Il fenomeno Bonvi
Descrivere l’arte di Bonvi (nome d’arte di Franco Bonvicini) è un’impresa: non ci sono parole adatte per definire il suo genio creativo. Posso solo dire che, a distanza di anni dalla sua prematura scomparsa, ci ha lasciato il ricordo di un fumettista “d’assalto”, dotato di una creatività e uno spirito d’iniziativa insoliti, grazie ai quali realizzava le sue storie. Dalla sua verve creativa nascono capolavori come Nick Carter, Marzolino Tarantola, Cattivik e molti altri ancora. Ma il suo nome è legato alle mitiche Sturmtruppen, una serie di strisce antimilitariste con protagonista uno scalcinato gruppo di soldati che parlano un italiano tedeschizzato. Con questo manipolo di soldatini, l’autore mette in luce l’assurdità della guerra e dei principi di quell’obbedienza“cieca, pronta und assoluten“.
Insomma, Bonvi è stato un innovatore di forme e linguaggi, e ha contribuito (direttamente o meno) alla crescita del panorama del fumetto italiano dagli anni ’60 in poi. Se non fosse per lui, non avremmo altri capolavori come Lupo Alberto di Silver (uno dei suoi allievi più famosi). Forse non avremmo neanche L’ultima burba di Leo Ortolani, con cui stabilì un sodalizio breve ma intenso tra il 1993 ed il 1994.
L’Uomo di Tsushima
Non deve dunque stupirci che una personalità come Bonvi sia stata chiamata a contribuire per la collana Un uomo, un’avventura, costituita da 30 volumi. Si tratta di un progetto lanciato dalla Cepim (attualmente Sergio Bonelli Editore) nel 1976, che riunì molti fumettisti noti (come Dino Battaglia o Hugo Pratt, per fare pochi celebri esempi), chiamandoli a realizzare storie autoconclusive ispirate a eventi storici. Gli autori non erano obbligati a riportare fedelmente gli avvenimenti storici. Potevano, anzi, dare libero sfogo alla loro creatività narrativa. Il nome della collana allude al fatto che il protagonista di ciascun volume è, appunto, un uomo che si ritrova al centro di un dato evento storico.
A Bonvi spettò l’onore di trasporre a fumetti la battaglia di Tsushima (da qui il titolo), il celebre scontro navale in cui la Marina imperiale giapponese sconfisse sonoramente la flotta russa. Si tratta della battaglia che pose fine alla guerra russo-giapponese (1904-1905) e portò conseguenze impreviste per lo scenario internazionale. Parliamo di un evento epocale, che screditò la Russia e fece ottenere al Giappone lo status di grande potenza. Inoltre, per i modi e le tecniche adoperati, la guerra russo-giapponese si ritiene sotto certi aspetti che abbia anticipato la Grande Guerra, che da lì a poco meno di dieci anni avrebbe sconvolto l’umanità. Insomma, lo scontro navale è il materiale perfetto con cui Bonvi realizza la sua storia.
Trama
Gli eventi bellici sono narrati dal punto di vista di Jack London, qua raffigurato con le fattezze di Bonvi (un modo con cui il fumettista modenese omaggia lo scrittore americano). Lo scrittore è stato incaricato dal giornale per cui lavora di raccogliere notizie sulla flotta russa. Jack, tra gioco d’azzardo e fiumi d’alcol, è convinto di trovare le notizie che cerca nel villaggio di Nossi-bé (isola nei pressi della colonia francese del Madagascar). Crede infatti che le navi russe faranno scalo nell’isolotto per ricevere rifornimenti. La sua intuizione, ben presto, si rivelerà corretta, quando le navi russe sbarcheranno proprio lì per rifornirsi di carbone.
In questo modo lo scrittore ha modo di rincontrare il comandante Bogdanov, suo amico di vecchia data. Da lui Jack apprende che le navi russe viaggiano in condizioni precarie, e per giunta non sono pronte per uno scontro armato con i giapponesi (dotati di un armamentario sofisticato e all’avanguardia). Eppure lo zar Nicola II, benché conscio della situazione in cui versa la marina, ordina all’ammiraglio Rožestvenskij di salpare alla volta di Port Arthur e di difenderla dalle forze giapponesi. Tra le tre rotte possibili viene scelta quella che conduce allo stretto di Tsushima, dove è concentrato il grosso delle forze navali giapponesi. Quella che dovrebbe essere una spedizione di salvataggio si rivelerà essere una missione suicida.
Lo stesso Bogdanov accetta con grande stoicismo l’amaro destino riservato a lui e ai suoi compagni, ma prima rivela i giochi di potere che si celano dietro la spedizione. Il vero scopo della flotta è quello di fare notizia: lo zar spera di sfruttare un’eventuale tragedia militare per allontanare l’opinione esterna ed interna dai problemi che affliggono la Russia. Insomma, sacrificare migliaia di vite per dare stabilità a un’autocrazia lacerata da divisioni interne e che si regge su piedi d’argilla. È un mistero che Jack non avrà modo di approfondire, poiché sollevato dal suo incarico per la sua inadempienza e con l’accusa di essere socialista. Avrà modo di portare alla luce i misteri dietro Tsushima solo tre anni più tardi, quando riceverà la visita di un amico… dall’oltretomba.
Un romanzo fatto a fumetti
Quando venne chiamato a disegnare “L’uomo di Tsushima” Bonvi era conscio di trovarsi di fronte a un impegno del tutto nuovo. Per la prima volta doveva realizzare una storia intera e completa, che andasse ben al di là delle sue consuete strisce o brevi avventure. Insomma, una vera sfida per il fumettista modenese, che dimostrò di essere all’altezza della situazione. In questo modo riuscì a realizzare un sorta di romanzo in formato fumetto.
Il capolavoro di Bonvi presenta una struttura narrativa polimorfa: la narrazione, infatti, non è affidata alle sole tavole. Vengono utilizzati diversi espedienti utili non solo a smorzare l’attesa del lettore per la battaglia di Tsushima, ma anche a calarlo perfettamente nell’atmosfera storica rappresentata. L’incipit, per esempio, si presenta come un telegramma scritto e firmato da Jack London, con cui riassume le cause della guerra russo-giapponese. Le fasi della battaglia, invece, vengono descritte attraverso le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, una scelta originale e intelligente.
Queste tecniche narrative vengono intervallate dalle tradizionali tavole, che costruiscono il principale intreccio narrativo della storia. Al loro interno troviamo anche ambientazioni squisitamente rappresentate nei minimi particolari. Si va dalla fredda e caotica città di New York alle calde e tranquille spiagge africane e brasiliane. Ciascuna tavola è una finestra che si affaccia direttamente nell’epoca della Belle Époque. Un periodo in cui si credeva di aver raggiunto una pace universale. Ma non fu così. Tra le grandi potenze occidentali vi erano enormi disparità economiche, sociali e politiche. E questo era causa di conflitti combattuti non sul suolo europeo, bensì in territori africani e asiatici, popolati da uomini ritenuti all’epoca selvaggi e primitivi.
Bonvi e la guerra
Il lungo flashback che chiude la storia e svela le tragedie dietro gli avvenimenti di Tsushima è il momento saliente della storia. Come nelle Sturmtruppen, Bonvi pone al centro dell’attenzione l’assurdità della guerra e delle regole militari, ma lo fa con toni cupi e drammatici. Protagonisti sono i marinai russi, costretti a un lungo e duro esodo nelle azzurre immensità degli oceani. Nel loro viaggio, essi sono sottoposti a rigidi turni di guardia, costretti a nutrirsi con cibo di pessima qualità e ad assecondare la ferrea autorità (se non la follia) degli ufficiali. Ciò provoca una serie di atti di insubordinazione che il corpo ufficiale non esita a soffocare nel sangue, alimentando il malcontento tra i marinai.
La situazione esplode durante lo scontro a Tsushima, con i marinai che decidono di ribellarsi all’autorità degli ufficiali. È l’inizio di una guerra civile interna, con il corpo ufficiale da un lato e l’equipaggio dall’altro. Nel bel mezzo dei bombardamenti, si formano numerosi soviet improvvisati, che le alte gerarchie, inutilmente, tentano di sopprimere. In poco tempo, il conflitto navale si trasforma in un massacro tra i russi, avvantaggiando in questo modo le armate giapponesi. Questi, rapidi, invisibili e letali, bombardano, senza alcuna pietà, gli incrociatori russi, riducendoli in rottami.
Ma c’è di più: la stupidità dell’uomo
L’importanza de L’uomo di Tsushima non consiste solo nell’aver raffigurato la guerra nella sua brutalità. Bonvi ci invita a riflettere su un aspetto dell’uomo che, ancora oggi, influisce sulle nostre vite. Il fumetto, infatti, mostra come le tragedie siano conseguenze della stupidità umana.
Lo zar viene visto da Bonvi come l’incarnazione di quel potere che sfrutta gli stupidi per giustificare i propri abusi. Esso abbisogna di figure carismatiche che lo aiutino nei suoi intenti. Gli ufficiali, a tal proposito, si rivelano complici di questi sordidi giochi di potere. Essendo totalmente assorbiti dal codice militare non sono in grado di ragionare fuori dagli schemi. Si limitano, in pratica, a prendere ordini, anche a costo di sacrificare la propria vita.
La stupidità però è un morbo che affligge non solo i vertici politici, ma anche le componenti civili di una società. Questa malattia è presente, per esempio, anche nel giornalismo. Il caporedattore di London vede la guerra come il più grosso affare editoriale del secolo, e per questo vuole battere la concorrenza sul tempo. Vuole che il suo giornale parli dell’eroismo dei due eserciti in lotta e non delle bassezze politiche che si celano dietro la manovra dello stretto di Tsushima. In questo modo, anche se indirettamente, asseconda i piani dello zar, rendendosi involontariamente suo alleato.
Insomma, Bonvi attacca il male provocato dalle azioni insensate dell’uomo, un male che affligge l’umanità e ne influenza il percorso storico.
Antonio Ferraiuolo
Immagini © Bonvi