Malcolm in the Middle è una serie che ha riempito i nostri lunghi pomeriggi di infanzia. Per poter sfogare lo stress e la stanchezza accumulati di mattina o prendere una pausa dagli studi non c’era niente di meglio che guardare uno show comico, pieno di imprevisti e colpi di scena.
I Simpson nella vita reale
La sitcom ruota attorno ai membri di una disfunzionale famiglia media americana bizzarra, sempre in conflitto, perennemente in bolletta e disprezzata dal vicinato. Insomma, i protagonisti sono “i Simpson” della nostra realtà, che con i loro caratteri e le loro disavventure mostrano i veri limiti della vita familiare.
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Personaggio centrale è Malcolm, il figlio di mezzo (da qui in the Middle), un ragazzo con un quoziente intellettivo fuori dalla norma (165 IQ), narratore che sfonda più volte la quarta parete. Gli altri membri della famiglia sono Francis, primogenito idolo dei ragazzi, Reese, fratello tanto stupido quanto aggressivo, Dewey, il piccolo trascurato, il neonato Jamie e infine il padre Hal, un uomo emotivamente fragile e follemente innamorato di Lois, madre nevrotica e autoritaria, spina dorsale della famiglia.
La serie, fin dalla sua prima messa in onda (avvenuta il 26 gennaio del 2000), si distingue per alcuni tratti peculiari. Innanzitutto, è uno degli show che infrangono la barriera di staticità per cui i personaggi non crescono mai. Nonostante gli episodi siano autoconclusivi, i protagonisti crescono e maturano nel corso delle stagioni. Nel caso di Malcolm, abbiamo modo di osservare la sua crescita, che va dalle medie fino al giorno del suo diploma.
Altro elemento caratteristico è il fattore comico, caratterizzato dall’assenza delle risate registrate che accompagnavano, solitamente, gli scambi di battute. Quella di Malcolm è una comicità basata sulle situazioni distruttive, provocate dalla natura vandalistica dei ragazzi e dai tentativi dei genitori di imporre la loro autorità. In altri casi si basa sulle banalità quotidiane, portate all’esagerazione a causa del carattere strambo della famiglia. Impossibile trattenere le risate di fronte alle perfomance di Bryan Cranston, che rende Hal un ottimo elemento comico (un Mr. Bean americano, per intenderci).
La filosofia della vita secondo Malcolm
Nonostante la sua natura comica, lo show non rinuncia a trattare argomenti seri. La sigla di apertura (“Boss of Me” cantata dal gruppo They Might be Giants) si conclude col seguente motivetto: “life is unfair“. Sono parole che riassumono la filosofia insita nella serie Malcolm. La realtà, talvolta, è ingiusta e può riservare delle sorprese che lasciano con l’amaro in bocca.
A questa sgangherata famiglia la vita, di certo, non sorride. Hal e Lois sono costretti a ritmi di lavoro massacranti per mantenere le già precarie condizioni economiche. I ragazzi devono subire l’invadenza genitoriale nelle loro vite private e sorbirsi esagerate punizioni che servono più a tenerli sotto controllo che a trasmettere lezioni di vita. La vita è ingiusta nei confronti di Francis, costretto a crescere lontano dalla sua famiglia e a diventare ciò che ha sempre odiato, una persona matura e responsabile. È ingiusta nei riguardi di Reese, visto dal mondo come un reietto, stupido e vandalo, e di Dewey, trascurato e preso di mira dai fratelli.
Ma l’ingiustizia più grave spetta al protagonista. Malcolm incarna la quintessenza di due periodi della vita dell’uomo, l’infanzia e l’adolescenza, costruiti con modalità spesso conflittuali sul rapporto genitori/figli e con il mondo esterno. Nell’episodio pilota, il protagonista afferma che la cosa migliore dell’infanzia è che “a un certo punto finisce”. E, forse, non ha torto. Malcolm (come noi, del resto) sente l’esigenza di maturare, di aspirare alla libertà individuale e soprattutto a quella normalità (estranea alla sua famiglia) che spera di ritrovare nel confronto con gli altri.
Sfortunatamente, il destino sembra riservare altri piani per lui, quando il corpo docenti, conscio del suo potenziale intellettivo, lo relega nella classe dei geni superdotati. Per Malcolm è l’inizio della fine: perde i pochi amici che aveva, viene emarginato dalla scolaresca e cambiano i rapporti con i familiari, divenuti consci del suo genio. Un genio che Malcolm considera più una maledizione, che un pregio.
Eppure, la serie insegna anche che nella vita bisogna sempre guardare (e andare) avanti. Di fronte alle ingiustizie che la realtà può serbarci bisogna sempre reagire. Anzi, questi vanno presi come dei veri punti di forza che aiutano a cambiare e a migliorare noi stessi. Malcolm e la sua famiglia, pur con tutti i loro grattacapi, agiscono escogitando soluzioni attinenti al loro carattere, incuranti anche delle opinioni altrui. Ma, cosa più importante, la serie insegna ad amare la famiglia con tutti i pregi e i difetti. Essa ci accompagna per tutta la nostra vita, anche quando raggiungiamo l’età adulta, e vivrà nei nostri gesti, nelle nostre abitudini e nei ricordi. È una lezione che Malcolm imparerà nel corso della sua crescita: per quanto lontano potrà andare col suo genio, la sua famiglia ci sarà sempre, nella buona o cattiva sorte.
Uno show per tutte le stagioni
Insomma, questo è Malcolm in the Middle. A distanza di anni, è una serie che non è mai invecchiata e non ha mai conosciuto rallentamenti nel ritmo narrativo, nonostante alcuni cambiamenti nel corso delle stagioni. È uno show che riesce a far ridere e riflettere allo stesso tempo, regalandoci momenti divertenti ma al contempo seri.
Antonio Ferraiuolo
Immagini ©-Fox Broadcasting Company