Le dichiarazioni di Don Rosa come “l’esplosione” più forte. Ma si unisce ad altre “detonazioni” sullo stesso tema, che chi di dovere, prima o poi dovrà sentire.
«(…) Il “sistema Disney“ ha distrutto la mia passione per la narrativa, per le storie raccontate (…)» (Don Rosa, «Lucca 2019 Comics And Games»).
Lucca Comics 2019, 30 Ottobre. Prima giornata della celeberrima kermesse. E, geniale idea, si inizia con una «bomba»…, una di quelle positive da mettersi in tasca per riutilizzare in seguito, tanta ragione e buon senso sprigiona: conferenza stampa di un uomo, che nel contrasto (ormai rarissimo) fra il suo stile da giardiniere a casa sua e l’enorme talento, ogni volta “ci pone fra le mani una foto” di come tutti noi potremmo essere in quanto Umani.
Se l’argomento non fosse stato Paperone&C., ai presenti alla conferenza poteva anche sembrare di trovarsi di fronte, non un uomo che ha speso buona parte della vita a dialogare con i Paperi (grande scelta, la sua…), ma un «Roosevelt» o un «Malcom X».
Ha parlato più nettamente di quanto un coltello da chef affetti un pomodoro, Don Rosa. Senza nessun timore verso il colosso dell’intrattenimento di cui esternava. E condividendo ogni sillaba e virgola delle sue decise affermazioni, non potevo non parlarne. O meglio, l’intento è partire da ciò che Don Rosa dice, per approfondire un argomento che negli Stati Uniti è tenuto vivo da tempo dagli autori di Cinema e serie TV — con tanto di scioperi che in passato hanno bloccato per settimane le produzioni di serie TV importanti.
Ma non solo oltre oceano se ne parla. A fine agosto 2019, sul sito Badtaste.it viene pubblicata un’intervista molto interessante a Stefano Sardo, sceneggiatore di serie TV e presidente dell’associazione di categoria 100Autori, a cui hanno aderito moltissimi professionisti (fra sceneggiatori e registi) dell’audiovisivo italiano per far sì che i loro diritti non vadano in malora. Intervista di un certo peso specifico per i contenuti, e che dovrebbe far riflettere molto (e che dovrebbero rileggersi molti produttori italiani) anche a distanza di tempo dalla pubblicazione, perché i problemi di registi e sceneggiatori italiani non sono poi così distanti da ciò che dice Rosa o qualche fumettista italiano: il microcosmo è lo stesso, cambiano le sue “stanze”.
Io, in questo articolo, umilmente ne parlo come lettore di lungo corso e come osservatore (e appassionato) del mondo editoriale e dell’entertainment. E perché, chi inventa con il proprio talento storie, vite e «nuovi mondi» permettendo a milioni d’individui di “entrarvi e sognare”, e permettendo a editori e network fatturati e diritti di sfruttamento «eterni»…, beh, queste persone — dicasi Autori — hanno diritto a molto più che il nome e cognome sulla prima pagina di una storia a fumetti o sui titoli di testa di un film o serie TV. Le briciole, ormai da tempo, non si danno più nemmeno ai cani.
Nell’Italia del fumetto si è vissuto qualcosa di decisamente imparentato, e con le (giustissime) rivendicazioni dell’autore americano nei confronti della Disney, e con le puntualizzazioni di Stefano Sardo nell’intervista.
Nel Fumetto italiano possiamo vantare un gruppo di autori che, a un certo punto, con l’ottima intuizione di modernizzare il “vecchio” Paperinik, iniziò un percorso che andò ben oltre il papero mascherato, con la volontà — rischiando il confronto con i tabù di realtà come la Disney in termini di tematiche e «cose troppo nuove» — di fare qualcosa di realmente diverso. Quindi ecco PKNA nel 1996, poi W.I.T.C.H. pochi anni dopo. Ma non solo…
Già… W.I.T.C.H... A questo punto ritorniamo alle dichiarazioni di Don Rosa. E scopriamo che tutti gli anni intercorsi tra il fumetto delle cinque adolescenti e ciò che ha vissuto sulla propria pelle l’autore della Saga di Paperon de’ Paperoni, in realtà… «non esistono»: in ogni caso, accadono esattamente le stesse cose. Sembra tutto… fuoritempo, nel senso che esso non conta affatto. Contano, ahimè, i fatti. I comportamenti. Che vanno in replica.
Con Don Rosa, la Disney ha sempre fatto ciò che le pareva. Ma apprezzava eccome (e tuttora) il suo nome stampato sulla prima di copertina per vendere le sue storie papere. A loro gli introiti pazzeschi di sempre; al grande autore, le celebri briciole.
Non sono a conoscenza di eventuali azioni legali di Don Rosa nei confronti della Disney per far valere i suoi diritti. Lo fecero, invece, i bravissimi disegnatori nostrani (anzi, Artisti) Barbara Canepa e Alessandro Barbucci, artefici «dell’imprinting grafico» di W.I.T.C.H. — una grande novità visiva nel fumetto italiano di quel target. Fra l’altro, Barbucci era presente anche fra i disegnatori del team di PKNA.
I due avviarono un’azione legale contro la Disney per i diritti su W.I.T.C.H., durata ben quattro anni. La serie fu una creazione di Elisabetta Gnone, che ci lavorò insieme a Barbucci&Canepa per quasi quattro anni, praticamente di nascosto dalla Disney, fra mille problemi e «stop». In ogni caso, ma guarda un po’, in tribunale andò male. Ma, come giusto fosse, con il successo avuto dal fumetto a livello internazionale, i nomi di Canepa e Barbucci si godono i frutti del loro talento.
E però, come per tantissime figure professionali italiane, già affermate o solo agli inizi, Barbara Canepa in seguito si è stabilita in Francia…
Dove il Fumetto è considerato la… 9ª Arte.
Arriviamo, quindi, a una piccola grande svolta in Italia in quest’ambito. Il gruppo di autori che insieme o in parte aveva lavorato su altri progetti innovativi in passato, scelse di restare in bilico “sull’onda dell’osare” di quegli anni, (e mettendosi alle spalle alcuni contrasti con la Disney) ideò un nuovo progetto, unico per la casa di Topolino (e forse non solo), visti i contenuti: Monster Allergy. Gli autori: ai testi, Francesco Artibani&Katja Centomo; ai disegni, Alessandro Barbucci&Barbara Canepa.
Ma qual è la grande novità a cui accennavo prima? Che per dar vita al progetto Monster Allergy — distribuito sì dalla Disney (anche se attraverso la Buena Vista Comics) —, Artibani&Centomo crearono una società ad hoc, che avrebbe detenuto e gestito i diritti di quell’opera e di quelle future dei due autori: nacque così la Red Whale. Fu un’importante svolta nel discorso della distribuzione dei diritti fra editori da una parte e autori/disegnatori dall’altra.
In pratica, in questo caso, la Disney riceveva il “pacchetto” bello e pronto, e acquistava dalla Red Whale semplicemente la licenza di stampa dell’opera.
Don Rosa, stanco con gli anni di vedere pubblicati lavori (anche spesso) mediocri legati al suo nome, e non bastasse, “vedere” così poche royalties (le sue) rispetto alle enormi (della Disney), finalmente anch’egli ha deciso per una soluzione: il suo (prestigioso) nome, adesso è sotto copyright. Adesso, la Disney, prima di pubblicare qualcosa che lo riguardi, dovrà sedersi e trattare.
(Con malinconia e fastidio) mi chiedo, però, se sia giusto che un autore debba farsi (per forza di cose) persino imprenditore ed editore, per vedersi riconosciuti i giusti diritti legati a tutto ciò che riguardi un’opera del proprio ingegno, e non semplicemente fare ciò che ama…
E che già fa così bene.
Baf