Una collana interamente dedicata a Topolino, ma senza fumetti.
Potrebbe sembrare una proposta folle, destinata a non concretizzarsi. Ma Disney Avventura è realtà ormai da quasi un ventennio. I 22 volumi della serie, con Topolino come protagonista incontrastato, hanno infatti visto la luce tra 2000 e 2005, con cadenza irregolare.
La storia di Disney Avventura si presenta, prima di tutto, come storia di un progetto.
Non si sa molto, in verità, sulla genesi della collana. Tuttavia viene spontaneo definirla un grande progetto, anche solo osservando i nomi degli autori chiamati a scrivere per questa. Si tratta, infatti, per la maggior parte, di grandi volti della narrativa per ragazzi o della Redazione di Topolino.
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Per fare un paio di esempi, la prima uscita porta la firma di Roberto Piumini, prolifico scrittore di libri per bambini e non (nonché dei testi de L’albero azzurro); i volumi 6 e 16, invece, sono stati scritti rispettivamente da Alessandro Sisti e Tito Faraci, ben noti (anche) per il loro lavoro proprio sulle pagine di Topolino. Le illustrazioni, poche e tendenzialmente in bianco e nero, sono opera anch’esse di disegnatori provenienti in diretta dalle pagine del settimanale. Tra gli altri, per citarne solo due, Fabio Celoni e Paolo Mottura.
Un piccolo focus sui contenuti è d’obbligo.
Già a una prima lettura, è facile intuire quanto il Topolino qui presentato si discosti da quello dei fumetti. Le storie presentate, autoconclusive, sono generalmente dei piccoli gialli o avventure, e in questo siamo stati ben abituati dal settimanale. Si tratta tuttavia di intrecci diversi da quelli proposti a cose normali dalla rivista. Questo non tanto (o non solo) per gli spunti di partenza, ma soprattutto per i metodi narrativi.
La violenza diffusa (generalmente appannaggio dei cattivi di turno), le sporadiche tinte horror e la presenza di un vero e proprio mondo criminale, in definitiva, sono tutti elementi che vanno a dare all’intera collana un tono noir, pur se adatto ai giovanissimi. Ciò fa impressione, e di sicuro abbiamo di fronte un progetto coraggioso, soprattutto in un momento in cui Topolino, in Italia, mirava principalmente a raggiungere un pubblico infantile.
Per fare chiarezza, sarà bene fornire un esempio pratico.
In Ring City, di Sandro Veronesi (vol. 15), Topolino si trova alle prese con un’intera banda criminale, una famiglia di pugili che ha preso il controllo di una tranquilla cittadina. Toccherà chiaramente a lui, con l’aiuto di comprimari d’eccezione, il gravoso compito di riportare la situazione alla normalità. Per farlo, però, dovrà avvalersi di un mezzo se non altro insolito: i pugni, appunto. Con l’aiuto di Tonto (comprimario d’eccezione) il Topo si troverà ad intraprendere un vero e proprio percorso di formazione. Lo scontro finale sarà senza esclusione di colpi.
Ancora più chiaro, forse, il caso del volume La cubista scomparsa, in cui motore dell’intera vicenda sarà appunto il rapimento di una cubista (professione mai rappresentata, negli ultimi decenni almeno, sulle pagine del settimanale). La storia andrà a dipanarsi in una Topolinia di cui nessuno ha mai raccontato molto, quella della vita notturna.
Possiamo ritenere Disney Avventura un esperimento riuscito?
Senza dubbio ci troviamo di fronte a un esperimento. Non è neanche l’unico del periodo, per essere sinceri: già dalla fine degli anni Novanta, e per tutta la prima metà degli anni Zero, altre testate scelsero una linea editoriale decisamente diversa da quella adottata all’epoca da Topolino. Questo è il caso, per esempio, di Mickey Mouse Mistery Magazine, di X-Mickey e, ovviamente, di PK.
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I toni di queste tre testate, ed in particolare di MMMM, sono per certi versi paragonabili a quelli dei volumi Disney Avventura. Ma quest’ultima collana può vantare un elemento di indiscussa originalità: l’assenza del fumetto. Questa peculiarità, per certi versi, è anche apprezzabile: lo sviluppo psicologico del protagonista è gestito in modo radicalmente diverso, intrigante a tratti.
Tuttavia, ciò è innegabile, Topolino perde qualcosa nel passaggio al puro testo. Mi riferisco in primis alla totale assenza di Topolinia, Minni, Pippo e di tutto il background a noi ben noto. Ma mancano anche alcune caratteristiche immutabili proprie del personaggio che tutti conosciamo. A essere valorizzata è la sua passione per gli enigmi e le situazioni spinose, più che il suo buon cuore. Nel campo investigativo, poi, la totale assenza di criminali a noi già noti porta sì una ventata di aria fresca, ma dall’altra parte fa perdere in iconicità alla serie.
Non è dunque semplice tirare le somme.
Le singole storie presentate in Disney Avventura, questo è bene dirlo, sono generalmente godibili, e alcune in particolare scritte molto bene e interessanti. Conviene, ovviamente, tenere sempre ben presente il target di riferimento, la “seconda infanzia” rappresentata da bambini in età scolare. Potremmo parlare a tutti gli effetti di una serie noir per giovani e giovanissimi, e in questo senso la testata coglie nel segno.
Ma l’utilizzo di Topolino (mascotte indiscussa) fuori dalla pagina a fumetti è stato poco oculato, e anche per questo, probabilmente, l’idea di romanzetti con il Topo come protagonista non ha avuto un immenso successo.
Fascino e peculiarità di questa esperienza sono indiscutibili. Essa serve però anche a ricordarci quanto a Topolino serva una base a fumetti sotto ai piedi, per poter esprimere al meglio il suo potenziale.
Alessandro Giacomelli
Immagini © Disney Italia