Chi era Walt Disney?
Walter Elias Disney nacque nel 1901, all’inizio del Novecento: un secolo che, in un certo senso, contribuì attivamente a plasmare.
Di lui è riportato avesse un grande senso dello spettacolo, come testimoniato dalle rappresentazioni teatrali da lui curate ai tempi della scuola a Kansas City. Fortemente affascinato da mezzi espressivi come cinema e fumetto, fu proprio lì che fece le sue prime esperienze cinematografiche aiutato dall’amico Ubbe Eert “Ub” Iwerks, che sarebbe diventato uno dei suoi soci più fedeli negli anni successivi.
Le sue prime produzioni furono i Laugh-O-Grams: brevissimi annunci pubblicitari animati, prodotti acerbi ma audaci di un Disney ancora ventenne, citati anche in questo articolo dedicato alla genesi di Steamboat Willie.
Walt traboccava di spirito d’iniziativa e desiderava mettersi alla prova confrontandosi con il cinema maggiore: partì dunque alla volta di Hollywood, dove avrebbe potuto trovare gli strumenti tecnico-espressivi necessari per diventare un professionista.
L’Alice di Walt Disney… prima dell’Alice di Walt Disney
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I primi lavori di Walt Disney furono le tre serie di Alice Comedies, prodotte nel periodo dal 1923 al 1927, in cui una bambina “vera” vive bizzarre avventure in un mondo di cartoni animati. Disney reiterò la formula dell’animazione in tecnica mista, già rodata nelle favole di Paul Terry e negli Out of the Inkwell dei fratelli Fleischer, ma destinando queste storie più esplicitamente a un pubblico infantile. A differenza degli altri studi, Walt non sentì il bisogno di giustificare su un piano narrativo o poetico l’incontro tra persone in carne e ossa e personaggi disegnati, ma puntò semplicemente sul lato spettacolare che genera la mescolanza tra realtà e fantasia.
Disney produsse queste brevi avventure, sempre in bilico tra favola tradizionale e didascalismo, cercando il consenso non solo dei piccoli, ma anche dei loro genitori: fu l’inizio del lungo e fortunato cammino che avrebbe caratterizzato il cinema d’animazione per famiglie.
Nonostante la realizzazione tecnica lasciasse a desiderare e le trame potessero risultare stucchevoli, le “commedie di Alice” proseguirono per tre anni con un considerevole favore di pubblico. La loro forza risiedeva evidentemente in quello spirito fanciullesco, tanto semplice e ingenuo quanto zuccheroso, che mancava ai cartoni concorrenti, più orientati alla violenza formale, al conflitto tra i personaggi, alla satira anche pungente.
Arriva Ub Iwerks
Il decollo della serie, tuttavia, si verificò con l’uscita del settimo episodio, di miglior fattura e tecnicamente superiore alle precedenti Alice Comedies. Non si trattò certo di un caso, ma dell’entrata nello staff di Ub Iwerks: Walt lo aveva convocato direttamente da Kansas City, dove era rimasto fino a quel momento. Fu proprio grazie a questo nuovo successo che l’attività di Disney poté aspirare a prospettive di maggior livello, sia stilisticamente che economicamente.
La popolarità del giovane creativo crebbe notevolmente con la produzione della serie dedicata a Oswald il coniglio fortunato (Oswald the lucky rabbit) iniziata da Walt nel 1927 su commissione del distributore Charles Mintz.
Oswald, il coniglio fortunato
Il personaggio di Oswald era stato creato da Disney e Iwerks sotto richiesta di Mintz, che non era soddisfatto del discreto riscontro delle Alice Comedies: voleva di più, molto di più.
Il coniglio era palesemente ispirato nell’aspetto al Felix the Cat di Pat Sullivan, prima vera star dei cartoni animati, distanziandosene però sotto il lato caratteriale.
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Oswald non era malizioso, collerico, vendicativo, malignamente astuto come Felix, ma piuttosto volenteroso, ottimista, dotato di buon senso e prontezza d’azione. Sotto questo punto di vista Oswald anticipò i tratti del più celebre Mickey Mouse, che rappresenterà tutta la parte luminosa, propositiva e genuinamente irriverente dell’America di fine anni Venti.
Ancora una volta, Disney aveva contrapposto a un modello birbante uno decisamente più disciplinato, anche ingenuo nella sua positività: ma l’artista era riuscito perfettamente a intercettare lo spirito del tempo e il gusto di una classe media a tendenza conservatrice, che si riconosceva in quelle storie semplici e in quella figura che ben rappresentava il senso comune.
“Finché un personaggio non ha personalità ben definita, nessuno gli crede. Può anche fare delle cose buffe o interessanti, ma se il pubblico non riesce a identificarsi con lui le sue azioni appariranno irreali. E se non vi è caratterizzazione, una storia non può sembrare vera al pubblico”, ebbe a sentenziare più tardi lo stesso Disney.
La pugnalata di Mintz
Nonostante le sue storie fossero meno originali e fantasiose di quelle di Felix, Oswald riscosse un successo immediato e clamoroso di pubblico e critica, al punto da oscurare la stella (già morente, va detto) del gatto nero ideato da Pat Sullivan. Il “coniglio fortunato” pareva essere fortunato davvero: era lui il nuovo divo dell’animazione mondiale.
Accortosi del sorpasso di popolarità che Oswald aveva operato su Felix, Charles Mintz assunse sottobanco tutti gli animatori dell’équipe di Walt nella speranza di sottrargli i diritti sul personaggio. Complici alcuni accordi contrattuali sfavorevoli per Walt, il produttore riuscì totalmente nel suo intento. Mintz aprì un suo studio di animazione per sfruttare l’immagine del coniglio fortunato, e Disney, offeso dall’inganno, fece la stessa cosa insieme al fratello Roy e all’amico Ub Iwerks, l’unico della sua squadra ad aver rifiutato l’offerta del distributore.
Mintz e i vecchi membri del team di Disney proseguirono la serie di Oswald fino al 1929, con risultati alterni: la serie passò poi direttamente sotto il controllo della Universal. Walt, nel frattempo, aveva imparato la lezione: il 21 maggio 1928 registrò i diritti su un nuovo personaggio, di cui autoprodusse due cortometraggi. Era somigliante a Oswald, eccetto per il naso, la coda e due rotondissime orecchie: si chiamava Mickey Mouse.
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Mattia Del Core
Immagini © Disney
Fonti: G. Rondolino, Storia del cinema d’animazione