Mozzo, aviatore, giornalista, apprendista stregone, re ed eroe della porta accanto.
Il Topo a fumetti più famoso del mondo ha sempre sorprese in serbo per noi, ne abbiamo avuta la riprova durante le celebrazioni per il suo novantesimo compleanno. Ma è ormai evidente quale sia, da vari decenni, la sua occupazione principale. Topolino si è infatti affermato, nella sua città, come investigatore di discreto livello e occasionale (ma in molti casi indispensabile) collaboratore della Polizia locale. Questa smisurata passione è oggi un dato acquisito, e la si considera, di fatto, parte integrante della caratterizzazione di Mickey Mouse. Ma, com’è facilmente immaginabile, anche questa faccia della sua personalità ha una precisa origine.
Una delle prime storie in cui tale lato del personaggio è messo alla prova è datata 1933; ha visto la luce grazie a Merrill de Maris e Floyd Gottfredson. Stiamo parlando di Topolino poliziotto e Pippo suo aiutante.
Non è, a conti fatti, la prima storia in assoluto in cui possiamo osservare il Topo alle prese con un caso. Già tre anni prima, con Topolino e il bel gagà, si era presentata la necessità di portare a compimento un’indagine per salvare la situazione. Ma qui abbiamo di fronte qualcosa di diverso, per vari motivi.
In primo luogo, a Mickey viene affiancato un comprimario (co-protagonista, più che spalla) di innegabile spessore, pur se al suo debutto fumettistico: Pippo. La “strana coppia” così assortita rivela un potenziale comico e narrativo inaspettato. Ciascuno dei due riesce infatti a integrare le mancanze caratteriali dell’altro per rendere la storia più ricca e meglio strutturata.
Ad esempio l’ingenuità del cane antropomorfo, chiaramente contrapposta alla sagacia più volte dimostrata dall’amico topo, serve proprio a dare il via ad un nuovo sviluppo di trama che porterà verso la conclusione. Non sarebbe stato possibile intraprendere tale via con Topolino come protagonista unico. Il sarcasmo qui tagliente di Pippo, inoltre, ben si sposa con i toni della storia, di fatto un giallo parodistico e dagli ottimi tempi comici. La pubblicazione è avvenuta sotto forma di strisce quotidiane, e questo ha permesso di creare gag veloci e a effetto. Anche l’assenza di ogni tipo di censura giova sia a questo tipo di umorismo sia in generale alla qualità dell’intreccio narrativo.
Gli eventi scatenanti dell’intera vicenda, infatti, sono la morte di uno zio di Pippo e la sua gravosa eredità: un’agenzia investigativa con i conti in rosso e con l’annessa licenza. Certamente si sarebbe trattato di un incipit meno evocativo e meno d’impatto, se lo zio fosse semplicemente partito per un lungo viaggio o simili.
La pubblicazione su giornale determina anche un altro risultato degno di nota.
Le gag di cui sopra, proprio per la loro immediatezza e la loro struttura a 3-4 vignette, finiscono per aprire più o meno volontariamente sottotrame che restano, per ovvia mancanza di spazio, inesplorate. Una di queste in particolare, legata alla figura del vecchio sindaco Scott, è stata brillantemente ripresa di recente, su Topolino n. 2764, da Tito Faraci e Giorgio Cavazzano. I due hanno ideato una sorta di piacevole sequel e conclusione ideale per l’intera vicenda dell’agenzia ereditata, con Topolino in: l’ultimo caso.
Ma tornando alla storia originale, crediamo di poterci avvalere di due personaggi, due comparse fondamentalmente, per riassumere al meglio quello che forse si può considerare il lascito più sincero di Topolino poliziotto e Pippo suo aiutante.
Ci riferiamo ai due investigatori di professione, Abbai e Latrati, assoldati dal succitato sindaco Scott per risolvere il caso a cui anche i due protagonisti stanno lavorando. Il caso in questione viene però considerato poco serio dai professionisti, che preferiscono ignorare il compito ricevuto. Ed è allora che Topolino e Pippo, con una serie di deduzioni (e discreti colpi di fortuna) uniscono i pezzi del puzzle. I due riescono dove anche gli investigatori assoldati stavano miseramente fallendo. Qui davvero assistiamo alla nascita di qualcosa di nuovo.
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Due dilettanti, gettatisi nel mondo dei detective, in un primo momento conoscono una serie di piccoli insuccessi, presentati in modo da far ridere il lettore. Ma, man mano che si prosegue nella lettura, l’intreccio diviene sempre più avvincente, fino ad approdare al trionfo finale di Topolino e Pippo, all’affermazione dei due investigatori sconosciuti col conto in rosso, provenienti da quella piccola realtà bucolica che era la Topolinia dei primi tempi.
Siamo di fronte a un nodo cruciale per l’evoluzione dei due personaggi, ma anche di tutto il mondo che li circonda.
La piccola cittadina di periferia, immersa nel verde, che possiamo trovare in tutte le storie più importanti del periodo, vede la propria quiete turbata da un crimine ben più grave di qualsiasi altro fino ad allora lì consumatosi, ma riesce, anche senza le ingerenze di due “detective di città”, a risolvere i propri problemi.
Da lì prenderà il via il processo di trasformazione di questa stessa cittadina in grande metropoli, proprio grazie al filone dei “gialli con vena comica”: l’intero comando di Polizia di Topolinia (Basettoni, Manetta e a seguire Rock Sassi) prenderà vita proprio in seguito alla comparsa di criminali dal maggiore spessore (basti pensare a Macchia Nera) e di casi più complessi. La tappa finale di questo processo si presenta con evidenza proprio in Topolino in: l’ultimo caso. In questa storia, infatti, l’intera ambientazione utilizzata nel 1933 viene definita “vecchio quartiere”, una piccola parte di un agglomerato urbano ora ben più grande.
Tiriamo brevemente le somme.
Topolino poliziotto e Pippo suo aiutante può vantare una serie di indiscutibili meriti: l’introduzione di Pippo come personaggio fisso delle storie a fumetti (e, di conseguenza, l’introduzione della “magica coppia” che ormai ben conosciamo); la nascita del macrocosmo poliziesco di Topolinia, che da lì in poi sarebbe cresciuto sempre più; l’affermarsi di un “nuovo Mickey Mouse”, già parzialmente scoperto in precedenza, che dimostra di trovarsi decisamente a suo agio nei panni dell’investigatore, che da lì in poi indosserà sempre più spesso.
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Questa storia, indiscutibilmente, contribuisce a gettare le solide fondamenta su cui anche il Topolino del nuovo millennio si basa. Un Topolino che, per citarlo (direttamente dall’ultima tavola del sequel del 2008), pantaloncini a parte non è mai cambiato. E continua a divertirsi un sacco.
Alessandro Giacomelli
Immagini © Disney