Sono in edicola i Paperdollari!
Per un attimo, ho pensato di essere tornata bambina, e ho quasi sentito il profumo di quel pacchettino dall’appiccicoso contenuto rosa, che mille volte ho comprato da piccola.
Sì, perché questi bei dollaroni hanno illustri antenati, ormai solo nella memoria dei diversamente ventenni, quelli che sono stati bambini negli anni ’70, per capirci. Sto parlando dei Paperon Dollars, memoria leggendaria per le persone della mia generazione.
Erano gli anni d’oro di Topolino, quelli indimenticabili di Mario Gentilini ed Elisa Penna, gli anni in cui vedeva la luce Paperinik. Gli anni dell’Operazione Quack, il Mistero del Totem Decapitato con il francobollo che tintinna, le medaglie olimpiche da collezionare.
In quel periodo, Topolino era un veicolo pubblicitario eccezionale, e il suo nome era legato a vari prodotti nati, cresciuti e poi spariti solo in funzione delle pagine pubblicitarie del Topo nazionale. Tra di queste, gli indimenticabili Bubble Gum Elah, incartati ognuno una una banconota, il famoso Paperon Dollar!
Innanzitutto, a quei tempi l’inglese non era propriamente lingua diffusa, sicché la parola bubble gum diciamo che creava qualche leggero problema di dizione, per cui diventava prontamente la cicca, la cingomma, il cicles, a seconda della regione.
Cosa avevano di particolare queste gomme: innanzitutto appunto i Paperon Dollars. Si trattava di striscette di carta plastificata, a forma di dollaro appunto, che dovevi delicatamente aprire per non romperle, visto che avvolgevano un piccolo cubetto rosa dall’acuto odore di frutta chimica. Credo abbia fatto la felicità (e la casa al mare) dei dentisti dell’epoca. Un po’ duro quando all’inizio lo azzannavi, il cubo malefico dopo un po’ diventava una massa che ti si attaccava ferocemente ai denti. I più bravi, riuscivano a fare un discreto palloncino, peccato che se questo scoppiava, ti si appiccicava sulla faccia con la tenacia del cemento a presa rapida e non si staccava se non dopo ripetuti lavaggi.
Ecco, non è che a quel tempo a noi fanciulli andasse di passare la giornata a lavarci il viso.
Erano tempi in cui si poteva giocare per strada, o in oratorio, senza la sorveglianza assidua dei genitori. Persino a Milano, pensate. Si cresceva un po’ selvaggi, con le ginocchia sbucciate dalle cadute in bicicletta e sui pattini, le bambine giocavano all’elastico (e qui davvero in pochi si ricorderanno, era un gioco di agilità e coordinazione notevoli, peccato sia scomparso!). Insomma, si tornava a casa la sera sudici, stanchi e felici.
“Mamma, mi dai dieci lire per comprare le cicche?” Dieci lire, meno di un centesimo attuale. Beh, Topolino costava 150 lire, cioè 0,08 euro!
Così si andava dal panettiere, dal droghiere o al chiosco dell’oratorio e si compravano le cicche tutti insieme, c’erano quelle a cubotto, più economiche, e i sigari, allungati, più costosi, ma con maggior probabilità di trovare una banconota vincente.
La genialità dei pubblicitari dell’epoca: ogni incarto era una banconota con un valore e un personaggio Disney, dal 1 dollaro di Paperoga (che ovviamente non vinceva nulla, come nulla vinceva il solito sfortunato Paperino) mentre i 5.000 dollari di Gastone ovviamente erano vincenti (2 bubble gum). Se trovavi lo Zione, era come fare tombola!
Bene, oltre a vincere altre cicche, se si collezionavano i dollari, era possibile diventare soci della Banca di Paperopoli, ricevendo la tessera. Fantastici premi in palio e un notiziario ogni mese per i soci . Il tutto a un costo bassissimo, 150 lire, il prezzo di un Topolino, più 10 Paperon Dollars. Infilavi in una busta, mandavi, ricevevi la tua tessera ed eri felice.
La vera genialata, tuttavia era la maglietta: al modico prezzo di 60 Paperon Dollars (60 per 10 lire = 600 lire, il costo di quattro Topolini, per intenderci, più altre 500 lire (e siamo a quasi 10 Topolini, quindi 30 euro attuali), potevi avere la maglietta di Paperone. Che dire, dei geniacci proprio!
E così, più di quarant’anni dopo, mi trovo tra le mani di nuovo un Paperdollaro. Non ha lo stesso profumo di gomma e di infanzia, non è plastificato e accartocciato, ma comunque mi ha fatto ricordare un tempo felice, ed è bello così.
Dedicato ai ‘vecchietti’ come me
Sabrina Ghini
Immagini © Elah, Mondadori, Disney, Panini