“Il tempo crea eroi”, ha scritto qualcuno.
E gli «eroi» non muoiono mai.
Sogni e delusioni di Topolino sono anche di un popolo che, nel bene e nel male, «farà la storia».
Noi non c’eravamo.
Ma qualcuno di noi, nato al tempo, avrebbe potuto esserci… Avere la sua bottega; fare il reporter al fronte; attendere a casa un parente in battaglia.
Non c’eravamo.
Ma esserci avrebbe significato anche poter morire.
Perché nel nostro mondo, libertà e indipendenza passano (troppo spesso) dalla morte.
Esiste un parallelismo temporale di partenze speciali, che credo riguardi soltanto gli Stati Uniti.
In quel 6 settembre 1620, poco più di cento persone salirono a bordo della Mayflower, probabilmente con poco bagaglio, ma colmi di entusiasmo e speranze, per arrivare in un Paese di praterie, spazi aperti, in luoghi forse usciti dal pennello di un impressionista.
Ma già dalla seconda metà dell’800, questo stesso Paese, giovanissimo, divenne meta di un’emigrazione globale, che per esempio, dall’Italia terminò solo negli anni Ottanta del XX secolo.
Il «Sogno americano», il cui “seme”, senza che si sapesse ancora, era custodito invisibile su quel galeone, nacque più in concreto già a metà del XIX secolo, quando gli Stati Uniti erano forse appena un «adolescente», ma a cui sempre più persone da tutti i continenti decisero di affidare il proprio futuro.
Come decisero di fare, pur non avendolo previsto, gli antenati degli attuali Topolino e Minni, in quella che è una delle migliori opere del Fumetto mai realizzate: C’era una volta… in America (1994-1999). Sceneggiature di un autore, Giorgio Pezzin, che non sbaglia un colpo, e disegni incantevoli del Maestro Massimo De Vita, tranne due storie della saga, disegnate dall’allora agli inizi Silvia Ziche e Fabrizio Petrossi.
Un’opera che si lega perfettamente alla ricorrenza del 4 luglio, il giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti: è il giorno in cui si ricorda e si commemora l’adozione di quel documento fondamentale che è la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, che sancì il distacco delle tredici colonie dalla Corona inglese di Re Giorgio III.
Pezzin&De Vita sono un “proiettore” magico. È un attimo, e sin dalle prime pagine ci ritroviamo sulla soglia di eventi e paesaggi che hanno un profumo di storia e d’acero.
I Minni e Topolino partiti quasi per caso a bordo della Mayflower, “continuano a vivere” tanti anni dopo attraverso un discendente, il Topolino titolare della bottega di tessuti, eredità di famiglia. Sono passati quasi cento anni dall’imbarco dei suoi avi verso il «nuovo mondo».

Come in ogni epoca, i malfattori appaiono un po’ ovunque come fiori avvelenati, e questo Topolino commerciante si ritroverà a smascherare — i geni non possono smentirsi — una grave truffa ai propri danni e degli altri commercianti, ma persino della Corona inglese.
La fine di questa seconda storia, è con ogni probabilità il vero inizio di tutto.
Passano le stagioni del tempo, e un altro giovane Topolino, figlio del commerciante di stoffe, abitante nella piccola Springfield e talento disegnatore, ha nel cuore il sogno dell’esplorazione delle foreste verso nord risalendo il fiume Connecticut. Grazie al suo talento sarà aggregato a una spedizione in quei luoghi che sogna di vedere da sempre.
Ma il destino impone spesso il suo ruolo nelle vite, e, causa un semplice tronco, la canoa del giovane si ribalta lasciandolo solo in un luogo selvaggio e impervio. Ma è un giovane audace.
L’inverno rigido del nord arriva come se fosse stato sempre lì, ma spesso da «quasi la fine» può nascere un «giusto principio».
Il grave rischio corso permetterà al Topolino esploratore di conoscere uno dei più straordinari personaggi di questa saga (e forse non solo): Jean De Pippe.
Personaggio fantastico. Nell’indole buona e quasi disincantata, è difficile non scorgere il nostro Pippo, per altri aspetti, questo antenato del nostro, è un po’ differente.
Insegnerà moltissimo a Topolino sulla vita solitaria nella foresta e sulla «sacralità» di madre natura.
Proprio durante queste “lezioni”, Topolino si troverà di fronte allo «spettacolo» del Vermont: qui, Massimo De Vita ti spinge oltre l’immaginazione fino a farti sentire i profumi. Non è suggestione. È «sentire» quei luoghi in un modo che non saprai raccontare.
Arriva la notte, e il grande cielo del nord è un altro mondo a sé.
Sono notti di fuochi che sembrano ricongiungersi alle costellazioni.
La stella polare, forse, per una notte non ti indicherà dove devi andare, ma dove lei vorrà condurti.
…E chissà se non sia stata anche volontà di quell’astro «magico» a condurre pian piano il nostro Topolino verso gli eventi al centro di questa nostra storia.
Topolino (aspirante) giornalista è figlio dell’aspirante mountain-man e di Minoù – occhi di cielo. I due poterono coronare il loro sogno d’amore dopo che Topolino esploratore — da solo, per via dell’incidente “alla Pippo” dell’amico De Pippe —, nella seconda parte della storia precedente aveva aiutato la tribù di Stomaco Tonante (l’indiano che lo aveva trovato svenuto sotto la neve, indicando a Jean De Pippe dove si trovasse) nell’affrontare e sconfiggere il truffaldino Jambedebois.
Prima di proseguire con gli eventi dei nostri amici, ricordiamo a che punto sono le vicende storiche. In questo “momento” siamo a pochi passi dalla guerra; sono giorni caldi tra le due fazioni. Sono i giorni (fra gli altri) dell’assalto a una nave della Compagnia britannica delle Indie orientali, da parte di un’organizzazione di ribelli, nel porto di Boston (16 dicembre 1773), durante il quale fu gettato in acqua il carico di the. Gli inglesi reagirono duramente, ma ormai anche le colonie avevano il loro esercito continentale, capitanato (e lo sarà per l’intera guerra) da George Washington, ricco proprietario di piantagioni, ma che sposerà la causa senza alcun interesse personale.
È in quest’«atmosfera» che arriva a Filadelfia il giovane Topolino, presso il Pennsylvania Gazette, sapendo già chi avrebbe conosciuto: addirittura Beniamino «Benjamin» Franklin, il patron del giornale e amico d’infanzia del padre. Il suo solo collega di redazione sarà Oliver Pipp, simpatico (dopo), ma per il giovane apprendista, forse all’inizio per niente. Ma il ragazzo dimostra subito capacità, è molto sveglio, e il fato lo premia…
Pipp è riuscito a ottenere un’intervista proprio con il Comandante in capo dell’Esercito continentale, George Washington. Ma gli inglesi sono pronti a tutto pur di contrastare i “ribelli”. I due cronisti, sulla via per recarsi dal comandante, si salvano per un soffio da un attentato… il cui vero obiettivo finale era proprio il futuro primo Presidente americano.
L’azione criminosa fallisce… È un’altra fine che genera un nuovo storico inizio.
La guerra di indipendenza americana scoppiò realmente nel luglio del 1775.
Fu l’amara ma naturale conseguenza di una situazione di forti contrasti fra le colonie e l’ormai insopportabile, per queste ultime, governo inglese, per il quale quei territori d’oltreoceano appartenevano “all’impero”, ma ormai erano soltanto da sfruttare e spremere per rimpinguare le quasi vuote casse della Corona, impedendo così il loro sviluppo autonomo.
Ma la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti era… quasi pronta. Alla sua iniziale stesura — forse nessuno storico ne è al corrente — ci lavorarono insieme a Beniamino Franklin, i nostri due amici reporter Topolino e Oliver Pipp.
Il documento fu adottato il 4 luglio 1776.
E l’inizio suonava così…
Il sole scompare dietro le Green Mountains; gli eroi ci guardano…
Perché la Libertà non sia mai merce di scambio.
Baf
Immagini © Disney/Panini Comics