Di oggetti, oggettucoli e gadget con la faccia di Topolino ne abbiamo visti tutti a centinaia. E la tradizione di associare il Topo a orologi, giocattoli, cancelleria, cianfrusaglie, abbigliamento e chi più ne ha più ne metta è vecchia quasi quanto il personaggio. Oggi andiamo alla scoperta di uno dei primi oggetti associati al Grande Topo: la penna stilografica Aurora “Topolino”.
Gli inizi dell’Aurora
La storia dell’azienda ebbe inizio nel 1919, quando il ricco commerciante tessile Isaia Levi fondò a Torino la Fabbrica Italiana Penne a Serbatoio Aurora. L’imprenditore torinese venne convinto da Cesare Verona, concessionario delle macchine da scrivere americane Remington, a investire nel settore. Levi decise di chiamare la sua nuova azienda “Aurora“, a simboleggiare l’inizio di una nuova vita sia per lui che per un’Italia reduce dalla Grande Guerra.
Nel giro di pochi anni, l’Aurora divenne uno dei principali colossi del settore a livello internazionale, tanto da arrivare a competere con le principali aziende europee. Il suo marchio si diffuse principalmente nei mercati francese e spagnolo, ma anche in quelli dell’America Latina.
Nel frattempo negli Stati Uniti d’America…
Ma come si arrivò alla collaborazione tra l’azienda di Walt Disney e quella di Isaia Levi? Andiamo con ordine.
All’inizio della sua carriera, Walt Disney era in difficoltà a causa dei problemi finanziari che gli studios stavano affrontando. Ciò lo spinse a riflettere su opportunità di investimento correlate ai personaggi da lui creati. In un’intervista ad esempio dichiarò che nel 1929 aveva accettato una offerta di 300 dollari da un uomo (di identità ignota) che voleva usare Topolino per promuovere una serie di matite.
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Il provvidenziale incontro del ’32
Una svolta in questo senso per Disney fu nel 1932, quando bussò alla sua porta il pubblicitario Herman “Kay” Kamen. Egli vedeva in Topolino un enorme potenziale e aveva già in mente una lunga serie di prodotti da lanciare sul mercato. Walt Disney apprezzò molto le sue idee e il suo entusiasmo, al punto che firmò con lui un accordo nel luglio del 1932. Fu così che nacque la Disney Licensing, a capo della quale fu messo lo stesso Kamen, il quale avrebbe dovuto definire le basi per il merchandising dei personaggi disneyani.
Nel giro di poco tempo il personaggio di Topolino divenne un vero e proprio marchio, che conquistò il mercato americano. Era difficile trovare un negozio specializzato che non vendesse prodotti che mostravano il suo volto, tra cui libri, spazzole, poster, giocattoli e tanto altro ancora. Uno dei più famosi è il celeberrimo orologio della Ingersoll: sul quadrante era raffigurato Topolino, le cui braccia fungevano da lancette. Queste iniziative portarono quindi alla nascita di quello che sarebbe diventato un gigantesco impero commerciale.
All’interno di questa imponente operazione di marketing si inserì anche la Inkograph Production, impresa vissuta tra gli anni ’10 e gli anni ’50. Walt Disney siglò con l’azienda un contratto, concedendole il diritto di realizzare delle stilografiche sulle quali imprimere il volto di Topolino, che probabilmente furono messe in commercio intorno al 1933.
Il tour del ’35
Il buon successo di queste iniziative spinse il papà di Topolino, ambizioso e mai sazio di nuove opportunità, a cercare altri mercati e altre ispirazioni. L’Europa rappresentava in particolare un’ulteriore frontiera da conquistare: Walt organizzò così il ben noto tour europeo del 1935 che lo avrebbe portato in Inghilterra, Scozia, Germania, Svizzera, chiudendo poi con l’Italia, dove rimase per dodici giorni.
Pare che Walt Disney fosse ben informato del fatto che Topolino avesse conquistato le simpatie del pubblico italiano. La sua creatura aveva incontrato il mondo dell’editoria (dopo quello del cinema) nel 1930, quando L’Illustrazione del Popolo (inserto de La Gazzetta del Popolo) aveva pubblicato alcune strisce con il personaggio. Un ulteriore passo fu compiuto nel 1932, quando Franco Antonicelli tradusse dall’inglese all’italiano, con l’aiuto di un giovane Cesare Pavese, due volumi de Le Avventure di Topolino, per l’editore Frassinelli. Il successo di queste prime iniziative spinse la casa editrice Nerbini a pubblicare il giornale Topolino, dando inizio a una guerra editoriale conclusasi nel 1935 con la vittoria della Mondadori, che ottenne dallo stesso Walt Disney i diritti di pubblicazione. Insomma, il pubblico italiano era pronto e già innamorato di Topolino.
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Nascono le stilografiche “Topolino”
Durante il suo tour italiano Walt Disney probabilmente soggiornò per un breve periodo a Torino. Fu lì che entrò in contatto con l’Aurora, consentendo all’azienda di avviare la produzione delle stilografiche “Topolino”. Sfortunatamente ignoriamo le dinamiche precise dell’incontro, a causa della distruzione della sede originaria dell’Aurora e quindi anche delle sue fonti documentarie.
In ogni caso, nel 1937 l’Aurora lanciò sul mercato le stilografiche “Topolino”. Target di riferimento: la popolazione studentesca, o comunque i giovani. Le penne riscossero un enorme successo. Erano vendute al prezzo di 23 lire (il prodotto, comunque, si diffuse soprattutto tra i ceti più abbienti).
Da un punto di vista tecnico, le stilografiche Topolino non introdussero particolari novità rispetto alle penne già prodotte dall’azienda. Erano realizzate principalmente in celluloide nera, ma ne furono prodotte anche in versione marmorizzata, di colore rosso, azzurro o perla. Come altre penne dell’epoca, anche queste disponevano di un sistema di caricamento “a pulsante di fondo” e di un vetrino trasparente per visualizzare il livello d’inchiostro. Caratteristica principale delle stilografiche erano l’effigie di Topolino al centro del corpo, posta superiormente rispetto al logo dell’Aurora e, in alcune versioni, un pennino d’oro a 14k modello “warranted“.
Il successo ottenuto spinse l’azienda a portare avanti questo proficuo investimento realizzando altri prodotti a tema. Venne ideata una versione della stilografica con allegata una base d’appoggio che aveva un’immagine di Topolino come motivo decorativo. Separatamente venivano anche venduti dei flaconi d’inchiostro raffiguranti Topolino al comando di un aeroplano.
L’arresto della produzione
Sfortunatamente, l’Aurora rimase schiacciata dai tragici avvenimenti che sconvolsero l’Italia a partire dalla fine degli anni Trenta. I primi problemi si presentarono con l’introduzione delle deplorevoli leggi che promuovevano la discriminazione degli Ebrei introdotte nel 1938. Il provvedimento colpì duramente lo stesso Isaia Levi per via delle sue origini ebraiche.
Nonostante le Leggi razziali, però, la produzione delle stilografiche “Topolino” continuò a resistere fino agli inizi degli anni Quaranta. Tuttavia, con l’ingresso degli Stati Uniti d’America nella Seconda Guerra Mondiale, il regime fascista intensificò la sua politica di censura arrivando a colpire anche lo stesso Topolino. Da allora l’azienda torinese incontrò insormontabili difficoltà nel commerciare le sue stilografiche a tema Disney. Il colpo di grazia avvenne nel 1943, quando l’aviazione americana distrusse il laboratorio originario dell’Aurora, provocando l’arresto definitivo della sua produzione. L’azienda torinese ricostruì poi la sua sede nel Secondo Dopoguerra e tuttora è in attività, ma di fatto le stilografiche con il Topo cessarono di essere prodotte, da quel che ne sappiamo, con l’arrivo del conflitto.
Non solo Topolino
Nel 1939 l’Aurora aveva affiancato alle sue “Topolino” una nuova serie di stilografiche conosciute come le “Biancaneve“. Come suggerisce il nome, questi nuovi modelli di penne prendevano ispirazione dal lungometraggio Biancaneve e i sette nani, uscito nel 1937. Le “Biancaneve” erano delle penne più economiche destinate a una clientela scolaresca e presentavano le medesime caratteristiche tecniche delle “Topolino”.
Vi erano tuttavia delle differenze sul piano estetico. Innanzitutto erano disponibili quattro colori, ossia blu, verde, grigio e rosso scuro. Il pennino, invece di essere d’oro come nelle “Topolino”, era in acciaio. L’effigie, invece, raffigurava il nano Mammolo. Probabilmente era intenzione dell’Aurora realizzare altre versioni della “Biancaneve“ che includessero gli altri sei nani. Il progetto, tuttavia, non andò mai in porto a causa dell’ingresso dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, rendendo la “Mammolo” l’unica versione realizzata.
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Le stilografiche “Topolino” oggi
Recentemente sono emerse ipotesi secondo le quali l’Aurora avrebbe ripreso la produzione delle “Topolino” nel 1945, ma non esistono fonti certe al riguardo.
Ad oggi queste stilografiche sono diventate degli oggetti da collezione. Nei siti di aste online, raggiungono prezzi che si aggirano intorno alle migliaia di euro.
Questi oggetti suscitano un indiscutibile fascino. E nonostante ai tempi non fossero vendute in abbinamento alle riviste, ci piace pensare queste penne in un certo senso come le antenate dei gadget con il topastro (e i Paperi) che abbiamo amato, bramato, costruito e collezionato.
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Antonio Ferraiuolo
Immagini © Disney, Aurora
Fonti:
I nostri primi Cento Anni – Aurora Penne
Topolino e Biancaneve – FountainPen
Selling Mickey: The Rise of Disney Marketing
Kay Kamen: l’uomo che contribuì alla nascita e al successo del marketing Disney
Le avventure di Topolino firmate da Cesare Pavese