Dopo l’excursus nel passato fatto nella precedente puntata, stavolta facciamo un balzo temporale in avanti e arriviamo all’anno 2009.
Esattamente dieci anni fa, quindi.
Quell’anno ci fu una sorta di revival della vecchia moda settantiana dei “supergruppi”, ovvero le band messe insieme da celebrità affermate del mondo musicale: in estate uscì l’album dei Chickenfoot, ovvero la band hard rock composta da Sammy Hagar alla voce e Michael Anthony al basso (entrambi reduci storici dei Van Halen) insieme a Joe Satriani alla chitarra e a Chad Smith (Red Hot Chili Peppers) alla batteria.
Quasi contemporaneamente Dave Grohl, front-man dei Foo Fighters ed ex batterista dei Nirvana, fece un annuncio sconvolgente:
“Il prossimo progetto che ho intenzione di intraprendere coinvolge me alla batteria, Josh Homme alla chitarra e John Paul Jones al basso. Sarà il prossimo album e non farà schifo.”
Una super-band composta da tre icone viventi di tre decenni di musica: alla voce e alla chitarra c’è Josh Homme, ex chitarrista dei Kyuss (ovvero la band capofila dello stoner rock) e leader dei Queens of Stone Age, una delle band rock di maggior successo degli anni Duemila.
Al basso e alle tastiere invece troviamo una vera e propria leggenda vivente: nientemeno che John Paul Jones, bassista, polistrumentista nonché anima musicale dei Led Zeppelin. Non c’è bisogno di dire altro, credo.
Infine a completare la formazione c’è per l’appunto Dave Grohl, cantante e chitarrista dei Foo Fighters ed ex batterista dei Nirvana che per l’occasione ritorna alla batteria sette anni dopo aver contribuito a far diventare Songs for the Deaf dei Q.O.T.S.A. uno degli album più acclamati del decennio scorso con il suo inconfondibile tocco dietro ai tamburi.
A novembre del 2009 fa quindi capolinea nei negozi di musica l’album di debutto della nuova formazione intitolato semplicemente Them Crooked Vultures, ovvero il nome scelto dalla band.
A differenza dei Chickenfoot che venivano all’incirca dallo stesso background musicale, questa volta a riunirsi sono stati tre musicisti molto diversi fra loro. Cosa ne è uscito fuori?
Beh, esattamente quello che ci si aspetterebbe: un album che è una perfetta summa fra le tre personalità che lo compongono.
A dominare i pezzi ci sono la chitarra e la voce di Josh Homme, ma l’apporto dell’estro di Jones c’è e si sente tantissimo: pezzi lunghi, complessi, con incursioni psichedeliche al limite del progressive rock, con inserti di tastiere e soprattutto il suo inconfondibile basso tonante che due decenni prima aveva caratterizzato insieme a John Bonham l’esplosiva sezione ritmica degli Zep. Inoltre l’ispirazione zeppeliniana di certi riff è evidente.
Dave Grohl invece è lontano anni luce dallo stile semplice e potente che aveva caratterizzato i Nirvana: qui fra tempi dispari, passaggi complessi, cambi di tempo e terzine a velocità supersonica sfoggia tutta la sua maestria dietro le pelli.
Ed è proprio lui ad aprire il disco con i colpi dell’intro di No One Loves Me and Neither Do I in cui i Nostri mettono subito le cose in chiaro: subito dopo i controtempi di batteria dell’intro parte un riff all’unisono fra la chitarra di Homme e John Paul Jones che per l’occasione usa addirittura uno slide bass unico al mondo fatto costruire apposta per lui!
A seguire si trovano l’incalzante Mind Eraser, New Chaser che è caratterizzata da una delle rare incursioni al microfono di Dave Grohl in tutto l’album, e subito dopo la potentissima New Fang, il singolone dell’album caratterizzato da un perfetto unisono fra Jones e Grohl, e Dead End Friends, un pezzo in pienissimo stile Queens of the Stone Age.
In Elephants invece dopo un memorabile intro dominato dalle potenti finezze di Dave Grohl si vedono le tinte progressive e psichedeliche provenienti dalle mani di John Paul Jones. Le influenze vintage si fanno sentire forti anche in Scumbag Blues che ricorda addirittura i Cream mentre il clavinet suonato da Jones riporta alla mente i bei vecchi tempi dei Led Zeppelin di Trampled Under Foot.
Nella successiva Bandoliers l’atmosfera si dilata ulteriormente e compare la longa manus di Grohl anche nei riff che soprattutto nel ritornello hanno un sapore “foofightersiano”, e a seguire troviamo lo strano e piacevole intermezzo di Interlude With Ludes, un brano in cui i Nostri si sono divertiti a comporre un delirio psichedelico intorno a un campionamento di un pezzo musicale proveniente dal videogioco Minecraft.
La traccia successiva, Warsaw or the First Breath You Take After You Give Up, è un pezzone di 7:50 minuti composto da due parti: una sorta di marcia stoner e una coda psichedelica, seguita da Caligulove, altro pezzo a tinte progressive arricchito da Jones sia con un basso potentissimo e distorto che addirittura col suono di un organo combo degli anni ’60, quello che ha caratterizzato il suono dei Doors per capirci. Subito dopo parte Gunman, pezzone sincopato super-energetico ascoltando il quale vi sfido a rimanere fermi e seduti.
Dulcis in fundo, la traccia finale Spinning in Daffodils è la summa perfetta di tutto l’album: si apre col dolcissimo pianoforte suonato da JPJ per poi evolvere in un riff stoner degno dei Kyuss. Potenza, chitarre tuonanti, tamburi fragorosi, tempi dispari, psichedelia, progressive… insomma, tutto quello che ci si potrebbe aspettare da una formazione composta da tre elementi del genere.
Insomma, un disco che farà felici sia i fan di Led Zeppelin, Nirvana, Foo Fighters, Kyuss e QOTSA ma che può essere facilmente apprezzato anche da chi, per assurdo, non ha mai sentito parlare dei suddetti gruppi. I pezzi sono complessi ma non ostici, sono gradevolissimi e sono apprezzabili anche da parte di un ascoltatore “casuale”. Insomma, vi sfido a non saltare e a non dimenarvi ascoltando pezzi del calibro di New Fang, Mind Eraser No Chaser o Gunman.
Una menzione a parte poi meritano i testi, interamente composti da Josh Homme: stralunati, taglienti, ironici e folli quanto il genio che li ha scritti.
Infine per quanto riguarda la produzione poi il disco a parere di chi scrive è invecchiato benissimo a dieci anni di distanza, risuona fresco e potente esattamente come dieci anni fa.
In conclusione, la vera forza del progetto Them Crooked Vultures sta nello scopo che ha smosso i tre componenti nel creare tutto ciò: i Them Crooked Vultures erano una band composta unicamente per il piacere di suonare e fare musica insieme, dato che i tre componenti erano già famosissimi e leggendari (inoltre i loro conti in banca messi insieme equivalgono al PIL di una piccola nazione). C’era un feeling particolare fra di loro e le canzoni sono nate nel corso di lunghe sessioni di improvvisazione e nel corso di pochi mesi, senza stare a pensarci su per troppo tempo, e questa freschezza e spensieratezza si percepisce chiaramente da ogni nota dell’album.
E dopo cosa è successo? Beh, dopo un tour mondiale nel 2010 aiutati dall’altra leggenda vivente Alain Johannes come musicista di supporto, i Them Crooked Vultures sono in pausa a tempo indeterminato. Grohl subito dopo ha ripreso il suo posto nei Foo Fighters, che l’anno successivo hanno fatto uscire Wasting Light, uno dei loro migliori album; Homme nel 2013 ha fatto uscire con i Queens of the Stone Age l’album …Like Clockwork che ha debuttato al numero 1 in classifica negli Stati Uniti, mentre JPJ ha ripreso la sua attività di turnista di lusso che continua tuttora.
Le speranze di un ritorno sulle scene della band da parte di tutti gli appassionati sono però ancora vive e alcune recentissime dichiarazioni in merito da parte di Dave Grohl hanno riacceso le speranze di avere un seguito di questo album a breve.
Noi siamo in attesa fervente, nel frattempo godetevi l’album che potete ascoltare qui:
Giacomo Sannino