Minni e le tap model è una piccola storia, ma per qualcuno di noi ha un’alta importanza
Chiariamo subito una cosa: Minni in questa storia sono io. Minni in questa storia è tutti noi, quando entrando in un negozio ci sentiamo troppo alti/bassi/grassi/magri.
Immaginate di trovarvi a una festa. Sì, per una volta vi hanno invitato. La lochèscion è da voto diesci, quindi avete scelto gli abiti migliori dell’armadio e vi sentite una bomba. Certo anche gli altri invitati non sono male… anzi, diciamo pure che sono tutti altissimi, fighissimi e molto più alla moda di voi. Ma ciò che conta è avere personalità, giusto?
Il giorno dopo, vostra sorella vi manda la foto di una vetrina di abbigliamento per bambini: un manichino indossa un outfit identico a quello che avete indossato.
Tranne l’ultima parte, questo è l’inizio di Minni e le tap model, storia di Nino Russo con disegni di Luciano Gatto, pubblicata su Minni & company n.11 (aprile 1994).
Minni è solo una topolina nera con le ciglia lunghe, eppure scopre che il suo aspetto è sbagliato. Perché, come si può notare, Minni è molto bassa. Indossare gli abiti che le piacciono e che stanno tanto bene alle altre ragazze è impossibile: i negozi di Napoleon Mount Street (da leggersi “via Monte Napoleone di Milano”) non vendono la sua taglia e storcono il naso alla sola idea di accorciare un orlo.
Vi suona familiare? Anche voi, come Minni, usate lo sgabello per prendere il Ciobar sullo scaffale della cucina? Lo stesso problema viene condiviso da Topolino, eppure lui non sembra in grado di comprendere l’entità del disagio della sua ragazza. Se non hai l'”altezza mezza bellezza”, dice lui, puoi sempre puntare su altre qualità. Ma quanto vale questo consiglio, se non sei un Topolino ma una topolina? Se l’aspetto è comunque il metro (o in questo caso il centimetro) con cui verrai misurata?
Minni lo sa e decide di diventare più alta. Infila un paio di scarpe platform e guadagna ben dieci centimetri, poco prima di prendere una storta al piede e cadere piangendo in mezzo alla strada. A riprova del fatto che con certe mode “gli anni ’90 ci hanno fatto male“.
Il secondo tentativo di Minni è lo stretching. Dopo una gran sudata in palestra, tuttavia, l’allenatore informa Minni dei fatti: la ginnastica aiuta i bambini a crescere sani, ma non può far crescere in altezza gli adulti.
Minni a questo punto potrebbe rassegnarsi: gli abiti delle top model rimangono per lei un sogno irrealizzabile. Ma se la statura è immutabile, lo è forse la moda? La nostra Minni, dopo aver provato di tutto per aderire a uno standard campato in aria, capisce che la bellezza è un’invenzione, un gioco creativo aperto a tutti, con infinite possibilità.
Minni diventa quindi stilista di una propria collezione di abiti, indossati non da top model, ma da tap model. Prima ancora delle modelle curvy e delle suicide girls, Minni e altre roditrici, paperette e volpine formato mignon salgono in passerella.
Indossare un abito di sartoria e venire ammirati può sembrare un’aspirazione frivola. D’altronde, se lo scopo è essere soddisfatti di noi stessi, slanciati o mingherlini, paperi o topi, vale la pena spendere “volontà e coraggio”, qualunque sia la strada che scegliamo di intraprendere.
P.S: In realtà la morale è: non eliminate le taglie XXS!
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Verina Romagna
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