Correva l’anno 2006.
Era una pittoresca epoca in cui gli Skifidol erano ancora carte e si portavano in classe i più disgustosi per far inorridire le maestre.
Il lunedì mattina l’appuntamento per scambiarsi i Lingottini e le carte di Yu-Gi-Oh era più atteso di un G8, e la consultazione sugli approfondimenti di Focus Junior riguardanti l’Antico Egitto e i dinosauri era vissuto con la solennità di un simposio. In questa stimolante dissertazione sulle capacità divulgative di Roberto Giacobbo e su quanto fosse fico il Drago della Vittoria, io ero quello che si poteva definire il dagherrotipo del maschiaccio, più per personale gusto della sovversione che per reale devozione alla causa.
Io proprio non ne volevo sapere di essere una “signorina”, avevo sempre mal tollerato tutto ciò che riguardasse il romanticismo: avevo una vera e propria avversione per tutto ciò che concerneva smancerie e dimostrazioni d’affetto, per me dimostrare affetto significava colpirsi in faccia con un Supersantos.
Un Topo tosto
Sono sempre stata una grande fan del Topo, complice anche una famiglia storicamente e stoicamente disneyana, ma non mi ponevo minimamente il problema perché era una cosa tostissima: Topolino che aiutava il commissario Basettoni a combattere i criminali, Paperinik che sfrecciava nell’oscurità, lo zione che trascinava il parentame piumato in rocambolesche quanto memorabili imprese alla ricerca di misteriosi tesori, e soprattutto il mio amato Indiana Pipps, che impavido lottava contro il plutocrate di turno per recuperare qualche manufatto, in entusiasmanti avventure su uno sfondo che si estendeva dalle penisole dello Yucatan all’Amazzonia. Come potevano topi e paperi non essere la compagnia più tosta del mondo?
È roba da femminucce! O no?
Tutto cambiò in un fatidico quanto provvidenziale sabato mattina del 2006, in cui mia madre mi piazzò sotto al naso in edicola un volume, che io ritenni quantomeno stucchevole, su cui troneggiava il titolo: Pocket Love.
Io mi alterai come solo un bambino di 8 anni che vede messa in dubbio la sua identità conquistata con fatica sa fare, ma mia madre, scuotendo la testa, lo acquistò lo stesso.
Qualche ora dopo conclusi il Topo coi miei tempi ormai cronometrati, e poi, nel sollazzo del sabato pomeriggio e nella disperazione di chi andrebbe volentieri a setacciare l’oro nei fiumi del Klondike pur di non affrontare le divisioni a due cifre che pendevano, inesorabili, come spade di Damocle sulla testa, aprii anche il tanto esecrato fumetto rosa, storcendo il naso come chi ha assaggiato per la prima volta una zucchina alla mensa scolastica.
Inaspettatamente, proseguendo nella lettura, ero sempre più coinvolta nelle storie narrate – e anche nella svolta quasi out of character di alcuni dei personaggi, che mostravano diverse sfaccettature di sé, molto più “umane” e sentimentali.
Concludere quell’albo mi lasciò un grande punto di domanda. Nei mesi a seguire quello che fu un acquisto non programmato si trasformò in una bellissima abitudine che mi accompagnò negli anni.
Una storia in particolare mi fece riconsiderare completamente la mia linea di pensiero: Indiana Pipps all’Inseguimento della Stella Verde, di Bruno Sarda e Roberto Vian, la prima storia del Topo con cui piansi genuinamente più volte e che mi coinvolse emotivamente più di quanto mi piacesse ammettere.
I sentimenti in quella storia sgorgavano come un fiume in piena, e se lo faceva Indiana Pipps, doveva essere figo per forza, no?
Un’interpretazione diversa dal solito
Da quel momento, nel mio rimuginare, iniziai a rivalutare tutto quel che riguardava il romanticismo, da me prima ingiustamente bistrattato. Nelle pagine di Pocket Love, i rapporti fra i personaggi venivano affrontati in maniera più estensiva e particolareggiata rispetto alla visione caricaturale ed iperbolica che veniva attribuita loro di solito.
Minni, paziente fidanzata di Topolino, sempre assorto in una nuova pista da seguire, introduceva tematiche quali il sacrificio e i compromessi in un rapporto, l’insicurezza e a volte la necessità di rassicurazione riguardo ai sentimenti dell’altro, in vicende dalla forte carica emotiva, che spesso esulavano dai confini dell’intrattenimento per trasmettere messaggi più profondi.
Paperina, spesso dipinta come volubile e dispotica fidanzata-trofeo eternamente contesa tra Paperino e Gastone, si rivelava qui energica ed emotivamente coinvolta, a differenza di Paperino, rappresentato spesso come incorreggibilmente pigro e poco dotato di tatto. Qui si toccavano temi come l’accettazione dell’altro e la difficoltà che si può incontrare ad amare qualcuno per quel che è e non per come noi vorremmo che fosse.
Brigitta, abbandonati i panni della sdolcinata spasimante senza speranza, si mostrava invece forte, sensibile e decisa, manifestando in più di un’occasione uno spiccato senso per gli affari, riuscendo spesso a colpire Zio Paperone che seppur dimostrasse di non apprezzare le eccessive dimostrazioni d’affetto di quest’ultima, in più di un’occasione mostrava di apprezzarne le qualità e di tenere a lei, preoccupandosi per la sua incolumità e sentendo la sua mancanza quando assente.
La paziente Miss Paperett, intelligente e stacanovista segretaria dello zione, era invece protagonista di un amore impossibile con il Bassotto 176-176 nella storia Miss Paperett e il malaugurato batticuore (ne parliamo qui!). Questa storia affronta tematiche come l’incompatibilità, le differenze che possono ostacolare un rapporto, la diversa estrazione sociale e la necessità di rinunciare alla relazione per il bene dell’altro.
La lezione di Pocket Love
In molte storie anche i personaggi canonicamente “duri”, oppure quelli più stralunati come Paperoga o Bum Bum Ghigno, così come quelli più razionali ed eruditi come Archimede e Pico De Paperis, acquisivano una connotazione molto più romantica e sensibile, per affrontare l’innamoramento di turno o una serie di immancabili ed esilaranti qui pro quo sentimentali, mostrando come l’emotività sia coniugabile con la decisione, la forza e lo spirito d’iniziativa, e come, fra geni, giullari e duri di cuore, nessuno ne sia immune.
Negli anni Pocket Love si è trasformato nell’opera omnia che raccoglieva le vicende sentimentali di paperi e topi in ogni epoca, in un susseguirsi di peripezie che si evolvevano mediante la penna dei vari autori attraversando le generazioni e rispecchiando anche l’evoluzione dei rapporti nel corso del tempo, donando ai personaggi sfaccettature diverse dalla canonica caratterizzazione, che contribuivano a donargli tridimensionalità e a far empatizzare sempre di più il lettore con essi. Quando la collezione si concluse, inevitabilmente una parte del mio cuore ci rimase appiccicata come la colla del nastro adesivo alle pareti della cameretta, e devo ringraziare quelle melense storie di paperi e topi per avermi insegnato che si può essere volitivi, determinati e intraprendenti anche mostrando i propri sentimenti, e anche che un pizzico di rosa e un fiocco non guastano mai.
Eleonora Mastrandrea
Immagini © Disney