Il dramma dei trentenni che vogliono piangere come Ventenni

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram
Paperino

Una vita da Ventenne Paperone 

Come molti di quelli che (immagino) staranno leggendo in questo momento, faccio parte dei trentenni. Lo sono da poco, giusto il tempo di sentirmi fare gli auguri da chi se lo è ricordato e da chi se lo è sentito dire in faccia. Ora, non so voi, ma passata l’età in cui il compleanno era l’occasione per avere regali da qualsiasi parente possibile e immaginabile, le cose cambiano. I compleanni diventano più una scusa per fare una festa con amici e/o parenti, e man mano che scorrono gli anni perdono d’importanza.

Il primo compleanno importante è quello dei 18 anni. Talmente importante che qualcuno ha pensato di tirare su una vera e propria industria sui “prediciottesimi”, fenomeno che non ho idea di quanto sia importante e sul quale non vorrei farvi spendere altro tempo. Poi ci sono i 20 anni. Quelli in cui sei ventenne. E allora, se prima diventavi adulto per la legge, con i venti cominci a sentirti davvero grande. Quel “2” davanti ti fa sentire lontano da quando ti davano del teenager, da quando eri alle elementari, a studiare geografia e a fare i bigliettini per la verifica di geometria.

Nei tempi moderni si chiama “2.0”, un’evoluzione dalla fase adolescenziale ad una più matura, ma che non vuole rinunciare alla sua parte più innocente. Il Ventenne che piange leggendo la saga di Paperon de’ Paperoni non fa eccezione, e forse il suo pianto deriva proprio dal sapere che quella parte fanciullesca, che ancora è dentro di sé, non è più pura come un tempo. Perché un tempo Babbo Natale arrivava davvero dal tetto, nel buio arrivava l’uomo nero e Topolino era vero. Paperino era vero. Il Re Leone era vero. E adesso che sai che si trattava di un uomo travestito di rosso con la barba, che l’uomo nero più che nell’armadio sta nell’edizione del telegiornale, e che Topolino è “solo” un fumetto, il pianto è insopprimibile.

Ho scritto “solo” un fumetto, sì. Perché Topolino esiste nei nostri cuori, nei nostri occhi, nella nostra mente. Ma un vero Topolino non esiste. Al massimo è un signore travestito come Babbo Natale, ed anche questo può deluderti quando cresci.

topolino

Diventare trentenni

Vivi dieci anni come un ventenne. Vivi dieci anni in cui dovresti provarle tutte. E poi, un giorno non come gli altri, tutto finisce. Arriva il 3.0, l’aggiornamento al software che proprio non volevi e che non riesci a non installare. E mentre si sta installando l’aggiornamento, al posto della barra dell’upload, ti scorre la vita davanti. E ricordi che tutto quel tempo, a credere che Babbo Natale esisteva, era bellissimo. Cosa daresti per tornare a giocare come prima, e dimenticare le bollette, l’affitto, il traffico, il lavoro, il mutuo, l’assicurazione… Cosa daresti per non far parte del clan dei trentenni. E invece…

Arriva il 3.0 e ti chiedi se sia il caso di piangere come un ventenne. Il dubbio è presto sciolto: si piange di più. Quell’età che inizia con “vent” la vorresti stringere con tutta la forza e il mastice disponibile. Ma la realtà è che il tempo va avanti, ed anche noi dobbiamo andare avanti. Ti guardi intorno e ti rendi conto che il mondo non si è fermato: c’è gente che faceva la scuola con te che si è sposata, che ha fatto figli. Non sai se voler essere come loro o assolutamente no. Nessuno ti prepara ad affrontare la vita se non la vita stessa.

In questo momento ho trent’anni e un giorno. Un anno fa decisi di trasferirmi a Torino per cambiare vita, trecentoventi chilometri di distanza dalla vecchia casa. Presi quella vita, la misi dentro una Micra ed arrivai in città. Volevo arrivare alla soglia dei trenta e poter dire che ero diventato un uomo, che mi ero realizzato. Tutto ciò che non ero riuscito a fare prima. Mi voglio confidare con voi: non so se sono riuscito in questa impresa. Ma sono ancora qui, in piedi. Ho trent’anni e un giorno, e non ho nessuna voglia di fermarmi. Ho trent’anni e un giorno e, come tutti gli altri trentenni, ho visto persone che si sposano, che fanno figli, che si fanno una vita e… vorrei essere come loro. Ma si tratta di aspettare, perché la pazienza è alla base del sacrificio.

Ho trent’anni e un giorno, e ancora non ho pianto. Tristezza o gioia, non importa: le mie lacrime non saranno diverse da prima. Il 3.0 ti fa emozionare ancora di più, ve ne accorgerete.

Dario Lombardi

Immagini © Disney

Ti è piaciuto l'articolo? Condividilo!

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Share on whatsapp
Share on telegram

Ultimi articoli

Articoli correlati

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.

Le opinioni espresse dai singoli autori negli articoli sono a titolo personale e non rappresentano in alcun modo il pensiero dello staff di Ventenni Paperoni.

Tutto il materiale eventualmente coperto da copyright utilizzato è usato per fini educativi ai sensi dell’art. 70 della legge 633/41 sul diritto d’autore. Qualora i titolari volessero rimuoverli possono comunicarlo via e-mail e provvederemo subito alla conseguente rimozione o modifica.

E-mail: redazione@storiedipaperi.com