Zio Paperone e la Stella del Polo è una lettura irrinunciabile per chiunque voglia conoscere Paperon de’ Paperoni o ne sia già innamorato. Possiamo immaginare questa storia come un grande cantiere. Carl Barks, in una trentina di tavole, riuscì a seminare una serie di spunti ripresi da più autori nei decenni a seguire. Vere e proprie “fondamenta”, basi a partire dalle quali è stato costruito il Paperone che conosciamo oggi.
Ripercorrere le vicende editoriali di questa storia non è un’operazione fine a se stessa: Zio Paperone e la Stella del Polo è stata censurata e poi ricostruita, e ogni sequenza (anche quelle inizialmente messe da parte) aiuta a capire cosa Paperone rappresentasse per Carl Barks. Questo articolo ha dunque lo scopo di ricostruire questa lunga storia editoriale, trattando anche i più recenti sviluppi (ovvero il ritrovamento, datato 25 agosto 2020, di una vignetta considerata perduta appartenente a questa storia).
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Perché leggere Zio Paperone e la Stella del Polo
Carl Barks in persona dichiarò di aver scritto Zio Paperone e la Stella del Polo con l’intenzione di esplorare nuovi lati del carattere del miliardario. Per usare le sue parole:
“È la prima storia in cui ho ritratto un Paperone tenero di cuore. È più interessante così, piuttosto che un personaggio monodimensionale, sempre scorbutico e taccagno. […] Il fatto di aver incrinato un po’ la sua armatura nel finale ha reso quella storia di gran lunga migliore.”
In Zio Paperone e la Stella del Polo si gettavano nuovi lumi sul passato da cercatore d’oro di Paperone, che in Zio Paperone e la disfida dei dollari era un tema appena accennato. Il titolo originale, Back to Klondike, fa capire come per Barks il fulcro della storia fosse proprio il ritorno di Paperone a Dawson, sulle tracce del suo passato a lungo dimenticato.
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La memoria gioca un ruolo fondamentale per lo sviluppo delle vicende narrate. Proprio il grave problema di memoria di Paperone (caratteristica volutamente presente solo in questa storia) lo costringe a prendere dei farmaci, grazie ai quali inizia a ricordare fatti avvenuti decenni prima. Da qui l’urgenza di tornare in Klondike per riscuotere un vecchio debito risalente ai tempi della corsa all’oro.

Perché proprio il Klondike e la corsa all’oro? Barks intendeva presentare il suo Paperone come un vecchio avventuriero, un uomo comune arrivato al successo grazie ai suoi soli sforzi, e si chiedeva quale fosse il modo migliore per farlo. Trovò la risposta in una libreria di Seattle, mentre vagava per il nord degli Stati Uniti in seguito al suo secondo divorzio. Sfogliando un libretto dedicato alla corsa all’oro dal titolo Klondike 98, l’Uomo dei Paperi capì cosa fare. L’autore affermò in seguito:
“[La corsa all’oro, n.d.r.] era stata l’ultima occasione di vivere un’avventura per le persone comuni, tolta la guerra”.
Doretta Doremì, la Stella del Polo
Il titolo italiano, a differenza di quello originale, concentra l’attenzione sul grande personaggio femminile della vicenda (e, di riflesso, sulla sfera emotiva di Paperone, altro tema caro a Barks). La “Stella del Polo” citata, infatti, è Doretta Doremì, vecchia fiamma del miliardario, un personaggio mai più usato da Barks ma ripreso, tra gli altri, da Don Rosa e Romano Scarpa.
Zio Paperone e la Stella del Polo è una storia concepita per svolgersi su due diversi piani temporali. Da una parte i mitici giorni della corsa all’oro e la presentazione di un Paperone giovane ma già reso duro dalla vita. Dall’altra il presente e la riscoperta di una gioventù forse dimenticata, ma che a distanza di decenni riaffiora con forza.
Doretta incarna alla perfezione questa “bipartizione della narrazione”. Per crearla, Barks si ispirò a Lilian Russell e Lola Montez, ballerine da saloon di fine Ottocento. In lei convivono il fascino leggendario dei giorni d’oro del Klondike e la stanchezza di chi ha quasi scordato quei tempi.
I lettori del 1953, però, non si godettero del tutto il Klondike della corsa all’oro, il giovane Paperone e la triste storia di una ballerina dimenticata. Delle 32 tavole di Barks, infatti, ne andarono in stampa solo 27.
La storia censurata
“Passò un po’ di tempo prima che scoprissi perché l’avevano censurata. Ricevetti una lettera dall’ufficio editoriale, o forse mi venne detto durante una mia visita che avevo violato un sacco dei loro tabù, e che avrei dovuto essere abbastanza saggio da sapere che non avrebbe potuto funzionare.”
Con queste parole Barks ricordava in un’intervista la censura della sua storia. Potremmo dividere in tre diversi gruppi le tavole che non andarono in stampa nel 1953. La prima sequenza censurata, la più lunga, era composta dalle quattro tavole in cui Paperone raccontava ai nipoti la rissa nella sala da ballo Bolla d’oro, seguita dal rapimento di Doretta.
Vennero poi eliminate due mezze tavole. In una delle due, Paperone confessava ai nipoti di non aver mai pagato le tasse sul suo terreno nei pressi di Dawson.

L’altra mezza tavola avrebbe contenuto invece un cenno alle pillole per la memoria di Paperone, leitmotiv di questa storia.
Il recupero delle tavole censurate
Il condizionale, quando si parla dell’ultima mezza tavola citata, è d’obbligo. Le altre quattro tavole e mezzo, dopo la censura, vennero messe da parte ma rinvenute in seguito. Nel 1981 si decise di pubblicare la storia per intero in un volume, Uncle Scrooge – His Life and Times, e tutto quel materiale venne riutilizzato. In questa circostanza, però, ci si accorse che l’ultima mezza tavola era sparita nel nulla.
Barks disegnò secondo i suoi ricordi le vignette mancanti, realizzandone uno schizzo a matita. Daan Jippes inchiostrò e colorò le quattro vignette realizzate per l’occasione, ma le più recenti edizioni italiane preferiscono mostrare le bozze di Barks.
Il contenuto della mezza tavola ridisegnata da zero non parrebbe troppo interessante. Come già accennato, siamo di fronte a quello che sembrerebbe essere un semplice “promemoria per il lettore”, un passaggio introdotto per ricordare l’esistenza delle pillole per la memoria di Paperone.
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La vignetta ritrovata
La storia editoriale di Zio Paperone e la Stella del Polo potrebbe concludersi con la “ricostruzione” del 1981. Il 25 agosto del 2020, tuttavia, il collezionista di fumetti Søren Marsner sarebbe entrato in possesso di una delle “vignette perdute” della storia. Eccola qui:
Una prima osservazione sorge spontanea: la vignetta ritrovata da Søren Marsner non ha niente a che fare con la mezza tavola abbozzata da Barks. Ciò non deve sorprendere troppo. L’autore stesso, infatti, affermò di aver disegnato quelle quattro vignette “sulla base dei suoi ricordi”, senza troppa precisione.
Il secondo problema è di carattere più generale: se questa vignetta fosse autentica (e in generale c’è concordia nel ritenerla tale), come andrebbe a inserirsi nella tavola di provenienza?
Un’ipotesi: il “modello Gerstein”
Vari appassionati e autori di fumetto Disney si sono cimentati nella ricostruzione della versione originale della tavola. A questo proposito, si è sviluppato un grande dibattito sotto a un post nel gruppo Facebook Carl Barks – The Good Artist. Il post in questione annunciava la pubblicazione in Svezia di un volume contenente la vignetta ritrovata.
David Gerstein, storico dell’animazione e fumettista Disney, ha addirittura suggerito in quella sede che l’originale disposizione delle vignette sia stata alterata nel 1953, ai tempi della prima pubblicazione della storia.
Secondo questa ipotesi, le vignette perse non avrebbero dovuto formare una sequenza. Si sarebbero invece concentrate nella metà sinistra della tavola. Inoltre non sarebbero state 4 ma “3 e mezzo”: 3 vignette non pervenute e una versione più ampia di una vignetta presente nella storia, in origine doppia ma tagliata per ovviare alla censura delle altre. Per maggiore chiarezza, proponiamo qui di seguito la tavola per come la conosciamo noi e una ricostruzione alternativa secondo il “modello Gerstein”.
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L’ipotesi è convincente, se non altro perché i dialoghi tra Paperone e i nipoti, molto bruschi, in questo modo risulterebbero più “naturali”. Lo stesso discorso vale per il progressivo avvicinamento al vecchio rifugio di Paperone, scandito in questo modo in tre diversi momenti. Considerando i disegni di Barks, ha senso pensare che l’autore avesse intenzione di realizzare, nella terza striscia della tavola, una panoramica dell’intera vallata contrapposta alle silhouette dei Paperi in primo piano. Una vignetta doppia, insomma, non sarebbe stata fuori luogo.
La verità (forse)
Non è dato sapere, allo stato attuale, se l’ipotesi di Gerstein sia corretta o meno. Il ritrovamento della vignetta persa, però, dà motivo di sperare che anche le altre vignette non siano andate distrutte. In futuro, forse, altri collezionisti si imbatteranno in altri pezzi mancanti di Zio Paperone e la Stella del Polo.
Voler leggere questa storia nella sua interezza non è un capriccio da appassionati. Se anche le altre quattro tavole e mezzo non fossero mai state recuperate, oggi non avremmo la memorabile sequenza della rissa nel saloon. Lo stesso Don Rosa si è ispirato a quelle quattro tavole per raccontare le vicende del “suo” Paperone a Dawson.
Con ogni probabilità, le vignette mancanti non sono altrettanto interessanti. Resta viva, però, la curiosità di leggere la storia nella sua prima versione, per scoprire dopo più di mezzo secolo come Carl Barks avesse concepito uno dei suoi capolavori.
Alessandro Giacomelli
Immagini © Disney – Panini Comics
Fonti:
– Zio Paperone e la Stella del Polo… finalmente ricostruita?, su Il Bat-Rifugio di Paper Bat
– ComicArtFans, pagina personale di Søren Marsner
– Da non lasciare in ombra, su Papersera.net
– La febbre dell’oro… e dell’amore, L. Boschi, in La grande dinastia dei Paperi n. 6, 2008, Ed. Corriere della Sera, pp. 6-12
– Al cuor non si comanda…, A. Becattini, in Uack n. 1, 2014, Panini Comics, pp. 48-50
– Resurrecting the self-made man, T. Andrae, in Carl Barks and the Disney Comic Book: Unmasking the Myth of Modernity, 2006, University Press of Mississippi, pp. 200-204