Festival di Sanremo, alla scoperta delle sue radici con Topolino

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Il Festival di Sanremo su Topolino

Sta per prendere il via la settantesima edizione del festival musicale più celebre al mondo, il Festival di Saremo. Dal 1951 ci accompagna nel mese di febbraio con le sue canzoni. Un caposaldo dell’italianità, che Topolino spesso ha celebrato sulle sue pagine in concomitanza dell’arrivo del periodo. Nel 2018, in occasione del 68esimo compleanno della celebrazione canora, ha portato tra le pagine una ventata di Liguria. Già, perché Sanremo non è solo la città del Festival, ma è anche una città ligure! E per cosa è più nota la Liguria? Per l’oculatezza nell’usare i propri risparmi (Zio Paperone, ti ricorda qualcosa?) e per l’amore verso la propria terra.

In copertina spicca un Claudio Baglioni paperizzato, per onorare la sua presenza al posto di comando del Festival e in virtù della posizione di rilievo che occupa nel cantautorato italiano.

Sanremo Claudio Baglioni
 

Alle origini di Sanremo: musica e non solo

Sanremo

Sanremo venne costruita sui monti per difendersi dalle molteplici Bande Bassotti che ai tempi facevano il bello e il cattivo tempo nei paesi che si affacciavano sul mare. La città venne venduta a dei ricchi nobili genovesi nel 1297, sotto il cui controllo rimase, vessata dalle gabelle. Alessandro Sisti e Paolo De Lorenzi (genovese DOC!), sul numero 3246 del nostro Topo preferito, hanno realizzato una storia che si svolge in un momento particolare, precisamente nel 1367. Non un anno preso a caso: proprio allora la città conobbe la tanto agognata libertà. Furono i sanremesi stessi a pagare per liberarsi dal dominio genovese, per fare del proprio denaro ciò che volevano. E la nostra storia narra proprio della lotta per la liberazione: una lotta pacifica, ma fatta di determinazione.

Zio Paperone e la singolar canzone

Al posto di comando abbiamo Zio Paperone che, guardate un po’ il caso, veste i panni di un nobile proveniente dalla Superba, nomea che la città di Genova si porta dietro con fierezza. Lo Zione esige dagli abitanti della fiorente cittadella portuale il pagamento dei debiti arretrati. Storia vecchia, insomma. Si sa, è sempre difficile pagare i debiti. Se poi di mezzo c’è un Paperino di nostra conoscenza, la situazione può solo peggiorare. Da buon nipote scansafatiche, invece di sgobbare al servizio dello Zione strimpella e canta tutto il dì. Il plot twist arriva grazie all’astuzia di Qui, Quo e Qua. I tre studiano la situazione e trovano il modo di salvare capra e cavoli, sfruttando il malcontento della popolazione e, soprattutto, la loro sensibilità musicale (derivata dalla vicinanza coi trobador francesi loro confinanti, grandi interpreti della musica in quegli anni).

i trovatori
                         I Trovatori

Debiti pagati, libertà conquistata. Come? Con la musica! Viene organizzata una tenzone, un’antica rap battle per intendersi, in cui gli sfidanti non saranno armati di spade, cavalli e lance, come nei tornei medievali, bensì di soli strumenti musicali, voci e note. Il tutto avviene nei pressi della sede del celeberrimo teatro dell’Ariston, mutato qui in Artiston, perché dopotutto di artisti si parla. 

Le canzoni in gara

Lungo le pagine vengono intonate molte canzoni. Da un lato, al soldo dello Zione, abbiamo Baicìn Sciaccaprìe, con “Ma se ghe pensu“. Questa canzone è un motto per la città di Genova, in quanto il testo, completamente in dialetto genovese, descrive tra le altre cose i principali luoghi della stessa, come la Lanterna e la Foce. Questi simboli vibrano nel cuore di un ligure emigrato nelle Americhe in cerca di fortuna, che canta della sua bella patria con nostalgia. Oltre al Baicìn, molte voci note del panorama italiano si sono cimentate con questi versi: tra gli altri, Gino Paoli e Gilberto Govi, entrambi genovesi di spicco. Inoltre nel 2011, durante la serata finale del Festival, venne cantata da Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu e Massimo Ranieri, con un’esibizione che vi consiglio di andare a recuperare (QUI il video su YouTube).

Altro brano in gara è “Viola fresca aulentissima” (ispirata a “Rosa fresca aulentissima“), recitata da un non ben precisato menestrello. Il vero autore del componimento poetico, Cielo d’Alcamo, era davvero un giullare. Il suo brano narrava di un corteggiamento fatto di lusinghe e di resistenze, che si conclude con il coronamento dell’amore, un tema che la storia della canzone conosce bene, in quanto sa sempre quali corde del cuore andare a toccare.

Abbiamo poi sul palco “Fin che la nave va”, che è un riadattamento di “Fin che la barca va“, dell’italianissima Orietta Berti, la quale spesso è stata ospite all’Ariston. Ed infine, ultimo ma non ultimo… ad esibirsi è un Bassotto-predone, che si improvvisa trovatore facendo piangere tutti con versi che arrivano dal suo povero, sfortunato cuore di pirata squattrinato. Anche questa è una vecchia storia, ma che stavolta dà occasione di redenzione e vittoria, in quanto il Festival viene vinto proprio da lui. Con i proventi ottenuti dalle iscrizioni dei cantori e dei biglietti dei visitatori il conto con Paperone è saldato e Sanremo è libera.

Il vero Festival di Sanremo è nato perché…

E così vengono poste le basi per il Festival papero. Quello vero, invece, ha una storia un pochino diversa, sempre però segnata dall’unione dei sanremesi. Sanremo è una città di mare, la stagione estiva era quasi l’unica a portare introiti. Così, per il mese di febbraio (periodo in cui gli affari languivano) si decise di provare qualcosa di nuovo, ovvero una celebrazione della musica. Inizialmente fece fatica ad ingranare, la partecipazione durante i primi anni fu piuttosto scarsa, ma col tempo l’entusiasmo dei cantanti ebbe la meglio, e ad oggi possiamo dire che è stata una gran bella trovata. Anche se non tutti sembrano essere d’accordo…

Teatro Artiston

Diciamo che Paperone, stavolta, non ha avuto fiuto per un affare colossale.

 

Anto

Immagini © Panini Disney

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