Curiosa, l’iniziativa Parodie Collection. Per il sottoscritto, un’operazione quantomeno bislacca in partenza, dato che la maggior parte delle storie proposte dalla suddetta testata erano già state propinate al pubblico in mille altre maniere – magari anche in edizioni migliori – e rispolverarle per l’ennesima volta suonava un po’ ripetitivo. A conti fatti, però, si tratta di un’operazione comprensibile, soprattutto considerando il target a cui è rivolto, ossia il lettore casual che frequenta l’edicola.
Per chi non conoscesse la collana, parliamo di un bimestrale brossurato che propone – come da titolo – le più belle parodie a sfondo disneyano ispirate a libri, film o addirittura serie tv (Twin Pipps) e, al netto di alcune perplessità riguardo la confezione del volume, il numero di questo mese meriterebbe davvero la vostra attenzione, dato che sarà dedicato nientedimeno a quella fenomenale trasposizione topofumettistica del vampiresco romanzo di Bram Stoker: “Dracula di Bram Topker”.
Un’opera talmente amata da aver fatto storia in tutti i sensi, dando il via a una delle più belle serie parodistiche disneyane, la cosiddetta “trilogia horror” – composta, oltre che da Dracula, anche da “Lo Strano Caso del Dottor Ratkyll e Mr. Hyde” e da “Duckenstein di Mary Shelduck”. Oggi tuttavia ci concentreremo sul primo capitolo, cercando di spiegare il più sinteticamente possibile perché rappresenti uno dei picchi più alti raggiunti dal fumetto italiano contemporaneo.
Gli autori artefici della parodia sono senza dubbio una delle coppie più efficaci e affiatate dell’intero universo fumettistico italiano: Bruno Enna ai testi e Fabio Celoni ai disegni, con la partecipazione straordinaria di Mirka Andolfo ai colori.
L’accoppiata è indubbiamente azzeccata: il dinamico duo ha esperienza sia in campo Disney, sia in campo Bonelli e ha prestato la propria opera al servizio di eccellenti opere “dylaniate” (ndr: appartenenti all’universo di Dylan Dog) dal sapore squisitamente gotico come “La Grande Baraonda”, “La Fiaba Nera” o l’eccellente “Morire dal ridere” . Addirittura Enna fu l’ideatore in prima persona di una serie bonelliana purtroppo sfortunata, ovvero “Saguaro”.
Tornando in Disney, i due si sono contraddistinti rispettivamente per la creazione del personaggio di Paperino Paperotto e per i disegni di uno dei primi numeri di PKNA, Spore; tuttavia è con la parodia “Dracula di Bram Topker” che si fanno davvero e finalmente conoscere dal grande pubblico. L’opera è qualcosa di unico: una parodia (sarebbe più corretto il termine “reinterpretazione”)
che non snatura per nulla il romanzo originale e che anzi indirizza il pubblico verso la lettura di quest’ultimo, celebrandolo nella sua magnificenza e strizzando l’occhio anche a un’altra famosa opera dedicata al succhiasangue rumeno, ovvero il film “Dracula di Bram Stoker”, diretto da Francis Ford Coppola nel 1992.
Stile e versatilità
Sfogliando le tavole della storia ritroviamo quell’atmosfera sontuosamente tetra che Coppola ha intessuto nella sua pellicola: il character design adottato da Celoni si ispira dichiaratamente al film del ‘92, ma si differenzia da quest’ultimo sia per ragioni di target (i ferri di cavallo o i quadrifogli sul vestito di Pippo Van Helsing lo testimoniano) sia per ricerca di una propria impronta stilistica. L’obiettivo è quello di rendere appetibile anche per un pubblico di ragazzini una storia simile, che non si risparmia certo elementi gotici e orrorifici.
Come se ciò non fosse abbastanza, il disegnatore trae spunto anche da uno dei più grandi illustratori dell’800, ovvero Gustave Dorè, i cui lavori ipnotici, imponenti e dall’impatto visivo non banale sono assolutamente in sintonia con lo stile di Celoni. A testimonianza di ciò possiamo trovare splendide tavole realizzate con la solita maestria dell’artista milanese, in cui i suoi colpi di matita dinamici e angoscianti ci trasportano perfettamente in un ambiente in cui la tensione e la suspence la fanno da padrone.
Durante la lettura si può notare come Celoni non abbia semplicemente concretizzato i testi di Enna, ma si sia intimamente buttato nella mischia, dirigendo la fotografia di quella che senza alcun dubbio è definibile come una vera e propria graphic novel. Ci troviamo dinnanzi primi piani, riprese grandangolari e dettagli da pelle d’oca, tutti estremamente funzionali al loro scopo e alla sensazione che desiderano comunicare, sia questa ansia, terrore o meraviglia.
Non si può poi evitare di parlare dell’ottimo lavoro svolto da Enna come sceneggiatore, dando così risposta a una domanda che potrebbe cogliere l’ingenuo lettore: essendo stata originariamente pubblicata su Topolino, la storia risulta infantile e troppo semplicistica?
La risposta, si può affermare con sicurezza, è: assolutamente no.
I testi eccellenti di Enna sono quanto di più equilibrato si possa trovare in campo parodistico-disneyano moderno, capaci di caratterizzare al meglio qualsiasi situazione e in maniera particolarmente riuscita gli attori della scena, dai protagonisti ai personaggi secondari. Sono tutti indimenticabili, non ce n’è uno uguale all’altro e vi entreranno subito nel cuore.
Lavoro quindi non banale quello svolto dallo sceneggiatore sassarese, che oltre ad aver ben differenziato ogni personaggio (regalandoci uno dei pippidi migliori della storia) è riuscito a tirar fuori l’espediente più geniale che ci potesse essere per rappresentare al meglio tutta la morte e il sangue presenti nel romanzo originale: LE BARBABIETOLE.
Il colpo di genio di Enna permette all’opera di mantenere quell’appeal gotico che mai viene a noia e di non “traumatizzare” troppo i picciriddi (ndr. regionalismo siculo usato per indicare dei piccoli marmocchi, in questo caso lettori delle avventure di paperi e topi antropomorfi) evitando di inscenare vere morti, comunque irrapresentabili secondo i canoni dell’odierno Topolino. Grazie allo stimolo ricevuto dai vari problemi che lo affliggevano nell’operazione di trasposizione – tra cui la resa della Transilvania e l’introduzione non truculenta del sangue come alimento fondamentale della dieta vampiresca – lo sceneggiatore fa ricorso a un suo ricordo d’infanzia, ossia la nonna che sbucciava le sanguinolente e rosse barbabietole e che ne spargeva il succo sul tagliere, per trovare la chiave di volta con cui tradurre l’intera storia.
Senza spoilerare nulla (non siamo mica Lucrezi Borgi noi), diciamo che il “Nonpiantatu” (se vi ricorda il Nosferatu originale siete belli e perspicaci) presente in questa storia coltiva – è proprio il caso di dirlo – una vera e propria ossessione verso lo scarlatto tubero, passione che caratterizza alla perfezione la strana ma inquietante fine che fa fare alle sue vittime (con tanto di canini e morsi del caso).
Tuttavia, nonostante espedienti giocosi e necessari, man mano che si prosegue con la lettura si respira un’aria di “scherzosa austerità” resa perfettamente dagli autori, i quali non volevano affatto scimmiottare l’opera di Stoker, ma bensì renderle omaggio ritornando così a una tradizione parodistica disneyana più alta e solenne, che affondava le proprie radici in quella che senza dubbio è una pietra miliare del genere: L’Inferno di Topolino (di Guido Martina e Angelo Bioletto).
Un valore aggiunto sono infine i colori di Mirka Andolfo, colorista e disegnatrice affermata, che ha saputo egregiamente soffiare la vita nei disegni di Celoni, adottando un’estetica che si rifà ai manifesti dei film horror anni cinquanta/sessanta, con tinte forti e dissonanti, ma che cerca di “ricalcare” lo stile della già citata pellicola di Coppola. La palette cromatica ripresa è soprattutto quella del rosso e del marrone, ossia i colori del sangue fresco e di quello rappreso.
Il suo lavoro impeccabile rende la lettura e soprattutto la visione di quelle tavole un’esperienza unica, quasi multisensoriale e arricchita da svariati “WOW!” che non fanno mai male.
In conclusione, “Dracula di Bram Topker” rappresenta la parodia gotica per eccellenza, nonché un caposaldo delle parodie disneyane. Dalla sua pubblicazione in avanti l’onorato filone delle Grandi Parodie Disney sarebbe stato infatti imponente, appassionato e rispettoso dell’opera originale.
Una sincera scintilla artistica, un guizzo d’amor proprio che unisce la tradizione delle parodie Disney e il romanzo dell’orrore, capace di far breccia nei cuori dei lettori come nulla prima di allora.
Bruno Palma
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Tutte le immagini utilizzate sono © Disney 2018.