Cucù! Cucù! Benvenuto a Guazzabù!

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Guazzabù, guazzabù! Per il messer senza paura, ho un ruolo che si confà!

Sono un fan castyano della prima ora, lo dico con orgoglio. Lessi e apprezzai “in diretta” la sua storia d’esordio, Topolino e i mostri idrofili. Mi sento fortunato, perché in futuro ricorderò di aver seguito l’opera di un autore del tutto paragonabile a Romano Scarpa o Rodolfo Cimino fin dai suoi primi vagiti sul nostro settimanale preferito.

Topolino e le regolissime del Guazzabù, però, mi fece letteralmente innamorare di questo nuovo autore. Mi fece effettivamente notare il suo nome e a tutt’oggi resta la mia preferita delle storie di Casty, sia per motivi affettivi, sia per meriti oggettivi. 2005, Topo 2580, disegni di Massimo De Vita. 

guazzabù

Cavaliere di ventura, egli a Guazzabù sarà!

Topolino e le regolissime del Guazzabù è una storia intelligente. Molto intelligente. Come sovente accade per le vicende tessute dall’autore, l’avventura di Topolino nel regno virtuale di Guazzabù può vantare una pluralità di chiavi di lettura. Questo è fondamentale per poter raccontare una bella storia con protagonisti i Paperi e i Topi più famosi del mondo, ed è una caratteristica che al Castellan certo non manca. Saper comunicare più significati a più target significa poter parlare, sostanzialmente, a tutti (ricordate lo slogan di Topolino durante i primi anni Duemila? “Da 0 a 99 anni.“).

guazzabù

I giocatori son già tanti! Ci son elfi, maghi, mercanti!

In primis, c’è la semplice lettura di “livello 0”. Quello della semplice trama, palesemente percepibile da chiunque la legga. La storia racconta di una nuova “moda” che sta prendendo piede in città: il misterioso ma intrigante gioco di ruolo del Guazzabù, in cui a ogni abitante di Topolinia è affidata una parte da interpretare.

Tale svago è accessibile solo una volta inforcati i prodigiosi “occhialissimi”, che mostrano la realtà deformata in quella dal sapore tipicamente fantasy del regno di Guazzabù. Il gioco è sì spassoso, ma anche molto pericoloso: i topolinesi si alienano man mano dalla realtà, arrivando a non distinguerla più dalla finzione e preoccupandosi maggiormente degli eventi di Guazzabù che di quelli di Topolinia.

Anche Topolino, umanissimo e fallibile, cade preda delle tentazioni del gioco, così come il razionalissimo Adamo Basettoni. In questo inquietante scenario, chi è e cosa vuole ottenere l’enigmatico Re Dabolgiok, sovrano di questo regno irreale?

L’obiettivo è, suppergiù, divenir… re di Guazzabù!

In secondo luogo si distingue un livello più avanzato di interpretazione. Ciò che Casty mette in scena nella sua storia è pura satira sociale, che colpisce i giochi di ruolo, online o da tavolo. L’autore dedica loro un omaggio e una critica al contempo. Ne mostra infatti il lato divertente e affascinante, come la possibilità di vivere un’altra vita (fantastica) per qualche ora, ma anche quello alienante e pernicioso.

L’idea degli occhialissimi è molto intrigante, così credibile da far sospirare il lettore di primi anni Duemila. All’epoca gli smart glasses erano ancora fantascienza. Google avrebbe rilasciato i suoi Glass nel 2013, ma a onor del vero il tema degli occhiali che svelano una realtà aumentata o sopita era stato già sviscerato nel 1988 dal regista John Carpenter in Essi Vivono, tratto a sua volta da un racconto del 1963.

Non ti serve la pedina per andar di zona in zona!

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Il messaggio è piuttosto chiaro: il Guazzabù e quello che rappresenta va assunto a piccole dosi, così da non perdere di vista la propria vita reale per interessarsi solo di quella fittizia

Probabilmente non è un caso che questa storia sia apparsa nel maggio del 2005, giusto qualche mese dopo il rilascio del popolarissimo MMORPG World of Warcraft (23 novembre 2004). WoW, uno dei più popolari GDR online, nei casi peggiori provocherà nei giocatori una dipendenza del tutto simile a quella descritta da Andrea Castellan in Topolino e le regolissime del Guazzabù.

La scacchiera è… Topolinia e ci si muove di persona!

Le somiglianze tra i giochi di ruolo online e il Guazzabù non terminano qui. Per giocare ai primi è di solito necessario pagare mensilmente una quota e/o acquistare potenziamenti o livelli, che avvantaggiano o prolungano l’esperienza di gioco.

Anche nel regno di Guazzabù si rischia di perdere del vero denaro: trasfigurato in semplice verdura dagli occhialissimi, i player lo scambiano con corazze (card telefoniche annodate insieme!) o altri power-up. In entrambi i casi assistiamo a un forte stadio di dipendenza, in cui si è disposti a spendere soldi reali per ottenere vantaggi in un gioco che propone una vita alternativa e del tutto virtuale.

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Nella storia sono presenti chiari rimandi anche all’altrettanto popolare GDR Dungeons & Dragons, o a qualsiasi tipo di esperienza ruolistica dal vivo (LARP). Il potenziale “assuefacente” di questi passatempi può in alcuni casi essere paragonabile a quello del Guazzabù e di World of Warcraft, e sono evidenti i riferimenti per le modalità di gioco e per le ambientazioni del Guazzabù.

Gli occhialissimi ora indossa! Poi puoi far la prima mossa!

La chiave di lettura può espandersi e acquisire caratteri più generali, per redarguire circa le dipendenze di qualsiasi sorta. Psychology Today definisce così la voce “Addiction“: “Una dipendenza è una condizione in cui una persona assume una sostanza o adotta un comportamento da cui ricava gratificazioni, che costituiscono un incentivo irresistibile a perseguire ripetutamente il comportamento, nonostante le conseguenze dannose“. Non solo alcol o droghe, dunque. Anche il gioco d’azzardo, il porno, un gioco di ruolo… persino i social media.

Il perfetto esempio degli effetti di una dipendenza è il ricchissimo magnate McCresus. Accecato dalla possibilità di diventare il monarca incontrastato di Guazzabù, si fa quasi soffiare il suo impero finanziario barattando “verdura” (autentiche banconote) per “perle e monete d’oro” (tappi di bottiglia). Il suo percorso è tipico: la reticenza è sopraffatta dalla curiosità, e dall’assaggio si passa alla completa assuefazione.

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Be’… se il gioco non ti alletta soffia qui in tutta fretta!

La storia è avvincente, ricca di rimandi a temi reali e con personaggi tridimensionali e a tutto tondo. Topolino, come Casty ci ha abituato da tempo, non è un “perfettino”. Sbaglia, si fa incuriosire dalla moda, cade vittima di un intrigo che non si è andato a cercare. Tutto perfetto, dunque?

Un elemento sottotono della storia è il modo in cui Topolino si libera dalle strette spire di una speciale sedia. La situazione è risolta in maniera un po’ facilona, ma questo non è imputabile allo scrittore. Casty diffuse in seguito lo storyboard originale, in cui Topolino avrebbe dovuto inavvertitamente attivare un meccanismo per farsi percepire dagli occhialissimi come una donzella in pericolo. Irretiti, Manetta e Basettoni sarebbero corsi a salvarlo/a.

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La redazione avrebbe deciso altrimenti, per evitare di mostrare Topolino trasfigurato in forma femminile. Questo è curioso. In passato il Topo si era già travestito da Minni nelle classiche strisce di Floyd Gottfredson e, al di là di questo, non ci sarebbe stato nulla di strano. Sarebbe anzi stato un ulteriore ottimo modo di sottolineare quanto tutto il meccanismo altro non faccia che distorcere pesantemente la realtà. La riflessione di Casty vorrebbe (dovrebbe) farci aprire gli occhi sul fatto che spesso non abbiamo bisogno di occhiali o di complessi macchinari per vedere la realtà così come non è. Purtroppo, aggiungo.

Mattia Del Core 

Copyright: Panini Disney, Andrea Castellan

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