Palandrana, occhiali a pince-nez, cilindro, bastone da passeggio e ghette. Dopo aver letto questa lista, tutti avrete davanti agli occhi l’immagine di Zio Paperone. La stessa? Quasi. Siamo pronti a scommettere che ci sarà almeno una differenza, e cioè il colore del suo vestito. C’è chi avrà in mente un Paperone con una palandrana blu coi risvolti rossi, e chi una palandrana rossa coi risvolti neri. Ma chi ha ragione? C’è un colore ufficiale per la palandrana di zio Paperone? Oppure si tratta di una scelta arbitraria a seconda della storia?
Se la spiegazione che il vecchio taccagno possieda due (o più) palandrane di colore diverso vi sembra inconciliabile con la sua filosofia del risparmio a tutti i costi, oppure se vi state chiedendo come sia fatta davvero una palandrana dopo anni che la vedete indosso a Paperone, siete nel posto giusto.
Di che colore è la palandrana di Zio Paperone?
Come gli appassionati di fumetto Disney già sapranno, la realizzazione delle tavole prevede fasi separate di sceneggiatura, disegno, inchiostrazione, lettering e colorazione. Mentre nelle prime fasi c’è più interazione, e a volte possono essere curate dallo stesso autore, la colorazione è affidata a soggetti diversi, che molto spesso ricevono poche indicazioni.
Nella maggior parte dei casi questo spiega le differenze di colore delle tavole, ad esempio tra edizioni diverse della stessa storia, e vale in parte – ma non del tutto – anche per la palandrana di Paperone.

Per un personaggio come Paperone, concepito per una sola apparizione, non era stata sviluppata una fase approfondita di character design. Inizialmente non venne definita una versione ufficiale del suo aspetto, e perciò nei primi tempi lo abbiamo visto modificarsi e indossare abiti di foggia e colori differenti.
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A essere precisi, al suo esordio, Paperone non indossava nemmeno una palandrana. In Paperino e Natale su Monte Orso (1947), prima storia in cui compare, lo vediamo vestire, nell’ordine:
- una vestaglia verde, con risvolto e cintura a quadretti;
- una pelle di orso con sotto una camicia da notte bianca;
- un cappotto blu con risvolto marrone, guanti marroni e capello a fantasia scozzese con ponpon rosso;
- una giacca nera corta con bavero e polsini di pelliccia marroni;
- una giacca nera lunga, con camicia bianca e papillon verde.

Anche il resto dell’aspetto era diverso da quello che conosciamo oggi: le basette erano più lunghe e spostate sotto il becco, più grande di quello di oggi, le ghette erano marroni e gli occhiali, anch’essi più grandi, erano dotati di stanghette e di una montatura più spessa.
La prima apparizione della palandrana di Paperone
Carl Barks disegna per la prima volta Paperone con una palandrana nel 1950, in Paperino e il pappagallo contante. Nella storia, la palandrana è rossa con i risvolti blu, stretta in vita da una cintura e chiusa da un bottone rosso sotto al colletto. Oltre a questa lo Zione indossa un cilindro completamente nero, ghette grigie e dagli occhiali spariscono la montatura e le stanghette, pur rimanendo ancora più grandi rispetto alle dimensioni attuali. Anche le basette sono più piccole e si spostano verso l’alto, e nel complesso il papero assomiglia abbastanza a quello che conosciamo oggi.
Pochi mesi dopo, la palandrana ricompare in Paperino e la clessidra magica ma, a sottolineare la mancanza di uniformità nella colorazione, stavolta è nera con i risvolti rossi, con bottone e cintura neri. Le ghette sono invece grigie.
Verso una standardizzazione
Con il crescere del successo di un personaggio, il suo abbigliamento diventa parte integrante della caratterizzazione, e così anche lo stesso colore dei vestiti va incontro a una standardizzazione. Dopo Paperino e la clessidra magica, l’aspetto e il vestiario di Paperone cambiano più volte prima di raggiungere il design che oggi riconosciamo come caratteristico del papero più ricco del mondo.
Secondo Don Rosa, noto per la meticolosa lettura filologica dell’opera di Carl Barks, Paperone ha assunto il suo aspetto attuale a partire dal 1951. In questa versione, il papero indossa una palandrana rossa chiusa da un bottone giallo, con risvolti, cintura e ghette grigie, e un cilindro completamente nero. Non mancano però le varianti: nel tempo sono comparse anche palandrane di altri colori, dal blu coi risvolti neri al vinaccia, oltre al rosso destinato a diventare il colore “principale”.
In altre pubblicazioni estere invece, sia per quanto riguarda le traduzioni delle opere di Carl Barks che per le produzioni locali, non si teneva in conto quanto accadeva negli Stati Uniti. In Italia, per esempio, dopo diverse colorazioni si andò affermando la versione di Paperone con la palandrana blu e i risvolti rossi.
Palandrana rossa vs. palandrana blu
Nel 1977 arrivò una direttiva ufficiale dal Disney Studio Program, la divisione Disney che al tempo si occupava della produzione di storie a fumetti per il mercato estero. Il Disney Studio Program distribuì i model sheet di Zio Paperone, muniti dei colori predefiniti per la sua colorazione, dal becco ai bottoni delle ghette. Si passò così anche in Italia alla palandrana rossa coi risvolti neri.
L’operazione serviva a unificare i fumetti al merchandise, sul quale erano state da sempre presenti regole rigide, dovendo assicurare l’immediata riconoscibilità dei prodotti immessi sul mercato.
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Mario Gentilini, allora direttore di Topolino, recepì le direttive e provvide a uniformare le storie in produzione e le successive alle richieste provenienti dagli Stati Uniti. Così, sui numeri dell’epoca, è possibile trovare la transizione da un colore all’altro della palandrana di Zio Paperone.
La prima storia italiana con la palandrana rossa è Paperino e la fantastica sviolinata, di Guido Martina e Giorgio Cavazzano, uscita su Topolino 1132 del 7 agosto 1977. Sullo stesso albo c’è anche Zio Paperone e il tesoro di Tecumseh, di Romano Scarpa, dove invece la palandrana è blu. Le storie di quel periodo che presentano ancora la palandrana di questo colore sono da attribuirsi al fatto che erano state ultimate prima dell’entrata in vigore delle nuove direttive.

Quando nel 1987 venne prodotta la serie DuckTales – Avventure di paperi, per il vestito di Zio Paperone si optò invece per la palandrana blu con i dettagli rossi, incluse le ghette e la fascia del cilindro. La direttiva non venne però recepita dai fumetti prodotti in Italia, e su Topolino si proseguì a colorare la palandrana di Paperone in rosso, con i risvolti neri e le ghette blu. Le storie stampate da noi dopo il 1987 con il vestito blu sono traduzioni di opere straniere o ristampe.
Interessante notare come il reboot di DuckTales del 2017 abbia cambiato ancora una volta le carte in tavola con la scelta della palandrana rossa, facendola tornate a essere la versione standard.
…ma alla fine, com’è fatta davvero una palandrana?
La palandrana è “una veste larga e lunga come un gabbano, usata in casa dagli uomini, specialmente nel XVI e XVII secolo”, secondo la definizione Treccani. Un gabbano invece è un largo cappotto con maniche, foderato di pelliccia o di altra stoffa, a volte dotato di cappuccio. Usato inizialmente da chi andava a cavallo per proteggersi dalle intemperie, è divenuto poi una veste da lavoro per contadini e operai.

Dalla descrizione e dall’aspetto in verità, non somiglia molto a quanto indossa Paperone. La palandrana è una veste da casa, mentre lo zione non si cambia i vestiti quando riceve qualcuno per affari né per uscire.
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In Zio Paperone e il vello d’oro (1955) di Carl Barks, Paperone ci dice che ha comprato la palandrana in Scozia nel 1902. Nella versione originale della storia, lo Zione si riferisce al vestito come “broadcloth coat“, e cioè un cappotto doppiopetto di lana pesante, senza definire il capo d’abbigliamento in maniera più specifica come nella traduzione italiana. Sta di fatto che, nonostante le differenze, il termine “palandrana” è divenuto di uso comune in Italia per identificare il vestito di zio Paperone.
Facendo qualche ricerca, l’abito di Paperone sarebbe più simile a un frock coat (letteralmente, “cappotto a tunica”) altrimenti detto rendigote:
[…] un cappotto da uomo abbastanza aderente che scende fino alle ginocchia con spacco singolo. È dotato di un colletto e di due risvolti, baveri, o revers (doppiopetto). Presenta un taglio sulla vita che divide il corpino dalla gonna (o coda) più o meno svasata secondo la moda del tempo.
Wikipedia

La descrizione sembra calzare a pennello. Stando alla Treccani, quest’abito maschile con giacca lunga era usato, a inizio Ottocento, dai grandi banchieri. Da lì, l’altro nome con cui è conosciuto: finanziera. Decisamente appropriato, per Paperone.
Agnese Amato
Immagini © Disney | The Metropolitan Museum | dalvenetoalmondo | TEXSITE.info
Fonti: Wikipedia | Treccani | Luca Boschi (a cura di), Le grandi storie Disney: L’opera omnia di Romano Scarpa 34. Zio Paperone e l’acqua quietante e altre storie. RCS, 2014.