Perché i cartoni Hanna&Barbera hanno segnato un’epoca

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Cartoni? Roba per bambini!

È dalla fine degli anni Cinquanta e per tutti gli anni Sessanta che si radica a fondo nelle coscienze dei pubblici mondiali la convizione che i cartoni animati siano “roba da bambini”.
Bisogna pensare che, fino a quel momento, i prodotti d’animazione (corto o lungometraggi che fossero) erano stati proiettati nei teatri e nei cinema prima del “piatto principale”, ma mantenendo un’ampissima autonomia e rivestendo grande importanza per la platea. C’era anche chi si recava in sala solo per godersi la nuova opera di Walt Disney o Chuck Jones e ridere delle sventure di Paperino o Wile E. Coyote!
Il fenomeno non aveva età e negli anni Trenta i personaggi delle maggiori case di produzione assunsero uno statuto divistico che scardinava le generazioni: grandi e piccini erano innamorati di questa tecnica cinematografica. L’animazione aveva anche allietato civili e militari negli anni del Secondo Conflitto Mondiale, stimolando risate agrodolci e suggerendo i comportamenti adeguati da tenere in quel delicato periodo della storia dell’umanità.

La televisione, il “mostro”

Tutto ciò fu vero fino all’avvento della televisione. Il “mostro” – com’era nota la TV nell’ambiente dell’animazione – divorò il mercato dell’intrattenimento, portando i principali studios alla chiusura o all’esodo verso il piccolo schermo, dove le regole erano sensibilmente diverse.

Giusto per dare un’idea dei tempi di realizzazione, un cortometraggio per il cinema da 7 minuti poteva richiedere anche sei mesi di lavoro. Adesso la TV pretendeva un’intera stagione di episodi da 20-30 minuti l’uno ogni anno. Si trattava di un’incredibile mole aggiuntiva di lavoro, che forzò la mano a molte produzioni per abbracciare alla meno peggio la cosiddetta limited animation o morire.

La differenza tra l’animazione tradizionale (o full animation) e la limited animation sta principalmente nel fatto che nel secondo caso non vengono ridisegnati tutti i fotogrammi: alcune porzioni sono riciclate, animandone di volta in volta solo la parte che serve. Questo permette un notevole risparmio di tempo e denaro, a fronte di un risultato meno fluido e armonico. 

Nel corso della migrazione dal grande al piccolo schermo, i contenuti artistici andarono via via a impoverirsi per questioni pratiche. Se qualcuno, come William Hanna e Joseph Barbera, riuscì comunque a portare avanti un discorso stilistico coerente per estetica, narrazione e filosofia, altri rinunciarono completamente a questa sfida, finendo per produrre serie animate sempre più stereotipate e improntate all’esclusivo sfruttamento commerciale. Ad esempio, spesso si trattava di cartoni nati con l’intento di lanciare una nuova linea di giocattoli, o che, viceversa, erano tratti proprio dai giocattoli (G.I. Joe, The Transformers, He-Man and the Masters of the Universe…). La nuova linea era chiara: il target di riferimento erano diventati i soli bambini.

William Hanna e Joseph Barbera, pionieri della limited animation

Uno dei maggiori studi d’animazione a lavorare esclusivamente per la TV fu quello di William Hanna e Joseph Barbera, la Hanna&Barbera Productions. Una volta lasciata la MGM e il lavoro su Tom and Jerry, i due artisti decisero di fondare una propria casa di produzione che potesse dirigere i propri sforzi esclusivamente verso la messa in onda in televisione. Il primo di questi disegni animati fu The Ruff and Reddy Show (1957), seguito dal grande successo di The Huckleberry Hound Show (Braccobaldo Show, 1958), un programma contenitore che proseguì fino al 1961 per un totale di quattro stagioni.

Hanna&Barbera
Braccobaldo in Sheriff Huckleberry (1958)

Ogni episodio di The Huckleberry Hound Show si componeva di tre segmenti distinti, provenienti da altrettante serie animate: Huckleberry Hound (Braccobaldo Bau), Pixie and Dixie and Mr. Jinks (Pixie, Dixie e Mr. Jinks) e The Yogi Bear Show (L’orso Yoghi); il protagonista di quest’ultima serie stregò il pubblico al punto da vedersi dedicata una serie a sé stante a partire dal 1961. Il suo segmento all’interno di The Huckleberry Hound Show fu poi sostituito da Hokey Wolf (Ugo Lupo).

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Hanna&Barbera
The Yogi Bear Show (L’orso Yoghi)

La formula del programma collettivo colpì nel segno, al punto che nel 1960 The Huckleberry Hound Show fu la prima serie TV d’animazione insignita dell’Emmy Award.

Ma i cartoni Hanna&Barbera meritano attenzione?

In quel bailamme che furono i primi anni dei programmi animati per la televisione, il contributo della coppia artistica formata da William Hanna e Joseph Barbera fu consistente e di assoluto pregio. I due furono tra i migliori interpreti delle innovazioni che investirono il mondo dell’animazione, e tra i pochi che riuscirono a coniugare in modo encomiabile l’economia di mezzi, un’obbligata rapidità di produzione e un risultato di ottimo livello.

Non va dimenticata l’enorme mole della loro opera e il gran numero di personaggi che regalarono al pubblico mondiale: oltre ai lavori già citati, basti pensare ai Flintstones, Magilla Gorilla, i Pronipoti, Dastardly & Muttley e Scooby-Doo, solo per menzionare i più celebri. Un cast di figure memorabili che Hanna e Barbera resero protagonisti di migliaia di storie. 152 cartoni animati prodotti, 12 lungometraggi (e 48 corti) per il cinema, 31 per la tv, 48 speciali per il piccolo schermo e 25 produzioni uscite direttamente in home video.

In particolare, The Flintstones (1960) fu una serie rivoluzionaria. Si tratta della prima sitcom animata a essere trasmessa in prima serata, nella fascia del palinsesto con il maggior numeri di telespettatori e, dunque, più redditizia. Ambientata all’età della pietra ma con alcuni oggetti presi direttamente dalla modernità, The Flintstones chiarì fin da subito la sua forte e inconfondibile identità. L’atmosfera era coerente e accattivante: i cavernicoli protagonisti vivevano uno stile di vita del tutto contemporaneo, affrontando gli stessi problemi del pubblico seduto in poltrona. Il successo fu straordinario, al punto che The Flintstones sarebbe diventato il franchise animato più redditizio fino all’arrivo de I Simpson. Le critiche della stampa alla limited animation non riuscirono a scalfire quello che fu a tutti gli effetti un diamante dell’animazione televisiva.

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The Flintstones Hanna Barbera
The Flintstones (1960)

Chiaramente, avere solo The Flintstones nel proprio parco titoli non sarebbe mai potuto bastare a due abili imprenditori come William e Joseph. Possedere un’ampia libreria di prodotti da offrire risultò indispensabile per sopravvivere nel frenetico mondo dell’animazione televisiva: poteva capitare che una serie che rendeva poco venisse cancellata senza troppi complimenti e, a quel punto, sarebbe stato necessario avere pronto un sostituto da proporre.

I segreti di Hanna&Barbera

Ciò fu possibile solo grazie all’ampio utilizzo della limited animation, di cui i due artisti furono pionieri: a design grezzi e movimenti poveri contrapposero ritmi frenetici e fiumane di gag. Il vero fulcro dell’animazione di Hanna&Barbera furono i dialoghi e i momenti comici, che riuscirono a far passare in secondo piano qualche limite tecnico dettato dai vincoli del medium per cui si produceva.

Notevole fu anche l’abilità dei due nel celare ogni punto debole del loro lavoro con qualche ingegnoso accorgimento. Innanzitutto, la frequente variazione degli sfondi (riciclabili però di puntata in puntata) permise di distogliere l’attenzione dai movimenti un po’ legnosi dei personaggi. Non era necessario che né gli scenari né i personaggi fossero dettagliatissimi, perché tanto sullo schermo piccolo e a bassa risoluzione della TV non sarebbero comunque stati valorizzati.

In secondo luogo, il character design di tutti i personaggi dello studio (che fossero animali antropomorfi o esseri umani) fu studiato affinché la testa fosse slegata dal corpo: si può notare come spesso i componenti del bestiario di Hanna e Barbera indossino un papillon, una cravatta, un collarino. Questo perché in tal modo si poteva lasciare immobile il corpo e animare solo il volto, diminuendo il numero di disegni necessari e risparmiando molto denaro. Separando la testa dal tronco, si evitava di rendere evidenti differenze di tonalità nel punto di giunzione.

Un’altra strategia utilizzata fu quella di riciclare le basi di diversi personaggi, modificando alcuni connotati del viso o del corpo per ottenere una seconda animazione completa in poco tempo. Spesso, per i personaggi di minor successo dello studio (la cosiddetta bottom line) si adoperarono i tronchi di quelli che avevano avuto maggior fortuna, apportando qualche modifica ai rodovetri (i fogli trasparenti su cui sono stampati e dipinti i disegni degli animatori) per ottenere un prodotto nuovo.

Inoltre, si evitò di adoperare la prospettiva o di rispettare volumetrie realistiche, appiattendo sia fondali che personaggi per rendere tutto il più bidimensionale possibile. Per sopperire ad altre difficoltà, il design generale fu reso semplice e minimale, eliminando ombre, sfumature e movimenti di macchina troppo elaborati, procedendo più che altro per quadri statici. Ci si concentrò ad animare braccia, gambe e testa, a far sbattere le palpebre e ad aprire e chiudere la bocca.

Questi accorgimenti diedero modo ad Hanna&Barbera di arrivare a dominare il mercato con un risultato veramente buono e sostenendo costi ridotti rispetto ai diretti concorrenti: a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, a Hollywood il loro studio era l’unico che potesse permettersi di assumere personale.

Ma… la concorrenza?

William e Joseph fecero fare passi da gigante alla limited animation in un’epoca in cui ciò era sinonimo di prodotti veramente a basso costo, come il Clutch Cargo (1959) dei Cambria Studios. In questa serie, così come in altre dello stesso studio (Space Angel, Captain Fathom) il cameraman Edwin Gillette introdusse il Syncro-Vox, una tecnica di animazione che combina immagini statiche con altre in movimento.

L’uso più comune – e anche quello per cui le trasmissioni citate sopra sono tristemente famose – è la sovrimpressione su disegni immobili di labbra umane, filmate “dal vero” mentre pronunciano le battute della sceneggiatura. Questo fu uno dei modi più estremi in cui si cercò di fare economia sull’animazione televisiva e una testimonianza del fermento produttivo che si visse in quegli anni. Il Syncro-Vox venne usato poche volte nel corso della storia, se non per utilizzi parodistici (per esempio nel corto Pixar Mr. Incredible and Pals, del 2005). Dato il suo effetto straniante e involontariamente comico, non si riuscì mai a considerarlo una seria alternativa ad altre tipologie di limited animation.

Negli anni Ottanta, altre compagnie come Filmation, Marvel/Sunbow, Rankin/Bass e DiC puntarono con ottimi risultati sugli show animati venduti direttamente a emittenti locali, senza passare attraverso quelle nazionali (un fenomeno noto come syndication). Si trattava principalmente di cartoni sviluppati su licenza, che trasponevano famosi fumetti o linee di giocattoli. Questa risultò una mossa vincente, che fece precipitare la percentuale di controllo della Hanna-Barbera Productions sulla programmazione per bambini dall’80% al 20%, nonostante il grande successo di un’altra serie animata che la coppia aveva prodotto a partire dal 1981. Parliamo de I Puffi (The Smurfs), che ebbe un successo tale da proseguire per nove stagioni fino al 1989.

Un amaro tramonto

Sempre all’avanguardia sui metodi di produzione, all’inizio degli anni Ottanta lo studio di Hanna&Barbera fu il primo a sperimentare la colorazione e l’inchiostrazione mediante computer. Tale processo, all’epoca pionieristico, permise di risparmiare tempo e denaro e di far fronte al dilagare delle pratiche di syndication.

Ciononostante, durante il decennio i costi per produrre serie animate crebbero notevolmente, costringendo molte case (tra cui quella di Hanna&Barbera) a trasferire all’estero l’effettiva realizzazione dei propri prodotti. La parte tecnica venne dunque appaltata a studi stranieri, mantenendo in casa l’ideazione e la regia dei cartoni animati. Tuttavia, il mercato non era più redditizio come un tempo, e ciò colpì duramente anche l’azienda di William e Joseph. La concorrenza si era fatta numerosa, e il fenomeno degli anime giapponesi iniziava a prendere piede negli States.

Alla fine degli anni Ottanta, la Turner Broadcasting System acquistò la MGM, appropriandosi anche dei cartoni animati prodotti dalla casa. All’inizio del decennio successivo rilevò anche la Hanna-Barbera e fondò il Cartoon Network Studios, a cui fu associato anche Cartoon Network, il primo canale a trasmettere cartoni animati ventiquattr’ore su ventiquattro (a partire proprio dall’ampissimo catalogo MGM e H-B).

Quando nel 2001 William Hanna morì, la Hanna&Barbera andò in bancarotta, per finire poi assorbita dalla Warner Bros. Animation: ciò causò la separazione con Cartoon Network Studios, che fu riattivato come entità a parte. Nel 2006, Joseph Barbera seguì il collega e l’amico di una vita nel suo ultimo viaggio.

La loro eredità è vivida ancora oggi e assai difficilmente sarà dimenticata. La Warner Bros., che attualmente ne detiene i diritti, avrebbe in serbo il rilancio dei vari franchise dello studio con la costruzione di un intero cinematic universe con i personaggi targati Hanna&Barbera, a cominciare dal film Scoob!, uscito a maggio 2020 direttamente su piattaforme on demand a causa della pandemia di COVID-19.

Mattia Del Core

Immagini © Warner Bros, Hanna&Barbera

https://www.youtube.com/watch?v=6MHg1-mpcUY

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