Prendiamo in prestito le parole di Barbara Garufi per buttarci a capofitto in una nuova recensione, quella del secondo capitolo della Trilogia horror disneyana, ovvero “Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde”.
“Lo sceneggiatore Bruno Enna e il disegnatore Fabio Celoni, ancora una volta in coppia dopo l’avventura di Dracula di Bram Topker [che abbiamo recensito qui], ci regalano un’altra storia a tinte forti avvalendosi anche della loro esperienza professionale nel campo del fumetto horror, della loro predisposizione al gotico, al soprannaturale e soprattutto della loro grande sensibilità disneyana.”
Sarà riuscito il settimanale orecchiuto a rendere omaggio ancora una volta a un capolavoro della letteratura non snaturandone l’essenza, ma celebrandolo nella sua interezza? Scopriamo insieme Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde.
Come accennato prima, anche questa volta abbiamo quei buontemponi di Enna & Celoni a prendersi cura di una trasposizione fumettistica di un cupo romanzo inglese dell’Ottocento, e anche questa volta il bersaglio è stato pienamente centrato (scusate lo spoiler).
Complice la brevità dell’opera originale, anche questa parodia risulta da subito fresca, dinamica e mozzafiato; infatti se la fonte primaria d’informazioni per la precedente parodia si presentava come una raccolta di lettere, con qualche pezzo di diario qui e lì, R.L. Stevenson decide di prendere la via del romanzo duro e puro, costruendo una storia che oscilla tra il giallo e il thriller psicologico, di cui si può dire “Lo strano caso del dr. Jekyll e di mr. Hyde” rappresenti il primo esempio concreto.
Eppure, anche qui come in Dracula, i nostri cari adattatori si sono trovati davanti delle sfide non indifferenti (l’avreste mai detto?).
Prima di tutto la grande domanda: come adattare un romanzo tanto intricato e complesso conosciuto da ogni persona abiti questo pianeta (anche da quelli che non l’hanno mai letto), facendone una parodia Disney adatta a tutti?
Beh, innanzitutto facendo una full immersion di tutto ciò che è stato prodotto sull’argomento.
Il buon Enna, raccogliendo la seconda sfida che la direttrice di Topolino Valentina De Poli gli lanciò in quel 2014, si mise con impegno a rileggere il romanzo e a recuperare tutto ciò che s’era detto sull’opera originale di Stevenson, passando dall’edizione critica di Fruttero e Lucentini, fino ad arrivare alla visione di quasi tutte le trasposizioni cinematografiche del romanzo (ovviamente non poteva mancare la celeberrima pellicola del 1920, ad opera di John S. Robertson).
Fatto ciò lo sceneggiatore si mise a pensare, rimuginando nel suo cervello e cercando di definire i tratti della nuova parodia, concordando così la cupezza del romanzo con lo stile disneyano; come ci si aspetterebbe da Enna, il suo cruccio si trasformò nella scintilla che diede il via ad una reazione a catena che portò infine alla luce la sceneggiatura di Ratkyll & Hyde.
E quindi, dovendo affrontare l’adattamento di una tematica tanto delicata come quella dell’ambiguità e della complessità dell’animo umano, Bruno Enna venne improvvisamente colpito da un lampo che gli fece trovare la solita chiave per poter ri-raccontare la storia, trasportandola così nel mondo Disney: accostare la doppia natura del personaggio del romanzo originale alla doppia facciata del “roster” disneyano, traducendo quindi dr Jekyll e mr Hyde in due personaggi opposti, ovvero un topo, Ratkyll, e un papero.
Pensandoci bene infatti, uno dei punti di forza delle storie a fumetti Disney è proprio l’immensa varietà di personaggi sfruttabili ben caratterizzati, che però allo stesso tempo si possono sostanzialmente dividere in due grandi gruppi: i topi e i paperi; “Quindi perché non utilizzarli entrambi?” pensò Enna. E così fu.
Cercando sempre di evitare qualsiasi spoiler, questo Ratkyll anziché passare da un bonario gentiluomo ad un essere sregolato e malvagio passa semplicemente (ed maniera assolutamente geniale) da una “specie” ad un’altra, andando così ad unire i due lati dell’universo fumettistico Disney, che per il sottoscritto sono sempre troppo separati, e le potenzialità date da un incontro di questi due mondi molto poco sfruttate (e fateli incontrare roditori e pennuti, una buona volta!).
Così facendo, stavolta addirittura più che in Dracula, lo sceneggiatore delinea personaggi credibili, carismatici e perfettamente calati nel ruolo, trasformandoli direttamente nei protagonisti da loro interpretati.

Se nella storia precedente infatti, si percepiva un’aria di “messa in scena”, quasi teatrale (mai negativa, ma forse un po’ troppo artificiosa), qui quest’ultima sensazione svanisce e fa posto ad una sospensione dell’incredulità totale, che non solo ci fa credere che quelle situazioni e quei personaggi esistano e siano qualcosa di nuovo (una sorta di mix tra romanzo e fumetto), ma che ci fa esclamare “Ammazza che bello sto Pipperson!”, e non “Ah, che bello! Pippo fa l’avvocato Utterson!”; personaggio e ruolo si fondono, creando un connubio perfettamente equilibrato, tra linguaggio letterario e linguaggio fumettistico
Rimanendo in tema, a parte alcune licenze poetiche, necessarie sempre per questioni di taget, la storia narrata risulta sorprendentemente inquietante, mantenendo non solo le atmosfere dell’opera Stevensoniana ma anche la sua tipica suddivisione in capitoli, continuando quel “percorso fedeltà” iniziato con Dracula, dove per dare l’idea del romanzo epistolare Enna aveva inserito svariate didascalie che avevano il compito di rimandare la mente del lettore a tale genere letterario.
Qui troviamo appunto i vari capitoli, dal titolo ovviamente storpiato, che servono forse più di ogni altra cosa a far calare il pubblico nell’atmosfera di un giallo thriller dai risvolti imprevisti, e a mantenere viva l’attenzione e costante la pelle d’oca.
Se Enna c’ha messo le parole, Celoni come sempre, c’ha messo la matita, creando ancora una volta un universo semplicemente perfetto per la vicenda che si svolge al suo interno, disegnando una Londra viva, solare e pulsante, ma all’occorrenza buia, spaventosa e soprattutto nebbiosa.
Molto nebbiosa.
Inoltre, non trovandoci stavolta tra brughiere e città portuali, ma in una vera e propria città industriale, il buon Fabio non ha mancato di inserire squisiti dettagli steampunk, che insieme alla capitale vittoriana non possono far altro che esaltare il lettore.
Per quanto riguarda l’estetica stavolta il disegnatore milanese non s’è rifatto a nessuna pellicola (o quasi) dedicata allo schizofrenico dottore, ma anzi, traendo ispirazione solo in minima parte da illustratori come Dino Battaglia o Lorenzo Mattotti, ha saputo finalmente forgiare uno stile tutto suo, focalizzandosi unicamente su ciò che la storia gli comunicava.
Inoltre ha saputo con la sua solita maestria caratterizzare al meglio un personaggio che si vede solo di schiena, o se va bene di profilo, e sempre e comunque infagottato nei suoi vestiti, e quindi a volto coperto.
Vedere per credere, ma questo Hyde riesce ad esprimere le sue emozioni anche se col viso totalmente invisibile per il lettore dato che Celoni è riuscito a farlo recitare solo e soltanto col suo corpo, ed eventualmente utilizzando le sue movenze secche e sgarbate, con vari colpi di bastone qui e là.

Sfruttando al meglio la sua esperienza con Dylan Dog, il disegnatore è stato perfettamente capace di fondere le rotondità del suo disegno umoristico con i vari tratteggi (mai visti così tanti per lui in una storia Disney) e i neri gotici che utilizza nel suo lavoro da disegnatore realistico per la succitata testata Bonelli, e adottando una regia che gioca stavolta, più che sui grandangoli mozzafiato, sulle riprese basse e diagonali, e ovviamente sui dettagli, talvolta angoscianti, talaltra rivelatori e così via, anche loro rapidi, funzionali e ben costruiti.
Voltando pagina troviamo il solito ottimo lavoro di Mirka Andolfo come colorista, che stavolta ha lavorato a stretto contatto con Celoni per dare alla storia tutta quell’atmosfera tesa, deformata e contorta che meritava.
Facendo stavolta ampio uso di tutta la tavolozza dei colori, si può notare una prevalenza delle sfumature di rosso e marrone da un lato (principalmente di giorno) e quella del verde e del blu dall’altro (di notte e nelle scene ad alta tensione).
Non dovendo quindi rifarsi a nessuno ma dovendo creare una filosofia tutta loro, gli artisti incaricati alla parte grafica hanno fatto un egregio lavoro dando vita a un’estetica guizzante e a dir poco calzante.

Volendo spendere anche due parole sulla versione più reperibile della storia, ovvero quella in edizione De Luxe in bianco e nero di Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde, si può soltanto dire che i vari retini applicati digitalmente sulle tavole originali in bianco e nero dal solito immenso Celoni, propongono una visione alternativa e forse più piatta dell’insieme, non mancando tuttavia di emozionare e di far venire la pelle d’oca; alla vista di quelle grandi tavole non si può far altro che esclamare il solito “WOW!”
Dunque anche questa si conferma una parodia solida, nuova ed emozionante, forse anche più di Dracula, meritevole di aver davvero e finalmente creato un’estetica e un modus operandi fresco e rivoluzionario.
Un secondo capitolo all’altezza del primo, che conferma non solo la bravura degli addetti ai lavori ma anche la bontà e la necessità di un progetto del genere, che come detto più volte ha rivoluzionato il mondo parodistico Disney, trasformandolo in qualcosa di maturo e soprattutto prezioso.
Bruno Palma