Quando Topolino attaccò il Giappone

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Chi si aspetterebbe mai di vedere Topolino all’attacco di un pacifico villaggio in Giappone? Eppure è successo! E le immagini qui sotto ne sono la reale dimostrazione storica:

Topolino attacca il Giappone
Orecchie a disco, guanti, iconiche scarpe: è proprio lui! Perché Topolino è a cavallo di un pipistrello e sta attaccando il Giappone?

Ci troviamo di fronte a un corto bellico? Chi può aver mai prodotto uno short simile? Quello è veramente Topolino? E perché ha intenzioni così malvagie? Calma, andiamo con ordine.

I frame appartengono a un corto animato giapponese, che potremmo definire un precursore degli odierni anime, prodotto negli anni ’30 e di conseguenza molto diverso dall’animazione nipponica attuale.

Anime di ieri

Negli anni ’30, gli studi d’animazione in Giappone – situati per la maggior parte a Kyoto – lavoravano in modo molto diverso rispetto a quelli attuali. Le poche disponibilità di materiali da impiegare nella produzione e la difficoltà nel recuperare i fondi per poterli sviluppare limitavano ampiamente la realizzazione dei cartoni animati, che per questo erano tecnicamente impoveriti.

Ciò portò a enormi dislivelli tra corti di diverse case di produzione. In generale, mentre alcuni anime potevano vantare una notevole qualità tecnica, quasi al pari degli shorts statunitensi, altri erano invece qualitativamente inferiori, caratterizzati da cali di fluidità delle animazioni e da un design dei personaggi che poteva cambiare drasticamente da una scena all’altra.

L’animazione degli anime

La costosa animazione tradizionale (in cui ogni fotogramma è disegnato a mano) era affiancata dalla più economica animazione cut-out o di ritaglio (in cui delle figure ritagliate vengono mosse a passo uno).

Mentre i primi cartoni talkie – cioè con sonoro sincronizzato – apparivano negli USA già nel 1928 (My Old Kentucky Home, Dinner Time e Steamboat Willie), per quelli giapponesi si dovrà attendere fino al 13 aprile 1933, con Chikara to Onna Yo no Naka (Il mondo del potere e delle donne) di Kenzo Masaoka. Il “Walt Disney giapponese”, come lo definirono alcuni contemporanei per le sue eccelse qualità di animatore.


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Chikara to Onna Yo no Naka
Due immagini pubblicitarie di Chikara to Onna Yo no Naka. Queste sono le uniche fonti rimaste del primo cartone animato giapponese, con dialoghi sincronizzati registrati su una traccia ottica della pellicola, oggi perduto.

Topolino in Giappone

I personaggi e l’animazione dei corti giapponesi realizzati in cel animation mimano lo stile degli studi più importanti dell’epoca: lo studio di Pat Sullivan (Felix the Cat, in quel momento in piena crisi), quello di Amedee J. Van Beuren (Aesop’s Fables, Tom & Jerry) e, soprattutto, quelli di Max Fleischer (Betty Boop, Popeye) e di Walt Disney (Mickey Mouse, Silly Symphonies).

La tecnica rubber hose in Ugokie Kori no Tatehiki
Un fotogramma dal corto di Ikuo Oishi Ugokie Kori no Tatehiki del 1933. I personaggi sono animati utilizzando la tecnica dei “tubi di gomma”, impiegata per l’animazione di personaggi che si muovono come se fossero disarticolati – ad esempio Olivia Oyl nei corti di Braccio di Ferro.

I tre studios erano allora molto popolari anche in Giappone e i corti erano importati relativamente dopo poco tempo dal loro rilascio. Ad esempio, ci sono testimonianze di corti Disney di Topolino in Giappone già nel 1929, appena qualche mese dopo l’uscita dei primi corti negli USA.

Quindi, all’epoca della realizzazione dell’anime in esame, il Topo era già ampiamente conosciuto anche nel Paese del Sol Levante e godeva di ottima fama. Allora perché in questo corto fa la parte del cattivo?

Gli anime negli anni ’30

Anche se negli anni ’30 l’animazione in Giappone era giunta al punto di imitare quella dei Maestri d’Oltreoceano, tra i corti animati nipponici e quelli statunitensi vi erano molte differenze contenutistiche: temi, personaggi e musica furono modellati sulla base della cultura giapponese.

Uno dei motivi di questa caratterizzazione è da ricercarsi in precise cause politiche.
Dall’ascesa al trono dell’imperatore Hirohito, il 25 dicembre 1926, il governo aveva imposto una forma di nazionalismo culturale, che portò a una rigidissima censura e a un attento controllo dei materiali destinati al pubblico. In ogni caso, questi non avrebbero oltrepassato i confini nipponici.

La rinnovata attenzione verso temi di stampo conservatore, imposti formalmente dall’Imperatore, serviva ad allontanare lo spettro della globalizzazione, richiudendo il Giappone in una bolla politica, sociale ed economica protetta da interferenze che potessero intaccarne le tradizioni.

I corti stranieri – tra cui quelli con Mickey Mouse – vennero banditi e molti registi furono sollecitati a produrre corti di propaganda che esaltassero lo spirito giapponese e l’orgoglio nazionale.

Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando le tensioni con gli USA si sarebbero allentate, i corti Disney avrebbero potuto cominciare a circolare di nuovo sul territorio giapponese.

Alla fine degli anni ’40 il Topo di Disney avrebbe brillato di luce nuova, divenendo presto popolarissimo in Giappone. I suoi corti e fumetti sarebbero stati di provvidenziale ispirazione per “il dio del Manga” Osamu Tezuka. Ma fino ad allora, Topolino sarebbe stato un nemico giurato del Giappone.

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Topi giganti simili a Topolino in Metropolis. uscito nel 1949 in Giappone
Topi giganti dalle sembianze di Topolino nel manga di Tezuka Metropolis (1949).

Il nazionalismo giapponese

Ma quali erano gli standard degli anime prebellici? Se gli eroi dei cartoon erano animali antropomorfi, marinai o donne avvenenti, negli anime gli eroi erano tratti dall’antica tradizione giapponese e i villain assumevano le sembianze dei mostri delle leggende.

La musica, le atmosfere e le storie di questi corti attingevano appieno dalla tradizione, spesso con la trasposizione di alcuni racconti popolari del luogo – non molto diversamente dagli analoghi cartoon americani basati su fiabe e leggende.

Anche negli anime caratterizzati da temi più attuali, le trame erano spesso legate a tradizioni e leggende. Ad esempio, nel mediometraggio del 1943 Momotarō no Umiwashi, che racconta dal punto di vista dei vincitori l’attacco a Pearl Harbor, i soldati giapponesi sono animali antropomorfi guidati da Momotarō, eroe leggendario della cultura nipponica.

La trama stessa è una rielaborazione di una leggenda, che vede l’eroe avventurarsi alla volta di un’isola maledetta. Tratti così marcati rendono spesso di difficile interpretazione questi corti. Ed è proprio in questo difficile contesto che l’anime di inizio articolo vede la luce.

Topolino attacca il Giappone

Il cortometraggio in questione si intitola Omocha-bako shirīsu Dai-3-Wa: Ehon 1936-nen (オモチャ箱 シリーズ 第3話 絵本 1936年), traducibile letteralmente come “Serie Cassa di Giocattoli – Episodio 3: Libro illustrato del 1936“. Seppur legato al 1936, l’anime fu pubblicato ben due anni prima.

Title card di Omocha-Bako Series Dai-3-Wa: Ehon 1936-nen

Da quello che si può dedurre dalle poche fonti rimaste, l’intera serie di Omocha-bako aveva come protagonisti dei giocattoli residenti in una ridente e piccola isola.

La dicitura Ehon nel titoletto dell’episodio si può trovare in diversi altri titoli di corti dell’epoca. Il termine, che significa “libro illustrato”, probabilmente accostava le illustrazioni immobili dei libri a quelle in movimento dei cartoni, per rendere chiaro che si trattasse di disegni in sequenza con lo scopo di raccontare una storia.

Il corto fu prodotto dal J. O. Talkie Manga1 Club, una divisione del J. O. Studio Co. dedita alla produzione di anime talkie a Kyoto.

1 In questo periodo fumetto e cartone animato erano sinonimi, essendo il secondo considerato una trasposizione su schermo del primo. Quindi, come Comic e Cartoon erano, all’epoca, analoghi e ambivalenti negli USA, in Giappone il termine preesistente Manga (letteralmente “Immagini derisorie”) era momentaneamente utilizzato sia per i nascenti fumetti che per i disegni animati.

J. O. e l’innovazione sonora

Il J. O. Studio Co. (J. O. Tōkī Sutajo) era stato fondato tra la fine del 1932 e l’inizio del 1933 dall’intraprendente Yoshio Ōsawa, che aveva viaggiato in Europa e negli Stati Uniti (dove si era anche laureato) per cercare di migliorare le sue conoscenze del mondo del cinema e capire come modernizzare le produzioni nipponiche con il sonoro.

In quegli anni, Ōsawa instaurò una collaborazione con l’azienda americana specialistica Jenkins, che possedeva il brevetto di un sistema di registrazione, il Jenkins System (J. O. stava appunto per Jenkins – Osawa).

Grazie a questa idea innovativa e alle tecnologie per l’epoca avanzate, lo studio produsse, di fatto, i primi talkie giapponesi, gettando le basi per la diffusione del sonoro in Giappone.

Sul versante dell’animazione, la divisione dedicata del J. O. Studio sperimentò tecniche mai viste prima nei corti, guardando ai grandi Maestri americani nel tentativo di eguagliarli.

Tra i tanti corti animati, lo studio collaborò alla registrazione della traccia sonora del sopracitato Chikara to Onna Yo no Naka (oggi perduto). Forse lo studio realizzò anche il primo anime a colori, il breve Megumi no kenka (La lite dei vigili del fuoco Megumi) del 1933, realizzato a due colori (rosso e verde o rosso e blu).

Anche se molti dei cartoni prodotti dallo studio non raggiunsero mai un livello particolarmente elevato quanto a qualità dell’animazione, all’epoca furono una vera e propria innovazione ed ricevettero un largo seguito.

L’apocalittico Libro illustrato del 1936

Tornando al nostro Topolino malvagio, dalla visione del corto è possibile notare l’apparizione di un anno ben preciso: 1936. Perché mai ambientare un cartone due anni dopo la sua uscita? Secondo alcune fonti che abbiamo consultato, nel 1936 sarebbe scaduto un trattato navale tra gli Stati Uniti e il Giappone.

Si temeva una grave offensiva da parte degli americani. Se ciò fosse accaduto, le due potenze sarebbero entrate in guerra. Un specie di Pearl Harbor al contrario, insomma.

Parte integrante del rapporto di ostilità tra USA e Giappone, l’attacco previsto per il 1936 fortunatamente non si realizzerà, ma l’attrito formatosi contribuirà inevitabilmente a causare il celebre attacco del 7 dicembre 1941.

Fu nel pieno di questo clima di tensione che il regista Takao Nakano e l’animatore Yoshitsugu Tanaka (1907 – 1982), futuro regista di film dal vero, decisero di mettere in scena un ipotetico attacco nemico, cercando di rassicurare i loro connazionali e deridere gli americani.

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La produzione dell’anime

L’idea era quella di dimostrare che la cultura millenaria giapponese fosse più forte della propaganda americana. I protagonisti sarebbero stati gli eroi leggendari giapponesi. Mancava solo opporre un personaggio negativo che rappresentasse i nemici Stati Uniti.

Si scelse proprio Topolino – senza alcuna autorizzazione di Walt Disney ovviamente. Quale migliore emblema della potenza statunitense? Il messaggio non poteva essere più diretto di così.

Oltre a Tanaka, lavorarono all’animazione Shunichi Funaki, Yoshirō Eikyu, Yasushi Taira e Tsutomu Nishiguchi. I cinque erano originariamente membri della società amatoriale d’animazione Dōeisha, fondata nel 1929, dove si erano specializzati in animazioni a silhouette (ombre prodotte da sagome di cartone mosse a passo uno).

Entotsuya Perō 1929
Un fotogramma di Entotsuya Perō (Lo spazzacamino Perot, 1929), il più noto corto animato a silhouette dalla Dōeisha.

I giovani membri del Dōeisha cominciarono la collaborazione con lo studio J. O. nel 1933. Per questo realizzarono gli anime della serie Omocha-bako, pur senza avere alle spalle esperienze con la cel animation – il che giustifica la qualità non troppo elevata di Ehon 1936-nen.

La colonna sonora fu probabilmente registrata dalla J. O. Orchestra, la Tahata Talkie, studio di incisione sito a Kyoto, e Chidori Kōgyō. Il team Hirahata eseguì la fotografia. Il corto uscì il 13 aprile 1934.

La terza Cassa di Giocattoli: Topolino attacca il Giappone

A prima vista, noi occidentali potremmo rimanere un po’ confusi dalla visione dell’anime e in particolare dalla sua trama. Complici la lingua, i personaggi e diversi elementi che potrebbero apparire incomprensibili.

N.B.: Non conoscendo la lingua nipponica, siamo stati costretti ad affidarci a dei traduttori online. Gli adattamenti riportati non sono dunque pienamente attendibili, e sono aggiunti solo al fine di dare un’idea dei dialoghi e dello sviluppo di trama del corto al lettore.

Su una piccola isola, forse simboleggiante il Giappone, alcuni giocattoli festeggiano allegramente suonando e ballando. Tra di loro notiamo un curioso sosia di Felix the Cat, il gatto nero creato da Otto Messmer nel 1919 per lo studio di Pat Sullivan.

Presto la festa si interrompe: Topolino, a dorso di un pipistrello, scrive nel cielo 1936: infine la scadenza è arrivata. Il Topo lancia una pergamena: “Datemi l’isola”. Una bambola e una tigre pupazzo corrono dal sosia di Felix per mostrare il biglietto, ripetendo qualcosa come “Il fatto è accaduto!”.

Il gatto si rifiuta di acconsentire alla richiesta del Topo, e brucia il biglietto in segno di sfida, rispedendolo in fiamme al mittente. Topolino, indignato, chiama a raccolta il suo raid di pipistrelli, l’armata di serpenti di terra e quella anfibia di coccodrilli. Vi ricorda una flotta statunitense? Lo è.

Fiabe, folklore e propaganda

Durante i bombardamenti, la bambola viene rapita da Topolino. La tigre corre a chiedere soccorso, e in breve “bussa” sul libro Fiabe antiche del Giappone – Momotarō (Nihon mukashi banashi Momotarō), richiamandone il personaggio protagonista.

Così, similmente a quanto accade nella Merry Melody dello Studio Warner Bros. Three’s a Crowd, uscita Oltreoceano poco meno di due anni prima, Momotarō esce dalle pagine del suo libro.

Momotarō: “Che cosa è successo?

Tigre: “È successo bla bla bla…

La tigre giocattolo indica i numerosi Topolino e serpenti che danzano, come nativi americani, intorno alla bambola legata a un palo.

Tigre “Aiutaci, per favore!”

Momotarō: “Okay!

I due chiamano a raccolta la moltitudine di personaggi protagonisti dei racconti popolari giapponesi. Il cartone prende una nuova svolta, riempiendosi di elementi della cultura e dal folklore giapponese.

Gli eroi difendono il Giappone dal perfido Topolino

Gli eroi comandano un plotone di granchi, tazze e castagne antropomorfe. A capo della flotta aerea di insetti c’è Issunbōshi, il Pollicino giapponese, sul dorso di un uccello. Al comando della flotta navale, invece, c’è il pescatore Urashima Tarō sul dorso di una tartaruga – evidente richiamo alla leggenda shintoista di cui è protagonista.

Urashima Tarō srotola uno striscione con su scritto qualcosa come: “L’Impero è caduto, ogni membro [dell’esercito] si sta impegnando di più. – Heihachiro Togo”. Forse un’esortazione da parte dell’ammiraglio a continuare a impegnarsi nella difesa.

La firma fa infatti riferimento a Heihachiro Togo, il più importante ufficiale della marina giapponese, noto per aver combattuto la celebre guerra russo-giapponese. Fu inoltre il primo giapponese a guadagnarsi la copertina su Time. Acclamatissimo eroe, morì poco dopo l’uscita del corto, il 30 maggio 1934.

Urashima Tarō mostra uno striscione
Lo striscione di Urashima Tarō.

Il trionfo del Giappone su Topolino-USA

Proprio al piccolissimo Issunbōshi tocca combattere Topolino in nome del Giappone:

Issunbōshi: “Ora!

Topolino: “Fatti sotto!

Segue una strana battaglia in stile chanbara a colpi di katana su di una nuvola. Il Topo cade dalla nuvola, grazie all’aiuto di diversi demoni – oni per l’esattezza – che lo fanno precipitare davanti a un divertito Urashima Tarō.

Quest’ultimo apre una scatola, sprigionando un’inquietante nube che fa invecchiare Topolino in un istante. Ora è ridotto all’impotenza e tutti gli ridono dietro, schernendolo.

In coro: “Festeggiamo con i fiori.

Anziano: “Okay!

L’anime è giunto alla sua fine: il gatto, la tigre e la bambola festeggiano sulle note dell’allegra canzone Tokyo Ondo, all’epoca molto popolare, mentre un anziano fa germogliare tutt’attorno fiori di ciliegio. E vissero per sempre felici e contenti, no?

Eroi e antagonisti in Ehon 1936-nen

Ciotole utilizzate come imbarcazioni, strane scatole e fiori di ciliegio. Queste stranezze hanno tutte una spiegazione.

Il capo della resistenza dell’isola, Momotarō, è tra i personaggi più usati nei corti del periodo nazionalista. Il Figlio della Pesca – questo è il soprannome dell’eroe, nato da un’enorme pesca magica – è il più acclamato protagonista dei cartoni animati nipponici sin dal 1932. E lo sarà fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Momotarō in Topolino Attacca il Giappone
Momotarō in Ehon 1936-nen.

Momotarō rappresentava in pieno i valori del Giappone. Nel 1944 sarà addirittura scelto come protagonista del primo lungometraggio d’animazione giapponese, Momotarō Umi no Shinpei, dove combatte nella marina contro la US Navy.

Secondo le statistiche odierne, in Giappone il Figlio della Pesca godeva di una fama pari solo a quella di Topolino. Per questo rimase a lungo tempo il protagonista assoluto e indiscusso dell’animazione giapponese. La scelta della sua apparizione in questo corto non è dunque casuale.

Ma il suo esordio nello short ci desta dubbi: perché mettere in bocca all’eroe del Giappone un’espressione tipicamente americana?

Chi sono gli eroi del Giappone che sconfiggono Topolino

Issunbōshi (da “issun”, un sun, equivalente a 3,33 cm, e “bōshi”, figlio) è un eroe molto simile al nostro Pollicino. Diventato 15enne, Issunbōshi decide di intraprendere un viaggio verso la capitale per diventare un guerriero, utilizzando una scodella come barca, una bacchetta come pagaia e un ago come spada. Déjà vu?

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Issunboshi a confronto con un fotogramma di Ehon 1936-nen

Urashima Tarō è un pescatore che, nella fiaba, soccorre una tartaruga che decide di ricompensarlo, conducendolo sul suo dorso al Ryūgū-jō, il Palazzo del drago. Dopo tre giorni, il pescatore chiede a Otohime, la regina, il permesso di fare ritorno a casa. Lei acconsente e gli dona una scatola, raccomandandogli di non aprirla mai per nessun motivo.

Di nuovo a casa, Urashima scopre che in realtà sono trascorsi oltre trecento anni dalla sua partenza. In preda allo sconforto, apre la scatola, che sprigiona una nuvola bianca. Questa lo fa invecchiare e morire sul colpo, poiché conteneva la sua età reale. La scatola è la stessa che fa invecchiare Topolino nello short, salvando il Giappone dalla sconfitta.

Gli altri personaggi

Alcuni personaggi nell’anime inoltre si rifanno ai protagonisti della cronaca del tempo. Le tre castagne kamikaze di metà corto, con molta probabilità, si rifanno alle Tre Bombe Umane, i tre soldati di prima classe Eshita Takeji, Susumu Kitagawa e Sakue Inosuke, diventati celebri per il loro estremo atto eroico.

Il 28 gennaio 1932, durante la guerra contro la Cina, i tre sfondarono le linee nemiche facendosi saltare in aria. Giornali e film li celebrarono sin da subito come eroi morti per la patria. Nel 1934 la loro vicenda era molto conosciuta, anche grazie ai numerosi film a loro dedicati.

Le Tre Bombe Umane reali a confronto con quelle di fantasia.
Le Tre Bombe Umane reali a confronto con quelle di fantasia.

Il finale di Ehon 1936-nen si rifà alla fiaba Hanasaka Jiisan, storia di un’anziana coppia che vive sola con un cane magico. Questo, scavando, fa trovare loro un tesoro. Il geloso vicino rapisce il cane ma, scontento di non essere riuscito a replicare la stessa fortuna, lo uccide.

Restituitene le spoglie, il padrone lo fa cremare. Il cane gli appare in sogno dicendogli di cospargere le sue ceneri su dei ciliegi. Non appena l’anziano esegue le volontà, i ciliegi fioriscono.

Tutte queste storie, all’epoca della realizzazione di Ehon 1936-nen, erano ampiamente conosciute a livello nazionale. Si potrebbe dire che tutti i racconti popolari sopracitati fossero rinomati anche più di quanto fiabe come Cappuccetto Rosso o Cenerentola lo siano oggi.

Il pubblico del corto era in grado di riconoscere perfettamente ognuno degli elementi tratti dai racconti, che erano stati narrati loro sin da piccoli.

Brevi considerazioni

Nonostante le intenzioni di Omocha-bako shirīsu – Dai-3-Wa: Ehon 1936-nen siano quelle deridere il nemico americano, il corto stesso usa ampiamente le tecniche d’animazione degli studi americani. In particolare, si notano elementi tipici degli shorts prodotti da Max Fleischer e Walt Disney nello stesso periodo.

La presenza di un simil-Felix e di Mickey Mouse dimostra come la cultura americana schernita sia comunque alla base del cartone giapponese stesso. Quasi sicuramente Tanaka e la sua equipe avevano visto qualcuno dei cartoons d’Oltreoceano, e nei loro anime per J. O. avevano cercato di emularne l’animazione.

Il tentativo dei membri della Dōeisha è comunque poco riuscito: le animazioni sono povere e i personaggi, poco coerenti con se stessi, cambiano drasticamente aspetto da una scena all’altra – evidente mancanza di un model sheet di riferimento. Influì probabilmente la poca esperienza con la cel animation e la poca organizzazione dello staff.

Qualitativamente, Ehon 1936-nen non ha poco a che vedere anche con i corti degli altri studi giapponesi contemporanei, nettamente superiori. Resta comunque un pezzo di Storia molto interessante: l’idea alla base della trama è ben congegnata e avrà senz’altro riscontrato i gusti del pubblico a cui era destinato.

Un destino inglorioso

Con gli anni, il corto animato del ’34 è caduto nel dimenticatoio, così come gran parte della produzione giapponese dai primi del ‘900 fino agli anni ’40.

In seguito al terremoto di Kantō del 1923, che distrusse parte degli studi d’animazione giapponesi, e alla Seconda Guerra Mondiale, molti di questi anime, col tempo, scomparvero dalla circolazione. Si credeva che tutte le stampe prodotte fino al 1945 fossero state distrutte e i corti perduti per sempre.

Per fortuna, con gli anni c’è stata una riscoperta di questo patrimonio smarrito, e dalle impolverate cineteche sono riaffiorati interessanti e bizzarri pezzi di storia del cinema giapponese. Molti di questi corti e film hanno oggi trovato nuova diffusione attraverso YouTube e simili, diventando presto accessibili a tutti. Nonostante ciò, il 96% dei film giapponesi prebellici si reputa perso.

Anche la serie Omocha-bako è stata, per anni, ritenuta perduta. Questo fino al ritrovamento di alcune pizze scomparse: dei probabili nove anime che la componevano, oggi resta però ben poco.

Evil Mickey Attacks Japan

Nel 2012 lo youtuber MitsukoWhiteWolf pubblicò su YouTube un video chiamato Evil Mickey attacks Japan (“Il Malvagio Topolino attacca il Giappone”). Lo youtuber sa poco e niente del corto. Nella descrizione del video ha definito l’anime un corto di propaganda giapponese anteguerra, datandolo erroneamente al 1936.

Lo short è, in realtà, proprio il nostro Ehon 1936-nen del 1934, terzo della serie Omocha-bako e primo a essere riscoperto in epoca moderna. Appena divenuto accessibile, il cartone era stato integrato in un DVD di anime prebellici, in commercio solo in Giappone.

La copertina del DVD contenente Topolino attacca il Giappone
Copertina del DVD contenente Omocha-bako shirīsu Dai-3-Wa: Ehon 1936-nen.

Quasi sicuramente il video caricato su YouTube proviene da questo DVD. Da allora è uno dei più conosciuti corti giapponesi anteguerra e il più famoso sul web.

…e gli altri corti della serie Omocha-bako

Il 24 marzo 2018 segue la riscoperta di Kuroneko Mansai (黒猫萬歳 conosciuto anche come Kuroneko Banzai), il secondo cartone della serie. Anche qui c’è una versione malvagia di Topolino intenta ad attaccare l’Isola dei Giocattoli.

Inoltre, sembra sia presente anche stavolta il gatto Felix, probabilmente il Kuroneko del titolo, che in giapponese significa appunto “gatto nero”. Questo avvalorerebbe l’ipotesi che si tratti di qualcosa di molto simile a Ehon 1936-nen.

Kuroneko Mansai: un altro Topolino in Giappone?
Un fotogramma di Kuroneko Mansai pubblicato in Storia dei Film Animati Giapponesi di Yasushi Watanabe e Katsunori Yamaguchi a confronto con quello di una copia erroneamente chiamata Omocha no Kōshin (玩具の行進, Marcia dei Giocattoli). In questa scena, Topolino (con un occhio solo?) si avventa minacciosamente su una bambola.

Purtroppo, Kuroneko Mansai, da sempre molto raro, è tuttora irreperibile sul web – il che spiega come mai venga spesso confuso con Ehon 1936-nen.

Ad oggi, sembrerebbero mancare all’appello ancora sette dei nove corti, tra cui il primo episodio, di cui conosciamo appena il nome e qualche dato: Tokkyū Kantai (特急艦隊, Lo squadrone espresso), un talkie della durata di 6 minuti circa, prodotto da maggio ad agosto 1933 e in uscita il 19 settembre dello stesso anno.

Il titolo rivela un’ulteriore matrice bellica. Forse l’intera serie Omocha-bako era basata sulla persistente guerra invisibile tra Stati Uniti e Giappone?

Le influenze di Topolino Attacca il Giappone

Dopo la sua riscoperta e un’ampia diffusione sul web, Topolino attacca il Giappone ha goduto di un grosso seguito tra gli appassionati. Tra questi, vale la pena citare almeno i fratelli Chad e Jared Moldenhauer, creatori del videogioco di successo Cuphead – Don’t Deal With the Devil (2017).

Dopo aver avuto l’idea geniale di creare un videogame animato con lo stesso stile di un cartone degli anni ’30, i due hanno ragionato a fondo sul design del protagonista. Guardando ai corti dei fratelli Fleischer, i due pensarono a un personaggio derivato da un oggetto inanimato. Ma che oggetto? Vennero prodotti oltre 150 modelli di prova.

Guardando su YouTube un vecchio anime, arrivò finalmente l’illuminazione: una tazza antropomorfa.

L'uomo tazza difende il Giappone da Topolino
5:13 di Ehon 1936-nen.

Come riporta Wikipedia:

Il personaggio che è diventato Cuphead discende da un corto di propaganda giapponese del 1936 [in realtà 1934, Ndr] in cui un uomo con una tazza da tè come testa si trasforma in un carro armato. I Moldenhauer hanno imitato l’animazione perché l’hanno trovata strana e si è subito impressa [nelle loro menti].

Non ne viene citato il nome ma, errore di datazione a parte, il personaggio riguarda esattamente il nostro Ehon 1936-nen.

L’eredità di Topolino attacca il Giappone: la nascita di Cuphead

Il personaggio si è poi evoluto in un mix tra questo bizzarro uomo-tazza e Topolino, assestandosi sulla versione che tutti conosciamo nel videogioco del 2017. Di conseguenza, anche il fratello di Cuphead, Mugman (secondo giocatore), è anch’esso ispirato dal personaggio del corto nipponico prebellico.

Cuphead è stato ispirato dall'uomo tazza in Topolino attacca il Giappone

Ma Cuphead non è l’unico personaggio ispirato ai buffi protagonisti di Omocha-bako shirīsu – Dai-3-Wa: Ehon 1936-nen. Tra questi c’è il rimbalzante Goopy Le Grande, ispirato alle castagne antropomorfe dell’anime.

Omocha-bako shirīsu Dai-3-Wa: Ehon 1936-nen può perciò essere considerato a pieno titolo tra le maggiori fonti d’ispirazione per Cuphead, al pari dei più noti Swing You Sinners! (Fleischer, 1930) e Flowers and Trees (Disney, 1932).

Sandro Marchetta

© Studio MDHR

Fonti: YouTube Evil Mickey attacks Japan – A 1936 japanese animation; Wikipedia History of anime, List of anime by release date (pre-1939), オモチャ箱シリーズ第3話 絵本一九三六年 (Omocha-Bako Series Dai-3-Wa: Ehon 1936-nen), 田中喜次 (Kiji Tanaka); ToyFilm Museum; AllCinema; Maria Roberta Novielli – Animerama: Storia del cinema d’animazione giapponese; AlleanzaDegliAnime

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