Se qualcuno ci chiedesse di descrivere zio Paperone, sicuramente uno degli aggettivi più azzeccati sarebbe “solitario“. Il vecchio Cilindro non ha mai fatto mistero della sua diffidenza verso le altre persone e della sua predilezione per una vita autonoma. Vi ricordate quali sono le prime parole che il suo creatore Carl Barks gli ha fatto dire?
Eccomi qua, nella mia comoda dimora, aspettando che passi il Natale! Bah! Che stupida festa, in cui tutti si vogliono bene! Ma per me è diverso! Tutti mi odiano e io odio tutti!
(Paperon de’ Paperoni, Il Natale di Paperino sul monte Orso)
Paperone appare come un personaggio forte e indipendente: si fida solo di se stesso, e sembra considerare la compagnia degli altri una perdita di tempo se non porta un qualche profitto. Ma è davvero così? Oppure anche il “più duro dei duri” in realtà ha bisogno, proprio come tutti noi, di non sentirsi solo? Cerchiamo di scoprire se, nonostante l’aspetto burbero, anche Paperone debba fare i conti con una delle fragilità più umane che ci siano: la solitudine.
Il termine solitudine in italiano è ambiguo, in quanto può avere accezione sia positiva sia negativa. Rimanere soli, difatti, non è certamente sempre una cosa negativa. Anzi: aiuta a mettere ordine nei propri pensieri, a isolarsi dal caos della società e delle relazioni personali e a sviluppare una propria personalità indipendente. Tuttavia, accanto a questi aspetti positivi, nel concetto di solitudine rientra anche quella sensazione di totale mancanza d’affetti, di sostegno e di conforto, che spinge molti alla tristezza e alla depressione. La solitudine può farci spiccare il volo o farci colare a picco. Come diceva il poeta Giacomo Leopardi:
La solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene, stai benissimo; se sei solo e stai male, stai malissimo.
La lingua inglese, a differenza dell’italiano, possiede due parole distinte per indicare queste due accezioni di solitudine: solitude per quella positiva, loneliness per quella negativa. Paperone, in particolare quello di Barks e Don Rosa, ha sicuramente improntato la propria vita sulla solitude, tanto da divenirne un emblema. Sin da quando aveva 13 anni ha dovuto lottare da solo per costruire e consolidare la propria fortuna, facendo conto solo sulle proprie forze e spingendo sempre più in là i propri limiti. Accanto a questa autonomia, possiamo dire senza timore di sbagliare che Paperone sia anche il personaggio che più di tutti gli altri ha avuto a che fare con il peso della loneliness. Per quanto il vecchio Cilindro sia abile a nascondere i momenti bui che – come tutti noi – ha attraversato, essi lo hanno indubbiamente segnato.
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Tra gli autori Disney Don Rosa è quello che più ha fatto luce su come gli eventi della vita del papero ne abbiano forgiato il carattere. Partendo dalla personalità definita da Barks, ha approfondito le relazioni del miliardario con familiari, amici e giovanili amori. Il quadro che emerge non è solo quello di un Paperone estremamente umano e psicologicamente complesso, ma anche di un personaggio che può esserci d’aiuto per capire come affrontare alcune difficoltà della nostra vita. Vi chiederete: come può un papero dei fumetti insegnarci qualcosa sulla solitudine? Seguiteci nei prossimi paragrafi, lettori di poca fede!
Noi creiamo la nostra solitudine
Gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangano sempre lontani; se uno soffre, il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l’amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.
(Dino Buzzati)
Nella stragrande maggioranza dei casi, quando ci sentiamo soli rifiutiamo la compagnia delle altre persone. Spesso lo facciamo perché non ci sentiamo capiti, o perché pensiamo che nessuno possa aver vissuto la nostra situazione. Di fronte alla sofferenza escludiamo gli altri dal nostro dolore, chiudendoci in una bolla, le cui pareti poco a poco si ispessiscono sempre di più. È sicuramente la maniera più facile per reagire di fronte ad una difficoltà. Evitiamo il confronto, che invece ci aiuterebbe a ridimensionare la situazione, per crogiolarci nell’autocommiserazione.
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“Che cosa c’entra questa manfrina sulla solitudine con Paperone?”, direte voi. C’entra eccome, anzi, è fondamentale per capire molto del vecchio Papero. Sicuramente tantissimi di voi avranno letto e riletto la Saga di Paperon de’ Paperoni, l’opera di Don Rosa interamente dedicata alla vita del miliardario. Se non lo avete fatto correte subito a recuperarla, e non tornate qua prima di averla imparata a menadito (se non volete spoiler)!
Il capitolo che ci interessa in questo caso è l’undicesimo, Il cuore dell’impero. Paperone, dopo essere finalmente diventato miliardario, comincia a trasformarsi in un avido speculatore senza scrupoli, giungendo addirittura a devastare un villaggio di indigeni per ottenere la loro terra. Matilda e Ortensia, le sorelle di Paperone (le sue uniche parenti ancora in vita), decidono di abbandonarlo dopo la sua azione riprovevole e di non incontrarlo più finché non si sarà scusato. Il ricco papero capisce il suo errore, e si ripromette di fare pace con le sorelle. Tuttavia rinvia continuamente l’incontro con Matilda e Ortensia a causa dei numerosi affari in cui si getta uno dopo l’altro. Il momento del confronto tra i fratelli arriva nientemeno che 23 anni dopo il litigio, quando Paperone fa ritorno a Paperopoli dopo decenni di viaggi intorno al mondo.
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In questa occasione le sorelle decidono di lasciar perdere il passato e di andare a trovare il fratello. Ma gli anni di solitudine gli hanno costruito una corazza che l’accoglienza festosa dei suoi parenti non può penetrare. Il miliardario, sebbene abbia capito il motivo per cui le sorelle lo hanno abbandonato, ha passato troppo tempo da solo per comprendere il valore dell’affetto della sua famiglia. Tutto quello che vede davanti a se è gente che minaccia il suo denaro, irriconoscente verso i sacrifici che ha sostenuto per diventare ricco. Sbatte la porta dell’ufficio in faccia a tutti e se ne va, convinto che nessuno possa capirlo.
Tsk! Parenti! A cosa servono? Chi ne ha bisogno? Paperon de’ Paperoni non ha bisogno di nessuno!
(Paperon de’Paperoni, Il cuore dell’impero)
L’esperienza di Paperone: una distrazione non è una soluzione
Non ci consoliamo dei dolori, ce ne distraiamo.
(Stendhal)
Siete ancora convinti che Paperone non abbia niente da insegnarci sulla solitudine? Qualcuno potrebbe obiettare che sicuramente la nostra vita di tutti i giorni non è certo paragonabile a quella del miliardario. Quanti di noi hanno litigato con la propria famiglia per più di vent’anni, senza mai avere un dialogo? Di certo la sua situazione è esasperata: ma non è la sola lezione che la vita di Paperone ci offre.
Quante volte in un momento di difficoltà ci siamo sentiti dire “non ci pensare”, “fai qualcos’altro”, “ti devi distrarre”? Almeno una volta ci sarà capitato di cercare una distrazione in qualcosa d’altro per non pensare a una brutta situazione. Questo comportamento, che all’inizio può essere d’aiuto, non è una soluzione al problema. In particolare, se ci sentiamo soli questa strategia si rivela essere una falsa speranza: fuggire dalla mancanza di affetti non fa altro che ritardare il momento in cui essa busserà di nuovo alla nostra porta, più forte di prima.
Non ci credete? Guardiamo di nuovo alla vicenda di Paperone. Non appena ha litigato con la sua famiglia, scopre di essere diventato il papero più ricco del mondo. Non è certo una distrazione qualsiasi: è ciò che il vecchio Cilindro ha sempre desiderato, sin da quando lustrava le scarpe degli abitanti di Glasgow! Eppure, anche questo traguardo non può sostituire la famiglia che ha cacciato in malo modo. In pochi anni il magnate si isola, entrando in un profondo stato di solitudine che lo porta ad abbandonare anche la “distrazione” del denaro del suo deposito.
E chi ha più bisogno di loro? Avrò i soldi!
(Paperon de’ Paperoni, Il re di Copper Hill)
Chiedere scusa: un primo passo
Tutto il problema della vita è questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri.
(Cesare Pavese)
A volte ci sentiamo soli perché abbiamo rotto i rapporti con una persona che significava moltissimo per noi. Un fidanzato, un amico, un genitore, un figlio, un parente. Lasciamo le redini della situazione all’orgoglio, se riteniamo di avere ragione, o alla vergogna nel caso in cui ci sentiamo nel torto. In entrambe le eventualità, comunque, questo ci porta a un distacco che non solo non ci aiuta, ma ci separa anche dalle altre persone.
Ancora una volta Paperone mostra di condividere con noi questo aspetto, come vediamo in un’altra splendida storia di Don Rosa, Una lettera da casa. In questa avventura il vecchio papero riesce finalmente a riappacificarsi con la sorella Matilda dopo il litigio raccontato ne Il cuore dell’impero. Confessa che tutti quegli anni di silenzio e solitudine erano dovuti alla vergogna per aver cacciato le sorelle dalla sua vita, e all’orgoglio che gli ha impedito di affrontare la sua famiglia per più di 20 anni.
Non sarà stato facile per Paperone superare così tanti anni di silenzio con sua sorella, né sarà stato semplice per lei cercare di capire e perdonare il fratello. Nonostante ci fosse apparentemente una distanza siderale tra di loro, è bastata la disarmante sincerità della parola “scusa” a riannodare un legame che sembrava perduto per sempre. Paperone e Matilda sono un importante modello per affrontare i nostri problemi relazionali. Solamente chiedendo perdono e perdonando – per quanto possa risultare difficile – possiamo sperare di ricostruire un rapporto che duri nel tempo.
Il mio viaggio era stato troppo lungo! Il mio corpo era più resistente dei miei ideali! Io… persi di vista i miei obiettivi, ma ero… troppo testardo per ammetterlo!
(Paperon de’ Paperoni a Matilda, Una lettera da casa)
Paperone insegna: aprire gli occhi sulla realtà che ci circonda
“Ci si accorge delle cose, ponendole sotto la lente della contemplazione, quando esse svaniscono, vanno in rovina, iniziano a comportarsi stranamente o ti deludono in qualche altro modo.”
(Zygmunt Baumann)
Continuando a leggere Una lettera da casa, Zio Paperone ci offre un altro grande insegnamento. Nel commovente discorso a Matilda, il vecchio Cilindro confessa che dopo 17 anni passati in completa solitudine, ha voluto conoscere suo nipote Paperino, l’unico parente di cui sapesse qualcosa. Perché questa decisione? Per vedere se fosse stato un degno erede? Assolutamente no: Paperone ha chiamato Paperino perché lo considera molto più ricco di lui.
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Non si parla certo di denaro. Paperino ha una famiglia, che invece il vecchio Papero ha sacrificato sulla strada del successo. Paperone ci regala una lezione inaspettata: spesso non ci rendiamo conto della ricchezza che abbiamo attorno, impegnati come siamo a raggiungere felicità più alte e lontane. Come degli scalatori, gettiamo via man mano quello che ci sembra ci appesantisca lungo l’ascesa: ma una volta giunti in cima, ci accorgiamo che abbiamo buttato tutto quello che ci sarebbe servito per rimanere in vetta. Non ci resta che scendere, per tentare di recuperare con fatica ciò che avevamo sacrificato con così tanta leggerezza.
– Ma adesso hai noi! Noi saremo la tua famiglia!
– No… è troppo tardi! La famiglia… avere una famiglia, ecco qualcosa che non ho mai avuto, sebbene ci sia stato un momento in cui… io, per poco…
(Dialogo tra Paperone e Qui, Quo e Qua, Il papero più ricco del mondo)
Paperino: un antidoto alla solitudine
È vero, stiamo parlando di quello che ci può insegnare Zio Paperone: ma dal momento che anche il vecchio Cilindro ha chiesto aiuto a Paperino per uscire dalla solitudine, perché non guardiamo che cosa ha da dirci il nostro sfortunato amico? Paperino è un vero e proprio antidoto alla depressione: nonostante tutti i guai che si trova a superare ogni giorno, riesce sempre a trovare un motivo per essere felice, per quanto piccolo e insignificante. Avrà anche pochi soldi in tasca, ma anche tanti amici pronti ad aiutarlo e una famiglia che lo può confortare nei momenti di difficoltà.
Ma siccome vogliamo proprio mettere il dito nella piaga, andiamo a cercare un momento in cui anche Paperino ha vissuto la sofferenza della solitudine, come nella storia di Don Rosa Paperino e il genio del compleanno. Qui il nostro marinaio si sente inutile e solo di fronte al mondo. È disoccupato, maltrattato da Paperina e Zio Paperone, umiliato da Gastone e snobbato dai nipotini, che si dimenticano addirittura del suo compleanno. Andiamo, non fate tanto i duri: sicuramente anche voi vi sarete sentiti così in qualche occasione!
Paperino incontra fortuitamente un genio, che esaudisce un desiderio pronunciato dal papero in questo momento di grande sconforto: non essere mai nato! Osservando la realtà parallela in cui lui non è mai esistito, scopre… di essersi sbagliato alla grande! Nonostante pensasse di essere inutile, Paperino tocca con mano quanto invece fosse indispensabile per la felicità dei suoi amici e parenti. Zio Paperone, Paperina, Archimede, Nonna Papera, Qui, Quo e Qua vivono vite tristi e deprimenti senza di lui.
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Donald riesce a tornare nel mondo “normale” di cui anche lui fa parte, con una grande consapevolezza: per quanto si senta piccolo e insignificante, ha un ruolo fondamentale per chi gli sta accanto. Perciò, quando ci capita di sentirci soli e depressi, rileggiamo questa storia: grazie a Paperino possiamo renderci conto di quanto siamo tutti importanti per qualcuno, in modi che nemmeno immaginiamo. Don Rosa ha messo in campo il personaggio in cui ci identifichiamo di più per aiutarci ad affrontare questa sensazione di inutilità e per invitarci a riscoprire il nostro vero valore.
Vi siete convinti?
Siamo certi che ciascuno di voi sia stato toccato dalla profondità dei personaggi di Don Rosa, non mentite. Non è possibile rimanere indifferenti ai dilemmi che abbiamo analizzato, e sapete perché? Perché i problemi dei paperi non sono altro che una trasposizione su carta dei nostri. Tutti noi abbiamo vissuto, bene o male, le situazioni di Paperone, Paperino e Matilda: quando leggiamo queste storie, possiamo confrontare la reazione dei personaggi con quella che abbiamo avuto noi di fronte alle stesse difficoltà, e addirittura trarne qualche insegnamento. E poi la chiamano “roba per bambini”…
Non c’era alcuna differenza tra i miei personaggi e la vita che i miei lettori avrebbero dovuto affrontare
(Carl Barks)
Francesco Menegale
Immagini © Disney, Panini Comics