Alex Bertani è dallo scorso ottobre il direttore editoriale di Topolino, avvicendando Valentina De Poli alla guida del settimanale dopo undici anni. L’abbiamo incontrato al Cartoomics di Milano, ecco cosa ci ha detto.
Ciao, Alex! Partiamo con una domanda “semplice”. Com’è stato il tuo impatto con Topolino?
Questo dovreste dirlo voi che leggete Topolino.
Io ho la mia opinione, gli altri la loro, diciamo che vogliamo sapere la tua.
Io penso che il cuore di Topolino siano i suoi fumetti. La mia priorità è stata quella di capire se quello che stavamo facendo, ovvero i fumetti, era soddisfacente per i lettori. Abbiamo quindi fatto diversi brainstorming per cercare di capire quali sono le modalità con cui possiamo arrivare al pubblico. È indubbio che oggi il rapporto che i giovani hanno verso la lettura sia diverso da quello che magari avevo quando ero piccolo io.
O quando eravamo piccoli noi. Hai parlato di brainstorming: voi chiaramente puntate a diversi target, come ti poni rispetto a ciò?
Il target primario di Topolino è 7-12 anni. È oggettivo che abbiamo tantissimi lettori che hanno qualche anno in più, ma molto spesso questi desiderano un Topolino che sia quello che si ricordano loro, che amavano quando erano più piccoli. La cifra stilistica di Topolino rimane dunque quella di fare storie per ragazzini o, meglio, storie che abbiano anche delle chiavi di lettura adatte ai ragazzini. Poi grandi artisti ci hanno insegnato che, al di là di ciò, puoi raccontare tutto, cose anche importanti, e trattare temi serissimi. È però importante che tutto ciò resti a disposizione di un bambino, che lo faccia sorridere, che gli faccia avere i primi contatti con quella che è l’avventura, dal mystery ai viaggi, dalle storie on the road a Paperone che va a caccia di tesori.
Quindi perché un Ventenne dovrebbe comprare Topolino?
Parlo per me stesso: le storie che ricordo con più piacere, trasporto ed emozione sono quelle che mi raccontavano delle cose dei personaggi che amavo. Storie capaci in qualche modo di farci conoscere dei punti di vista diversi, raccontarci delle cose che non sapevamo. Credo che i nostri personaggi abbiano questa grande capacità di far identificare il lettore in loro perché rappresentano delle caratteristiche e dei valori universali. Credo che noi attraverso una lettura che solo apparentemente può sembrare più semplice riusciamo a volte a raccontare delle cose in modo efficace, perché avviciniamo il lettore (che abbia vent’anni, o trenta, o cinquanta) senza che lui si difenda. È un discorso un pochino complicato. Io credo molto nella leggerezza come cifra stilistica del racconto. Quando le cose sono troppo criptiche a volte rischiano di non arrivare. Magari sono delle perle, ma non arrivano. E allora è in parte un tesoro sprecato.
Alla fine uno dei timori del lettore più adulto è che Topolino torni ad essere troppo infantile.
Spero che non sarà così sotto questa gestione, perché non è vero che i ragazzini e i bambini vogliono storie semplicistiche. Questa è una bugia. Le storie semplicistiche annoiano anche loro, quindi è importante avere delle storie coinvolgenti. Prima parlavamo del fatto che c’è minore empatia verso la lettura e che è vero, oggi loro hanno a disposizione i tablet, i cellulari, i videogiochi, i cartoni animati: un’offerta multimediale molto più attraente. Quindi noi dobbiamo per forza dare di più, essere capaci di comunicare delle cose importanti e in grado di emozionare il lettore, che è la cosa fondamentale. E parlo proprio per quella che è stata a oggi la mia esperienza come lettore. Mi appassiono a delle cose che in qualche modo sono state capaci di toccare certe corde del mio animo, della mia sensibilità, della mia storia, del mio essere. Io credo che Topolino questo possa farlo e in modo leggero, divertente e quindi alla portata di tutti, anche dei bambini.
A questo si collega anche la domanda successiva: come intendi affrontare i cambiamenti del mercato e quali sono le strategie di promozione su cui stai puntando?
C’è sicuramente una maggiore attenzione verso il modo di comunicare quello che facciamo che sta cambiando rispetto al passato. Stiamo lavorando molto sui social network, ma anche sui media tradizionali: ad aprile lanceremo una campagna promozionale in TV con uno spot molto bello e d’impatto. Però l’idea è di investire sui fumetti perché troppo spesso in passato si è puntato su altre cose. Per tanti anni Topolino ha fatto una mega campagna estiva dove c’era un gadget che veniva pubblicizzato con notevoli risultati di vendita, ma alla fine vendevamo dei giocattoli, diciamo la verità, perché dopo quattro settimane si tornava nei volumi di vendita precedenti. In quelle quattro settimane avevi quindi venduto dei giocattoli, non delle storie. La campagna di aprile per la prima volta dopo tanto tempo ci dirà che Topolino è la magia delle sue storie. È un’eredità che si passano le generazioni, fatta di emozione, di personaggi splendidi, di magia.
Cosa ne pensi di Ventenni Paperoni e, più in generale, delle community su Internet?
Io credo che le community come la vostra, o quella del Papersera, siano, intanto, delle realtà meravigliose, la dimostrazione di quanto ancora questo medium, il fumetto, sia capace di generare e comunicare. Ma anche essere al Cartoomics e vedere persone vestite nei modi più improbabili mi emoziona sempre, perché credo sia la testimonianza di come quello che per me ha sempre avuto un grande valore lo ha anche per tante persone e ciò crea, di fatto, una comunità. Quelle come la vostra si danno anche delle regole interne per interagire, però siete delle punte d’eccellenza di una comunità che è trasversale, esiste e di cui anche io, nonostante abbia qualche anno in più, mi sento comunque ancora partecipe.
Quindi il tuo Topolino vuole dare ascolto a quello che si dice sul web?
Guarda, io ogni tanto passo un po’ di tempo a vedere qual è la temperatura sul web, perché faccio un lavoro in cui chiaramente si hanno dei feedback e, su Internet, sono abbastanza diretti e immediati. Credo che sia un modo importante, per chi fa il mio lavoro, di avere una misura di come si sta operando. C’è anche qui in fiera, perché la gente arriva, chiede, poi magari dal vivo non dice le cose brutte. Ma è giusto che ci stronchino quando facciamo qualcosa che non va bene: serve anche a noi, ripeto, per capire che delle volte non si è agito nel migliore dei modi e si poteva essere più accorti. Credo sia importante ascoltare, lo faccio con tutti, poi magari ci ragioni, cerchi di valutare se la critica che hai ricevuto è a ragion veduta o meno. Però credo nella funzione importante che ha la stampa, non solamente per i fumetti, anche nella vita normale. Viviamo tempi in cui abbiamo bisogno di una stampa libera, non condizionata e capace di dire delle cose che non vanno sempre di moda.
Come si pone il tuo Topolino nei confronti della presenza dei VIP sul giornale?
Ci sono due tipi di discorsi diversi. Uno di visibilità, visto che sicuramente quando porti in copertina Tiziano Ferro o Jovanotti parlano di te ed è una cosa positiva, perché Topolino è molto amato e quindi ne hai un ritorno dal punto di vista d’immagine. D’altro canto è anche vero che nessuno si fionda nelle edicole per acquistare Topolino, perché hanno una conferma di quello che già pensano. Quindi magari in quelle settimane hai avuto delle vendite più alte, ma non hai fidelizzato. Hai venduto ai fan delle copie che ora sono nelle loro memorabilia, accanto a sciarpe e biglietti, ma quella persona lì non ha iniziato a leggere Topolino. Quindi mi chiedo se lo sforzo che fai per mettere in piedi quest’operazione ne valga veramente la pena e, a volte, temo che il grande lavoro per arrivare a questi personaggi non sia ricompensato da ciò che avviene dopo. E non solo a livello commerciale, ma proprio di ciò che hai fatto.
Giacomo Sannino
Mattia Del Core
Michela Nessi
Con la preziosa collaborazione di
Giannis Iatrou
Alessandra De Marchi
Giovanni Putaro
Mattia Mariani