Moby Dick è la parodia dell’omonimo romanzo pubblicato nel 1851 dallo scrittore statunitense Herman Melville. La storia si apre in una buia e cupa taverna frequentata da marinai dove il lettore viene subito catapultato sin dalla prima vignetta nelle atmosfere dark che caratterizzano tutta la vicenda.
Perfetto il connubio tra disegni e sceneggiatura che permane per tutta la durata della storia e che riesce a far immergere il lettore nell’avventura tenendolo col fiato sospeso fino alla fine.
I disegni suggestivi
Paolo Mottura non si è semplicemente limitato a dare forma ai testi di Francesco Artibani, ma ha dato vita alle parole, i disegni raccontano una storia ancor prima di leggere i balloon. Il tratto e lo stile di disegno del Maestro piemontese ricorda molto quello del Maestro Fabio Celoni (oltre che, come dichiarato dal disegnatore stesso, anche Marco Rota e Carl Barks) e ben si sposa con le atmosfere cupe e minacciose della storia. I colori di Mirka Andolfo enfatizzano ancor di più questi disegni.
La colorista partenopea ha saputo efficacemente interpretare le atmosfere e valorizzare a pieno, attraverso i colori, i disegni realizzati da Mottura. Ogni vignetta è un gioco di luci, ombre ed espressioni che riescono perfettamente nell’intento di comunicare la sensazione/emozione che vuole lo sceneggiatore. Sia essa ansia, terrore, tensione, soggezione o semplicemente pathos.
E davanti all’emergere feroce di Moby Dick dagli abissi, si rimane con il fiato sospeso dimenticando di trovarci di fronte a un disegno.
I testi della parodia
Parlando della sceneggiatura, la storia si discosta molto dal classico genere parodistico Disney.
Francesco Artibani infatti riduce al minimo la comicità smorza-tensione quasi non facendola sembrare una parodia Disney. I personaggi della banda Disney non sembrano recitare un ruolo ma piuttosto essere i personaggi del romanzo di Melville con le loro sembianze. Zio Paperone è Achab, entrambi accomunati da un’ossessione (il primo per la ricerca del suo primo decino e il secondo per la ricerca della balena che gli ha portato via la gamba). Addirittura personaggi come Paperoga e Archimede si discostano molto dalla loro classica caratterizzazione delle storie disneyane.
I nomi dei personaggi sono lasciati pressoché identici a quelli originali inventati da Melville.
Coraggiosa, a mio parere, la scelta di mantenere anche nella trasposizione disneyana la gamba di legno che il capitano Achab ha nell’opera originale considerando che la stessa Disney ha deciso di privare Pietro Gambadilegno della sua caratteristica gamba di legno dal lontano 1941.
La storia rimane molto fedele al romanzo, tuttavia per rispettare i canoni sono state apportate modifiche alla trama. Il finale, infatti, è totalmente differente dall’originale, che non poteva ovviamente essere rappresentato in un fumetto Disney. Lo sceneggiatore invece sceglie di far concludere la sua opera in una maniera molto simile a quella della favola di Pinocchio.
Un raffinato citazionismo
Artibani per scrivere la sceneggiatura di questa parodia ha preso spunto dalla storia Topolino e il mostro bianco (conosciuta anche come Topolino cacciatore di balene) del 1938 di Merrill de Maris e Floyd Gottfredson, ma anche dal Moby Dick di Dino Battaglia.
La storia presenta alcune citazioni:
- La barca su cui il Capitano Quachab navigava il giorno del suo primo sfortunato incontro con Moby Dick si chiamava Glittering Goldie, nome inglese di Doretta Doremì, la fiamma di Paperon de’ Paperoni ai tempi del Klondike.
- I pirati malesi che attaccano il Pikuod nella seconda parte della storia sono disegnati su modello del corvo che Giovan Battista Carpi ideò per il personaggio di Yanez, nelle storie di Sandopaper, parodia delle imprese di Sandokan.
Una parodia “sui generis”
A dispetto della sua originale pubblicazione sul Topo, la storia risulta tutt’altro che infantile e la rappresentazione della balena bianca ha una caratteristica che definirei “horrorifica”, lontana dai canoni disneyani.
In definitiva, secondo il parere personale di chi scrive, la più bella storia Disney italiana che abbia letto. Un racconto ricco ed estremamente coinvolgente che consiglio a chiunque di leggere tutto d’un fiato. Tutti, dall’appassionato dei nostri paperi, al cultore del romanzo di Melville, fino al lettore occasionale in cerca di emozioni e sensazioni forti. Un racconto che ha il potenziale per attirare una vasta tipologia di lettori coinvolgendo il pubblico di ogni età.
Un piccolo grande capolavoro dell’intera produzione disneyana italiana che tutti dovrebbero leggere e avere in libreria.
Donato Rabino
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