto che tanto amiamo. Anche in tempi recenti il nome di Al Levin è tornato: ecco cosa si legge in questa pagine de La Postilla, proveniente da Topolino 2468.
Ebbene sì, ancora nel 2003 la paternità di Eta Beta viene condivisa tra le leggende del fumetto Bill Walsh, Floyd Gottfredson e Al Levin!
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Addirittura, pare che negli anni ’70 siano stati chiesti lumi direttamente alla Disney. La casa madre in persona però avrebbe risposto di non poter escludere che tale Al Levin avesse effettivamente lavorato su Topolino.
Quindi Al Levin esiste? No.
Ma la sua storia assurda ci mostra una volta di più quanto un sassolino gettato nello stagno, quasi per scherzo, nel 1965, possa generare cerchi nell’acqua che lambiscono ancora irrimediabilmente i giorni nostri.
Luca Rago
Immagini: © Disney
Fonti: lfb | afnews | ubcfumetti | vintagecomics | romanoscarpa.net