Prima di iniziare la recensione della graphic novel Pinocchio di Alice Rovai, scomodiamo anche solo per un attimo il sociologo statunitense Howard Saul Becker, che ha coniato il concetto di “mondi d’arte” riferendosi all’insieme di convezioni artistiche e culturali facenti parti di una società.
Ecco, la favola del noto burattino di legno plasmata da Carlo Collodi è ormai sangue, ossa e carne della nostra comunità, sicuramente un’opera senza tempo, che ha ispirato numerosi (forse anche troppi) artisti, dal teatro al fumetto.
Ci prova anche Alice Rovai, una giovanissima disegnatrice e grafica che si affaccia all’opinione pubblica e alla critica letteraria in due vesti: un po’ in punta di piedi, un po’ scommettendo troppo nell’amalgamare il proprio tratto a una storia di cui conosciamo le gesta a menadito. L’abbiamo letta, guardata e assaporata: ora la commentiamo.
Pinocchio di Alice Rovai: la maturità artistica è nel disegno
Diciamolo chiaramente: ciò che contraddistingue la graphic novel Pinocchio di Alice Rovai è senza ombra di dubbio un disegno coinvolgente ed emozionante, in grado di condurre il lettore in un’oscillazione tra gioia e inquietudine.
L’indagine artistica di Rovai porta a galla spunti e aspetti legati al burattino che non sono adatti a una lettura semplice e spavalda: a riprova del fatto, l’autrice mostra con decisione e fermezza alcune parti oscure della favola di Collodi.
Ogni tavola diventa espressione di una particolare emozione, grazie soprattutto alla cura per le linee di movimento, alle volte marcate alle volte quasi invisibili, che danno vita al quadro che stiamo osservando. La ciliegina sulla torta è rappresentata dalla scelta di farsi accompagnare dalla tecnica degli acquerelli, che dà ancor più risalto a un’atmosfera gustosa per i nostri occhi.
Tuttavia, la scelta stilistica vincente è aver delegato a ogni pagina (a volte due) un’unica tavola, rendendo il processo di immersione del lettore nella storia ancora più osmotico e graduale.
A mostrarci una maturità artistica ben definita sono soprattutto alcune tavole cariche di immagini imponenti: la nascita di Pinocchio interpretata solo con due occhi tondi; l’apparizione quasi demoniaca di Mangiafuoco; il delicato quanto sordo suono delle mani della Fata; il pesante magone che emerge nel vedere Pinocchio impiccato quasi a morte; la spensieratezza dello stesso burattino mentre corre con i propri compagni di scuola. Elementi che fanno di questa graphic novel un significativo e intenso gioco di emozioni.
Il peso dell’immagine e le parole troppo ‘rumorose’: cosa non ci ha convinto
Se è pur vero che l’immagine pensata e realizzata su Pinocchio da Alice Rovai suscita intense reazioni, c’è anche da sottolineare un forte disequilibrio con il (poco) testo presente. Per capirci, la lettura della graphic novel è spesso scomodamente interrotta da parole e frasi che risultano quasi oppressive, forzate e macchinose. Sostanzialmente, il ritmo del racconto può essere spezzato.
In alcuni frangenti, la sbavatura stringente dell’uso anche solo di quattro parole mina il percorso fatto dalle tavole precedenti: il lettore rischia di trovarsi improvvisamente appesantito nella lettura, mentre magari gode dell’intensità di un disegno realizzato con sapienza e pazienza.
Va da sé che, ovviamente, il testo è un forte elemento che accompagna l’immagine. Tuttavia, una favola silenziosa in grado di trascendere dalla parola avrebbe potuto rendere quest’opera ancora più unica e preziosa. In questo caso, invece, l’incredibile valore del disegno rende la parola ingombrante.
Pinocchio di Alice Rovai non basta: si può osare di più
Mettere il proprio nome sotto i riflettori della critica non è un’operazione semplice, ma diventa ancora più difficile se saliamo sul palco con la rivisitazione di un’opera celebrata, osannata e, in certi contesti, abusata.
Pinocchio di Alice Rovai fa emergere sicuramente un’arista dal tratto interessante e mai banale, però preda ancora di alcune incertezze nascoste dalla scelta di scomodare un mondo d’arte accettato da tutti, e dunque difficilmente criticabile dai più.
Siamo di fronte a un’opera che pecca di quel coraggio che oggi, nella nostra attualità, manca tremendamente: la scoperta dell’ignoto, la proposizione di qualcosa di intimo e puro, il racconto di una nuova storia.
Certo, l’empatia dell’artista è chiara e nitida, ma forzatamente appesantita dal personaggio in sé: la fedele riproposizione di Pinocchio è solo un altro tassello interessante (a tratti scomodo) che aumenta la grandezza di Collodi, ponendo Rovai come ‘semplice’ disegnatrice che non sa valorizzare pienamente il proprio carisma.
La graphic novel Pinocchio di Alice Rovai ci mostra un’artista dalle immense capacità, le cui avventure possono non avere limiti. Ma la strada da disegnare, forse, deve partire da altre premesse: un primo ciottolo è stato messo, ma l’autrice è sicuramente in grado di fare dell’originalità un’arma in più. Deve solo completare un percorso di maturità artistica, che nel disegno è sicuramente godibile, ma che nella voglia di osare resta ancora un mistero.
Angelo Andrea Vegliante
Immagini © Giunti