Il ritratto di Zio Paperone: una storia nel solco di Dorian Gray

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Il rapporto tra l’uomo e i suoi vizi è un argomento che è stato analizzato innumerevoli volte in ambito letterario. Uno degli esempi più fulgidi è Il ritratto di Dorian Gray, romanzo scritto da Oscar Wilde e pubblicato nel 1890. Anche i personaggi disneyani, che possono essere ritenuti delle rappresentazioni più o meno caricaturali degli esseri umani, hanno i propri vizi e le proprie virtù. È il caso di Zio Paperone, che con le sue reazioni e i suoi atteggiamenti sopra le righe è esemplificativo di questo concetto. E tanto basta per far intersecare le storie dello Zione e di Dorian Gray in una parodia del succitato romanzo, in cui Paperone commissiona a un pittore il suo ritratto che si rivelerà essere una condanna, come succede all’affascinante protagonista dell’opera di Wilde. Il ritratto di Zio Paperone, pubblicata il 18 giugno 1996, è stata scritta da Caterina Mognato e disegnata da Valerio Held, il cui tocco rende l’atmosfera delle vignette assai consona a quella dell’opera originale.

Ma prima di addentrarci nelle cupe tavole di questa particolare storia facciamo qualche passo indietro per conoscere l’autore e il romanzo la cui eco ha viaggiato nella letteratura e nel tempo fino a raggiungere il fumetto Disney.

Chi era Oscar Wilde

Il dandy per eccellenza, colui che ha fatto dell’arte e della bellezza le proprie ragioni di vita. Così si potrebbe definire la figura di Oscar Wilde. Viveva la sua esistenza come se fosse un’opera d’arte, in piena ribellione nei confronti del conformismo e dell’ipocrisia vittoriana.

Ben presto iniziò a conquistare i salotti londinesi facendosi conoscere come esteta e indossando abiti tra i più bizzarri, lanciando quella che oggi definiremmo una tendenza. La figura del dandy iniziò a essere vista tra i giovani dell’alta borghesia come un modello di vita. E, soprattutto, Oscar Wilde diventò popolare per le sue idee innovative, tra cui ne spiccava una: quella secondo cui l’arte non poteva essere asservita all’utile. Nei migliori anni della sua vita in cui, tra l’altro, sposò Costance Lloyd, da cui ebbe due figli, scrisse diverse opere destinate a essere immortali, sperimentando la poesia, il racconto, la favola, la scrittura teatrale. E scrisse un solo romanzo, per l’appunto Il ritratto di Dorian Gray.

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Il ritratto di Zio Paperone e Il ritratto di Dorian Gray: analogie e divergenze

In che modo la storia tragica de Il Ritratto di Dorian Gray si concilia con la leggerezza delle storie di Paperone a cui siamo abituati? Partiamo dall’inizio.

L’unico romanzo di Oscar Wilde si apre con una scena idilliaca, una descrizione di quello che sembra il paradiso: lo studio del pittore Basil Hallward, il quale sta disegnando un ritratto. In questo luogo delizioso i fiori incorniciano la scena, ma c’è qualcosa, o meglio qualcuno, che sembra splendere di luce propria. Quel qualcuno è il soggetto del dipinto, Dorian Gray, che nel fiore dei suoi anni è un giovanotto delicato e sensibile, caratterizzato da una bellezza sfolgorante.

Tuttavia, il suo fascino è dovuto soprattutto all’ingenuità e all’innocenza. Un’innocenza che il suo futuro amico Lord Henry Wotton di lì a poco contaminerà con la consapevolezza del tempo che passa e che deteriora la patina della giovinezza. E Dorian Gray non ha alcuna intenzione di rinunciare alla sua bellezza, che la vecchiaia gli porterà via irrimediabilmente.

Dorian Gray interpretato da Ben Barnes nell’omonimo film del 2009

D’altro canto, nella storia a fumetti Paperone non si dimostra un esempio di moralità e virtù. Tuttavia, grazie al ritratto, che sarà l’elemento centrale della storia, cambia atteggiamento in meglio, ribaltando il finale con un lieto epilogo che prende le distanze dal romanzo originale.

Un Paperone “indiavolato”

In altre parole, è proprio perché i due personaggi sono inizialmente agli antipodi che il ritratto in questione agisce in maniera opposta sulla loro indole. Dorian, bello e angelico, sotto l’influenza della malvagità del dipinto cederà alla lussuria e addirittura all’omicidio. Paperone, stressato, scorbutico e arrogante, minacciato dai cambiamenti della sua stessa immagine nella tela, subirà un’evoluzione nel senso contrario, diventando gentile e generoso.

Il papero multimiliardario decide di commissionare un suo ritratto al pittore Van Gray, il cui cognome è un chiaro omaggio al protagonista del romanzo di Wilde. Infatti, lo Zione vuole continuare la tradizione dei ritratti dei suoi avi, i cui dipinti sono appesi nell’atrio del deposito.

Trattando col pittore, Paperone già dà prova della sua indole arrogante e lo costringe a riciclare una vecchia tela in suo possesso. Non solo lo tratta con sufficienza, ma addirittura insulta la sua arte e la sua professionalità con una richiesta a dir poco discutibile: lo costringe a ritrarlo mentre gestisce spietatamente il suo impero finanziario.

I comportamenti biasimabili dello Zione si palesano da prima che il quadro venga alla luce (a differenza dell’opera originale), quando si reca a supervisionare la costruzione del quartiere “Paperopoli 33” che i suoi ingegneri avevano progettato a misura d’uomo e con parchi rigogliosi. Ovviamente non tenendo conto delle tasse sul suolo edificabile, che tirano fuori il peggio di Paperone, il quale impoverisce il plastico all’estremo togliendo panchine, altalene e accatastando le abitazioni l’una sull’altra per risparmiare spazio.

Paperone in una vignetta de Il ritratto di Zio Paperone
Paperone rovina il plastico accatastando le abitazioni

E Paperone prosegue sulla sua strada

Successivamente, riceve una telefonata da Nonna Papera che gli ricorda l’annuale raccolta di albicocche per le marmellate e le torte, a cui risponde in maniera maleducata sminuendo il valore di questa tradizione di famiglia. Come se non bastasse, la strada di ritorno per il deposito è bloccata dalla manifestazione di operai licenziati proprio da Paperone, che aveva inserito dei robot nelle industrie PdP a sostituzione della manodopera umana.

È in questo frangente che Battista, il maggiordomo, inchioda con la limousine per evitare le fila della protesta subendo di conseguenza le angherie del suo principale. Paperone prima lo minaccia di detrarre i costi delle gomme dal suo misero stipendio e poi lo umilia dicendo che avrebbe sostituito la limousine con un risciò che il povero Battista avrebbe dovuto pedalare. Per il maggiordomo è troppo, si licenzia e a sostituirlo è Paperino che, però, si rivela essere il solito imbranato.

Patti e profezie

-Che cosa triste!- mormorò Dorian Gray con gli occhi ancora fissi sul suo ritratto. – Che cosa triste! Io diverrò vecchio, brutto, ignobile e questa pittura resterà sempre giovane: giovane qual è in questa giornata di giugno … Oh, se potesse avvenire il contrario! Se potessi, io, restar sempre giovane e invecchiasse invece la pittura! Per questo sarei pronto a dar qualsiasi cosa, sì, non vi è nulla al mondo che non darei! Darei la mia stessa anima!

Un’altra sostanziale differenza tra il protagonista del romanzo di Wilde e Zio Paperone è che quest’ultimo non apprezza affatto il quadro. Tra l’altro non è neanche lui a posare, perché troppo occupato, ma Paperino travestito dallo Zione. Presenti all’inaugurazione del dipinto di Van Gray sono Paperina, Nonna Papera, Qui Quo e Qua e Paperino in veste di maggiordomo. Tutti applaudono per il risultato, ma Paperone non è soddisfatto e decide di brindare con della semplice acqua gassata nel suo perfetto stile da taccagno. Il quadro non trasmette alcuna emozione all’avido zio, o almeno non ancora.

Paperino posa al posto dello zione ne Il ritratto di Zio Paperone
Paperino posa con basette finte e palandrana per il ritratto di zio Paperone
Il ritrattto di Zio Paperone viene svelato
Van Gray mostra il lavoro finito

Nel romanzo originale, invece, Dorian Gray è da subito affascinato dal dipinto fino a invidiarne la bellezza e, dopo quello che presumibilmente è stato il suo patto col diavolo, si dedica a occupazioni di vario genere: artistiche, frivole, di società. L’attenzione dello Zione ne Il ritratto di Zio Paperone invece continua a essere focalizzata sull’aumento del suo patrimonio e soprattutto sul preservarlo. Intanto, compie ai danni di Van Gray un orribile atto: il pittore vuole essere pagato, ma Paperone con un raggiro lo rende suo debitore. L’artista se ne va infuriato, Paperina si allontana dal deposito imbarazzata, ma il rimprovero più amaro e segnante arriva da Nonna Papera. Non solo: le sue sono parole profetiche: gli dà dell'”avido egoista” e gli dice che se quel quadro rappresentasse il suo animo allora dovrebbe raffigurare un mostro. “Bubbole” dice Paperone.

Parole come macigni

Nel caso della storia Disney, Nonna Papera sembra marchiare la condanna di Paperone con le proprie parole, quasi siano una maledizione ai danni del papero più ricco del mondo. Non è il caso di Dorian, che sarà egli stesso artefice della sua rovina. A ritratto ultimato, il personaggio di Wilde si ritrova a contemplarlo e a invidiarne l’immortalità e la bellezza che resterà immutata nel tempo. Dà così voce a un suo desiderio profondo e sussurra delle parole che saranno il centro nevralgico del romanzo. Dice tra sé e sé che vorrebbe sia il quadro a invecchiare al suo posto, così che lui possa godere della sua giovinezza per sempre. Così, come nel Faust di Goethe, qualcuno sembra ascoltarlo ed esaudisce la sua richiesta.

Ordine e sregolatezza

La vibrante, ardente luce del sole gli mostrava le rughe di crudeltà attorno alla bocca, nette come se si stesse guardando in uno specchio dopo aver commesso qualche cosa di pauroso. Trasalendo, prese dalla tavola uno specchio ovale e guardò ansiosamente in quella lucida profondità. Nessuna simile ruga increspava le sue rosse labbra.

I quadri de Il ritratto di zio Paperone
Paperone in preda ai primi rimorsi nel suo incubo

È a questo punto che le due strade divergono ulteriormente. Dorian Gray, in compagnia di Lord Henry, trascorre la sua esistenza tra feste, spettacoli teatrali e promiscuità, dando sfogo ai suoi impulsi. Non si preoccupa mai della sua anima o di mantenere un atteggiamento morale che nell’etica vittoriana era la garanzia della salvezza eterna e soprattutto di un’immagine accettabile nella società. Vive il momento e in una delle tante serate incontra Sybil Vane, un’attrice tanto talentuosa quanto bella. Dorian non vede l’ora di presentarla al suo più caro amico, Lord Henry Wotton. Come occasione sceglie appunto una pièce teatrale in cui lei è protagonista, ma gli eventi non vanno come aveva sperato.

L’attrice doveva interpretare Giulietta in Giulietta e Romeo, ma avendo conosciuto il vero amore grazie a Dorian non le è più possibile inscenare dei sentimenti non autentici. La recitazione è dunque pessima e Lord Henry deride il giovane, definendo la fidanzata scarsa come attrice ma che, tuttavia, aveva la fortuna di essere bella. A Dorian questo non va giù, raggiunge Sybil nel camerino e tronca la relazione frantumando il cuore della ragazza. Da qui inizia il declino del protagonista, che continua la sua vita sregolata e nel frattempo viene a sapere del suicidio della sua ex fidanzata. Sotto consiglio di Lord Henry prosegue con la sua vita come se nulla fosse accaduto.

Nella storia disneyana, durante la notte Paperone ha un incubo in cui dal ritratto esce un mostro dalle piume verdi e dai denti aguzzi per aggredirlo. Nonna Papera ha toccato le corde giuste e lo Zione inizia a sentire i sensi di colpa. Appena sveglio, si rende conto che era stato solo un sogno, tuttavia decide di dare uno sguardo al ritratto e scopre che, effettivamente, è diventato più brutto: mostra infatti una ruga sulla fronte. Si rende conto a quel punto che il passo per diventare il mostro del suo incubo è breve, a meno che non cambi qualcosa nella sua vita.

Ecco che dunque decide di porre rimedio ai vari errori commessi al fine di salvare la sua anima dalla dannazione del quadro.

Il quadro: una condanna per Dorian, la salvezza per lo Zione

Dorian Gray guardò il quadro e improvvisamente fu preso da un incoercibile impulso d’odio contro Basil Hallward, quasi gli fosse stato suggerito dall’immagine della tela, sussurrato al suo orecchio da quelle labbra ghignanti.

Ciò che invece accomuna le due storie è il quadro che si fa via via più inquietante e mostruoso. E anche le emozioni dei due protagonisti sembrano essere identiche. Orrore e preoccupazione pervadono le loro vite, ma questi sentimenti li inducono a soluzioni diverse.

Infatti, Dorian continua a perseverare nella sua vita di perdizione. E il quadro, come voleva il patto, comincia a invecchiare e sembra che su di esso non siano visibili soltanto i segni del tempo. Quella che viene restituita a chi osserva è un’immagine dall’aura malvagia, a causa delle azioni atroci perpetrate dall’eterno giovane. Per colpa sua anche il fratello di Sybil si suicida poiché incontrando Dorian non porta a termine la sua vendetta: non riconosce l’ex fidanzato della sorella che quindici anni prima l’ha condotta alla morte nel giovane volto di Gray. È impossibile che siano la stessa persona: quello che per lui era l’assassino di Sybil avrebbe dovuto essere molto più vecchio.

Soffocato dai rimorsi e dal continuo confrontarsi con il terribile ritratto della sua anima, Dorian decide di mostrare il dipinto a colui che ne era l’autore. Basil, nel vedere la sua stessa opera, rabbrividisce. A questo punto, al giovane dannato non resta che ucciderlo perché ritiene abbia visto troppo e non può sopportarlo. Dunque, lo accoltella e poi contatta un chimico, suo conoscente, per far sciogliere il cadavere nell’acido. In questo modo ha sicuramente eliminato un testimone della sua vera essenza, ma ne resta uno, quello più severo: il quadro. Infatti, ormai straziato dai sensi di colpa, ritiene che l’unico colpevole delle atrocità della sua esistenza sia appunto il dipinto.

D’altro canto, Paperone prende nettamente le distanze dal romanzo originale in questo fondamentale passaggio. Il papero si reca di notte da Van Gray che lo accoglie allarmato (forse un richiamo alla trama del romanzo in cui in effetti Basil avrebbe dovuto sospettare dell’amico eternamente giovane). Sull’uscio della sua porta Paperone consegna all’artista un assegno con la somma dell’intera parcella dimostrandosi benevolo e sicuramente non violento nei suoi confronti.

Paperone paga Van Gray
Van Gray riceve la visita inaspettata di Paperone a notte fonda

Ma le colpe di de’ Paperoni sono innumerevoli e dunque accorre da Battista per implorare il suo perdono e farlo tornare al suo servizio con uno stipendio adeguato. Accompagnato da quest’ultimo, si dirige a casa di Paperino per invitare lui e i nipotini a un pic-nic da Nonna Papera, all’insegna della raccolta delle albicocche che l’ultima volta aveva disertato. Lì si riappacifica con la sua famiglia che effettivamente crede nella sua redenzione. E i lettori nella sua salvezza.

Il ritratto di Zio Paperone sembra essere implacabile

Nell’edizione speciale per il Corriere della Sera, con la collana del 2006 dedicata alle grandi parodie, questa storia segue quella de Il Canto di Natale sceneggiata da Guido Martina e disegnata da José Colomer Fonts. E per amor di precisione, sono presenti anche due storie più brevi ad opera di Carl Barks, Paperino e il canto di Natale e Paperino e la fiaba natalizia.

Tuttavia, la prima, che è una parodia dell’opera di Dickens, in qualche modo abitua i lettori all’idea che dopo gli sforzi di Paperone ci sia il lieto epilogo e la sua redenzione. Inoltre, il modo in cui Il ritratto di Zio Paperone si sviluppa sembra ricordare anche il Canto di Natale, con un Paperone che spaventato dal destino che gli è stato prefigurato nel sogno è pronto a fare di tutto per salvarsi. Nel caso della parodia natalizia invece questo futuro nefasto gli veniva rivelato dallo spirito dei Natali futuri.

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Paperone è sconvolto dai cambiamenti del quadro ne Il ritratto di Zio Paperone

Ecco perché ci si aspetta che lo Zione sia salvo dopo le varie prodezze morali di cui ha dato sfoggio. E invece non è così: torna al deposito e il quadro è ancora più brutto. Lì riceve una telefonata dalla PdP Auto che lo informa di un cortocircuito dei robot. A quel punto, gli si accende la lampadina: in effetti aveva dimenticato i poveri operai rimasti senza lavoro e non ci pensa due volte a riassumerli. Questa volta rientra a grandi passi nell’atrio dei dipinti, la sua anima è pulita, ma… il quadro ha un aspetto ancora peggiore: sembra inarrestabile nella sua metamorfosi.

La fine… per Dorian Gray, ma non per Paperon de’ Paperoni

Entrati videro appeso al muro uno splendido ritratto del loro padrone come lo avevano visto l’ultima volta, in tutto il prodigioso nitore della sua gioventù e della sua bellezza. A terra giaceva un uomo morto, in abito da sera, con un coltello piantato nel cuore. Era sfiorito, rugoso, ripugnante nel volto. Solo esaminando i suoi anelli riuscirono a riconoscerlo.

Questa volta, però, Paperone ha ben chiaro che stia dimenticando qualcosa, ossia non ha ancora ripristinato il progetto di “Paperopoli 33”, ma corre a rimediare, addirittura apportando delle migliorie. Proprio perché Paperone ha superato così tanto i suoi limiti, la batosta è maggiore quando constata un ulteriore peggioramento nel dipinto.

E al culmine della disperazione (addirittura sviene e ha bisogno dei sali aurei) viene a conoscenza dell’unico errore da lui commesso che ha generato la metamorfosi del dipinto. All’inizio della storia Battista gli aveva consigliato di chiamare un idraulico per una perdita delle tubature, la stessa che aveva causato umidità nella parete dietro al quadro. Quell’immagine deforme era dovuta all’acqua che aveva gonfiato la tela.

Staccando però il quadro dal muro Paperone riceve finalmente la sua ricompensa: la tela del suo dipinto si affloscia sotto al peso dell’acqua e rivela sotto di essa un autentico Paperello da Messina, dal valore inestimabile. Il destino, nonostante tutto, sembra assecondare ancora una volta Paperone, perché si dà il caso che il papero ritratto sia particolarmente rassomigliante allo Zione. E infatti quest’ultimo pensa bene di fingere che sia lui, di appenderlo nell’atrio insieme ai suoi avi e così di risparmiare su una nuova tela e un nuovo dipinto.

Dorian Gray non ha avuto la stessa fortuna. Per porre rimedio alla sua vita ormai rovinata non deve fare altro che punire il ributtante quadro, in qualche modo annientarlo, e colpisce il centro della tela con un coltello. I servitori, in quel momento, sentono un urlo agghiacciante provenire dalla soffitta dove Dorian aveva nascosto la sua immagine e accorrono in aiuto. Tuttavia, quel che vedono è un meraviglioso dipinto del loro padrone come lo ricordavano fino a poco prima e un vecchio ripugnante a terra con un pugnale trafitto nel petto. Così finisce la vita di Dorian Gray e il romanzo.

Il tocco di Valerio Held e l’importanza del suo stile ne Il ritratto di Zio Paperone

Questa parodia ha un’atmosfera cupa e un po’ lontana dai canoni delicati e allegri del fumetto Disney. Se è vero che la storia non avrebbe potuto conservare i momenti più pesanti e forti del romanzo originale, i disegni di Valerio Held conferiscono un tocco più inquietante che non è esplicito nella sceneggiatura di Caterina Mognato. Infatti la trama in sé è ben permeata della carica umoristica delle consuete storie disneyane. Ciò che è pervasivo nei disegni di Held è un’attenzione a luci, chiaroscuri e colori ben bilanciati.

Quasi come in un film, Valerio Held dipinge un’opera di scenografia fumettistica in cui i colori sono molto saturi e le tinte cupe emergono nei momenti più critici della storia. Attraverso l’uso del colore il disegnatore ottiene una suggestiva tridimensionalità della scena e dei personaggi, raggiunta anche grazie alle ombre presenti nelle vignette, le quali aiutano a corroborare quell’atmosfera gotica che la storia richiede.

Il buio e macabro atrio di ritratti degli avi di Paperone

Le caratteristiche dello stile di questi disegni di Held possono oltretutto (e forse principalmente) ricordare dei dipinti a olio in perfetta sintonia con il soggetto della parodia.

Un’altra parodia dello stesso romanzo: Lo strano ritratto di Zio Paperone

Lo strano ritratto di Zio Paperone è una storia scritta da Angelo Palmas e Michele Mazzon e pubblicata sul numero 2930 di Topolino nel 24 gennaio 2012. In essa i riferimenti a Il ritratto di Dorian Gray sono ancora più liberi di quanto non siano nella principale parodia oggetto di questo articolo. In questa storia, infatti, il ritratto non sembra assorbire l’anima e le cattive intenzioni dello Zione, bensì i suoi quattrini.

Sotto consiglio di un suo socio d’affari Paperone contatta la pittrice Bianca Latela per arricchire il deposito di opere pittoriche e le chiede di dipingere un suo ritratto. Nei giorni successivi alcuni sacchi di monete spariscono dall’ufficio del deposito per poi comparire nel quadro. Battista e Paperino decidono quindi di indagare la Banda Bassotti, che però è innocente.

È a questo punto che decidono di consultare Pico De Paperis, il quale ipotizza che Paperone sia sotto un incantesimo chiamato “sindrome inversa di Dorian Duck” (qui l’omaggio a Dorian Gray si fa evidente). Parlando di incantesimo il loro primo pensiero va ad Amelia, che starebbe tentando di far comparire la Numero Uno nel quadro al fine di rubarla. Paperino, giunto sul Vesuvio, si rende conto con un escamotage che in realtà anche lei è innocente. Quando torna al deposito, si scopre che Paperone in realtà aveva inviato di sua spontanea volontà il denaro a Bianca Latela per comprare dei quadri che aveva intenzione di rivendere a Rockerduck al doppio del prezzo consono. A causa dell’insonnia derivata dall’ansia per l’affare, durante la notte ha dipinto i sacchi di monete nei quadri.

Una parodia peculiare ma fedele all’originale

È chiaro che tra il romanzo originale e Il ritratto di Zio Paperone ci siano delle differenze sostanziali, in primis l’ambientazione in epoca contemporanea e non nell’Ottocento dove vive Dorian Gray. Divergenza che, ad esempio, non è presente in altre parodie Disney come I Promessi Paperi (I Promessi Sposi di Manzoni) o Il mistero dei candelabri (I Miserabili di Victor Hugo), in cui viene rispettato il periodo storico originale.

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Tuttavia, va sottolineato che il grande successo delle parodie Disney sta nell’assorbire la trama originale e renderla accessibile ai lettori di tutte le età senza ledere il messaggio di partenza e la sua autorevolezza nella letteratura. Il ritratto di Dorian Gray vuole far emergere alla luce i rischi che una vita dedita a piaceri e vizi comporta: il protagonista, con le sue parole che hanno sigillato il “patto col diavolo”, compie la precisa (e forse inconsapevole) scelta di scambiare la sua anima per la bellezza eterna. È disposto a tutto: non importa se la sua esistenza sia poi segnata da un costante squallore.

Da parte sua anche Paperone conduce un’esistenza caratterizzata da un’attenzione spropositata ai beni e alle ricchezze, a discapito di quei valori su cui i suoi cari tentano di far leva. Lo Zione presenta dei difetti ben prima che questa storia abbia inizio e in questo senso si rende il personaggio perfetto per parodiare il disincantato Dorian Gray. È questa la ragione per cui il messaggio originale non è leso: in entrambi i casi c’è un rapporto dialettico tra immoralità e moralità e i due protagonisti scelgono in egual modo l’immoralità per soddisfare i loro bisogni. Ovviamente con esito diverso.

Cosa ci saremmo potuti aspettare ne Il ritratto di Zio Paperone

Il ritratto di Paperone subisce una metamorfosi, ma altrettanto plausibile sarebbe potuta essere un’immagine diversa da quella del mostro dalle piume verdi e dai denti aguzzi. Pensiamoci bene: cos’è che Paperone teme più di ogni altra cosa al mondo? Probabilmente la povertà e la solitudine. È anche in virtù di quest’ultima che il protagonista della storia cerca di riprendere in mano la sua vita: non sopporta l’idea di essere abbandonato da suo nipote e dagli altri parenti, come Nonna Papera. In fin dei conti, secondo alcuni autori Paperone ha già affrontato il baratro della solitudine, come nella Saga di Don Rosa, in cui è costretto a combattere autonomamente contro ogni pericolo e in cui viene abbandonato dalla sua famiglia e lasciato in compagnia del suo amato denaro e dei suoi libri contabili. Non meno importante è ovviamente il concetto di povertà: perdere i suoi soldi, ridursi sul lastrico, vedere il suo deposito svuotarsi lentamente in una sorta di legge del contrappasso che nell’epoca in cui viveva Dorian Gray avrebbe allarmato ogni peccatore.

Nel dipinto di Van Gray avremmo potuto vedere un Paperone sempre più povero, magari vestito di stracci, vittima di un eventuale boicottaggio che le sue aziende avrebbero potuto subire per aver licenziato gli operai, o anche perché nessuno avrebbe voluto comprare una casa nella squallida versione temporanea di “Paperopoli 33”. Questo avrebbe potuto costituire l’imput alla riflessione su ciò che più gli sta a cuore e sul fatto che senza denaro non sarebbe rimasto che un vecchio taccagno ridotto sul lastrico. Spaventato da un simile destino avrebbe potuto effettivamente compiere tutte le belle azioni già presenti nella parodia, conducendolo allo stesso identico epilogo. Nella storia, invece, il quadro di Paperone si trasforma in un mostro, come accade al dipinto di Dorian Gray, mostrando quindi una maggiore fedeltà all’opera originale. Effettivamente, l’immagine di un Paperone verde e dai denti aguzzi riesce a imprimersi maggiormente nella mente del lettore, rendendo il messaggio più impattante. E ciò è fondamentale per una storia che, comunque, è destinata per lo più a un pubblico di bambini. Ancora una volta quindi, come accennato, il fumetto Disney è riuscito a far conoscere un’opera a un pubblico più giovane, mantenendone il significato e consolidando il proprio ruolo formativo.

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Martina Cerilli

Immagini © Disney

Fonti:
Edizione del Corriere Della Sera: I Classici della letteratura n°20 (pp.108-117, 186-189)

 

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