Sembra banale dire che Topolino piace a tutti, a chi troppo, chi tantissimo, chi solamente tanto.
C’è stato però un periodo storico in cui qualsiasi cosa avesse una minima allusione all’America – tipo chiamarsi Mickey Mouse – doveva essere proibita. Accadde però che l’amore per Topolino fosse più grande dell’odio per l’America.
Iniziamo dal principio. Nel 1938 l’Italia fascista si allinea definitivamente alla Germania, proclama le leggi razziali e si dichiara apertamente ostile alla Società delle Nazioni (Stati Uniti su tutte). La svolta autarchica e razziale puntava ed eliminare qualsiasi traccia dell’influenza estera all’interno della nazione. La fascistizzazione riguarda ogni ambito della cultura: dal lessico (vengono coniati termini come “sessuoso” per evitare l’utilizzo dell’inglese “sexy”) alle pubblicazioni. Oltre ai libri e ai film americani, o in cui vi era specifico riferimento al modello di vita americano, vennero banditi anche i comics.
L’unico a salvarsi da questa epurazione, per i primi anni, fu Topolino. Le storie erano state portate in Italia dall’editore Nerbini a inizio anni ’30 ed erano poi passate a Mondadori nel ’35 che pubblicava anche altre serie americane. Diversamente dalle altre serie yankee il Topo continuò a circolare fino al ’42, quando venne sostituito da Tuffolino: un cine-racconto (non esiste ancora la parola “fumetto”) di chiara ispirazione disneyana, ma con protagonisti umani. Il regime pretendeva, nel momento clou del conflitto mondiale, che i protagonisti delle storie fossero totalmente italianizzati.
Esistono diverse ipotesi sul motivo per cui Topolino resistette alla censura del ’38, pare su sollecitazione diretta di Mussolini. Una delle versioni racconta addirittura di un’amicizia tra Benito Mussolini e Walt Disney (fonte). Disney era un oppositore del presidente americano Roosvelt e lo si può ritenere un favore verso una personalità influente con cui conveniva essere in credito. Un’altra teoria, più romantica, sostiene che Topolino fosse la letture preferita dei figli del duce – pare che ne fossero abbonati – e sia stato un gesto di amore paterno.
Ognuno può scegliere la versione che preferisce, probabilmente possono anche aver influito entrambe. Come opinione personale credo che il Topo sia stato risparmiato perché ritenuto una lettura di svago, come altre opere d’arte (non di propaganda) consentite in periodo fascista. Inoltre una censura per essere efficace deve proibire opere selezionate accuratamente, sperando che se ne perda la traccia, poiché una censura totale e indiscriminata provoca sempre più clamore, curiosità e favorisce la circolazione clandestina.
Giacomo Rizzi