Don Rosa: tra l’amore e l’odio dei lettori

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Un autore controverso

Tra tutti gli autori Disneyani è di sicuro Don Rosa a dividere maggiormente i lettori. Un po’ per il suo stile di disegno “non convenzionale”, un po’ per le sue storie dalla trama decisamente complessa rispetto alle tipiche avventure dei nostri amici paperi. Il mancato piastrellista del Kentucky tende a polarizzare il pubblico. O lo si ama (alcuni al punto da considerarlo il solo e unico riferimento, oltre a Carl Barks, per la “canonicità” degli eventi a Paperopoli e dintorni) o lo si odia. Di sicuro il suo stile non può lasciare indifferente (nel bene o nel male).

Ma come mai tutto questo succede proprio con lui?

Don Rosa in un suo autoritratto
Don Rosa in un suo autoritratto.
 Stili di disegno a confronto

In realtà sono molti i disegnatori con un proprio stile caratteristico, ricercato e riconoscibile da chilometri di distanza. Pensiamo a Romano Scarpa, caposcuola di intere generazioni di artisti. Oppure a Sergio Asteriti, il cui tratto è così ricco di dettagli da risultare spesso pesante e poco apprezzato dal pubblico. Quello che però distingue il Don dagli altri fumettisti Disney, a mio avviso, è una certa ostentazione del suo essere diverso. Non necessariamente migliore, sia chiaro, ma diverso. Don Rosa studia fin da subito un modo di disegnare e di narrare diverso dagli altri e diventa subito consapevole di esserci riuscito. È probabilmente questo suo incessante discostarsi contemporaneamente sia dai canoni grafici che narrativi che lo rende o un genio o un folle agli occhi di ciascun lettore.

Al pari di Don Rosa, anche Sergio Asteriti ha uno stile facilmente riconoscibile
Un’illustrazione di Sergio Asteriti.

Asteriti, per tornare all’esempio precedente, possiede un tratto eccentrico ma lo pone al servizio di storie assolutamente “nei ranghi” di quelle che sono le pubblicazioni del Topo.

Anche Romano Scarpa ha rivoluzionato il mondo Disney introducendo + molti personaggi che oggi diamo per scontati (Brigitta, Filo, Trudy, Sgrizzo). Come autore ha messo mano pesantemente nell’eredità Barksiana per dare almeno una vaga speranza di successo a Brigitta e per introdurre il personaggio di Paperetta.

Se non ve lo ricordate, andate a recuperare il Topolino n.577 e rileggetevi Arriva Paperetta Yè-Yè, che possiede comunque un disegno semplice, immediato, perfetto anche per storie “leggere”.

Un po’ come Bill Watterson in Calvin & Hobbes, il disegno di Scarpa è volutamente di facile accesso

In modo da veicolare la trama in modo più immediato ed efficace. Concetto valido per quasi tutti i disegnatori Disney, per quanto Scarpa abbia un tratto particolarmente morbido e piacevole alla vista che lo rende più efficace di molti altri (si pensi allo “spigoloso” Tony Strobl, o al primo Giulio Chierchini). Lo stesso Watterson sa disegnare con un dettaglio assolutamente Donrosiano (se non addirittura più ricercato), come provano alcune sue tavole sperimentali. Tuttavia ha volutamente scelto la semplicità come mezzo per trasmettere un messaggio molto complesso, ben più profondo anche delle storie di Scarpa. Ma il concetto è quello. Ed ecco perché difficilmente troverete qualcuno che disprezza Calvin & Hobbes, i Peanuts, o le storie di Scarpa.

E quindi ecco la chiave: Don Rosa si rende alternativo e complesso a più livelli

E lo fa volutamente.

La complessità delle trame delle sue storie raggiunge dei livelli maniacali. Non solo il buon Keno passa ore e ore a documentarsi sulla storia e sulle culture dei luoghi dove ambienta i suoi racconti -perché tali sono le sue opere- in modo da rendere storicamente accurato ogni passaggio. Basti pensare, senza scomodare la $aga, a titoli come Zio Paperone e i guardiani della biblioteca perduta o Paperino – La ricerca del Kalevala.

Addirittura studia ogni singola storia del suo Uncle Carl in modo da incastrare perfettamente le trame in un gigantesco tartan che simboleggia il cosiddetto “canone”.

Il sentimento di Don Rosa verso Barks è di totale ammirazione, sconfina quasi nell’idolatria

Barks è stato, in effetti, il vero creatore di un universo in cui Don Rosa cerca di mettere ordine. Fumettista dal genio indiscutibile, quasi paragonabile a Schulz. Eppure Barks, come Scarpa, Watterson e lo stesso Schulz, utilizza a sua volta dei disegni semplici e immediati. C’è un unico particolare nelle sue tavole che salta all’occhio per ricercatezza e dettaglio. I suoi sfondi, in cui veniva spesso aiutato anche dalla moglie Garè (al secolo, Margaret Williams).

Una delle vignette conclusive di “Zio Paperone e la Ricerca di Kalevala”, di Don Rosa. Väinämöinen chiede a Zio Paperone se vuole davvero seguirlo per avere il Sampo (l’artefatto magico a cui è aggrappato, che produce oro in quantità infinita) e abbandonare il suo Kalevala (lo Yukon) dove lo attende “quel perduto amore”. Il papero, ovviamente, gli risponde di no.
Non era affatto intenzione di Barks dare una continuità temporale alle sue storie

Ogni storia Barksiana è a sé stante. È Don Rosa e solo lui che seleziona quelle più opportune e coerenti per dar vita alla biografia di Paperone. Inoltre, il Paperone sentimentale che avrebbe mollato tutto per Doretta se solo avesse capito di essere ricambiato e gli avesse consegnato la lettera di “Cuori nello Yukon”, e che riemerge periodicamente in tante scenette delle opere di Keno (il quadro di Doretta in camera in “Bassotti contro Deposito”, l’ossessione per quel soldino scagliatogli in faccia decenni prima da Doretta in “La Moneta”, ecc.), è un Paperone tutt’altro che Barksiano.

O meglio: che Paperone “abbia un cuore d’oro” lo si può dedurre da “Zio Paperone e la Stella del Polo”. Ma dal salvare una vecchia fiamma dalla povertà all’abbandonare una giovinezza di sacrifici e di ricerca del successo per la suddetta donna ce ne corre. Quindi attenzione.

Le sfaccettature del carattere della Vecchia Tuba che troviamo in Don Rosa sono quasi esclusivamente farina del suo sacco più che di quello di Barks, con l’unica eccezione, forse, del Paperone di Trulla. Il Paperone di Barks relega spesso la sua dolcezza e sensibilità in un angolo ben nascosto del suo carattere, mentre tali caratteristiche diventano il leitmotiv di quasi ogni storia del Don.

 L’intervista a Barks su Don Rosa

A proposito del rapporto tra Barks e Rosa, i lettori più curiosi sanno che negli anni ’90 Barks rilasciò un’intervista in cui sostanzialmente affermava di preferire autori più classici, come Daan Jippes e William Van Horn, rispetto all’artista del Kentucky. In particolare, l’Uomo dei Paperi mise in chiaro che non vedeva alcuna ragione secondo cui qualcuno avrebbe dovuto riscrivere il suo lavoro, cosa che include i sequel alle sue storie e l’intera saga sulla vita di Paperone.

Molti sostengono che fu fatta pressione su Barks, da parte dei suoi agenti, affinché parlasse del lavoro di Don Rosa in quei termini. E effettivamente, non molto tempo dopo l’intervista Don Rosa e Carl Barks si sono incontrati. E durante questo incontro hanno scambiati due chiacchiere in amicizia, come nulla fosse successo. Questo potrebbe far supporreche la stima tra i due siareciproca e che la critica di Barks sia prevalentemente fondata sui suoi gusti personali più che costituire un vero e proprio attacco al lavoro del collega.

Vero o no, resta il fatto che sicuramente Carl Barks aveva una concezione del mondo dei paperi completamente differente da quella del Don

Quindi si potrebbe pensare che quest’ultimo abbia in qualche modo fallito nel prendere Barks ad esempio per le sue opere. Il risultato del suo lavoro sono stati dei racconti che hanno in comune con quelli di Barks prevalentemente solo il setting (luoghi, oggetti…), e che vivono assolutamente di vita propria per quel che riguarda la psicologia dei personaggi, il disegno e lo sviluppo della trama.

E verrebbe da dire: per fortuna! Altrimenti avremmo avuto solo una copia di Barks, e ci saremmo persi l’opera di un artista che, piaccia o non piaccia, ha lasciato il segno nel mondo Disney.

Don Rosa in visita a casa di Carl Barks.
Canone o non canone? Ecco un consiglio!

E quindi? E quindi tutto questo può affascinare o spaesare. Può sembrare l’opera d’amore di un autore verso un suo mentore e verso un personaggio. Oppure l’arrogante presunzione di poter decidere cosa è veramente successo e cosa no ad un personaggio ideato da altri.

E ora con un simile atto di amorevole arroganza mi rivolgo a te, lettore di questo articolo, e ti chiedo di sospendere il giudizio in merito. Se sei uno di quei lettori che non sopportano il “canone”, considera l’opera di Don Rosa come quello che alla fine è. Cioè un’opera a sé stante che ha una sua timeline e che va letta separatamente da tutto il resto della produzione Disney.

È un romanzo che parla di un ragazzo scozzese che gira il mondo in cerca di fortuna

E che casualmente viene rappresentato in forma di papero con uno stile più da Marvel che da Disney (recupera qualche tavola di “Captain Kentucky” e capirai di cosa parlo). E in fondo hai ragione tu. Perché da Barks stesso fino al più umile inchiostratore occasionale di Topolino, nessuno ha mai avuto l’intenzione di seguire un qualche canone ben preciso, a parte rari e sporadici casi (Marco Rota e Vicar su tutti, per quanto abbiano prodotto più citazioni che vere e proprie timelines).

Quindi valuta l’opera del Don al di fuori dell’universo Disney delle Papernovele e degli agenti P.I.A. Secondo me in questo modo non potrai che apprezzarne i contenuti, frutto irripetibile di una dedizione e di un amore verso il proprio lavoro unici nella storia del fumetto. Un po’ come, sono convinto, tu abbia già fatto con le varie serie di PK.

Illustrazione di Don Rosa; Paperone contempla il paesaggio dello Yukon. Nella luna, lo sguardo di Doretta.

E se invece sei uno di quelli che si sente mancare al solo pensiero di Doretta “che può solo tornarsene in ospizio” (cit.) e che lascia il campo ad una più giovane Brigitta, ricorda che Scarpa è arrivato prima di Don Rosa. Dunque prima che Doretta fosse la tenace, fredda, ma anche passionale papera a cui sei affezionato. Anch’io faccio fatica ad accettare che lo stesso personaggio possa vivere in due mondi completamente in contraddizione. Ma la giusta chiave di lettura è che in realtà il Paperone di Don Rosa è un personaggio molto diverso dagli altri Paperoni. E bisogna saperseli godere tutti. Dato che so benissimo che ti da noia il fatto che la Saga di Paperone de’ Paperoni non abbia una vera e propria fine, ti regalo uno spoiler.

Anni fa scrissi a Don Rosa una mail, e giuro sulla 313 che mi rispose

Gli scrissi che avrei voluto sapere come andava a finire, secondo lui, la storia del papero più ricco del mondo. E il Don mi rispose. Testuali parole tradotte dall’inglese: lui si immagina un Paperone anziano che un giorno si ritira dalla frenetica vita nel deposito e va a vivere in una certa casetta di legno nello Yukon. Magari in compagnia di qualcuno che gli vuole bene. E ora che sai la fine del romanzo, potrai tornare con serenità a leggere anche le storie autoconclusive standard. Così forse potrai apprezzare un po’ di più anche la povera Brigitta, che di tutta la storia tra Paperone e Doretta non sa assolutamente nulla, e che ama la sua Vecchia Tuba tanto quanto la Stella del Polo.

Alessandro Galoppini

Immagini © Disney 2018

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