È in arrivo su Disney+ la seconda stagione di High School Musical: The Musical: La serie, serie televisiva ispirata (con nuovi personaggi e un nuovo universo narrativo) a una trilogia di film dal titolo un po’ più breve. “Quali film?”, diranno subito i nostri piccoli Wildcats… ehm, lettori. Per rinfrescarci la memoria, e cercare di animare il lockdown dovuto alla pandemia di COVID-19, la reunion del cast di High School Musical è andata in onda ad aprile col The Disney Family Singalong, uno special televisivo dell’emittente statunitense ABC.
Non parliamo solo degli attori di High School Musical: The Musical: La serie, ma anche dei divi della trilogia che ha avviato l’intramontabile franchise. Ovvero Ashley Tisdale, Lucas Grabeel, Vanessa Hudgens, Monique Coleman e un Corbin Bleu sempre parecchio in forma. Perché chi è rimasto ancorato al mito della frangia incredibilmente folta di Zac Efron, come può non essere felice di rivedere i favolosi Sharpay e Ryan, la dolce Gabriella, la pungente Taylor e l’oltremodo in forma Chad?
Non facciamo finta di non aver mai sentito nominare questi personaggi, o di non avere mai ammirato quella frangia sulla copertina di qualche diario scolastico tempestato di cuoricini. Anche se ai musical preferiamo gli AC/DC, snobbiamo i filmetti melensi di Disney Channel e non capiamo questi ragazzini di oggi che ballano il k-pop, probabilmente abbiamo appena ripassato la coreografia di We’re All in This Together, stiamo ancora imparando a scendere le scale come Sharpay e quando qualcuno chiede “Chi vince?” gridiamo a squarciagola “Wildcats!“, mentre se la prof d’inglese domanda “What time is it?” la risposta (a costo di prendere una nota) è “Summertime!“.
Ammettiamolo, con High School Musical ci siamo cresciuti. Come dice la canzone, ci siamo dentro insieme.
High School Musical: le basi (ossia i capelli di Zac Efron)
E va bene, diciamo pure che voi non sapete cosa sia High School Musical. Ve lo spieghiamo in un attimo!
Il marchio High School Musical, come già accennato, comprende i capelli di Zac Efron (o comunque dovrebbe), prodotti televisivi, spettacoli teatrali, videogiochi, racconti cartacei e persino uno show sul ghiaccio. Nonché magliette, cereali zuccherati, album di figurine e materiale per la scuola, con grande spargimento di stelline e strass. Alla base, però, c’è la saga cinematografica diretta da Kenny Ortega (già regista di Hocus Pocus), iniziata con lo straordinario e inaspettato successo del suo umile film Disney televisivo del 2006, intitolato appunto High School Musical.
Il film in questione è l’innocentissima love story fra una ragazza prodigio delle scienze, Gabriella Montez, e un campioncino di pallacanestro dall’increscioso nome di Troy Bolton, all’interno del classico scenario liceale modello Disney Channel. E quindi armadietti colorati, mensa con cibo dall’aspetto radioattivo e bei ragazzotti sorridenti dagli improbabili look sgargianti. La trama del film è in realtà il contenitore di una serie di numeri di canto e ballo, che girano in maniera metateatrale attorno all’allestimento di un musical scolastico.
Questa estrema semplicità ha avuto un tale impatto da generare non solo un imprevisto sequel, ma anche un terzo capitolo che ha meritato addirittura il grande schermo (e costumi un tantino migliori). High School Musical 2 (2007) tratta delle vacanze estive di Gabriella, Troy e compagnia cantante (letteralmente), mentre High School Musical 3: Senior Year (2008) copre l’anno del loro diploma.
Tutto questo ancora non vi risveglia alcun ricordo? Ma avrete pur sentito nominare l’attore Zac Efron, che deve la sua fama proprio alla sua interpretazione di Troy Bolton. E anche (senza dubbio) alla capigliatura del personaggio: una versione “da bravo ragazzo” del caschetto compatto e dei colpi di sole dei primi anni 2000.
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La trilogia: l’inizio di qualcosa di nuovo?
Com’è possibile che un film musicale distrattamente trasmesso su Disney Channel per riempire i pomeriggi dei ragazzini (e far entrare le canzoni negli incubi dei genitori) abbia avuto tanto successo? Si tratta davvero solo di una serie di cliché adolescenziali strutturati come un musical all’acqua di rose, o c’è dentro anche qualcosa di nuovo?
A un primo sguardo i cliché sono tutti presenti, a partire dal microcosmo di tribù giovanili della East High (la scuola dei protagonisti): secchioni un po’ impacciati, atleti super popolari, frivole cheerleader e trasandati maniaci dello skateboard. A ostacolare la vicenda amorosa nel primo film sono proprio le rigide barriere sociali fra i diversi gruppi di cui Troy e Gabriella fanno parte. Una tematica che ha precedenti in musical come Grease e West Side Story, che prendono a loro volta le mosse dal modello shakespeariano di Romeo e Giulietta.
A un secondo sguardo, il mondo della East High non è diviso in maniera così scontata. Anche se Troy e i suoi amici atleti sono le star della scuola (non come lo sarebbe dalle nostre parti uno di nome “Troy”) e i secchioni vantano la protagonista Gabriella nelle loro schiere, a emergere in High School Musical è un altro gruppo: quello dei Tespiani (Thespians), ovvero i giovani teatranti. Quelli dediti a bizzarri gargarismi per “scaldare la voce” e ad altrettanto spaventosi movimenti per “occupare la scena”. Estrosi, esagerati e irresistibili.
Buoni, cattivi e Sharpay
I villains di High School Musical non sono i soliti atleti bulletti né i secchioni rosiconi. Tecnicamente sono proprio i Tespiani, i cui ruoli sono però sfumati. La fanatica insegnante di teatro, la professoressa Darbus, sa mettere in difficoltà gli eroi ma anche essere corretta, accattivandosi le nostre simpatie coi suoi modi svaporati e il perenne tono declamatorio con cui pronuncia battute pungenti. Un simile carisma, che diverte il pubblico quanto esaspera i protagonisti, è il perno del personaggio di Sharpay Evans. Questa viziatissima divetta (rivale in erba di Paris Hilton) è la regina dei Tespiani e la principale antagonista della saga.
Con le sue reazioni drammatiche, la sua esuberanza ingombrante e i suoi numeri musicali pacchiani, Sharpay ruba la scena a Gabriella e Troy. Pur essendo bionda, vistosa e arrogante, non è la classica cheerleader perfida e desiderata: è una teatrante fino al midollo e non è neppure desiderata. È eccessiva per chiunque, tranne che per se stessa: persino la sua firma va sopra le righe. Sharpay non cerca la fuggevole approvazione dei coetanei, nemmeno quella degli atleti che (stando agli stereotipi) dovrebbero sbavarle dietro (e invece la temono). Punta già al duro mondo dello spettacolo. Anche il bel capellone Troy, di cui è infatuata, per lei è innanzitutto un puledro promettente che potrà esserle partner in una dorata carriera artistica. L’assenza di scrupoli di Sharpay e la sua recitazione gigiona sono discutibili, ma la sua passione per il palcoscenico è totale.
La tenacia e il fondo di onestà dei sentimenti di Sharpay le assicurano sempre una redenzione: lei e i protagonisti, riconoscendosi una stima reciproca (al di là delle patatine al formaggio volate addosso all’una o agli altri), finiscono sempre per cantare insieme. D’altronde le losche trame di Sharpay per essere sempre la prima attrice non arrivano a sabotare per davvero gli eroi. Sono gli eroi stessi (protagonisti e comprimari) a farlo, con la propria ingenuità e l’innocente egoismo delle proprie buone intenzioni. Sharpay è talmente alla pari con gli idoli della saga da avere uno spin-off tutto suo, il film televisivo La favolosa avventura di Sharpay (2011).
L’importanza di essere noi stessi (anche se ci chiamiamo “Troy”)
Nell’arco della saga, i Tespiani assorbono regolarmente tutti gli altri gruppi nella realizzazione degli spettacoli musicali. Nel farlo però portano alla luce, in maniera inedita per l’ottica tribale dei teenager, il rispetto e la valorizzazione dell’individualità. Individualità intesa non come un unico talento da trasformare al più presto in un ingranaggio del sogno americano, ma come spettro delle varie dimensioni della persona, tutte importanti ma non sempre tutte accettate.
Magari una timida secchiona sogna di twerkare insieme a Cardi B, o un rude atleta sa dare una squisita crosticina alla crème brûlée. Esistono passioni in apparenza inconciliabili, inclinazioni e desideri “non conformi” al nostro aspetto, al nostro genere, al ruolo che ci appioppano. Le parti “strane” di noi che gli altri si rifiutano di vedere, ma che ci rendono felici e completi.
High School Musical ci mostra come sia possibile imparare a convivere con il nostro lato “strano” e come solo a partire dal rispetto e dall’accettazione reciproca si possa parlare davvero di amicizia, unione, gruppo.
Eppure a volte sono proprio i cosiddetti amici a ferirci più di chiunque voglia consapevolmente danneggiarci. Per questo, malgrado l’ironica vivacità della canzone Stick To The Status Quo, non è la travolgente coreografia di massa a colpirci nel profondo. È piuttosto l’espressione sul volto dei ragazzi che, dopo aver avuto il coraggio e la fiducia di mettere sul tavolo se stessi, vengono respinti e istigati a rimettersi una maschera.
«Baseball, dancing, same game»
Non possiamo trattare l’espressione di noi stessi e, soprattutto, nominare Sharpay senza parlare anche di Ryan. Fratello gemello di Sharpay, Ryan appartiene alla categoria di scagnozzi dei villain che si redime immancabilmente: la sua mancanza di furbizia non è quella di un bruto, ma quella di un’anima pura, caduta nelle mani di una personalità prepotente. Una personalità che non è comunque più forte della sua: Ryan è un allegro temerario, come si nota dalle sue vigorose mosse di danza e dal suo abbinare berretti e borsalini agli outfit. Nonché dalla sua sfida verso le sottili aspettative del papà, che lo vorrebbe magari… palestrato o golfista.
Ryan compie un suo percorso nella saga, svincolandosi da Sharpay e mostrandosi come un personaggio dai diversi strati. Potremmo immaginarlo sia come un ragazzo etero che apprezza lo yoga e Ashton Kutcher, sia come un ragazzo gay che gioca a baseball e accompagna al ballo la sua amica Kelsi Nielsen, o il contrario, o entrambe le cose. Malgrado gli altri protagonisti abbiano il loro love interest (Troy con Gabriella, Taylor con Chad, Sharpay con Troy nella sua testa – e con Zeke nella testa di Zeke), non ci sono manifestazioni esplicite degli interessi di Ryan nel campo, ma le dichiarazioni del regista Kenny Ortega ci dicono che Ryan è un ragazzo gay col pallino delle arti drammatiche: un po’ com’era lui.
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Sì, ma quando si baciano?
Se Kenny Ortega attraverso Ryan non ha potuto parlare in modo aperto dell’esperienza di un liceale e futuro coreografo gay, considerato il clima culturale della Disney dei primi anni 2000 (mentre l’attuale serie televisiva annovera personaggi espressamente LGBTQ+), l’eroina Gabriella offre invece una rara rappresentazione degli statunitensi di origine ispanica.
Il volto femminile di High School Musical non è infatti quello di una biondissima e bianca cheerleader: a rapire il cuore e scompigliare la zazzera del figone Troy è una ragazza ispanica che è pure un genio matematico, con ampie prospettive di carriera. Anche se probabilmente non ha inventato lei il popcorn da microonde e l’interprete Vanessa Hudgens ha radici principalmente asiatiche.
Ma Gabriella alla fine se lo bacia, questo Troy? Oggi sembra una domanda assurda, parlando di un’intera trilogia di film d’amore adolescenziale: dopo la castità d’ispirazione religiosa di Twilight, ne è passata di acqua sotto i ponti, per arrivare ad After e i suoi epigoni, dove i primi baci sono solo un aperitivo prima del piatto principale. E invece la specialità di Troy e Gabriella è intonare duetti guardandosi intensamente negli occhi, a rischio di cadere dal palco. SPOILER Riescono a baciarsi sulle labbra nel secondo film, con scandalo ed esplosione di irrigatori da prato.
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Ovvio che l’essere imbranati, casti o innocenti siano tratti legittimi dell’adolescenza quanto la voglia di esplorare la propria sessualità. Ma rispetto a storie d’amore costruite su altalene di passione e gelosia, grandi gesti romantici e gravi tradimenti, la relazione fra Troy e Gabriella colpisce nel suo essere tenera e fresca.
High School Musical non è solo la storia di un sentimento, ma quella dello stabilirsi di un legame nelle piccole difficoltà e gioie quotidiane, nel dialogo e nell’esserci l’uno per l’altro, fra valzer nella serra e picnic con pizza. Per non dimenticare il prezioso ciondolo donato da Troy a Gabriella, con l’iniziale di lui (non il nome intero, grazie al cielo) in alluminio massiccio, che Gabriella indossa come fosse un Cartier.
«È musica… da musical!»
Ma fra le cose importanti di High School Musical non dovremmo citare, per esempio, il musical?
Esaminando tale dettaglio, la struttura dei film è basilare: un’alternanza di cori pimpanti e assoli introspettivi, reprise e gran finale con balletto collettivo. Le coreografie, opera dello stesso regista Kenny Ortega, sono a volte associabili a un vecchio stile alla Gene Kelly, con ballerini in riga di fronte alla cinepresa, tip-tap e jazz square. Questo richiamo ai classici è aperto e autoironico. Del resto Kenny Ortega ha anche creato dei classici, vantando nel suo curriculum le coreografie di Dirty Dancing: nessuno mette Kenny in un angolo!
Più che l’originalità, le canzoni di High School Musical hanno il pregio dell’essere molto orecchiabili. Proprio come le coreografie, fanno venir voglia di essere riprodotte, anche a chi non azzecca una nota o non è provvisto di muscoli del bacino. Gli interpreti di queste colonne sonore hanno evidenti abilità vocali e atletiche (lasciandoci il sospetto che gli attori fanciulli di Disney Channel siano in realtà veterani abbeverati alla fonte dell’eterna giovinezza), ma chiunque può provare a imitarli, seguendo le semplici melodie e le lineari sequenze di mosse. E su una cosa siamo tutti d’accordo: le versioni camp di Sharpay dei languidi duetti di Troy e Gabriella hanno molto più mordente degli originali!
«High School Musical: who says we have to let it go?»
Tante chiacchiere, ma alla fine non stiamo parlando di Roger e Hammerstein o Andrew Lloyd Webber. Nella sua dignità, con la sua frizzante ironia e i suoi lati innovativi, si tratta sempre del kitsch commerciale, paillettato, rumoroso e rassicurante di Disney Channel evolutosi in vari media. E perché non possiamo amare anche qualcosa che non ci fa sembrare “fichi”? Secchioni o atleti, snob o sciamannati, cinici o romantici, tutti ogni tanto (come dice la canzone di Sharpay) abbiamo bisogno di qualcosa di esaltante che ci aiuti a tirare avanti. Qualcosa di favoloso, “persino favolosa spazzatura“. Abbiamo bisogno di un po’ di High School Musical: è così sbagliato?
P.S.: Però in fondo, non sono meglio i capelli di Chad?
Verina Romagna
Immagini © Disney
Fonti:
Regno Disney | Disney Wiki | Wikipedia | Insider | Latina | AreTheyGay | The New York Times