La maggior parte delle persone che vive il Natale “come da programma” è ligia alle tradizioni che ogni famiglia si impone, senza leggi scritte ma consuetudinarie. Il maglione con le renne di Bridgettiana memoria, le lenticchie, la tombola, i soliti racconti già sentiti e risentiti e tutto il resto. E tutto questo può dividere in due: chi da una parte non vede l’ora di vivere tutto questo e chi invece non vede l’ora di andarsene via il prima possibile. Scappare via, ovunque tranne che in un posto dove alberi, renne e lucine blu dominano incontrastate.
Il quiz di Natale
Una squadra di calcio decisamente famosa in Italia e fuori (dove non alza trofei da quando andavo alle elementari) ha recentemente lanciato un quiz per i tifosi in cui capire che tipo persona sei quando arriva il Natale. I profili possibili sono sette: atleta, influencer, chef, viaggiatore, gamer, fanatico, perfezionista dei regali. Io ci ho provato a fare quel test, ma devo dire che ad ogni domanda mancava la risposta che volevo. E alcune delle risposte, oggettivamente, le ho trovate alquanto tristi.
Pensare che la location perfetta per un Natale possa essere un centro commerciale, o un qualsiasi luogo dove c’è il wifi, è un modo perfetto per rinnegare quello che questa festività dovrebbe esprimere. Se un centro commerciale è aperto anche a Natale, significa che qualcuno lo deve tenere aperto, e lavorarci. Ma chi va al centro commerciale il giorno di Natale? Gente senza idee, senza una meta, annoiata. Che anche in un giorno che, almeno in teoria, dovrebbe essere diverso dal solito, si butta a guardare maglie, oggetti, senza neanche sapere se comprerà qualcosa o meno. Solo la necessità di dover trascorrere il tempo, dal momento che la vita non la si può mettere in pausa.
E il wifi? Se a Natale si ha la necessità di stare sul telefono, significa che gli affetti non sono in carne ed ossa, ma in pixel. Ti regalo un mi piace su Facebook, un cuoricino su Instagram e addirittura un retweet su Twitter.
Ci sono in tutto dodici domande, e qualsiasi cosa tu risponda il messaggio è sempre il solito: il Natale è bello ed è necessario fare qualsiasi cosa pur di viverlo. Che sia fare la gare di stories più visualizzate o del lancio dello zucchero a velo sul pandoro, poco conta. Ogni risposta è studiata per rappresentare un profilo, ma alla fine sono tutti uguali. Differenze vere tra un profilo e l’altro non esistono, servono solo per capire quale etichetta metterti addosso. Essere soddisfatto o meno di avere un tag.
Torniamo a noi
Ma il Natale non è un quiz. Il Natale è un giorno che per un motivo o per un altro si dovrebbe ricordare. Con il passare degli anni però, al 26 dicembre l’unica cosa che si pensa è “e anche quest’anno il Natale ce lo siamo tolti di torno”. E quando non sei più bambino, diventa sempre più difficile ricordarsi cosa sia successo cinque, dieci Natali fa.
Se prima si aspetta Natale per ricevere i regali, adesso si aspetta per andare in ferie. E tutto il resto viene vissuto come un obbligo a cui ottemperare, sia piacevolmente che non. Devi fare il cenone/pranzo, devi fare la spesa, devi preparare tutto, devi comprare i regali, devi mandare gli inviti. Devi, devi, devi. La cosa brutta è che certe cose si potrebbero traslare anche ad altre festività.
E poi una cosa che proprio non sopporto: bisogna essere più buoni. Significa che gli altri giorni si può essere una parola che fa rima con oronzo, ma quel giorno proprio no. In questo modo è facile vedere la falsità delle persone. I finti sorrisi, le finte sorprese, a volte sono proprio le facce ad essere finte. Facce di melma.
Se uno passa il Natale a rendersi conto di tutto ciò, non c’è da essere felici. In sostanza, è meglio far finta di niente, spegnere il cervello e gettarsi nell’orgia della tombola. In fondo, spegnere il cervello è ciò che ci riesce meglio di questi tempi, no?
Dario Lombardi
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