“Cercava una pizzeria e diventò un giornalista.”
Credo che in questo semplice sunto del fatto all’origine del Pippo reporter (2009-2015) sia concentrata (anche) la vita degli uomini con le sue sorprendenti irregolarità.
E in Pippo, la concentrazione è maggiore.
Perché in lui tutto è di più.
Ma arrivare a pensarlo nelle vesti di una professione importante come quella del giornalista, beh, sfido chiunque ad affermare che “…lo avevo sempre immaginato giornalista...”
Qualcuno di voi potrebbe portare un esempio lampante che in teoria potrebbe smontare l’eccezionalità di un Pippo reporter: al Papersera di Paperopoli, i due «cronisti-cardine» sappiamo benissimo chi siano e di cosa siano (quasi «geneticamente») capaci nel loro quotidiano. Ma no, non funziona ancora. L’esempio di quei due del Papersera, a mio parere, non riesce a pareggiare, e figuriamoci a prevalere, in questa “sfida” fra «cronisti impossibili».
La “creazione” di Teresa Radice e Stefano Turconi, intanto, inizia dall’aver azzeccato anche tutti gli elementi di contorno, siano di primo o secondo livello, che accompagnano ogni avventura di Pippo Reporter: in primis, l’ambientazione anni ’30. Un’epoca già affascinante e suggestiva di suo, che nelle tavole del bravissimo Turconi esce nel modo giusto, senza far diventare la città una macchietta; il disegnatore poi è bravissimo come sempre perché certosino nel disegnare luoghi reali o immaginari, sempre frutto di grandi ricerche e curiosità.
Poi c’è Minni, amica molto presente (e vicina d’appartamento) nella nuova vita di Pippo — a differenza del suo fidanzato Topolino, che in questo arco temporale alternativo Pippo non conosce ancora, e appare come una presenza quasi “metafisica”.
C’è una precisazione da fare: Minni non funge, come facilmente immaginabile, da contraltare rispetto all’amico protagonista. Intanto, la possiamo definire una co-protagonista a tutti gli effetti. Ma soprattutto, in realtà anche lei è una tipa scanzonata, sognatrice e un po’ svagata che, quando serve, aggiunge il suo tocco femminile, il suo modo d’essere, magari con un’idea o un suggerimento, che aiuteranno sempre Pippo.
Arriviamo al direttore del The Morning Blot, il giornale più rappresentativo della città: Basil Blackspot. Ricordate il «1985 alternativo» infernale in cui arriva Marty con la DeLorean in Ritorno al futuro – Parte II? Ecco, in questo tempo alternativo di Pippo Reporter, una nostra conoscenza diventa direttore di giornale e capo di Pippo: è Macchia Nera!
I suoi intenti e la sua vita sono sempre gli stessi, al di là dei piani temporali in cui “rinasce”.
Solo che in questo caso, progetta le sue malefatte dietro una veste ufficiale e rispettabile, che sembra quasi vera dietro la sua pomposa scrivania intarsiata. Purtroppo, invece, la vita dei suoi sgherri non cambia di una virgola e resta eternamente senza maschere o trucchi: nati per essere sgherri.
![Pippo Reporter](https://www.storiedipaperi.com/wp-content/uploads/2020/02/Sgherri-Blackspot-320x245.png)
Perché è interessante questa “nuova vita” da giornalista di Pippo?
Perché il giornalismo è una cosa seria, e oggi l’idea di questa professione è un equivoco.
Non so se il Pippo cronista potrebbe insegnare in una scuola di giornalismo. Perché lui giornalista lo è diventato per puro caso. Però, dal momento in cui è iniziata la sua avventura da cronista e si è trovato in quei panni (anche letteralmente di un certo grazioso stile del tempo), lui ha mostrato da subito cosa è (dovrebbe essere) il Giornalismo (ovviamente a suo modo): raccontare la Verità, andandola anche a scovare (a volte rischiando qualcosa in proprio), senza compromessi, soprattutto con chi è di Potere.
Certo, è sempre Pippo. Ogni suo articolo nasce dopo essersi trovato per caso in mezzo a una storia «sporca» o comunque da raccontare. Una storia, però, sempre da prima pagina.
Probabilmente Pippo non ha un qualche talento particolare legato alla sua nuova professione; non ha l’intuito del futuro amico Topolino.
Ma ha il talento della spontaneità a un livello raro. Anche quando ha paura, la sua purezza gliela fagocita in pochi minuti fino a fargli dire qualcosa che nessuno al mondo in quel momento direbbe. E poi in fondo, forse è talento, e non sempre soltanto casualità, il trovarsi, da cronista, sempre in una situazione “da cronaca”, faccende anche molto serie, per poi, a fine storia poter scrivere l’articolo dedicato.
[SPOILER] Un esempio fra i tanti, la terza storia della serie: Crociera con ghiaccio.
Il direttore Blackspot, come al solito, allontana il suo cronista Pippo per due settimane via ferie. Il nostro è felicissimo. Su consiglio dell’amica Minni parte sulla crociera dove sono presenti anche lei e la sua migliore amica, l’indovina Claire. Nello stesso periodo, molti avvenimenti sportivi sono stati protagonisti di eventi atmosferici disastrosi e inspiegabili. Il tutto ha origine in un luogo molto lontano e freddo… La nave da crociera che ospita i nostri amici, ingoiata a un certo punto da una tempesta, si ritroverà anch’essa tanto lontano rispetto alla rotta…
Mi fermo qui per chi ancora non avesse letto la storia ed è incuriosito.
Il senso di questo esempio è che il buon/eccellente cronista lo è per caso e lo è quando va dai Casamonica di proposito, con un taccuino e una telecamera, magari un microfono. Per sentirli, per farli parlare, per filmare le loro brutture. Per farci vedere come hanno cambiato a loro immagine una città, un territorio, una comunità.
E dopo aver fatto questo per settimane e per mesi, dopo aver fatto bene il proprio lavoro, anche per tutti noi, la sua vita viene sconvolta e cambiata per sempre, perché da un certo giorno in poi, sotto casa vede una macchina che non c’era, che non è la propria o quella degli amici che sono andati a trovarlo.
Ma è un’altra cosa. Si chiama scorta.
Concludo tornando all’introduzione di questo articolo: “Cercava una pizzeria e diventò un giornalista”. Accade ed è accaduto a tanti, troppi, ahimé. Di esser diventati “giornalisti” mentre cercavano una boutique, un tabacchino o un bar.
Poi sono diventati rispettabili, con uno stipendio e una pensione futura assicurata scrivendo righe non raccomandabili.
E chissà, invece, quanti cronisti freelance sono fra noi per le strade, nelle periferie, individui che non avranno mai un posto fisso e quindi una pensione, ma che già ci raccontano con coraggio le bassezze umane o di «santi senza paradiso». La loro professione quasi come una fede. Al di là di capacità e indole, li voglio immaginare come tanti Pippo Reporter, con la flebile speranza che anche a loro come a Pippo, in situazioni critiche, basti uno “Yuk!” per far passare tutto.
Se lo meriterebbero.
Baf
Immagini © Disney/Panini Comics
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